Biblioteca digitale

delle Fraternità

di Gerusalemme                              

a Firenze

                        San Pier Damiani,

                         dimmi una parola...

 

 

I testi e le immagini sono riprese da un opuscolo delle Fraternità Monastiche di Gerusalemme, gentilmente fornitoci dalle Sorelle, che con affetto ringraziamo.

 

 

per cominciare

      Vuoi conoscere la vita di un monaco? Entra nella sua cella.

      Così, già a partire dal IV secolo i Padri nel deserto d’Egitto invitavano a conoscere per esperienza diretta la vita monastica e ad incamminarsi dietro a Gesù in compagnia di un “anziano”.

     Questa via ti proponiamo in queste pagine per incontrare San Pier Damiani.

     Questa stessa via la stiamo percorrendo anche noi, monaci e monache delle Fraternità Monastiche di Gerusalemme da quando abbiamo accolto l’invito a vivere nell’Eremo San Barnaba di Gamogna fondato sull’Appennino tosco-romagnolo (nel Comune di Marradi in Provincia di Firenze) da San Pier Damiani intorno all’anno 1053.

     La vita in questo Eremo è per noi un regalo dal Cielo, Cristo è il tesoro che custodisce e nello stile di Dio, questo tesoro cresce nella misura in cui viene condiviso.

 

Dunque questo regalo è anche per te: sei atteso

 

Con San Pier Damiani alla scoperta della gioia divina

 

 Lasci alle tue spalle una città e sali in compagnia della voce del vento e del gorgoglìo di abbondanti acque, sali verso l’Eremo di Gamogna.

     In lontananza odi l’eco metallica di motori rampanti sulle rocce e vicino, troppo vicino il ronzio impertinente di un insetto che ti corteggia come la corolla di un fiore, ma, passo dopo passo entri nel silenzio…

     I tuoi scarponi infangati scivolano sulle orme fresche di altri viandanti, ti guardi intorno, ma non vedi nessuno.

     Quanti uomini avranno calcato questo sentiero prima di te?

     Le mura squadrate di un antico cimitero e lo zampillo vivace di una fontana ti suggeriscono che la meta è vicina.

     Dopo esserti rinfrescato con l’acqua sorgiva fai ancora pochi passi e ti ritrovi davanti all’eremo con la sua chiesa, piantati sulla roccia.

     Dopo esserti messo in ascolto della natura ora le pietre hanno la loro storia da raccontarti.

     Dimentica l’orologio e lasciale parlare.

     Chi mai per primo avrà avuto l’idea di radunare queste pietre per costruire una casa di preghiera anche per te?

     San Pier Damiani un uomo che ha fatto della sua vita un trampolino per l’eternità.

 

San Pier Damiani: chi è dunque costui?

 

     Nasce a Ravenna nel 1007… un primo tuffo al cuore… mille anni fa ?! Sì, mille anni. Ma che cosa può dirmi un uomo vissuto dieci secoli fa? Non partire in retromarcia: ascolta.

     In Dio mille anni sono come il giorno di ieri che è passato: raccogli questa provocazione per la tua fede.

 

 

     Venuto al mondo in una famiglia numerosa e povera, Pietro impara da subito a lottare per sopravvivere: appena nato la madre gli nega il seno.

     Si dibatte tra la vita e la morte quando la concubina di un prete della città gli prodiga le prime cure e con un’esortazione “degna di un sacerdote” fa rinsavire la madre che finalmente lo riconosce come figlio.

     Rimane però orfano in tenera età e un fratello più anziano lo accoglie in casa sua. Purtroppo, in questa casa, Pietro viene trattato con disprezzo come l’ultimo dei servi. Conosce la fame, la fatica, il bastone: accudisce i porci per un piatto di minestra.

     Solo più tardi, quando è ormai grandicello, passa alle cure del fratello Damiano arciprete a Ravenna che gli restituisce la sua dignità e si accorge delle sue rare doti d’ingegno e di sensibilità umana e spirituale. Per questo lo avvia agli studi.

     Così Pietro si ritrova sui banchi di scuola a Faenza in mezzo a ragazzini ben più giovani di lui per imparare a leggere, a scrivere e a far di conto.

    Terminata la sua formazione primaria va a Parma per studiare le arti liberali. Apprende la grammatica, la retorica, la dialettica e la basi della matematica, della geometria, dell’astronomia e della musica. La sua vivace sete di sapere lo porta ad approfondire la conoscenza anche delle Sacre Scritture in quegli anni.

     Torna a Ravenna e intraprende una brillante carriera come insegnante di retorica e diritto: ha circa vent’anni. Questa professione gli procura denaro in quantità e fama da vendere.

     È ricco, giovane, stimato, libero da legami famigliari troppo stringenti, colto, straordinariamente colto nella Ravenna del suo tempo.

     Da garzone sfruttato a professionista di grido: che svolta incredibile.

     Vien da dire: “Fortunato lui, in barba alle difficoltà ha sfondato, è diventato qualcuno.”

     Ma leggi ora la storia di Pietro per come lui te la presenta, in confidenza, nei suoi scritti.

     L’esperienza insegna a Pier Damiani che la sua vita non è in balìa del caso ma è, sotto sotto, condotta mirabilmente da Dio.

     Nelle Sacre Scritture trova la bussola per dare un senso a quello che gli capita.

     Cristo diventa l’Oriente verso cui decide risolutamente di dirigersi, costi quel che costi. Gli interessa ciò che è vero e vuole andare fino alla radice della verità.

     Si accorge che il sapere mondano passa, il denaro e la fama intrappolano al sua libertà e gli  offrono una gioia effimera, la giustizia degli uomini è sempre mancante.

     “Ma allora, in questo mondo è possibile realizzare la libertà, la gioia, la giustizia? Oppure non resta che disprezzare tutto ciò che è carnale, umano, creaturale per rimandare alla vita ultraterrena, il pieno compimento in Dio?”

     Pier Damiani risponde con vigore: l’uomo può e deve realizzare la felicità sulla terra, sia per sé

che per gli altri mettendo a frutto tutti i doni che Dio gli comunica cammin facendo.

     Ma concretamente che fare? Come vivere? Un incontro insolito scioglie quest’enigma nella vita di Pier Damiani. Ha circa 28 anni quando due monaci provenienti dall’Eremo di Fonte Avellana si recano a Ravenna per conoscerlo.

      La sua fama era giunta fin sul Monte Catria dove S.Romualdo aveva fondato questo Monastero.

     Questi fratelli, presentandosi con semplicità e descrivendo la loro vita di preghiera in unione a Dio hanno acceso una luce nel cuore di Pier Damiani: “E se anch’io vivessi come loro?”… e in segno di riconoscenza per il loro passaggio offre loro un ricco vaso d’argento, ma ecco che il loro rifiuto lo spiazza: “Grazie, no, è troppo pesante!” Insensati o veramente liberi questi uomini?

     Pier Damiani li ricorda nel suo cammino come un’icona luminosa della gioia evangelica Egli racconta questo incontro al suo discepolo Giovanni come il segno di un’altra svolta.

     C’è una voce interiore che lo interroga: “Tutti i beni di cui gioisci adesso passeranno, scompariranno, allora cosa ti resterà? Non vorresti piuttosto cercare il Bene che resta e che ti riempirà di gioia per sempre?”.

     La sua risposta è pronta: Pier Damiani s’incammina verso l’Eremo. Oramai ha deciso: bussa al portone del Monastero di Fonte Avellana.

     Con una frase che ancora possiamo leggere scritta in latino sui muri della biblioteca del Seminario di Faenza, Pier Damiani dice il senso dato alla sua esistenza: “Cerca questa saggezza, coglila e abbracciala ardentemente perché con essa tu possa, non solo sapere ma anche vivere e attraverso di essa conoscere una gioia senza fine”.

     Fatto questo passo Pier Damiani viene subito rivestito della cocolla monastica.

     Monaco egli vive in un ascolto continuo della Parola di Dio. La sua cella è una dimora silenziosa dove, con un altro fratello, recita ogni giorno l’intero salterio per due volte: una volta pregando per i vivi e l’altra intercedendo per i defunti.

     Nei salmi trova tutta la Bibbia in preghiera e poesia. Invita anche i suoi fratelli a camminare, anzi a correre sui campi verdeggianti della Sacre Scritture scorgendo Cristo ad ogni versetto, nella ricerca appassionata del suo volto.

     Anche “gli istinti delle creature mute” sono parole misteriose offerte al suo sguardo penetrante per cogliere in ogni cosa creata l’espressione propria dell’Amore con cui Dio gli viene incontro.

     Carità vissuta, preghiera continua, contemplazione attenta della presenza di Dio che si cela fin  nel più insignificante frammento di realtà: ecco il succo della vita eremitica.

     Tutto comincia dall’Amore: Pier Damiani ha un unico modello, fisso davanti agli occhi: Gesù.

      Vuol imparare ad amare come lui, a partire dai fratelli più vicini che si sono imbarcati con lui nell’avventura monastica a Fonte Avellana, per arrivare ai più lontani, come avvenne al riguardo di un uomo imprigionato in Germania e in attesa di essere graziato. Poiché l’Imperatore tardava a far fede alla sua promessa Pier Damiani sentenzia all’Imperatore Enrico III di esercitare il suo ufficio con solerzia, poiché dovrà comparire in giudizio presso il Tribunale celeste.

     Pier Damiani ha una parola per tutti, ora di insegnamento in particolare delle Sacre Scritture, ora di incoraggiamento nel vivere la vocazione che ciascuno riceve da Dio come amministrando un patrimonio di cui dover rendere conto. Mettendosi in questo modo al servizio dei fratelli si ritrova sempre più spesso a dorso di mulo verso altri monasteri.

 

Riferendosi al monastero di Pomposa scrive dell’importanza di poter sovvenire ai bisogni spirituali di numerosi fratelli porgendo loro la chiave per entrare nei giardini delle Sacre Scritture e lì gioire del bene sommo della contemplazione.

     Nel 1043 all’età di 36 anni Pier Damiani viene eletto abate dai suoi fratelli. Poiché “l’abate dovrà render conto di tutte le anime a lui affidate e della sua per giunta”, con misura deve farsi accanto ad ogni fratello, conoscerne i doni da far fruttare e i limiti da non forzare perché libero e contento possa calcare il sentiero della santità, realizzando così la sua esistenza di fronte a Dio.

     Il numero degli uomini che bussano al suo monastero aumenta sensibilmente e urge  provvedere un tetto e un contesto di vita adatto perché ciascuno possa vivere come eremita fino alla morte.

     È il tempo delle Fondazioni: Pier Damiani percorre i sentieri dell’Appennino per trovare luoghi congeniali dove erigere eremi e cenobi.

     Oltre a costruire con le pietre, edifica con la penna: in questo periodo Pier Damiani scrive diversi opuscoli e lettere indirizzati ai suoi monaci o ad altri abati suoi amici per esporre le consuetudini di vita negli eremi, la disciplina, i compiti e le funzioni di ciascuno, lasciando sempre emergere il senso che anima la regola e l’opportuno discernimento da farsi in ogni particolare situazione perché tutto nella vita serva a vantaggio del progresso spirituale.

     In particolare nella lettera 18, conosciuta anche come suo testamento spirituale, Pier Damiani si lancia nell’elogio della carità fraterna come fondamento insostituibile della vita cristiana, quindi monastica. Quello che tutto supera (digiuni, veglie, scomodità di ogni genere, stretta regola del silenzio, amore del continuo ritiro) è la carità fraterna così descritta, “tanta l’unione delle volontà fuse nel fuoco dell’amore scambievole che nessuno si reputa nato a sé ma a tutti, che il bene altrui è bene suo, e il suo, per estensione di amore, è comune ad ognuno” …

  Questo primato dell’Amore nell’esperienza di Pier Damiani si rafforza sempre più cammin facendo.

       Scrive a Papi, Vescovi, duchi e marchesi per far valere il diritto istituito in favore di quegli uomini e di quelle donne che, per condizione sociale e sostanze, non hanno voce.

     Esorta ciascuno a far bene il proprio lavoro sia egli re o contadino, prefetto o maniscalco, cercando e trovando nella Bibbia personaggi e storie di cui trarre insegnamento.

     In questo modo la Parola di Dio raggiunge la vita concreta di coloro che si mettono in dialogo con lui. Mette avanti Gesù, quello che ha detto ed ha fatto in modo tale che ciascuno possa capire quello che deve fare.

     In questo modo Pier Damiani, abate, raggiunge un numero considerevole di persone ben oltre lo spazio dei suoi eremi, e diviene una voce autorevole in seno alla Chiesa del suo tempo.

     Con altri monaci diviene parte attiva nel movimento di Riforma della Chiesa del suo tempo. In un’epoca in cui la cristianità soffre spaccature al suo interno e il primato di Pietro, cioè del Papa, è messo nei fatti spesso in crisi, Pier Damiani si schiera col Papa e ne afferma l’autorità basandosi pari pari sulle Parole del Vangelo:“Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze dell’Inferno non prevarranno contro di essa”.

     Ora il Vangelo è vero sempre e nel presente Pier Damiani sa leggerlo e portarlo allo scoperto negli avvenimenti concreti dei popoli e delle persone.

     L‘incondizionata fedeltà al successore di Pietro lo conduce fino a dover accettare contro voglia la nomina di Cardinale Vescovo di Ostia nonché vescovo di Gubbio, per volontà di Papa Stefano IX.

     Ha quasi 50 anni quando Pier Damiani si mette in viaggio a malincuore verso Roma.

     Tutti i suoi risoluti tentativi di rinunciare alla nomina si sono infranti di fronte alla minaccia di scomunica.

     Delicate missioni da un capo all’altro della cristianità lo portano a ricondurre intere città all’obbedienza alla Sede Apostolica, come avvenne per la città di Milano nel 1059.

     La sua cella è spesso molto lontana, ma resta il luogo sorgente dove tornare appena possibile (in particolare in tempo di Quaresima) e a cui attingere a piene mani il dono di Dio per poter affrontare i servizi sempre più gravosi che il Papa gli affida.

     Solamente nel 1067 ottiene la revoca della sua nomina episcopale da Papa Alessandro III dopo pressanti insistenze e con la promessa  di continuare a servire la Sede Apostolica al bisogno.

     Liberato dall’obbligo di risiedere a Roma torna con più frequenza all’Eremo anche se le più svariate missioni lo riportano sui sentieri del mondo.

     Nel 1072 si reca a Ravenna al fine di riportare la sua Chiesa all’obbedienza al Papa. Missione riuscita, ma ecco che mentre fa vela verso sud, deve fermarsi a Faenza perché si ammala.

     Viene accolto nel monastero di “Santa Maria Foris Portam” e lì muore all’alba del 22 febbraio, festa liturgica della Cattedra di S.Pietro che in quell’anno coincideva con il mercoledì delle Ceneri.

     Acclamato come santo per le vie della città, Pier Damiani lascia a Faenza  le sue spoglie mortali e i suoi sandali da pellegrino per fare il suo ingresso, a piedi nudi, nell’eternità.

 

 

 

Le pietre che hai di fronte, ti sono ora più familiari.

In silenzio fissi il cielo?

Il sole é diventato il tuo orologio,

fiori e ruscelli: la scintilla per la tua preghiera,

il silenzio: lo spazio dove incontrare la

verità di te stesso e lasciar affiorare i desideri più profondi

del tuo cuore.

Come San Pier Damiani vuoi incamminarti verso la tua gioia.

Lui, da amico, ti si fa vicino e ti propone di aprire la Bibbia

e imparare a leggervi la tua storia nell’incontro

vivo con Gesú giorno dopo giorno.

Con le pagine che trovi qui di seguito San Pier

Damiani volentieri ti fa strada nell’avventura di scoprire

il segreto della tua gioia.

Ora sei tu il protagonista: fidati,

il bello deve ancora venire

 

 

entra nella tua cella, ti insegnerà ogni cosa (LdV  73)

 

La cella, officina dello spirito

 

     “Mi piace dire qualcosa sui pregi della vita solitaria ed esporre breve mente quel che penso della sua eccellenza, lodandola piuttosto che descrivendola. La vita solitaria é la scuola della dottrina celeste, l’esercizio delle discipline divine. In essa Dio é tutto quel che si impara: é la via sulla quale si cammina e per mezzo della quale si raggiunge la cognizione della suprema verità.

     Chi, invero, accenderebbe una lucerna per vedere il sole? Chi si servirebbe di torce per osservare il chiarore delle stelle che splendono in cielo?”

(Opuscolo XLV)

 

     “Chi dunque potrà sufficientemente enumerare le meraviglie della potenza divina nel vedere custodito nelle spighe sugli steli di frumento e nei grappoli d’uva quanto si ripone nei magazzini dei potenti e nelle dispense dei re? Osserviamo sull’albero, nelle prime brine invernali, la foglia che sta per staccarsi, quando, ormai consumato il verde del tepore autunnale, é lí lí per cadere. E’ appena attaccata al ramoscello dal quale pende, ma mostra in sé segni evidenti che da un momento all’altro cadrà. L’aria s’é fatta gelida, da ogni parte venti furiosi imperversano, spaventose brume e spesse nebbie si addensano e, perché maggiormente ti stupisca, intorno la terra é coperta di tutte le altre foglie cadute, e l’albero, deposte le sue chiome, é spogliato della sua bellezza. Nessuna foglia é rimasta, solo quella é ancora là, come superstite delle sorelle coeredi, succede nei diritti del patrimonio comune. Ma che cosa si deve dunque capire, al pensiero di queste cose, se non che neppure una foglia d’albero può cadere senza il comando di Dio?”

(Opuscolo XI, 19)

 “L’eremo infatti é il paradiso delle delizie dove fragranti odori di virtù spirano come profumati petali, come rugiadosi fiori aromatici. Vi fiammeggiano le rose della carità, color rosso fuoco; vi biancheggiano, candidi come la neve, i gigli della castità e con essi anche le viole dell’umiltà  giacciono in basso, senza essere colpite dal soffio del vento; vi trasuda la mirra della perfetta mortificazione, evapora incessantemente l’incenso dell’assidua preghiera. Ma a che serve ricordare ogni cosa? Lì tutti i germogli delle sante virtù scintillano con i loro variopinti colori e splendono per la loro incomparabile ed eterna freschezza.”

     “L’udire l’elogio delle proprie virtù manda in superbia i vanitosi e invece accende i buoni e i modesti alla pratica dell’umiltà; anzi costoro si sentono stimolati a compiere ancor più opere buone, mentre sentono esaltati da approvazioni quei doni di virtù che ricevettero.

     […] Tu hai parlato non tanto come si conveniva al Prefetto della città, ma piuttosto da sacerdote della Chiesa; né dicesti parole di secolare, ma di apostolo membro della Chiesa. E non mi meraviglio. Giacché chi dovresti imitare da cristiano se non Cristo, che é re e sacerdote insieme, regge e comanda al mondo con la sua divina forza e nello stesso tempo offrì se stesso al Padre per noi come vittima di salvezza?

     Dalla grazia di un solo Redentore, difatti, noi tutti, membra di lui, ricevemmo u a cotal partecipazione a tutto quanto é in Lui (1 Cor.6,15-20).

     Onde Giovanni (Ap. 1,6) dice dei cristiani: “Cristo ci ha amati, ci ha lavati dai nostri peccati col suo sangue, e ci ha fatti re e preti di Dio suo Padre”; e Pietro (1Pt. 2,9) “voi siete una stirpe scelta, un sacerdozio regale, una nazione santa, un popolo che Dio si é aggregato, affinché annunciaste al mondo le perfezioni di Dio, che dalle tenebre vi ha fatto passare alla ammirabile sua luce”. E’ ben certo che ogni cristiano é, per grazia di Dio, un sacerdote; perciò gli spetta di annunciare la forza di Cristo nel mondo. Tu, caro Cencio, di tale sacerdozio e regalità esterna mente imiti l’esempio, specialmente quando eserciti in tribunale la tua funzione di giudice, e poi quando nella chiesa, proseguendo la esortazione, edifichi gli astanti.”

(Lettera a Cencio, Prefetto di Roma)

                       

     “Carissimo, poiché occupi un ufficio così importante, é cosa molto grave se ti lasci sorprendere dalla pigrizia nell’esercitarlo. […]

     Quale il giudice tali sono i suoi ministri, quale il governatore tali i cittadini. Da ciò si ricava che se tu osserverai la giustizia, giusti saranno i tuoi ministri, e non solo essi ma tutti i sudditi. Al qual caso ti dirò di guardarti perfino dal troppo a more alla vita di preghiera, se questo ti deve impedire di governare tanta moltitudine di popolo a te affidata, e se ti dovesse far trascurare il vantaggio del popolo che da te aspetta giustizia: sappi che il proprio comodo deve cedere al pubblico. E sta scritto nella Scrittura (Eccli. 35,1) “chi osserva la legge fa con ciò stesso molte oblazioni; chi si attacca ai precetti offre un sacrificio di ringrazia mento”.

(Lettera a Cencio, Prefetto di Roma)

     “O cella, negozio dei celesti commercianti, in cui sono custodite tutte quelle merci per mezzo delle quali si acquista il possesso della terra dei viventi! Felice commercio dove i beni effimeri della terra si scambiano con quelli del cielo che sono eterni! Felice mercato, io dico, dove é in vendita la vita eterna e per acquistarla é sufficiente soltanto quel poco che si possiede; dove la breve afflizione della carne fa comprare il convito celeste e poche lacrime generano un eterno sorriso; dove si abbandona il possesso terreno e si raggiunge il patrimonio dell’eredità eterna.”

     “Coloro che sono ricchi si devono considerare piuttosto che padroni, amministratori di beni al servizio del prossimo…

     Quando aiutiamo i poveri restituiamo beni altrui, non doniamo beni nostri… coloro che non vogliono aiutare i poveri non devono essere accusati tanto di avarizia quanto piuttosto di rapina; infatti sono da considerare piuttosto che avari dei propri beni, ladri di quelli altrui.”

(Opuscolo IX, indirizzato a Mainardo, Vescovo di Urbino)

 

 

 

     “Chi semina nello Spirito dice l’Apostolo, dallo Spirito mieterà vita eterna” (Gal 6, 8). Inoltre: “Non ci stanchiamo di fare il bene, perché se non ci stanchiamo, a suo tempo mietere mo”(Ivi 9). Questo é il preziosissimo, anzi l’unico grano che hai da spargere nei maggesi della tua anima; il quale, cadendo in terra, morrá e produrrà frutti in abbondanza. Questo é il tuo tesoro, questa per te l’abbondanza di ogni specie di frutti. Sia questo il fine di ogni tuo acquisto; riponi in questo ogni tua speranza nella vita presente e nella futura.

     Se ti studierai di serbare questo grano con la cura dovuta, vedrai i ripostigli della tua interiore dispensa abbondare di oro, di argento e di ogni dovizia. Vedrai i tuoi granai aumentare in modo meraviglioso di sempre nuovi raccolti.

     Con ogni studio, dunque, impegnati a coltivare questo tesoro; con ogni assiduità spendi intorno ad esso veglie notturne e diurne, perché esso solo ti fará ricco, supplendo in abbondanza a quanto avrai di bisogno.”

(Opuscolo XII, 8 indirizzato all’eremita Albizio e al monaco Pietro)

 

     “O cella, meravigliosa officina di esercizio spirituale dove sicura mente l’anima umana rinnova in sé l’immagine del suo Creatore e ritorna alla purezza della sua origine. Tu fai sì che l’uomo dal cuore puro veda Dio, mentre prima avvolto dalle sue tenebre ignorava anche se stesso.”

 

     “Leggi con Gesù con lui canta continua mente, prosternati a terra con lui per la preghiera. Che sia tuo amico, tuo familiare. Che sia tutta la tua parola, tutta la tua gioia, la tua saggezza, la tua vita. Respira Cristo, dì incessantemente Cristo, medita la vita di Cristo.

     Che il vostro cuore sia costante mente occupato dalla lettura dei sacri testi. Abitateli, fatene la vostra dimora, perseverate con tenacia, una tenacia sempre con diletto. Ci é permesso correre in tutta libertà attraverso gli spazi delle storie sacre.

     Andiamo, qualsiasi sia la tua miseria, converti il tuo cuore, tana di rimorsi, in una dimora silenziosa dove, con una meditazione molto semplice non cesserai di sfarinare la manna della Parola di Dio, per farne un pane oleoso che mangerai. Questo pane non é altro che l’intelligenza delle Scritture, tutta impregnata della soavità dello Spirito Santo.

     Fratello carissimo, che ti sia accordata questa grazia!”

(Opuscolo XII, sermone 63)

 

     ”La cella é quell’officina dove le pietre preziose vengono levigate in modo da essere sistemate

nelle mura del tempio senza alcun rumore di martello che batte.”

 

     ”Ritorna, dunque, il più presto possibile all’eremo, qui stabilisci saldamente il trofeo della tua croce, distenditi su di essa con Gesù. Così come dice l’apostolo, radicato e fondato nell’amore, potrai comprendere con tutti i santi la larghezza, la lunghezza, l’altezza, la profondità dell’Amore.

     Questa croce, non ne dubito affatto, é quella del Redentore e vi troverai il segreto della tua vittoria”.

(Epistola 6,22)

     “Quei che solo si è sottratto alle procelle del flutto marino, sarebbe inumano se, scorgendo la sua barca ancora in pericolo, tra rupi e scogli, in mezzo a minacciosi e gonfi marosi, non compiangesse i compagni che si dibattono nel travaglio. Ed io, appunto, da ché ho deposto la carica vescovile, provo tal gioia come se fossi stato gettato sulla spiaggia; ma il mio cuore preso da fraterna pietà dolente per te, che sei ancora squassato dai venti e dai turbini, in balia dell’abisso dalle fauci aperte.

     Erra, o padre, erra chi nutre fiducia di potere, nello stesso tempo, viver da monaco e dedicarsi alla Curia. Quale scapito abbandonare il chiostro monastico per sottoporsi alla milizia del mondo!

     Il pesce é tratto sano fuori dalle onde, non perché viva per sé, ma per essere cibo degli altri. Noi siamo chiamati, trascinati ma per vivere a pro degli altri dobbiamo morire a noi stessi. Il cacciatore ama il cervo, ma per farne suo cibo; insegue le capre selvatiche, dà la caccia ai leprotti, ma per trarne vantaggio e distruggerli. Così anche gli uomini ci amano, ma non per noi; essi ci amano per sé, essi desiderano fare di noi un ghiotto boccone. Ora se noi corriamo dietro ad essi nel mondo che altro facciamo se non ripudiare il monaco che in noi si nascondeva nella sua intimità?”

(Prologo dell’Opuscolo XXXIV indirizzato all’ amico Desiderio, abate del Monastero di Montecassino)

 

 

     “Lo spirito dell’uomo nascondendosi agli sguardi degli uomini, ottiene che lo Spirito Santo entri in lui… dal momento in cui cessa in noi il rumore delle conversazioni degli uomini, si costruisce silenziosamente in noi il tempio dello Spirito Santo… sì, il tempio di Dio si eleva col silenzio; quanto più lo spirito dell’uomo cessa di disperdersi in parole fuori di sé, tanto più si innalza il suo edificio interiore… il solitario che dimora in silenzio si eleva al di sopra di se stesso; il suo spirito custodito nella clausura del silenzio sale sulle altezze ed é rapito fino in Dio dal desiderio del cielo e acceso d’amore dal fuoco dello Spirito Santo che lo rende sorgente zampillante.”

(Lettera 90, indirizzata a Desiderio abate di Montecassino)

 

     “Che spettacolo stupendo quando il fratello, chiuso nella sua piccola cella, recita le salmodie notturne, quasi vedetta nella notte come un combattente! Contempla nel cielo il corso delle stelle mentre sulle sue labbra scorre la recita dei salmi. E come le stelle precedendosi e seguendosi col loro alternarsi giungono al giorno pieno, così i salmi dalle sue labbra, come dall’oriente, pian piano si avviano al termine insieme con le stelle. Egli compie l’ufficio del suo servizio, quelle eseguono l’ordine ricevuto.

     Egli salmeggiando tende spiritualmente alla luce inaccessibile, quelle, succedendosi a vicenda, riconducono ai suoi occhi il giorno visibile. Sia lui che le stelle per strade diverse tendono alla meta: in un certo modo anche gli elementi si accordano con l’ufficio del servizio di Dio.”

 

     “La parola Sabato significa riposo poiché é in questo giorno che Dio si é riposato da tutta l’opera della creazione. Perciò, a buon diritto può essere dedicato alla Beatissima Vergine poiché la Sapienza ha costruito in lei la sua dimora e si è riposato in lei nel mistero dell’umile incarnazione, come su un letto santissimo…

     Maria é dunque il bel Sabato di Dio, lei che in cambio ha fissato in lui la sua dimora per l’eternità.”

(Lettera 49, indirizzata al Cardinale Ildebrando)

 

     “Perseverate nella carità fraterna unitevi nella pratica dell’amore scambievole contro le insidie dell’antico avversario. Tutto lo slancio del vostro santo operare poggi sulle basi della carità; tutto l’edificio che costruite con le pietre vive delle virtù sia cementato da sincero affetto.

     L’arca, che nel diluvio universale accolse otto persone, fu spalmata di bitume dentro e fuori (Gn 6, 14) per ordine di Dio. Questo significa che la santa Chiesa, che tende alla gloria della risurrezione, é spalmata di questo bitume dentro e fuori: fuori é accarezzata da fraterna dolcezza, dentro è rinsaldata da mutuo e verace a more. Chi ama in cuor suo, ma fuori dissente dai suoi fratelli con stridente asprezza, ha il bitume all’interno ma non all’esterno; chi si mostra affabile all’apparenza simulando affetto ma nell’ intimo del cuore non nutre amore sincero, ha grosse falle all’interno mentre mostra fuori attaccamento simulando il bitume esterno. Sia l’uno che l’altro non scamperanno al naufragio perché non sono protetti dal duplice bitume della carità, secondo l’ordine di Dio.

     Chi, al contrario, si mostra amorevole fuori e nutre anche amore nell’ intimo, chi fuori mostra sui rami i frutti del bene e dentro affonda le radici perché profonda mente ama, ebbene costui é spalmato di bitume dentro e fuori perché é legato al suo prossimo con il duplice vincolo della carità.”

(Opuscolo XIII, 24)

 

     “L’albero fissato al suolo dalle su e radici, ne succhia la linfa che gli dà forza e lo fa crescere e lo fa germogliare. Ora, noi tutti, fedeli, siamo alberi piantati secondo la scelta libera del nostro Grande Agricoltore nella foresta della Santa Chiesa.

     Paolo parlava di questa piantagione quando scriveva agli Efesini:”che vi sia accordato secondo

le ricchezze della sua gloria, di essere armati nel suo Spirito, affinché sia fortificato in voi l’uomo interiore, che Cristo abiti nei vostri cuori grazie alla fede e siate radicati, fondati nell’amore (Ef. 3, 16-17).

     Ora, il nostro terreno, dove si radica la nostra speranza é proprio quello di cui si dice in un salmo: ”La mia eredità é la terra dei viventi”, oppure la santa umanità di Cristo della quale lo stesso profeta dice: ”ha stabilito l’universo e non verrà mai scosso”.

     Se noi non vogliamo seccarci come un albero sterile, se temiamo di venir distrutti dalla scure e gettati nel fuoco perché inutili é necessario che la radice della nostra speranza resti sempre salda nella patria dei cittadini del cielo e nell’umanità del nostro redentore grazie al glutine dell’amore così che si svilupperà con forza e porterà molto frutto.”

(Sermone 21)

 

     “… Che altro dire di te, vita eremitica. Ti conoscono quelli che ti a mano. Coloro che non ti conoscono, come ti possono comprendere? Lo stesso, per parte mia, mi dichiaro inadeguato a dire le tue lodi, ma una cosa so di certo, o vita benedetta, e di te la affermo senza dubitare : chiunque si impegna a perseverare nel desiderio di amarti é certo uno che abita in te e in lui abita Dio.”

(Lettera 28, indirizzata all’eremita Leone)

 

      Nei suoi scritti San Pier Damiani ci mostra quanto il tema della santità gli stia a cuore. Farsi santo è stato il percorso della sua vita ed è la realtà della sua eternità.

     Per spazzare via ogni possibile l’Unico Santo è Dio e Dio chiama noi tutti a prendere parte alla sua santità.

     La “strada” è quella dell’Amore, è amare come lui ama, è diventare ogni giorno più simili a lui nell’amore.

     Questa strada che conduce senz’altro all’incontro con Dio ha un percorso speciale per ciascuna persona. Tutti, nessuno escluso, siamo chiamati a percorrere la via dell’Amore.

     Pier Damiani ci ha detto molto a questo proposito e nei suoi scritti si preoccupa di spiegare e diffondere quanto ha sperimentato.

     Nei vari racconti di Vite di Santi e nei Sermoni che sono un’elaborazione letteraria di alcuni dei tanti discorsi pronunciati in pubblico (molti dei quali in occasione di Feste di Martiri e Santi eremiti) egli evidenzia i tratti salienti della santità.

     I diversi e innumerevoli aspetti che l’autore presenta, si riconducono ad un motivo di fondo: la scelta coraggiosa, che il Santo compie continuamente e faticosamente per tutta la vita, di non tradire quel Dio in cui ha riconosciuto il senso profondo del proprio essere nel mondo.

     Gli eventi straordinari, come la morte atroce per il Martire o i miracoli per i Santi eremiti (1), non sono al centro della santità: quello che conta è la vita, la qualità del fare, del realizzare quello che Dio ha voluto per ciascun essere umano. Questo cammino non è facile; può comportare sofferenza, rinunce, fatica, ma poiché si conforma alle esigenze più intime della persona, non può essere che avvincente.

     Insomma, per San Pier Damiani, Santi non ci si improvvisa: la santità non è un concetto astratto, ma un’esperienza unica d’Amore Divino. È il frutto di un processo che si svolge attraverso le piccole/grandi cose di tutti i giorni, la messa in gioco delle proprie risorse, il rispetto dei propri limiti, il valore dei propri gesti.

     Concretezza e originalità sono dunque per San Pier Damiani al centro di una vita santa: la santità non  cambia i connotati dell’uomo (2), ma al contrario li rende più nitidi e più veri nell’eterno splendore di quel Sole che fa impallidire ogni altra luce.

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(1) Presentando l’esperienza di San Romualdo eremita di cui scrive la Vita, dice:” Se anche non avesse compiuto nessun miracolo, la vita mirabile che egli condusse non sarebbe meno degna di venerazione.” (Prologo della Vita Beati Romualdi)

(2) Nel Sermone 39 dedicato al martire Cassiano, patrono di Imola, San Pier Damiani sottolinea la fermezza del carattere di questo antico maestro di scuola, nel portare avanti la sua professione con coerenza e rigore: zelo nel lavoro, zelo nella morte procuratagli proprio dai suoi alunni.

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     Quando Papa Leone XII nel 1828 dichiarò San Pier Damiani “Dottore della Chiesa” lo indicò come una “luce per i secoli a venire”.

     Nel quadro di quello che stai scoprendo, questo titolo gli si confà particolarmente. Proprio della luce è d’inondare tutto quello che incontra. Ogni raggio dipende dalla sua sorgente e riconduce ad essa.

     Ogni parola uscita dalla penna di San Pier Damiani è una luce per te che riconduce a Cristo. Il cammino è tracciato puoi avanzare ancora con San Pier Damiani assaporando la gioia divina.

     Ecco alcune parole per continuare a percorrere i sentieri di Dio…

 

 

 

Inno allo Spirito Santo

Vieni, ti supplico,

o Spirito di eterna benedizione,

scendi con l’inenarrabile soavità della tua dolcezza

in tutto l’intimo del mio petto.

 

La mia anima, o Signore,

accolga la copiosa benedizione della tua grazia.

Illuminami, o luce di verità,

infiammami, purificami.

 

Tu sei datore di carismi,

tu autore di santificazioni,

tu remissione di tutti i peccati.

Tu incessantemente infiammi al tuo amore;

 

le intelligenze angeliche, i serafini e i cherubini

ardono grazie al fuoco della tua carità

Tu, Signore,

prendimi tutto per te,

 

possiedimi tutto,

non permettere che alcuna parte di me sia senza di te.

Tu solo vivi in me

E fa’ che io solo viva in te.

 

Tu vivi e risplendi

nella perfetta Trinità,

uno e vero Dio,

per tutti i secoli dei secoli. Amen.

(Carmina et preces III)

Il “Cameriere della Madonna”

    

     Giovanni da Lodi, discepolo e primo biografo di S.Pier Damiani, nella Vita di S.Petri Damiani  racconta che otto anni dopo la morte del Santo (nel 1080), il monaco Ungano (già abate di S. Gregorio di Rimini e discepolo del Santo) ebbe un sogno o visione: vide Pier Damiano tra una moltitudine di Vescovi, seduto con mitria in testa e pastorale in mano, in atto di insegnare loro le cose di Dio. Avendolo l’Abate Ungano salutato con l’espressione del volto, sentì Pier Damiani dire agli altri Vescovi: “Questo monaco, che io ho amato molto, dopo che si allontanò da me non è più ritornato. Ne è solo a far ciò: anche molti altri, che ho educato e nutrito, si sono dimostrati ingrati pel beneficio ricevuto”.

     Rivolgendosi poi al predetto monaco Ungano, lo redarguì in questi termini:  “Perché non sei venuto (a trovarmi) nel luogo in cui mi trovavo?”. “O Signore — rispose il monaco Ungano — da quando te ne sei andato, non abbiamo conosciuto il luogo in cui tu abiti: in che modo perciò avrei potuto venire a trovarti?” Ma Pier Damiano gli rispose: “O sciocco, non sai che io abito nella camera della S.Vergine Maria e che dimoro nel suo sacrario? Io abito, infatti nella sua casa, e mi onoro di essere il suo Cameriere”.

dimmi u na parola San Pier Damiani

(Vita di S. Pier Damiani di Giovanni di Lodi, 23)

 

Ecco, o fratelli miei,

io sono stato quello che voi siete,

ho percorso la via per la quale voi ora camminate,

é a vostra disposizione

ciò che io ho ormai abbandonato;

vicina é la meta dove io sono arrivato.

Percorrete questo breve tratto della vita mortale

in modo tale che, lasciate indietro

le cose che passano, giungiate ai beni

che ad esse succedono

per rimanere per sempre.

 

(Lettera 18, indirizzata agli eremiti di Fonte Avellana)

 

 

 

Per conoscere meglio la vita di San Pier Damiani:

 

- Giovanni di Lodi, “Vita di San Pier Damiani” 1993, Città nuova Editrice.

- André Cantin, “Saint Pierre Damien (1007- 1072) Autrefois-Aujourd’hui” 2006, Les Editions du Cerf.

 

Per andare alle fonti dei testi citati:

- Opera poetica di San Pier Damiani (ed. di M. Lokranz, Upsal, 1964)

- Sancti Petri Damiani Sermones, Corpus christianorum, continuatio mediaevalis LVII, Tourhout, 1983

- Vita Beati Romualdi, Fonti per la storia d’Italia 94, Roma, 1957

- Opere di Pier Damiani, Roma, 2000 (in corso di realizzazione) a cura della Congregazione Camaldolese OSB, Città Nuova Ed.

- Pier Damiani Lettere ai monaci di Montecassino, 1987, Milano Jaca Book Ed.

- Pier Damiani Il cammino verso la luce, 1987, Padova Messaggero Ed.

- S. Pierdamiano Scritti monastici, 1994, Siena, Cantagalli Ed.

- San Pier Damiani De Divina Onnipotentia e altri opuscoli, 1943, Firenze Ed. Nazionale dei Classici del pensiero italiano, vol.V

- Pierre Damien L’homme des déserts de Dieu di L.A. Lassus, 1986, Paris, O.E.I.L.

- Monaci nelle città Fraternità Monastiche di Gerusalemme, 2005, Milano, Ed. San Paolo

 

 
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