Biblioteca digitale

delle Fraternità

di Gerusalemme

di Firenze                                      

                                                                        

LE LETTURE PATRISTICHE

TEMPO ORDINARIO

ANNO LITURGICO "C"

 

Le letture patristiche sono fornite dalle Sorelle delle Fraternità Monastiche di Gerusalemme di Firenze, che con affetto  ringraziamo!

In alcune occasioni potrebbero differire da quelle effettivamente lette durante la Liturgia in Badia.

 

 

 

IA settimana T.O. - UR Domenica - Battesimo del Signore

 

 

 

Gesù Cristo consacrato dal Padre nello Spirito Santo per fare di noi partecipi della vita trinitaria

di Sant’Ireneo di Lione, nel secondo secolo

 

  

 

         “Si aprirono i cieli e Giovanni vide lo Spirito di Dio che scendeva come una colomba e veniva sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo, che diceva: Tu sei il Figlio mio, il diletto, nel quale ho posto la mia compiacenza”. Non è vero che allora Cristo discese in Gesù, né che altro è Cristo e altro è Gesù; ma è il Verbo di Dio, il Salvatore di tutti e Signore del cielo e della terra, che è Gesù, come abbiamo dimostrato, il quale, dopo aver preso una carne ed essere stato consacrato dal Padre nello Spirito, divenne Gesù Cristo. Come dice Isaia : “Un germoglio uscirà dalla radice di Iesse e un fiore salirà dalla sua radice. Su di Lui si poserà lo Spirito di Dio, Spirito di sapienza e di intelligenza, Spirito di consiglio e di potenza, Spirito di scienza e di pietà, e lo riempirà di Spirito del timore di Dio. Non giudicherà secondo l’apparenza né condannerà secondo le dicerie, ma renderà giustizia all’umile e condannerà i grandi della terra”. E ancora Isaia stesso, indicando in precedenza la sua consacrazione e perché fu consacrato, dice: “Lo Spirito di Dio è su di me, poiché mi ha consacrato per portare il lieto annunzio agli umili; mi ha mandato a curare quelli che hanno il cuore spezzato, ad annunciare ai prigionieri la libertà e ai ciechi la vista, a proclamare l’anno di misericordia del Signore e il giorno della retribuzione, a consolare tutti quelli che piangono”. Ora, in quanto il Verbo di Dio era uomo, nato dalla radice di Iesse e figlio di Abramo, lo Spirito di Dio riposava su di Lui, ed era consacrato per portare il lieto annuncio agli umili; ma in quanto era Dio non giudicava secondo l’apparenza né condannava secondo le dicerie: infatti, “egli non aveva bisogno che qualcuno gli rendesse testimonianza sull’uomo, perché sapeva da sé che cosa c’è nell’uomo”. Chiamava a sé tutti gli uomini piangenti e, donando la libertà a coloro che dai peccati erano stati condotti alla schiavitù, li liberava dalle catene, di cui Salomone dice: “Ciascuno sarà stretto dalle funi dei suoi peccati”. Dunque, in Lui discese lo Spirito di Dio – lo Spirito di Colui che per mezzo dei profeti aveva promesso di consacrarlo – affinché noi, partecipando dell’abbondanza di quella consacrazione, fossimo salvati.

 

IA settimana T.O. - VESPRI Domenica

Battesimo del Signore

 Omelie per l’Epifania, 34 ; CCL 9A, 156-157

 

 

 Dal battesimo del Signore al nostro battesimo

 San Cromazio di Aquileia nel quarto secolo

 

 

         Quale grande mistero nel battesimo del nostro Signore e Salvatore! Il Padre si fa sentire dall’alto del cielo, il Figlio si fa vedere sulla terra, lo Spirito si mostra sotto la forma di una colomba. Non c’è infatti vero battesimo né vera remissione dei peccati, dove non c’è la verità della Trinità... Il battesimo dato dalla Chiesa è unico e vero, è dato una sola volta e, nell’esservi immersi una volta, siamo purificati e rinnovati. Purificati, per aver deposto la sozzura dei peccati; rinnovati perché risorgiamo per una vita nuova, dopo esserci spogliati del vecchiume del peccato.

 

         Quindi al battesimo del Signore i cieli si sono aperti affinché, per il lavacro della nuova nascita, scoprissimo che i regni dei cieli sono aperti ai credenti, secondo questa parola del Signore: “Se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio”(Gv 3,5). È dunque entrato, colui che rinasce e non ha trascurato di preservare il suo battesimo...

 

         Poiché il nostro Signore è venuto a  dare il battesimo nuovo per la salvezza del genere umano e la remissione di tutti i peccati, egli ha voluto essere battezzato per primo, non però per spogliarsi del peccato, poiché non aveva commesso peccato, ma per santificare le acque del battesimo per distruggere i peccati di tutti i credenti che sarebbero rinati mediante il battesimo.

 

IA settimana T.O. - LODI martedì

Commento sul vangelo di Marco, PL 2, 137-138

 Mc 1, 21-28

 

 

 Una dottrina nuova insegnata con autorità

 di San Girolamo nel quinto secolo

 

 

 

         Gesù si recò dunque nella sinagoga di Cafàrnao e si mise ad insegnare. Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché parlava loro “come uno che ha autorità e non come gli scribi”. Non diceva per esempio: “Parola del Signore!” oppure: “Così dice colui che mi ha mandato”. No. Gesù parlava in nome proprio: era lui infatti ad aver parlato una volta attraverso la voce dei profeti. È già bello poter dire, fondandosi su un testo: “Sta scritto...” È meglio ancora proclamare, nel nome del Signore stesso: “Parola del Signore!” Ma è tutt’altra cosa poter affermare, come Gesù in persona: “In verità, vi dico!...” Come osi dire, tu: “In verità vi dico!” se non sei colui che un tempo ha dato la Legge e parlato attraverso i profeti?...

         “Erano stupiti del suo insegnamento”. Che cosa insegnava che fosse così nuovo. Non faceva nulla se non ridire ciò che aveva già dichiarato tramite la voce dei profeti. Eppure erano stupiti, perché non insegnava alla maniera degli scribi. Insegnava come se avesse in prima persona l’autorità; non da rabbi ma in quanto Signore. Non parlava riferendosi ad uno più grande di lui. No, la parola che diceva era sua; e infine, usava questo linguaggio di autorità poiché affermava presente colui di cui aveva parlato per mezzo dei profeti: “Io dicevo. Eccomi qua” (Is 52,6)... Perciò, Gesù minaccia lo spirito immondo che si esprime nel posseduto nella sinagoga: “Taci! Esci da quell’uomo”. Cioè: “Esci da casa mia; cosa fai in costui che è la mia dimora? Io voglio entrarvi. Taci! Esci da quell’uomo. Lascia quella dimora che è stata preparata per me... Dio la vuole. Lascia l’uomo; mi appartiene. Non voglio che sia tuo. Io abito nell’uomo; questo è il mio Corpo. Vattene!”

 

IA settimana T.O. - VESPRI Martedì

Mc 1, 21-28

 Commento al vangelo

 secondo Luca, IV, 57 ; SC 45, 174

 

 

« Di sabato… insegnava come uno che ha autorità »

 

di Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

 

         Di sabato il Signore comincia ad operare guarigioni, per significare che la nuova creazione inizia nel momento in cui l’antica si era fermata, per marcare fin da principio che il Figlio di Dio non è sottomesso alla Legge, ma è superiore alla Legge, che egli non abolisce la Legge, bensì le dà compimento (Mt 5,17). Il mondo non è stato fatto per mezzo della Legge bensì per mezzo del Verbo secondo ciò che leggiamo : « Dalla parola del Signore furono fatti i cieli » (Sal 32,6). La Legge dunque non è abolita bensì compiuta, per rinnovare l’uomo decaduto. Per questo l’Apostolo Paolo dice : « Vi siete spogliati dell’uomo vecchio e avete rivestito il nuovo che si rinnova… ad immagine del suo creatore » (Col 3,9).

 

         A buon diritto egli comincia di sabato, per mostrare che lui è proprio il Creatore, … proseguendo l’opera che aveva iniziato un tempo. Come l’operaio che sta per riparare una casa, non comincia con le fondamenta, bensì con i tetti… ; mette mano prima a quello con cui un tempo aveva terminato. Inizia con ciò che è minimo per arrivare a ciò che è più importante ; liberare dal demonio infatti, possono farlo anche gli uomini - mediante la parola di Dio, s’intende - invece spetta alla sola potenza di Dio ordinare ai morti di risuscitare.

 

IA settimana T.O. - LODI mercoledì

 

LIBRO DI VITA

 

CAP. “ SILENZIO” § 31

 

IA settimana T.O. - VESPRI Mercoledì

Mc 1, 29-39

 Meditazioni 1, 1-49

  

Gesù si ritirò in un luogo deserto e là pregava

 Guigo il Certosino nel dodicesimo secolo

 

 

         Gesù stesso, che è Dio e Signore, la cui fortezza non aveva bisogno di trovare appoggio in alcun ritiro, e non veniva intralciata dalla compagnia degli uomini, pur tuttavia ebbe cura di lasciarci un esempio. Prima del suo ministero di predicazione e prima di fare miracoli, si è sottomesso, nella solitudine, alla prova della tentazione e del digiuno (Mt 4, 1s). La Scrittura ci riferisce che, trascurata la folla dei discepoli, saliva sul monte a pregare, solo (Mc 6, 46). Poi, nell’ora in cui la sua Passione si avvicina, abbandona i suoi discepoli per andare a pregare solo (Mt 26, 36). Questo è un esempio adatto per farci capire quanti vantaggi la preghiera trae dalla solitudine, visto che egli non vuole pregare accanto a dei compagni, fossero anche i suoi apostoli.

 

         Non bisogna passare sotto silenzio tale mistero che ci riguarda tutti. Lui, il Signore, il Salvatore del genere umano, offre nella sua persona un esempio vivo : Solo, nel deserto, si dedica alla preghiera e agli esercizi della vita interiore – il digiuno, le veglie, e altri frutti di penitenza – superando così le tentazioni dell’ Avversario con le armi dello Spirito.

 

         O Gesù, accetto che all’esterno, non ci sia nessuno con me ; ma purché dentro di me, io sia maggiormente con te. Guai all’uomo solitario, se non sei con lui ! Quanti uomini mentre stanno nella folla, sono veramente soli, perché non sono con te. Vorrei, con te, non essere mai solo. Poiché in questo momento, anche se nessuno è con me, io non sono solo : da solo sono una folla.

 

IA settimana T.O. - LODI Giovedì

Mc 1,40-45

 

La guarigione dell’anima e del corpo

di San Teofilo di Antiochia nel secondo secolo

 

 

         Se dici: Fammi vedere il tuo Dio, io ti dirò: Fammi vedere l’uomo che è in te, e io ti mostrerò il mio Dio. Fammi vedere quindi se gli occhi della tua anima vedono e le orecchie del tuo cuore ascoltano.

 

         Tu hai gli occhi dell’anima annebbiati per i tuoi peccati e per le tue cattive azioni.

Come uno specchio risplendente, così deve essere pura l’anima dell’uomo. Quando invece lo specchio si deteriora, il viso dell’uomo non può più essere visto in esso. Allo stesso modo quando il peccato ha preso possesso dell’uomo, egli non può più vedere Dio.

 

         Mostra dunque te stesso. Fa’ vedere se per caso non sei operatore di cose indegne, ladro, calunniatore, iracondo, invidioso, superbo, avaro, arrogante con i tuoi genitori. Dio non si mostra a coloro che operano tali cose, se prima non si siano purificati da ogni macchia. Queste cose ti ottenebrano, come se le tue pupille avessero un diaframma che impedisse loro di fissarsi sul sole.

 

         Ma se vuoi, puoi essere guarito. Affidati al medico ed egli opererà gli occhi della  tua anima e del tuo cuore. Chi è questo medico? E’ Dio, il quale per mezzo del Verbo e della sapienza guarisce e dà la vita.

 

IA settimana T.O. - VESPRI Giovedì

Mc 1, 40-45

 Fiamma d’amore viva, strofa 2

 

 

« Gesù stese la mano e lo toccò »

 San Giovanni della Croce nel sedicesimo secolo

 

 

O vita divina, tu dai la morte solo per dare la vita, ferisci solo per guarire. Mi hai ferito per guarirmi, o mano divina! Hai ucciso in me ciò che mi teneva nella morte! Ero allora privo della vita di Dio, in cui ora, invece, mi trovo a vivere! Debbo questo favore alla liberalità della tua generosa grazia verso di me quando mi hai fatto sentire il tocco di Colui che è « irradiazione della tua gloria e impronta della tua sostanza » (Eb 1,3), cioè il tuo Figlio unigenito, nel quale, come tua Sapienza, tu tocchi « da un confine all’altro della terra con forza per la sua purezza » (Sap 8,1).

 

O tocco delicato, o Verbo, Figlio di Dio, che con la delicatezza del tuo essere divino penetri sottilmente la sostanza della mia anima e, toccandola tutta con delicatezza, l’assorbi completamente in te e adoperi mezzi del tutto divini per colmarla di soavità  « mai sentita in terra di Canaan né mai viste in Teman » (Bar 3,22)! O tocco delicato, divinamente delicato del Verbo, tanto più delicato in me in quanto tu facevi sobbalzare i monti e spaccavi le rocce sul monte Oreb con l’ombra del tuo potere e la forza che lo precedeva, ti facesti sentire dal profeta « nel soffio leggero del vento » (1Re 19,11-12)! O soffio leggero, che sei così fine e delicato, dimmi: come puoi toccare così sottilmente e delicatamente, o Verbo, Figlio di Dio, pur essendo così terribile e potente? O felice, mille volte felice, Signor mio, l’anima che tocchi così delicatamente e dolcemente… « Tu nascondi queste anime nel segreto del tuo volto, che è il tuo divin Figlio, lontano dagli intrighi degli uomini » (Sal 30,21).

 

IA settimana T.O. - LODI Venerdì

Mc 2, 1-12

 Esposizione sul salmo 36, no. 3, § 3

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

 

Si recarono da lui con un paralitico

 

Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

     Possiamo, fratelli, sollevare costui che ha perduto in tutte le membra interiori la facoltà di compiere opere buone, quasi fosse un paralitico, e aprire il tetto di questa Scrittura, e presentarlo al Signore?

 

     Io intravedo un certo paralitico nell’anima. E vedo questo tetto (della Scrittura), e sotto il tetto riconosco Cristo nascosto. Farò, per quanto posso, ciò che si loda in coloro che, aperto il tetto, presentarono a Cristo il paralitico, affinché Egli dicesse: «Confida, figlio, ti sono rimessi i tuoi peccati». Perché così salvò l’uomo interiore dalla paralisi, rimettendo i peccati, e rinsaldando la fede.

 

     Ma vi erano là uomini che non avevano occhi capaci di vedere che il paralitico interiore era già guarito, e credettero che il Medico che lo curava bestemmiasse. «Chi è questi – dicono – che rimette i peccati? Costui bestemmia. Chi può rimettere i peccati,,se non il solo Dio? » E poiché egli era Dio, intendeva ciò che essi pensavano. Pensavano queste cose di Dio, ma non vedevano il Dio presente. Compì allora quel medico qualcosa anche nel corpo del paralitico, in modo da risanare l’interiore paralisi di coloro che tali cose avevano detto. Compì cose che esse potessero vedere, e dette loro modo di credere.

 

     Orsù, chiunque tu sia, tanto infermo e debole di cuore da attenerti agli esempi umani e voler perciò rinunziare alle opere buone, ed essere come colpito da una interiore paralisi, fatti forza per vedere se possiamo, aperto questo tetto, presentarti al Signore.

 

IA settimana T.O. - VESPRI Venerdì

Mc 2, 1-12

 La Vita in Cristo,

Libro 6; PG 150, 682-683

 

 

«Un paralitico portato da quattro persone»

 San Nicola Cabasilas nel quattordicesimo secolo

 

 

         In ogni momento invochiamo Cristo, il principio di ogni nostro pensiero. Per invocarlo, non c’è bisogno di alcuna preparazione alla preghiera, o di alcun luogo particolare, o di grida. Infatti, in nessun luogo egli è assente. È impossibile che lui non sia in noi, perché è più vicino a colore che lo cercano nel loro stesso cuore. Pertanto dobbiamo credere che egli ci esaudirà al di là delle nostre richieste, e non dubitare di questo malgrado in nostri difetti. Piuttosto abbiamo fiducia, perché egli è buono con gli ingrati e con i peccatori che lo invocano.

 

         Lungi dal disprezzare le preghiere dei suoi servi ribelli, egli è disceso sulla terra e, per primo, ha chiamato coloro che non lo avevano ancora chiamato, anzi, che non avevano mai pensato a lui: «Sono venuto, dice, a chiamare i peccatori» (Mt 9, 13). Se egli ha cercato coloro che non lo desideravano, quanto più farà per coloro che lo pregano. Se egli ha amato coloro che lo odiavano, come potrebbe respingere coloro che lo amano? « Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita »

 

IA settimana T.O. - LODI sabato

2004-01-17

Discorsi,  30. CCL 24, p. 173-177. PL 52, 284

Mc 2,13-17

 

« L’uomo, alzatosi, lo seguì »

 San Pietro Crisologo nel quinto secolo

  

 

         Fratelli, seduto al suo banco delle imposte, questo povero pubblicano era in una situazione peggiore di quella del paralitico di cui vi ho parlato l’altro giorno, che giaceva sul suo lettuccio. Uno era affetto da una paralisi nel suo corpo ; l’altro nella sua anima. Nel primo, tutte le membra erano deformi ; nel secondo, il giudizio, nel suo insieme, era nella confusione. Il primo giaceva, prigioniero della sua carne ; l’altro era seduto, schiavo nella sua anima e nel suo corpo. Il paralitico soccombeva alle sofferenze suo malgrado. Invece il pubblicano era spontaneamente schiavo dei suoi vizi. Questo, che si riteneva innocente, era accusato di cupidigia dagli altri. Quello, in mezzo alle sue sofferenze, si sapeva peccatore. Uno accumulava guadagni su guadagni, e tutti erano peccati. L’altro cancellava i suoi peccati gemendo nei dolori. Perciò, erano giuste queste parole rivolte al paralitico : « Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati » ; infatti, con le sue sofferenze compensava le sue colpe. Quanto al pubblicano, udì questa parola : « Seguimi », cioè « Otterrai riparazione seguendomi, tu che ti sei smarrito, seguendo il denaro ».

 

         Sicuramente si dirà : perché il pubblicano, che sembra più colpevole, riceve un dono più grande ? Infatti egli diventa subito apostolo… Ha ricevuto lui il perdono ; e concede ad altri la remissione dei peccati e illumina tutta la terra con lo splendore della predicazione evangelica. Invece il paralitico è appena ritenuto degno di ricevere il solo perdono. Vuoi sapere perché il pubblicano ha ottenuto grazie più numerose ? È perché, secondo la parola dell’Apostolo : « Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia » (Rm 5, 20).

 

IA settimana T.O. - PRIMI VESPRI Sabato

Mc 1, 40-45

Lettera 2

 

 

Esortazione ai monaci.

Sant’Antonio il Grande nel quarto secolo

 

         O amati nel Signore, Dio non ha visitato il creato una volta soltanto, ma lo fa ogni momento dall’inizio del mondo alla sua fine. Pertanto Dio sta con chiunque cerchi il Signore con zelo e con amore, ascoltando i suoi comandamenti, e a costui fa dono dello Spirito Santo.

 

         Poiché le facoltà spirituali congiunte al corpo vennero a indebolirsi e alterarsi a causa dei moti dell’anima, fino a morire, e poiché gli uomini non riuscivano più a ricordare la loro natura originaria, ma erano diventati come animali e adoravano le creature al posto del Creatore, allora il Creatore di tutto, in forza della sua bontà, visitò il creato con le sue leggi che danno la vita. Coloro che furono meritevoli di tale grazia e agirono secondo la legge con tutta la forza e la volontà, ricevettero lo Spirito della filiazione e vennero istruiti dallo Spirito Santo, sì da  potere adorare il Creatore come si conviene.

 

         A questo proposito l’apostolo Paolo ha detto che tutti costoro, pur avendo ricevuto per la loro fede una buona testimonianza, non conseguirono la promessa, avendo Dio predisposto qualcosa di meglio in vista di noi, perché essi non ottenessero la perfezione senza di noi…

 

         D’ora innanzi o amati, sia a voi manifesta questa parola: il Padre nella sua bontà non risparmiò il proprio Figlio Unigenito ma lo consegnò per salvarci dai nostri peccati e dalle nostre colpe. Egli si umiliò per noi e con le sue sofferenze ci guarì. Con la parola  della sua potenza ci  riunì da tutte le parti della terra e del mondo abitato, diventando per noi risurrezione e salvezza dai nostri peccati e insegnandoci che siamo membra gli uni degli altri.

 

IIA settimana T.O. - UR Domenica

 

Discorso Morino 26, § 2-5 ; PLS IV, 297-299

 

 

 

« Gesù vide molta folla e si commosse »

San Cesario di Arles nel quarto secolo

 

 

         La vera misericordia che è nel cielo (cfr. Sal 35, 6), è Cristo nostro Signore. Quanto è dolce e quanto è buona ; senza che nessuno la cerchi, essa è scesa spontaneamente dai cieli e si è abbassata per rialzarci !…

 

         E Cristo ci ha promesso di stare con noi fino alla consumazione dei secoli ; come egli stesso dice nel Vangelo : « Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo » (Mt 28, 20). Quanta bontà, fratelli ! È già nel cielo alla destra del Padre, e vuole faticare ancora, con noi, sulla terra. Con noi, vuole avere fame e sete, con noi vuole soffrire, con noi essere straniero. Anzi non rifiuta di morire e di essere carcerato con noi (Mt 25, 35). Vedete quanto è grande il suo amore per noi : nella sua tenerezza indicibile, vuole soffrire in noi tutti questi mali.

 

         Sì, la misericordia venuta dal cielo, cioè Cristo nostro Signore, ti ha creato mentre non esistevi ti ha cercato mentre eri perduto, ti ha riscattato mentre eri stato venduto… E ora, ogni giorno, Cristo si degna di incorporarsi alla tua umanità. Purtroppo, tanti uomini non accettano di aprire la porta del loro cuore.

 

IIA settimana T.O. - VESPRI Domenica

Commento al Vangelo di San Giovanni 8,1

(Nuova Biblioteca Agostiniana

 

Gv 2, 1-11

L’acqua diventata vino

 Sant’Agostino nel quinto secolo

 

  

 

Il miracolo con cui nostro Signore Gesù Cristo cambiò l'acqua in vino, non sorprende se si considera che fu Dio a compierlo. Infatti, chi in quel banchetto di nozze fece comparire il vino in quelle sei anfore che aveva fatto riempire di acqua, è quello stesso che ogni anno fa ciò nelle viti. Quel che i servi avevano versato nelle anfore, fu cambiato in vino per opera del Signore, come per opera del medesimo Signore si cambia in vino ciò che cade dalle nubi. Se questo non ci meraviglia, è perché avviene regolarmente ogni anno: la regolarità con cui avviene impedisce la meraviglia. Eppure questo fatto meriterebbe maggior considerazione di quanto avvenne dentro le anfore piene d'acqua.

 

Come è possibile, infatti, osservare le risorse che Dio dispiega nel reggere e governare questo mondo, senza rimanere ammirati e come sopraffatti da tanti prodigi ? Che meraviglia, ad esempio, e quale sgomento prova chi considera la potenza anche d'un granello di un qualsiasi seme! Ma siccome gli uomini, ad altro intenti, trascurano di considerare le opere di Dio, e trarne argomento di lode quotidiana per il Creatore, Dio si è come riservato di compiere alcune cose insolite, per scuotere gli uomini dal loro torpore e richiamarli al suo culto con nuove meraviglie.

 

IIA settimana T.O. - LODI Martedì

Mc 2, 23-28

 dimostrazioni, n°13, 1-2.13 ; SC 359, 589

 

 

 Il signore del sabato

di Sant’Afraate nel quarto secolo

 

 

         Per mezzo di Mosè suo servo, il Signore ha domandato ai figli di Israele di osservare il sabato. Disse loro: “ Sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore” (Es 20,9)... Li avvertì: “Non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame”. Aggiunse anche: “Perché possano goder quiete il tuo bue e il tuo asino e possano respirare i figli della tua schiava e il forestiero” (Es 23,12)... Il sabato non è stato imposto come una prova, una scelta da operare fra la vita e la morte, fra la giustizia e il peccato come gli altri precetti secondo  i quali l’uomo può vivere o morire. No, il sabato, a suo tempo è stato dato al popolo in vista del riposo – sia degli uomini che degli animali...

         Ascoltate ora quale è il sabato gradito al Signore. L’ha detto Isaia: “Fate riposare lo stanco” (28,12). E altrove: “Quanti si guardano dal profanare il sabato, restano fermi alla mia alleanza” (56,4)... Il sabato non approfitta affatto ai cattivi, agli assassini, ai ladri. Dio invece abita in coloro che scelgono quello che piace a Dio e non commettono il male; in essi Dio fa la sua dimora secondo la sua parola: “Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò” (Lv 26,12; 2 Cor 6,16)... Noi dunque, custodiamo fedelmente il sabato di Dio, cioè quello che piace al suo cuore. Così entreremo nel sabato del grande riposo, il sabato del cielo e della terra in cui ogni creatura si riposerà.

 

IIA settimana T.O. - VESPRI Martedì  

 

 

LA CHIESA COME FIGURA DI GESU’ CRISTO

di Dietrich Bonhoeffer

 

 

         In Cristo la figura dell’uomo è stata creata di nuovo dinanzi a Dio. Riconoscere in Cristo la propria immagine e la propria speranza non era questione di luogo e di tempo, di clima, di razza, di singolo, di società di religione o di inclinazione, era invece questione di vita o di morte per l’umanità. Ciò che è accaduto a Cristo è accaduto all’umanità intera. Il fatto che soltanto una parte dell’umanità riconosca la figura del suo redentore è un mistero inspiegabile. Il desiderio di colui che divenne uomo, di prendere forma in ogni singolo uomo, è rimasto finora insoddisfatto. Egli, che portava la forma umana, può prender forma soltanto in una piccola schiera di uomini: nella sua Chiesa. “Formazione” significa dunque in primo luogo che Cristo prende forma nella sua Chiesa. La persona stessa di Gesù Cristo prende forma in essa: per indicare in modo chiaro e profondo questa realtà il Nuovo Testamento chiama la Chiesa corpo di Cristo. Il corpo è la persona. La Chiesa dunque non è la comunità religiosa degli adoratori di Cristo, ma è il Cristo stesso che ha preso forma fra gli uomini. La Chiesa può legittimamente chiamarsi corpo di Cristo perché nel corpo di Gesù Cristo è veramente accolto l’uomo e quindi tutti gli uomini lo sono. La Chiesa ha dunque la forma che in realtà l’umanità intera dovrebbe avere.

 

         La Chiesa è l’uomo divenuto uomo, giudicato e risorto a nuova vita in Cristo. Essa non riguarda dunque essenzialmente le cosiddette funzioni religiose dell’uomo, ma riguarda l’uomo tutto intero nella sua esistenza terrena e in tutti i suoi rapporti.

 

IIA settimana T.O. - LODI Mercoledì

Mc 3, 1-6

Trattato sui Salmi 91,3 ; PL 9,495

 

 

 

« Ogni giorno, ogni cosa viene creata dal Figlio »

 Sant’Ilario di Poitiers nel quarto secolo

 

         Il giorno del sabato, era prescritto a tutti, nessuno escluso, di non fare alcun lavoro e di riposarsi nell’inattività. Come dunque il Signore ha potuto trascurare il sabato ? … In verità, grandi sono le opere di Dio : Tiene il cielo nelle sue mani, dà la luce al sole e agli altri astri, fa crescere le piante della terra, mantiene l’uomo in vita… Si, tutto esiste e dura nel cielo e sulla terra per la volontà di Dio Padre ; tutto viene da Dio e tutto esiste per mezzo del Figlio. Egli è infatti il capo e il principio di tutto. In lui tutto è stato fatto. E dalla sua pienezza, secondo l’iniziativa della sua eterna potenza, ha creato ogni cosa.

 

         Ora, se Cristo agisce in tutto, è necessariamente mediante l’azione di Colui che agisce in Cristo. Perciò è detto : « Il Padre mio opera sempre e anch’io opero » (Gv 5, 17). Infatti tutto ciò che viene fatto da Cristo, il Figlio di Dio abitato da Dio Padre, è opera del Padre. Perciò, ogni giorno, ogni cosa viene creata dal Figlio, perché tutto ciò che viene fatto dal Padre, è fatto per mezzo del Figlio. Quindi, l’azione del Figlio è di ogni giorno ; e, secondo me, i principi della vita, le forme dei corpi, lo sviluppo e la crescita degli esseri viventi manifestano questa opera.

 

IIA settimana T.O. - VESPRI Mercoledì 

 

TU, AMICO DELLA PACE

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

E’ il momento questo di esortarvi ad amare la pace

secondo tutte le forze di cui il Signore vi fa dono,

e a pregare il Signore per la pace.

La pace sia nostra diletta, la nostra amica.

Vi sia con essa indissolubile amicizia.

Sia il suo abbraccio pieno di dolcezza.

Se ami, tieni, possiedi la pace, puoi invitarne quanti vuoi

alla partecipazione di questo possesso.

Anzi, i suoi confini si allargano quanto più cresce

il numero di coloro che la posseggono.

Una casa terrena non contiene più di un certo numero di abitanti.

In quanto alla pace essa cresce in proporzione del numero di abitanti.

In quanto alla pace essa cresce in proporzione del numero di chi ne usufruisce.

Che cosa buona è amare! Amare è già possedere.

E chi non vorrebbe veder crescere ciò che ama?

Se vuoi con te pochi partecipi della pace,

avrai una pace ben limitata.

Allora che prezzo avrà quel bene che potrai possedere

appena lo amerai?

L’acquisto del nostro tesoro non richiede prezzo.

Non devi andare in cerca di un protettore

per conseguirlo.

Eccolo lì dove tu sei: basta che tu ami la pace,

ed essa istantaneamente è con te.

La pace è un bene del cuore e si comunica agli amici,

ma non come il pane.

Se vuoi distribuire il pane,

quanto più numerosi sono quelli per cui lo spezzi,

tanto meno te ne resta da dare.

La pace invece

è simile al pane del miracolo che cresceva nella mani dei discepoli

mentre lo spezzavano e lo distribuivano.

E intanto abbiate la pace tra voi, fratelli.

Se volete attirare gli altri alla pace, abbiatela tra voi per primi;

siate voi innanzitutto saldi nella pace.

Per infiammarne gli altri dovete averne voi, all’interno, il lume acceso.

 

IIA settimana T.O. - LODI Giovedì

Mc 3, 7-12 

Diatèssaron, preghiera finale ; SC 12, 404

 

 

 Una gran folla, sentendo ciò che faceva, si recò da lui

di Sant’Efrem  nel quarto secolo

 

 

         O misericordie, elargite e dispensate su tutti gli uomini. Esse dimorano in te, Signore, che nella tua compassione per tutti gli uomini sei andato loro incontro. Con la tua morte, hai aperto loro i tesori delle tue misericordie… Il tuo essere profondo infatti è nascosto alla vista degli uomini, ma abbozzato nei loro minimi movimenti. Le tue opere ci procurano lo schizzo del loro Autore, e le creature ci indicano il loro Creatore (Sap 13,1 ; Rm 1,20), perché noi potessimo toccare colui che si sottrae alla ricerca intellettuale, ma si lascia vedere nei suoi doni. È difficile giungere ad essergli presenti faccia a faccia, ma è facile avvicinarsi a lui.

 

         Le nostre azioni di grazie non bastano, ma ti adoriamo in ogni cosa per il tuo amore verso tutti gli uomini. Tu distingui ognuno di noi, nel fondo del nostro essere invisibile, mentre siamo tutti uniti fondamentalmente mediante l’unica natura di Adamo… Adoriamo te, che hai posto ognuno di noi in questo mondo, che ci hai affidato tutto ciò che vi si trova, e che ce ne separerai, nell’ora che non conosciamo. Adoriamo te, che hai messo la parola sulla nostra bocca perché potessimo presentarti le nostre richieste. Ti acclama Adamo, che riposa nella pace, e anche noi che siamo la sua posterità, perché siamo tutti beneficiari della tua grazia. I venti ti lodano,… la terra ti loda,… i mari ti lodano,… gli alberi ti lodano,… anche le piante e i fiori ti benedicono… Tutte le cose si raccolgano e uniscano la loro voce per lodarti, rivaleggiando in azioni di grazie per tutte le tue bontà, e unite nella pace per benedirti ; tutte le cose alzino insieme per te un’opera di lode.

 

         Spetta a noi tendere verso di te ogni nostra volontà, e spetta a te riversare su di noi un po’ della tua pienezza, perché la tua verità ci converta e così scompaia la nostra debolezza che, senza la tua grazia, non può giungere a te, Maestro di ogni dono.

 

IIA settimana T.O. - VESPRI Giovedì

 

 

Il mistero dell’unità della Chiesa

 da “Unitatis Redintegratio”

 

 

 

  Lo Spirito Santo che abita nei credenti e riempie e regge tutta la Chiesa, produce questa meravigliosa comunione dei fedeli e li unisce tutti così intimamente in Cristo, da essere il principio dell’unità della Chiesa. Egli realizza la diversità di grazie e di ministeri, e arricchisce di funzioni diverse la Chiesa di Gesù Cristo “per rendere atti i santi a compiere il loro ministero, affinché sia edificato il corpo di Cristo (Ef 4, 12).

 

  Gesù Cristo vuole che il suo popolo, per mezzo della fedele predicazione del Vangelo, dell’amministrazione dei sacramenti e del governo amorevole da parte degli apostoli e dei loro successori, cioè i vescovi con a capo il successore di Pietro, sotto l’azione dello Spirito Santo, cresca e perfezioni la sua comunione nell’unità: nella confessione di una sola fede, nella comune celebrazione del culto divino e nella fraterna concordia della famiglia di Dio.

 

  Così la Chiesa, unico gregge di Dio, quale segno elevato alla vista delle nazioni, mettendo a servizio di tutto il genere umano il Vangelo della pace, compie nella speranza il suo pellegrinaggio verso la meta che è la patria celeste.

 

  Questo è il sacro mistero dell’unità della Chiesa, in Cristo e per mezzo di Cristo, mentre lo Spirito Santo opera la varietà  dei ministeri. Il supremo modello e principio di questo mistero è l’unità nella Trinità delle Persone di un solo Dio Padre e Figlio nello Spirito Santo.

 

IIA settimana T.O. - Lodi  Venerdì

 

LIBRO DI VITA

 

Capitolo “Gerusalemme” § 174

 

IIA settimana T.O. - VESPRI Venerdì

  

da “Dialoghi con Athenagoras “ O. Clement,p.173-174

 

 

Ritornare all’Evangelo

del Patriarca Athenagoras

 

 

         Bisogna ritenere di ogni cosa ciò che è buono, dice Apostolo. La ricerca di libertà, di giustizia, di collaborazione fraterna, la ricostruzione del mondo per mezzo della tecnica e dell’intelligenza dell’uomo, una più equa ripartizione dei beni della terra, la rinascita di popolazioni e di culture da molto tempo asservite, l’emancipazione della donna, la valorizzazione dei lavoratori: tutto deve essere segretamente vivificato dalla risurrezione, tutto deve convergere verso la trasfigurazione finale.

         Ci vuole un rinnovamento che fiorisca un po’ dappertutto nel mondo cristiano. Ma io credo che la condizione principale, basilare, non possa essere che l’unione dei cristiani, chiamati a uscire insieme nel mondo per porsi al servizio dell’uomo. Cristo ha pregato perché noi fossimo  una cosa sola, affinché il mondo creda. Poco per volta la fiducia viene a sostituire la paura e il disprezzo che così a lungo hanno dominato fra le Chiese, o meglio all’interno della Chiesa, o meglio all’interno della Chiesa di Cristo, poiché non esiste che una sola Chiesa.

         Ci parliamo come fratelli, preghiamo insieme. L’amore nasce sul volto della Chiesa e la trasfigura: Chiesa e cristianesimo cominciano ad unificarsi nella loro comune sorgente, che è l’Evangelo e l’Eucaristia .

 

IIA settimana T.O. - LODI Sabato

Mc 3, 7-12

 Conferenza 13

 

 

Venite a me voi tutti

di Giovanni Cassiano nel quinto secolo

 

  

         Dio non ha creato l’uomo perché si perdesse, bensì perché vivesse in eterno ; questo disegno rimane immutabile… Infatti, « Egli vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità » (1 Tm 2, 4). Questa è la volontà del Padre vostro celeste, dice Gesù, « che non si perda neanche uno solo di questi piccoli » (Mt 18, 14). E altrove sta scritto : « Dio non vuole che alcuna anima perisca ; usa pazienza affinché tutti abbiano modo si pentirsi » (2 Sm 14, 14 ; 2 Pt 3, 9). Dio è veritiero ; non mentisce quando dichiara sotto giuramento : « Com’è vero ch’io vivo, io non godo della morte dell’empio, ma che l’empio desista dalla sua condotta e viva » (Ez 33, 11).

         Possiamo allora pensare, senza commettere un sacrilegio enorme, che egli voglia la salvezza soltanto di alcuni, e non di tutti in generale ? Chiunque si perda, si perde contro la volontà di Dio. Ogni giorno egli grida verso di lui : « Convertitevi dalla vostra condotta perversa ! Perché volete perire, o casa d’Israele ? » (Ez 33, 11). E di nuovo, insiste : « Perché allora questo popolo si ribella con continua ribellione ? Hanno indurito la faccia più di una rupe, non vogliono convertirsi » (Ger 8, 5 ; 5, 3).  Quindi la grazia di Cristo è sempre a vostra disposizione. Poiché egli vuole che tutti gli uomini siano salvati, li chiama tutti, nessuno escluso. « Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò » (Mt 11, 28).

 

IIA settimana T.O. - Primi Vespri Sabato

 

LA CHIESA E NOI

 di S.Pier Damiani nell’undicesimo secolo

 

      La Chiesa diversificata dalla molteplicità delle persone è una nella pluralità dei suoi membri, e nello stesso tempo misteriosamente tutta in ogni singolo.

      Non a torto questa Chiesa si presenta come l'unica Sposa di Cristo, e contemporaneamente si crede che ogni anima è, in qualche modo, per il mistero del sacramento, la Chiesa nella sua pienezza.

      La Chiesa intera è semplice nella pluralità dei suoi membri grazie all'unità della fede, ed è molteplice in ciascuno di essi grazie alla diversità dei carismi uniti dal cemento della carità. E tutto ciò perché tutti procedono dall'Uno.

      La Chiesa diversificata dalla molteplicità delle persone non è meno tutta fusa in uno dal fuoco dello Spirito Santo. Senza alcun dubbio è questo Spirito, diffuso nei nostri cuori, uno nella maestà, molteplice nei doni che,alla Chiesa che egli riempie, concede di essere nello stesso tempo una nell'universalità e tutta nelle sue parti....Così l'orante solitario può dire "noi" e la folla "io".

      Se dunque la Chiesa intera è l'unico Corpo di Cristo, essendo noi, malgrado il numero, uno in Cristo, possediamo ciascuno in Lui il nostro tutto, e per questo, benché possiamo sembrare lontani per l'isolamento del nostro corpo, rimaniamo alla Chiesa sempre vicinissimi per il sacramento inviolabile dell'unità.

      Così ciascuno dei fedeli apparisce una piccola Chiesa, quando, nel mistero dell'unità nascosta, un uomo riceve tutti i sacramenti della umana redenzione, che sono conferiti da Dio nella stessa Chiesa Universale. Se dunque non si può dubitare che un uomo riceva i sacramenti comuni a tutta la Chiesa, che cosa impedisce che un uomo solo pronunci le parole comuni della Chiesa, dato che i sacramenti hanno molta più importanza delle parole?

 

IIIA settimana T.O. - UR  Domenica

 

 

 

PREVENIAMO LO SPUNTARE DEL SOLE: ANDIAMOGLI INCONTRO

di San’Ambrogio nel quarto secolo

 

         Una così grande grazia ecclesiale e i grandi premi promessi alla devozione ci invitano: preveniamo lo spuntar del sole, andiamogli incontro prima che sorga, prima che dica “Eccomi” (Is 58, 9). Il Sole di giustizia vuol essere prevenuto e aspetta chi lo prevenga. Ascolta in che modo aspetti e desideri di essere prevenuto: dice all’angelo di Laodicea: “Mostrati zelante e ravvediti. Ecco io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui” (Ap.2 ,16; 3, 20).

 

         Ha il potere di entrare; nessun chiavistello poté trattenerlo dopo la risurrezione, e improvvisamente, inaspettato, appare agli apostoli nel cenacolo. Ma gli piace mettere alla prova i desideri di devozione tua; gli apostoli li aveva già provati. O forse, in tempo di persecuzione, è lui a prevenire, mentre in tempo di pace desidera di essere prevenuto.

 

         Tu precedi certamente la levata del sole visibile; “svegliati, o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà” (Ef 5, 14). Se previeni il sorgere di questo sole, accoglierai il Cristo-Luce. Egli stesso ti preverrà illuminando l’intimo del tuo cuore; lui, a te che gli dici: “Di notte anela a te l’anima mia” (Is 26, 9), farà risplendere nelle ore notturne la luce del mattino, mentre mediti le parole di Dio. Il tuo meditare sarà una luce che vede la luce, non del tempo, ma della grazia; e tu dirai: “I comandi del Signore danno luce agli occhi” (Sal 18, 9).

 

         Al mattino affrettati ad andare in chiesa per portarvi le primizie di santi desideri; e poi, se le necessità di questa vita ti chiamano, non ti mancherà un motivo per dire: “I miei occhi prevengono le veglie per meditare sulle tue promesse” (Sal 118, 148), e andrai tranquillo ai tuoi affari.

 

         Quale gioia cominciare la giornata con inni e cantici, con le beatitudini che leggi nel vangelo! E quale pegno di prosperità che la parola di Cristo ti benedica e, mentre vai ricantando nell’anima le benedizioni del Signore, ti ispiri il proposito di qualche virtù, così che tu possa anche riconoscere in te stesso l’efficacia della benedizione divina!

 

IIIA settimana T.O. - VESPRI Domenica

Commento sul profeta Isaia, 5, 5; PG 70, 1352-1353

(in l’Ora dell’Ascolto p. 1012)

Lc 1,1-4;4,14-21

 

 

 

Per « rinnovare la faccia della terra »

 San Cirillo Alessandrino nel quinto secolo

 

 

         Cristo, volendo restaurare il mondo e ricondurre tutti gli uomini al Padre, trasformare in meglio tutte le cose e rinnovare la faccia della terra, « assunse la condizione di servo » (Fil 2, 7) – egli Signore dell’universo – e annunziò la buona novella ai poveri, affermando che proprio per questo era stato mandato. Per poveri si possono intendere quelli che soffrono nella totale indigenza, ma anche, come dice la Scrittura, tutti quelli che non posseggono la speranza e che nel mondo sono privi di Dio (Ef 2, 12).

 

         Arrivati a Cristo dal paganesimo, arricchiti dalla fede in lui, hanno conseguito un tesoro divino venuto dal cielo, la predicazione del Vangelo della salvezza, resi partecipi in tal modo del regno dei cieli e consorti dei santi, eredi di quei beni che non si possono né immaginare, né domandare : « Cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore d’uomo ; queste ha preparato Dio per coloro che lo amano » (1 Cor 2, 9).

 

         Quanto ai fratelli venuti dal giudaismo, anch’essi erano poveri, col cuore spezzato, come schiavi e nelle tenebre. Ma venne Cristo, e a Israele prima che agli altri si annunziò con le benefiche e fulgide manifestazioni della sua potenza, proclamò “ l’anno di misericordia del Signore “ e il “ giorno della salvezza”.

 

IIIA settimana T.O. - LODI martedì

 

Libro di Vita

 

Cap “ Nella Chiesa” § 158

 

IIIA settimana T.O. - VESPRI martedì

Trattato sulla vita secondo Dio

(in l’Ora dell’Ascolto p. 2479)

 

 

 

In mezzo a voi come colui che serve 

San Gregorio Nisseno nel quarto secolo

 

  

         Quello che più importa, nella ricerca della sapienza è che colui il quale è veramente grande nelle opere abbia un cuore umile e puro. Per questo è necessario che colui il quale disprezza completamente le grandezze di questa vita e rifiuta ogni gloria mondana, insieme con la vita sappia rinnegare anche la propria anima. Rinnegare la propria anima vuole dire non cercare in niente la propria volontà ma quella di Dio, e servirsi di essa come di una buona guida, la quale dirige nella concordia la comunità verso il porto della divina volontà…

 

Questo lo vuole anche il Signore quando dice : « Chi vuol essere grande fra voi e il primo, sia l’ultimo e il servo di tutti » (Mc 10, 43-44). Questo servizio reso agli uomini dev’essere gratuito ; e chi è primo deve assoggettarsi a tutti e servire i fratelli, proprio come  loro vero debitore. Conviene che coloro i quali sono costituiti in autorità si affatichino più degli altri, siano più umili e dimostrino nella loro condotta il modello e l’esempio del servo, pensando che coloro i quali sono stati loro confidati sono un deposito di Dio.

 

         Ognuno si convinca di essere inferiore e più debole non soltanto del fratello con cui vive, ma anche di qualunque altro uomo. Sapendo questo, sarà veramente discepolo di Cristo. Poiché dunque conoscete i frutti dell’umiltà e il danno dell’orgoglio, imitate il Signore, amando Dio e amandovi vicendevolmente. Poiché l’amore di Dio e il timore del Signore è il primo compimento della Legge.

 

IIIA settimana T.O. - LODI Mercoledì

                                               Mc 4, 1-20 

Discorsi, n° 6 ; CCL 103, 32 ; SC 175, 327

 

Dare frutto del trenta, del sessanta e del cento per uno

San Cesario di Arles nel quarto secolo

 

         Fratelli, ci sono due specie di campi: uno è il campo di Dio, l’altro è il campo dell’uomo. Hai la tua tenuta; anche Dio ha la sua. La tua tenuta è la terra; la tenuta di Dio è la tua anima. È forse giusto che coltivi il tuo campo e lasci incolto il campo di Dio? Coltivi la tua terra, e non coltivi la tua anima, forse perché vuoi mettere in ordine la tua proprietà e lasciare incolta la proprietà di Dio? È forse giusto questo? Forse Dio merita che trascuriamo la nostra anima che egli ha tanto amata? Ti rallegri al vedere la tua terra ben coltivata; perché non piangi al vedere la tua anima incolta? I campi della nostra tenuta ci faranno vivere alcuni giorni in questo mondo; la cura della nostra anima ci farà vivere senza fine in cielo...

         Dio si è degnato di affidarci la nostra anima come sua tenuta; mettiamoci dunque all’opera con tutte le nostre forze con il suo aiuto, perché quando verrà a visitare la sua tenuta, egli la trovi ben coltivata e perfettamente in ordine. Che vi trovi una messe invece di rovi; che vi trovi vino invece di aceto; grano invece di zizzania. Se vi troverà ciò che piace ai suoi occhi, ci darà in cambio le ricompense eterne; invece i rovi saranno destinati al fuoco.

 

IIIA settimana T.O.  - VESPRI Mercoledì

.          

            Mc 4, 1-20

 

Seminare nel mondo intero

Di San Jose-Maria Escriva di Balaguer

 

            “Ecco  uscì il seminatore a seminare” La scena è d’attualità. Oggi il seminatore divino semina ancora il suo seme con forza. L’opera di salvezza continua ad attuarsi, e il Signore vuole servirsi di noi; desidera che noi, cristiani, apriamo al suo amore tutte le strade della terra; egli ci invita a diffondere il suo divino messaggio, con la dottrina e con l’esempio, fino ai confini del mondo. Chiede a noi, cittadini di questa società che è la Chiesa, e cittadini della società civile, di essere ciascuno un’altro Cristo nell’attuare fedelmente i nostri compiti, santificando il nostro lavoro professionale e i doveri del nostro stato.

         Se consideriamo questo mondo che ci circonda, e che amiamo perché è opera di Dio, vi vedremo realizzarsi la parabola: la parola di Gesù è feconda, suscita in molte anime la sete di darsi e di essere fedeli. La vita e il comportamento di coloro che servono Dio hanno cambiato la storia, anzi, molti fra coloro che non conoscono il Signore sono mossi, forse senza saperlo, da ideali la cui origine sta nel cristianesimo.

         Vediamo anche che una parte del seme cade nella terra sterile, o tra le spine e la sterpaglia; dei cuori si chiudono alla luce della fede. Se gli ideali di pace, di riconciliazione, di fraternità sono accettati e proclamati, sono troppo sovente smentiti dai fatti. Alcuni si accaniscono in vano ad imbavagliare la voce di Dio utilizzando, per impedire la sua diffusione, la forza brutale o un’arma meno rumorosa ma forse più crudele poiché rende insensibili le menti, cioè l’indifferenza.

 

IIIA settimana T.O. - LODI Giovedì

                                                          

i

 

« Prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco maturo nella spiga »

San Gregorio Nisseno nel quarto secolo

 

            La vita presente è un cammino che ci porta al termine della nostra speranza, allo stesso modo in cui si vede sui germogli il frutto che sta per sbocciare dal fiore; grazie al fiore il frutto giunge all’esistenza, anche se il fiore, non è il frutto. Allo stesso modo, la messe che nasce dai semi, non appare subito con la spiga, ma dapprima cresce l’erba, poi quando è morta l’erba, si erge  lo stelo di grano e così il seme matura in cima alla spiga...

 

         Il nostro Creatore non ci ha predestinati alla vita embrionale; lo scopo della natura non è la vita dei neonati. Non mira neanche alle età successive che raggiunge con il tempo nel processo di crescita che trasforma l’apparenza dell’uomo, né ha per fine la dissoluzione del corpo che sopravviene con la morte. Tutti questi stati non sono altro che  tappe sulla strada su cui camminiamo. La meta e il termine della marcia, attraverso queste tappe, è la somiglianza con Dio...; il termine atteso della vita, è la beatitudine. Oggi però, per quanto riguarda il corpo – la morte, la vecchiaia, la giovinezza, l’infanzia e la formazione dell’embrione – tutti questi stati, sono come altrettante erbe, steli, e spighe, che formano un cammino, una storia e una potenzialità che permettono la maturità attesa.

 

IIIA settimana T.O. - VESPRI Giovedì

 

                        Mc 4,21-25

Preghiera a Gesù nel Santissimo, in Discorsi, Messaggi, Colloqui.

 

Gesù dà se stesso sino alla fine (Gv 13,1)

Di Beato Giovanni XXIII

 

            O Gesù, cibo delle anime che supera ogni realtà naturale, questo popolo immenso grida a te. Si sforza di dare alla sua vocazione umana e cristiana uno slancio nuovo, di abbellirla con virtù interiori, sempre pronto al sacrificio di cui sei in prima persona l’immagine con la parola e con l’esempio. Sei il primo tra i nostri fratelli; hai preceduto i passi di ognuno di noi; hai perdonato le colpe di tutti. E li chiami tutti a una testimonianza di vita più nobile, più attiva, più comprensiva.

         Gesù, “pane della vita” (Gv 6,34), unico e solo alimento essenziale dell’anima, accogli tutti i popoli alla tua mensa. Essa è già la realtà divina sulla terra, il pegno delle bontà celesti; la certezza di una beata concordia tra i popoli e di una lotta pacifica in vista del vero progresso e della civilizzazione. Nutriti da te e di te, gli uomini saranno forti nella fede, allegri nella speranza, attivi nella carità. Le buone volontà trionferanno sulle trappole tese dal male; trionferanno sull’egoismo e sulla pigrizia. E gli uomini retti temendo Dio sentiranno alzarsi dalla terra di cui la Chiesa quaggiù vuole essere l’immagine, i primi echi misteriosi e dolci della città di Dio. Ci conduci verso i pascoli erbosi; ci proteggi. Mostraci, Gesù, i beni della terra dei viventi (Sal 26,13).

 

IIIA settimana T.O. - LODI  Venerdì

 Mc 4, 26-34

 Omelie su Matteo, cap. 13

 

  

 Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo ; se invece muore, produce molto frutto (Gv 12,24)

 di San Gregorio Magno nel sesto secolo

 

         « Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo ; una volta cresciuto, diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami » (Mt 13, 31). Questo granellino di senapa simboleggia per noi Gesù Cristo che, messo in terra nel giardino dove è stato seppellito, ne è uscito fuori dopo la sua risurrezione, in piedi come un grande albero.

 

         Possiamo dire che quando morì, fu come un granellino di senapa. Fu un granellino di senapa nell’umiliazione della sua carne e un grande albero nella glorificazione della sua maestà. Fu un granellino di senapa quando vi è apparso sfigurato, e un albero quando è risuscitato come « il più bello tra i figli dell’uomo » (Sal 44,3).

 

         I rami di questo albero misterioso sono i santi predicatori del vangelo la cui estensione ci è stata descritta nel salmo : « Per tutta la terra si diffonde la loro voce e ai confini del mondo la loro parola » (Sal 19,5 ; cfr Rm 10,18). Gli uccelli si riposano fra i suoi rami quando le anime giuste, che si sono elevate dai fascini della terra appoggiandosi sulle ali della santità, trovano nelle parole dei predicatori del vangelo la consolazione di cui hanno bisogno nelle pene e le fatiche di questa vita.

 

IIIA settimana T.O. - VESPRI Venerdì

.                                              Mc 4, 26-34

Commento sul vangelo di Luca, VII, 183 ; SC 52, 77

 

Gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra

Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

            Il Signore stesso è un granello di senapa... Se Cristo è un granello di senapa, in quale modo egli è il più piccolo, e come cresce? Non nella sua natura egli cresce, ma secondo l’apparenza. Volete sapere come egli è il più piccolo? “Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi” (Is 53,2). Imparate che egli è il più grande: “Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo” (Sal 44,3). Infatti colui che non aveva apparenza né bellezza è diventato superiore agli angeli (Eb 1,4) superando tutta la gloria dei profeti di Israele... Egli è il più piccolo di tutti semi, perché non è venuto con la regalità, né con le ricchezze, né con la sapienza di questo mondo. Ora, come un albero, ha fatto crescere l’alta cima della sua potenza, cosicché diciamo: “Alla sua ombra, cui anelavo, mi siedo” (Ct 2,3).

         Secondo me, sovente sembrava contemporaneamente albero e seme. È seme quando dicono: “Non è egli forse il figlio del carpentiere,” (Mt 13,55). E proprio durante queste parole é improvvisamente cresciuto: “Da dove mai viene a costui questa sapienza? ” (vs. 54). Nel fogliame dei suoi rami potranno ripararsi con sicurezza l’uccello notturno nella sua dimora, l’uccello solitario sopra il tetto (Sal 101,7), quello che fu rapito fino al terzo cielo (2 Cor 12,3), e quello che sarà “rapito tra le nuvole, nell’aria” (1 Tes 4,17). Là riposeranno anche le potenze e gli angeli dei cieli e quanti hanno, grazie alle loro azioni spirituali, preso il volo. San Giovanni vi si è riparato quando riposava sul petto di Gesù (Gv 13,25)...

         E noi che “eravamo lontani” (Gal 2,13), radunati da mezzo alle nazioni, a lungo sballottati nel vuoto del mondo dalle tempeste dello spirito del male, spiegando le ali delle virtù, dirigiamo il nostro volo affinché questa ombra dei santi ci ripari dal caldo soffocante di questo mondo.

 

IIIA settimana T.O. - LODI sabato

Discorso 63, 1-3; PL 38, 424-425

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

 

Battuti dal vento e dalle onde

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

         Per grazia di Dio vi rivolgo la parola sul passo del santo Vangelo letto poco fa e in nome di lui vi esorto a far sì che nei vostri cuori non si assopisca la fede con cui resistere alle tempeste e ai marosi di questo mondo. In effetti non è vero che Cristo nostro Signore avesse in suo potere la morte e non il sonno e che forse l'Onnipotente fu oppresso dal sonno contro la sua volontà mentre stava sulla barca. Se voi crederete questo, egli dorme nel vostro intimo; se invece Cristo è desto, è desta anche la vostra fede. L'Apostolo dice: « [Chiedo di] far abitare Cristo nei vostri cuori per mezzo della fede » (Ef 3,17).

 

Anche il sonno di Cristo è dunque un segno esteriore d'un simbolo. Sono come dei naviganti le anime che fanno la traversata di questa vita in un’imbarcazione. Anche quella barca era la figura della Chiesa. Poiché anche ogni persona è tempio di Dio e naviga nel proprio cuore e non fa naufragio se nutre buoni pensieri. Se hai sentito un insulto, è come il vento; se sei adirato, ecco la tempesta. Se quindi soffia il vento e sorge la tempesta, corre pericolo la nave, corre pericolo il tuo cuore ed è agitato. All'udire l'insulto tu desideri vendicarti: ed ecco ti sei vendicato e, godendo del male altrui, hai fatto naufragio. E perché? Perché in te dorme Cristo. Che vuol dire: "In te dorme Cristo"? Ti sei dimenticato di Cristo. Risveglia dunque Cristo, ricordati di Cristo, sia desto in te Cristo: considera lui.

 

IIIA settimana T.O. - Primi Vespri Sabato

 

 

 

 NELL'UNITA' DELLA CARITA' CONSISTE L'AMORE FRATERNO

 di Sant'Agostino nel  quinto secolo

 

 

      Da questo sappiamo d'averlo conosciuto: "Se osserviamo i suoi comandamenti". Quali?  Vediamo se questo comandamento non sia l'amore. Fa attenzione al Vangelo: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri". E Giovanni dice: "Chi osserva la sua parola, in lui l'amore di Dio e' veramente perfetto. Da questo conosciamo di essere in lui". Parla di perfetti nella carità.

      Qual è la perfezione della carità? Amare anche i nemici e amarli perché diventino fratelli. La nostra carità, infatti, non dev'essere secondo la carne. Ama i tuoi nemici perché diventino i tuoi fratelli: ama i tuoi nemici perché entrino in comunione con te. Così amò colui che, pendente dalla croce disse: " Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno".

      Allontanava da essi la morte eterna con una preghiera piena di misericordia, con grandissima potenza. Molti credettero e fu loro perdonato di aver versato il sangue di Cristo. Lo versarono quando infierirono contro di lui, lo bevvero quando credettero.

      Da questo conosciamo di essere in lui, se il suo amore in noi è veramente perfetto. Proprio parlandoci di questa perfezione della carità che consiste nell'amare i nemici, il Signore dice: "Siate dunque perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste", "Chi ama suo fratello, dimora nella luce e non v'è in lui occasione di inciampo".

      Chi sono coloro che patiscono o danno scandalo? Coloro che si scandalizzano di Cristo e della Chiesa. Perché, dunque, non c'è scandalo in chi ama il fratello? Perché chi ama il fratello tutto sopporta pur di salvare l'unità.

 

IVA settimana T.O. - U.R. Domenica

Discorso 256 nei giorni di Pasqua

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

 

« Alzati e cammina »

 di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

         « Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Cristo dai morti abita in voi, colui che risuscitò Cristo dai morti darà vita anche ai vostri corpi mortali » (Rm 8,11). Adesso il nostro corpo è animale, lassù sarà spirituale. In effetti « il primo uomo fu creato per essere anima vivente, l'ultimo uomo sarà spirito vivificante » (1 Cor 15,45). Per questo « darà vita anche ai vostri corpi mortali ad opera dello Spirito che abita in voi ».

 

 Oh felice Alleluia, quello di lassù! Alleluia pronunciato in piena tranquillità, senza alcun avversario! Lassù non ci saranno nemici, non si temerà la perdita degli amici. Qui e lassù si cantano le lodi di Dio, ma qui da gente angustiata, lassù da gente libera da ogni turbamento; qui da gente che avanza verso la morte, lassù da gente viva per l'eternità; qui nella speranza, lassù nel reale possesso; qui in via, lassù in patria. Cantiamolo dunque adesso, fratelli miei, non per esprimere il gaudio del riposo ma per procurarci un sollievo nella fatica. Come sogliono cantare i viandanti, canta ma cammina; cantando consolati della fatica… Canta e cammina!

 

Cosa vuol dire: cammina? Avanza, avanza nel bene… Se tu progredisci, cammini; ma devi progredire nel bene, nella retta fede, nella buona condotta. Canta e cammina! Non uscire di strada, non volgerti indietro, non fermarti! Rivolti al Signore.

 

IVA settimana T.O. - VESPRI  Domenica

Lc 4, 21-30

  

 

 

Le testimonianze della Risurrezione

di San Leone Magno nel V secolo

 

  

 

            La risurrezione del Salvatore non lasciò a lungo l’anima nell’inferno, né la carne nel sepolcro. Fu molto celere la vivificazione della carne incorrotta, come se ivi un sopore anziché la morte fosse intervenuto; la divinità, che non si era allontanata dalla, natura dell’uomo assunto, con propria potestà ricongiunse quel che per propria potestà aveva separato.

 

         Molte testimonianze seguirono per fondare l’autorità della fede che doveva essere predicata in tutto il mondo. Il ribaltamento della pietra, il sepolcro trovato vuoto, i panni ben disposti e gli angeli che raccontarono tutto il fatto, documentano con certezza e con abbondanza la verità della risurrezione del Signore.

 

         Egli con queste testimonianze aveva lo scopo di far conoscere che in lui le proprietà della natura divina e quelle della natura umana persistono inseparabilmente, e inoltre di farci certi che il Verbo non è la stessa cosa che la carne pur professando che l’unico Figlio di Dio è Verbo e carne.

 

         Riconosca il popolo di Dio di essere una nuova creatura in Cristo, e comprenda con diligenza da chi sia stata accolta e chi essa abbia a sua volta accolto.

 

IVA settimana T.O. - LODI martedì

Commento su Giovanni, IV

 

 

Fanciulla alzati!

 di San Cirillo Alessandrino nel quinto secolo

 

 

         Nemmeno per risuscitare i morti, il Salvatore si limita ad operare con la sua parola, pur essendo essa portatrice degli ordini divini. Come cooperatrice, se così possiamo dire, per un’opera così magnifica, ha preso la sua carne, per mostrare che essa ha il potere di dare la vita, e fare vedere che essa è una sola cosa con lui ; infatti questa è davvero la sua carne, e non un corpo estraneo. Così successe quando egli risuscitò la figlia del capo della sinagoga ; dicendole « Fanciulla, alzati ! », la prese per mano. In quanto Dio, le ha dato la vita donandole un comandamento onnipotente, e le ha dato la vita anche mediante il contatto della sua carne santa, testimoniando così che, nel suo corpo come nella sua parola, operava una medesima potenza divina. Così ancora, quando arrivò in una città chiamata Nain, dove si portava al sepolcro un figlio unico di madre vedova, egli toccò la bara dicendo : « Giovinetto, dico a te, alzati ! » (Lc 7,13-17)

 

         Così, non soltanto conferisce alla sua parola il potere di risuscitare i morti, ma anche, per mostrare che il suo corpo è vivificante, egli tocca i morti e, con la sua carne, fa passare la vita nei cadaveri. Se il solo contatto della sua carne sacra rende la vita a un corpo in decomposizione, quanto più troveremo profitto nella sua vivificante eucaristia, quando faremo di essa il nostro cibo. Essa trasformerà totalmente nel suo bene proprio, cioè nell’immortalità, coloro che vi avranno partecipato.

 

IVA settimana T.O. - VESPRI martedì

Commento sul vangelo di Luca 6, 58-61

 

 

« Io dico a te, alzati ! »

di Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

 

 

         Prima di risuscitare una morta, allo scopo di condurre alla fede, Gesù comincia col guarire la donna affetta da emorragia. Il flusso si è fermato per istruirci : quando Gesù si avvicina all’una, l’altra è già guarita. Nello stesso modo, celebriamo la risurrezione nel tempo del Signore, la quale seguì la sua Passione, allo scopo di credere nella nostra vita eterna…

 

         I servi di Giàiro che vengono a dirgli : « non disturbare il Maestro » non credono nella risurrezione predetta nella Legge e compiuta nel Vangelo. Perciò Gesù prende con sé soltanto pochi testimoni della risurrezione che sta per compiersi : infatti non un gran numero ha creduto di primo acchito alla risurrezione. La folla deride Gesù quando egli dichiara : « La bambina non è morta, ma dorme ». Coloro che non credono lo deridano. Che piangano i loro morti, coloro che li credono morti. Per quanti hanno fede nella risurrezione, la morte non è vista come una fine ma come un riposo…

 

         E Gesù, presa la mano della bambina, la guarì ; poi ordinò di darle da mangiare. Questo è una garanzia della vita, affinché non si possa credere che sia un’illusione, ma proprio la realtà. Beata colei la cui mano è tenuta dalla Sapienza ! Piaccia a Dio che anche la nostra venga tenuta, nelle nostre azioni. Che la giustizia tenga la mia mano ; che il Verbo di Dio la tenga ; Egli mi introduca dove egli dimora, distolga il mio spirito dall’errore, e così riconduca colui che egli ha salvato. Che ordini di darmi da mangiare : il pane del cielo è il Verbo di Dio. Questa Sapienza che ha deposto sull’altare il cibo del Corpo e del Sangue del Figlio di Dio ha dichiarato : « Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato per voi » ( Pr 9, 5).

 

IVA settimana T.O. - LODI mercoledì

Libro di Vita

capitolo "accoglienza" § 43

 

IVA settimana T.O. - VESPRI mercoledì

P.Jarek Pachulski, SDB

DAGLI SCRITTI...

(Epistolario, Torino, 1959, 4, 202. 294-205. 209)

 

  

Imitare Gesù e lasciarsi guidare dall'amore

 dalle «Lettere» di san Giovanni Bosco

  

 

     Se vogliamo farci vedere amici del vero bene dei nostri allievi, e obbligarli a  fare il loro dovere, bisogna che voi non dimentichiate mai che rappresentate i genitori di questa cara gioventù, che fu sempre tenero oggetto delle mie  occupazioni, dei miei studi, del mio ministero sacerdotale, e della nostra Congregazione salesiana. Se perciò sarete veri padri dei vostri allievi, bisogna che voi ne abbiate anche il cuore; e non veniate mai alla repressione o punizione senza ragione e senza giustizia, e solo alla maniera di chi vi si adatta per forza e per compiere un dovere.

 

    Quante volte, miei cari figliuoli, nella mia lunga carriera ho dovuto  persuadermi di questa grande verità! E' certo più facile irritarsi che  pazientare, minacciare un fanciullo che persuaderlo. direi ancora che é più comodo alla nostra impazienza ed alla nostra superbia castigare quelli che resistono, che correggerli col sopportarli con fermezza e con benignità. La carità che vi raccomando é quella che adoperava san Paolo verso i fedeli di fresco convertiti alla religione del Signore, e che sovente lo facevano piangere e supplicare quando se li vedeva meno docili e corrispondenti al suo zelo.

Difficilmente quando si castiga si conserva quella calma, che é necessaria per  allontanare ogni dubbio che si opera per far sentire la propria autorità, o sfogare la propria passione.

 

IVA settimana T.O. - LODI giovedì

Sulla Prescrizione degli eretici 19-21 ; SC 46, p.111

(in l’Ora dell’Ascolto p. 2403)

 

 

 

« Credo nella Chiesa…apostolica »

 di Tertulliano (155? - 220?), teologo

 

 

         Cristo Gesù, Signore nostro, per tutto il tempo che visse sulla terra manifestò chi egli era, chi era stato, qual era la volontà del Padre, che cosa l’uomo dovesse fare. Questa rivelazione la fece apertamente al popolo e separatamente ai discepoli, fra i quali scelse i Dodici, come partecipi del suo magistero universale… Gli apostoli, il cui nome significa « mandati »…avendo ricevuto, secondo la promessa, lo Spirito Santo che doveva renderli capaci di fare i miracoli e predicare, testimoniarono la fede in Gesù Cristo prima in Giudea e poi in tutto il mondo, istituendo ovunque chiese particolari. Ovunque fecero risuonare il medesimo insegnamento e annunziarono la medesima fede. Così fondarono chiese in ogni città.

 

Da queste ricevettero la linfa della fede e i segni della dottrina tutte le altre chiese e tutte le altre popolazioni che tendono a divenire chiese. Tutte queste chiese venivano considerate apostoliche, in quanto figlie delle chiese degli apostoli…Tra tante e tanto grandi chiese, unica è la prima fondata dagli apostoli e dalla quale derivano tutte le altre… Che cosa poi gli apostoli abbiano predicato, cioè che cosa Cristo abbia loro rivelato, non può essere altrimenti provato che per mezzo delle chiese stesse che gli apostoli hanno fondato.

 

IVA settimana T.O. - VESPRI giovedì

 

 

 

“Prendi tra le tue mani Gesù

Di Origene nel III secolo

 

  

 

         Dobbiamo cercare un motivo degno del dono di Dio per spiegare come Simeone, uomo santo e gradito a Dio – così è scritto nel Vangelo – aspettando la consolazione di Israele, ottenne dallo Spirito santo l’assicurazione che non sarebbe morto prima di aver visto il Cristo del Signore. (Lc 2,25-26)  Che gli giovò vedere Cristo ? Gli fu forse soltanto promesso di vederlo, senza ritrarne alcun vantaggio, oppure tutto questo nasconde qualche dono degno di Dio, che il beato Simeone si era meritato e ricevette? Una donna toccò l’orlo dell’abito di Gesù e fu risanata. Se costei ha ricevuto un così grande dono per aver toccato l’estrema parte del suo abito, che cosa dobbiamo pensare sia accaduto a Simeone, che accolse tra le sue bracci il fanciullo e, tenendolo tra le braccia, gioiva e si allietava, rendendosi conto di portare il fanciullo che era venuto per liberare i prigionieri? Lui stesso stava per essere liberato dai vincoli del corpo, ed egli sapeva che nessuno poteva far uscire gli uomini dalla prigione del corpo, con la speranza della vita futura, se non colui che teneva in braccio.

         Per questo dice, rivolgendosi a lui : “Ora, Signore, lascia che il tuo servo se ne vada in pace” (Lc 2, 29), infatti fin che io non sostenevo Cristo, finché le mie braccia non lo sollevavano, ero prigioniero e non potevo liberarmi dai miei vincoli. Dobbiamo intendere queste parole come se fossero non soltanto di Simeone, ma di tutto il genere umano. Se uno esce dal mondo, se è liberato dal carcere e dalla dimora dei prigionieri per andare a regnare, prenda tra le sue mani Gesù, lo circondi con le sue braccia, lo tenga tutto stretto al suo petto e allora potrà andare esultante di gioia là dove desidera.

 

IVA settimana T.O. - LODI Venerdì

Mc 6,14-29

 

BEATO COLUI CHE NON SI SCANDALIZZA DI ME

di Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

 

         Il Signore, sapendo che nessuno può credere con pienezza senza il vangelo, perché la fede comincia dall’Antico Testamento, ma ha compimento nel Nuovo, quando lo interrogarono sulla sua identità, dimostrò di essere lui non con le parole, ma coi fatti. “Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: i ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, il lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella” (Mt 11, 4-5). Ma questi esempi della testimonianza del Signore sono ancora poco: pienezza della fede è la croce del Signore, la sua morte, la sua sepoltura. Perciò alle parole suddette aggiunse: “Beato colui che non si scandalizza di me”(Mt 11,6). La croce potrebbe essere uno scandalo anche per gli eletti, ma per quanto riguarda la Persona divina non può esistere testimonianza più valida di questa, nulla vi è che trascenda le cose umane quanto il volontario sacrificio di tutto se stesso, e di sé solo, per la salvezza del mondo: con questo unico atto egli dimostra pienamente di essere il Signore.

 

         Per questo Giovanni lo indica con le parole: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo” (Gv 1, 29). Parole rivolte non solo a quei due discepoli, ma a tutti noi, perché crediamo in Cristo sulla testimonianza dei fatti.

 

         “Ma cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, anche più che un profeta” (Mt 11, 9). Come mai desideravano di vedere nel deserto Giovanni, che stava in carcere?

 

         Il Signore propone alla nostra imitazione colui che gli aveva preparato la via non solo precedendolo nella nascita secondo la carne e annunziandolo con la fede, ma anche precorrendolo col suo glorioso martirio. E’ veramente più che profeta, egli che chiude la serie dei profeti. Più che profeta, perché molti desiderarono di vedere colui che egli annunziò, vide coi propri occhi e battezzò.

 

IVA settimana T.O. - VESPRI venerdì

Opera omnia, t. 2, p. 514-515, 518-519

 

 

 Beati i perseguitati per causa della giustizia

di Lanspergo il Certosino nel sedicesimo secolo

 

  

         La morte di Cristo è all’origine di una folla innumerevole di credenti. Per la potenza dello stesso Signore Gesù, e grazie alla sua bontà, la morte preziosa dei suoi martiri e dei suoi santi ha fatto nascere una grande moltitudine di cristiani. Infatti, la religione cristiana non è mai stata annientata dalla persecuzione dei tiranni e nemmeno dall’omicidio ingiustificabile degli innocenti , piuttosto essa ne ha tratto ogni volta un grande accrescimento.

                  

San Giovanni, che ha battezzato Cristo, ne è per noi un esempio. Erode, questo re infedele, volle, in fedeltà alla propria promessa, cancellare completamente dalla memoria degli uomini, il ricordo di Giovanni. Invece, non soltanto Giovanni non fu annientato, ma migliaia di uomini, infiammati dal suo esempio, accolsero la morte con gioia per la giustizia e la verità… Quale cristiano, degno di questo nome, non venera oggi Giovanni, colui che ha battezzato il Signore ? Ovunque nel mondo, i cristiani celebrano la sua memoria, tutte le generazioni lo proclamano beato e le sue virtù riempiono la Chiesa del loro profumo. Giovanni non ha vissuto solo per se stesso, e non è morto solo per se stesso.

 

IVA settimana T.O. - LODI sabato

Commento sul vangelo secondo Matteo, 10, 23 ; SC 162, 257

Mc 6,30-34

  

 

 Si commosse per loro

 di Origene nel terzo secolo

 

         Gesù, il Verbo di Dio, era in Giudea. Saputa l’esecuzione del profeta Giovanni il Battista, partì su una barca - simbolo del suo corpo - « verso un luogo solitario, in disparte ». In quel luogo solitario, Gesù si trovava « in disparte » poiché la sua parola vi era isolata, e il suo insegnamento contrastava con i costumi e con le idee diffuse fra la gente. Allora la folla delle persone, saputo che colui che è la Parola di Dio era venuto ad abitare nel loro deserto…, lo seguirono, lasciando le loro città, lasciando cioè ciascuno i costumi superstiziosi della propria patria e aderirono alla legge di Cristo… Gesù venne loro incontro ; loro infatti erano incapaci di andargli incontro ; mescolandosi a « quelli di fuori » (Mc 4,11), li condusse dentro.

 

         È molta questa folla di fuori che egli viene ad incontrare. Spargendo su di essa la luce della sua presenza, la guarda e, vedendo quale genere di persone lo circondino, li trova maggiormente degni di pietà. Lui che, in quanto Dio, è al di là della sofferenza, soffre a causa del suo amore per gli uomini ; la commozione lo prende alle viscere. Non soltanto si commuove, ma anche li guarisce da ogni loro malattia, li libera dal male.

 

IVA settimana T.O. - PRIMI VESPRI Sabato

 

 

 

CHI HA ORECCHI INTENDA!

di Sant’Ilario quarto secolo

 

         Ogni cosa è stata sottoposta a Cristo, a eccezione di Colui che gli ha sottomesso ogni cosa. E anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti (cfr. 1 Cor 15, 27-28).

 Nella prima fase di questo mistero tutte le cose sono poste sotto la signoria di Cristo; poi egli stesso sarà sottoposto a Colui che gli ha donata tale signoria. Come noi siamo stati sudditi di Cristo che regna nel suo corpo glorioso, così, per lo stesso mistero, il nostro Re sarà sottomesso nella gloria del suo corpo a Colui che gli ha dato il dominio dell’universo. Noi veniamo sottomessi al suo corpo glorioso per partecipare alla gloria con cui regna nel suo corpo: saremo infatti resi conformi a lui.

 

         I vangeli non tacciono della gloria del suo corpo già regnante. E’ scritta infatti questa parola del Signore: “In verità vi dico, vi sono alcuni tra i presenti che non morranno finché non vedranno il Figlio dell’uomo venire nel suo regno” (Mt 16, 28). La gloria del suo corpo che veniva al regno fu manifestata agli apostoli: il Signore si mostrò nella trasfigurazione gloriosa, rivelando loro lo splendore del suo corpo regale. E, nel promettere agli apostoli una partecipazione alla sua gloria disse “Così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori d’iniquità, e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi intenda!” (Mt 13, 40-43).

 

VA settimana T.O. - UR Domenica

 

 

 

Le testimonianze della Risurrezione

di San Leone Magno nel quinto secolo

 

 

 

            La risurrezione del Salvatore non lasciò a lungo l’anima nell’inferno, né la carne nel sepolcro. Fu molto celere la vivificazione della carne incorrotta, come se ivi un sopore anziché la morte fosse intervenuto; la divinità, che non si era allontanata dalla, natura dell’uomo assunto, con propria potestà ricongiunse quel che per propria potestà aveva separato.

 

         Molte testimonianze seguirono per fondare l’autorità della fede che doveva essere predicata in tutto il mondo. Il ribaltamento della pietra, il sepolcro trovato vuoto, i panni ben disposti e gli angeli che raccontarono tutto il fatto, documentano con certezza e con abbondanza la verità della risurrezione del Signore.

 

         Egli con queste testimonianze aveva lo scopo di far conoscere che in lui le proprietà della natura divina e quelle della natura umana persistono inseparabilmente, e inoltre di farci certi che il Verbo non è la stessa cosa che la carne pur professando che l’unico Figlio di Dio è Verbo e carne.

 

         Riconosca il popolo di Dio di essere una nuova creatura in Cristo, e comprenda con diligenza da chi sia stata accolta e chi essa abbia a sua volta accolto.

 

VA settimana T.O. -  VESPRI Domenica

Discorsi, 39

Lc 5,1-11

 

  

D’ora in poi sarai pescatore di uomini

 di San Massimo il Confessore nel settimo secolo

 

 

         Quando il Signore, seduto nella  barca, dice a Pietro: “Prendi il largo e calate le reti per la pesca”, gli consiglia non tanto di calare gli strumenti da pesca nelle profondità delle acque, quanto di spargere nel fondo dei cuori le parole della predicazione. San Paolo ha penetrato in quell’abisso dei cuori, lanciando la parola: “O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio!” (Rm 11,33)... Come la rete porta nelle sue pieghe verso la nave i pesci che ha presi, così la fede conduce nel suo seno, verso il riposo, tutti gli uomini che ha radunati.

         Ancora per fare capire che il Signore parlava di pesca spirituale, Pietro dice: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti”... Il Verbo, la Parola di Dio, è il Signore nostro Salvatore... Poiché Pietro lancia la sua rete secondo il Verbo, diffonde dappertutto la sua eloquenza secondo Cristo. Spiega le reti tessute secondo le prescrizioni del suo maestro; lancia nel nome del Signore parole più chiare e più efficaci che permettono di salvare, non creature senza ragione, bensì gli uomini.

         “Abbiamo faticato, dice, tutta la notte e non abbiamo preso nulla”. Sì, Pietro aveva proprio faticato tutta la notte...; quando è sorta la luce del Salvatore, le tenebre si sono disperse e la sua fede gli ha permesso di distinguere, nel più profondo delle acque, ciò che i suoi occhi non potevano vedere. Pietro ha effettivamente sofferto a causa della notte, finché il giorno che è Cristo non è venuto in suo soccorso. Questo fa dire all’apostolo Paolo: “La notte è avanzata, il giorno è vicino” (Rm 13,12).

 

VA settimana T.O. - LODI Martedì

Isacco di Ninive:

Tratto da: "La Saggezza dei Padri della Chiesa. La Preghiera".

Piero Gribaudi Ed. Srl. 2000 MILANO p. 91

 Mc 7,1-13

 

DAVANTI A DIO

 del Beato Isacco di Ninive nel  Settimo Secolo

 

 

Ricordatevi di Dio, affinché in ogni istante egli si ricordi di voi. Se si ricorda di voi, vi concederà salvezza.

 

Non dimenticatelo, lasciandovi sedurre da distrazioni vane. Volete forse che vi dimentichi nei momenti delle vostre tentazioni?

 

Rimanetegli vicini e obbedienti nei giorni della prosperità. Potrete contare sulla sua parola nei giorni difficili, perché la preghiera vi renderà sicuri della sua presenza costante.

 

Rimanete incessantemente dinanzi al suo volto, pensatelo, custoditelo nel vostro cuore. Se lo incontrate solo di tanto in tanto, rischiate di perdere la vostra intimità con lui.

 

La familiarità tra gli uomini avviene mediante la presenza fisica. La familiarità con Dio, invece, consiste nella meditazione e nell'abbandono in lui durante la preghiera.

 

VA settimana T.O. - VESPRI martedì

Dalle «Omelie» attribuite a san Macario, vescovo
(Om. 28; PG 34, 710-711)

Mc 7,1-13


L'anima che non è dimora di Cristo è infelice

di S. Macario nel quarto secolo


         Povera quella strada che non è percorsa da alcuno e non è rallegrata da alcuna voce d'uomo! Essa finisce per essere il ritrovo preferito di ogni genere di bestie. Povera quell'anima in cui non cammina il Signore, che con la sua voce ne allontani le bestie spirituali della malvagità! Guai alla terra priva del contadino che la lavori! Guai alla nave senza timoniere! Sbattuta dai marosi e travolta dalla tempesta, andrà in rovina.


      Guai all'anima che non ha in sé il vero timoniere, Cristo! Avvolta dalle tenebre di un mare agitato e sbattuta dalle onde degli affetti malsani, sconquassata dagli spiriti maligni come da un uragano invernale, andrà miseramente in rovina.
 

      Guai all'anima priva di Cristo, l'unico che possa coltivarla diligentemente perché produca i buoni frutti dello Spirito! Infatti, una volta abbandonata, sarà tutta invasa da spine e da rovi e, invece di produrre frutti, finirà nel fuoco. Guai a quell'anima che non avrà Cristo in sé! Lasciata sola, comincerà ad essere terreno fertile di inclinazioni malsane e finirà per diventare una sentina di vizi.
 

     Il contadino, quando si accinge a lavorare la terra, sceglie gli strumenti più adatti e veste anche l'abito più acconcio al genere di lavoro. Così Cristo, re dei cieli e vero agricoltore, venendo verso l'umanità, devastata dal peccato, prese un corpo umano, e, portando la croce come strumento di lavoro, dissodò l'anima arida e incolta, ne strappò via le spine e i rovi degli spiriti malvagi, divelse il loglio del male e gettò al fuoco tutta la paglia dei peccati. La lavorò così col legno della croce e piantò in lei il giardino amenissimo dello Spirito. Esso produce ogni genere di frutti soavi e squisiti per Dio, che ne è il padrone.

 

VA settimana T.O. - LODI MERCOLEDI’

IRENEO di Lione,

Contro le eresie, vol. I, Siena,

ed. Cantagalli, 1984, p. 320-321. Testo adattato.

 

  

IL DONO DELLA SALVEZZA

di sant'Ireneo di Lione nel Secondo Secolo

 

 

Colui che ha una retta conoscenza del Creatore - che è Dio il quale a tutti dà l'esistenza - se rimane nel suo amore, sottomesso e riconoscente, riceverà da lui una gloria sempre maggiore, avanzando fino ad essere simile a colui che morì per noi.

 

Cristo, infatti, venne ad esistere "nella somiglianza della carne del peccato" (Rm 8, 3) per condannare il peccato e come tale espellerlo dalla carne, per stimolare così l'uomo assegnandogli il compito d'imitare Dio e riconducendolo all'obbedienza del Padre affinché veda Dio, facendogli la grazia di conoscere intimamente il Padre.

 

Egli è il Verbo di Dio che abitò in mezzo agli uomini divenendo figlio dell'uomo perché l'uomo si familiarizzasse nella conoscenza intima del Padre, e Dio si familiarizzasse ad abitare con l'uomo, secondo il beneplacito del Padre. Per questo, segno della nostra salvezza è lo stesso Signore, Emmanuele nato dalla Vergine, perché era lui che doveva salvare coloro che da sé non avrebbero potuto salvarsi.

 

In questo senso Paolo afferma la debolezza dell'uomo: "So che nella mia carne non abita il bene" (Rm 7 18), significando che non da noi, ma da Dio viene il bene della nostra salvezza. E ancora: "Povero me, chi mi libererà da questo corpo di morte?" (Rm 7, 24). Quindi addita il liberatore: "La grazia di Gesù Cristo Signore nostro" (Rm 8, 25).

 

VA settimana T.O. - VESPRI Mercoledì

 

                       Origene (circa 185-253), sacerdote e teologo

Omelie sulla Genesi, n° 13, 3-4 ; PG 12,233

 

 

 Tu vuoi la sincerità del cuore (Sal 50,8)

Di Origene nel terzo secolo

 

         Cristo ci ha insegnato che non si deve cercare Dio in un luogo determinato e che “in ogni luogo è offerta un’oblazione pura” (Ml 1,11). Infatti, “è giunto il momento, ed è questo, in cui né sul monte Garizim né in Gerusalemme adorerete il Padre” ma “in spirito e verità” (Gv 4,21.24). Dio non abita in un luogo qualsiasi, nemmeno sulla terra, ma nel cuore. Cercate allora dove dimora Dio? Dio dimora in un cuore puro. In questo cuore infatti farà la sua dimora, secondo ciò che ha detto per mezzo del profeta: “Stabilirò la mia dimora in mezzo a voi. Camminerò in mezzo a voi, sarò vostro Dio e voi sarete il mio popolo, dice il Signore” (Lv 26,12).

 

         Notate bene che ciascuna delle nostre anime contiene, in qualche modo, un pozzo di acqua viva; in ognuna c’è un certo senso celeste, un’immagine di Dio nascosta... Sta lì, il Verbo di Dio, e la sua opera attuale è togliere la sabbia dalla nostra anima, per fare sgorgare la sorgente. Questa sorgente è dentro di voi e non viene da fuori. Infatti, “Il regno di Dio è in mezzo a voi” (Lc 17,21).

 

         Non fuori bensì nella casa la donna ha ritrovato la dramma che aveva perduta. “Accende la luce e spazza la casa” (Lc 15,8) dalle sozzure e dalle sporcizie che vi si erano accumulate per la sua trascuratezza E lì ha ritrovato la sua dramma. Da parte vostra, se accenderete la vostra luce, se vi servirete dell’illuminazione dello Spirito Santo, se “alla sua luce vedete la luce” (Sal 36,10), troverete la dramma dentro di voi. Infatti dentro di voi sta l’immagine del re celeste.

 

VA settimana T.O. - LODI Giovedì

 

Omelia « Cristo sia annunziato »,

12-13; PG 51, 319-320

 

 

La preghiera umile e insistente

 San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         Una donna Cananèa, si avvicinò a Gesù e si mise a supplicarlo a gran voce per sua figlia posseduta da uno spirito immondo… Che altro era questa donna, straniera, barbara, senza alcun legame con la comunità ebraica, se non una cagna indegna di ottenere ciò che domandava ? « Non è bene, dice Gesù, prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini ». Eppure la sua perseveranza le ha meritato di essere esaudita. Colei che era considerata non più di una cagna, è stata innalzata da Gesù alla dignità dei figli ; anzi egli l’ha colmata di elogi. Le disse, mentre la congedava : « Donna, davvero grande è la tua fede ! Ti sia fatto come desideri » (Mt 15, 28).

 

       Quando udiamo Cristo dire : « La tua fede è grande », non dobbiamo cercare altrove altre prove della grandezza di animo di questa donna. Vedi come lei ha cancellato la sua indegnità con la sua perseveranza. Inoltre, nota che otteniamo di più dal Signore con la nostra preghiera che con la preghiera degli altri.

 

VA settimana T.O. - VESPRI Giovedì

S. Bonaventura:

da "I sette doni dello Spirito Santo" 6, 20

Tratto da "Maria" a cura della Comunità di Bose; 2000

Mondadori editore S.p.a. Milano p. 664

  

IL POPOLO CRISTIANO HA COME MADRE LA VERGINE

 di S. Bonaventura da Bagnoregio nel Tredicesimo Secolo

 

 

 

     La beata Vergine ha pagato il prezzo, come donna forte e pia, con amore misericordioso per il mondo e specialmente per il popolo cristiano. Dice Isaia: «Può forse una madre dimenticare suo figlio, non aver compassione del frutto del suo seno? Ma anche se essa lo dimenticasse, io non ti dimenticherò!» (Is 49,15). Questo è detto di Cristo e lo si può intendere nel senso che tutto il popolo cristiano è generato dal seno della Vergine, cosa che è simboleggiato nella donna formata dalla costola dell'uomo, la quale rappresenta la Chiesa [...] Come l'uomo fu formato dalla terra ancora vergine, così il Cristo dalla Vergine gloriosa. E come dalla costola di Adamo dormiente fu formata la donna, così la Chiesa dal costato di Cristo che pendeva dalla croce. E come da Adamo e da Eva furono formati Abele e i suoi discendenti, così da Cristo e dalla Chiesa fu formato tutto il popolo di Dio.

 

     Ora, come Eva è madre di Abele e di tutti noi, così il popolo cristiano ha come madre la Vergine. Quale madre compassionevole abbiamo! Configuriamoci alla nostra madre e imitiamone la compassione.

 

VA settimana T.O. - LODI Venerdì

 

Discorso « Sul Signore », 10-11

 

 

 

« Gli pose le dita sugli occhi »

 Sant’Efrem Siro nel quarto secolo

 

 

         La fortezza divina che non può essere toccata dall’uomo è discesa, si è avvolta di un corpo palpabile, affinché i poveri possano toccarla e, toccando l’umanità di Cristo, percepiscano la sua divinità. Attraverso le dita di carne il sordomuto ha sentito che gli si toccavano gli occhi e la lingua. Attraverso le dita palpabili, ha percepito la divinità intoccabile quando il nodo della sua lingua venne sciolto e le porte chiuse dei suoi occhi vennero aperte. Infatti l’architetto e l’artigiano del corpo è venuto fino a lui e, con una parola dolce, ha creato senza dolore, delle aperture nei suoi orecchi sordi ; allora, anche questa bocca chiusa, finora incapace di dare alla luce la parola, ha messo al mondo la lode di colui che ha fatto portare frutto alla sua sterilità.

 

         Allo stesso modo, il Signore fece del fango con la saliva e spalmò il fango sugli occhi del cieco nato (Gv 9,6) per farci capire che, come al sordo muto, qualcosa gli mancava. Un’imperfezione innata della nostra pasta umana è stata soppressa grazie al lievito che veniva dal suo corpo perfetto… Per colmare ciò che mancava a questi corpi umani, ha dato qualcosa della sua persona, proprio come dà se stesso in cibo [nell’eucaristia]. Con questo mezzo fa scomparire i difetti e risuscita i morti, perché possiamo riconoscere che, grazie al suo corpo in cui « abita tutta la pienezza della divinità » (Col 2,9), i difetti della nostra umanità sono corretti e che, mediante questo corpo in cui abita la vera vita, la vera vita viene data ai mortali.

 

VA settimana T.O. - VESPRI Venerdì

 

 

PER PRIMO IL SIGNORE CI HA AMATI

di Guglielmo di St. Thierry  nel dodicesimo secolo

 

 

         Tu solo sei veramente il Signore: il tuo dominio su di noi è la nostra salvezza e servire te significa per noi essere da te salvati.

 

         E qual’é la tua salvezza, o Signore, al quale appartiene la salvezza e la benedizione sul tuo popolo, se non ottenere da te di amarti ed essere da te amati? Perciò, Signore, hai voluto che il figlio della tua destra e l’uomo che per te hai reso forte, fosse chiamato Gesù, cioè Salvatore, infatti è lui che “salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1, 21) e “in nessun altro c’è salvezza” (At 4, 12). Egli ci ha insegnato ad amarlo, quando per primo ci ha amati fino alla morte di croce, incitandoci con l'amore e la predilezione ad amare lui, che per primo ci ha amati fino alla fine.

 

         Proprio così: ci ha amati per primo, perché noi ti amassimo; non che tu avessi bisogno del nostro amore, ma perché noi non potevamo essere ciò per cui ci hai creati se non amandoti.

 

         Per questo aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti; ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 5, 2), del tuo Verbo, dal quale “furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca ogni loro schiera” (Sal 32, 6). Il tuo parlare per mezzo del Figlio altro non fu che porre alla luce del sole, ossia manifestare chiaramente quanto e come ci hai amati, tu che non hai risparmiato il tuo Figlio, ma lo hai dato per tutti noi, ed egli pure ci ha amati e ha dato se stesso per noi (cfr Rm 8, 32; Ef 5, 2).

 

VA settimana T.O. - LODI sabato

 

Libro di Vita

 

Cap. "Nella Chiesa",  § 149

 

 

VA settimana T.O. - Primi Vespri Sabato

 

 

“In Cristo risorto la nostra natura è trasformata

di San Leone Magno nel quinto secolo

 

 

 

            Tramontino le cose vecchie e nascano le nuove; e siccome, secondo la parola della verità, “non si può servire a due padroni”(Mt 6, 24), il padrone nostro non sia chi precipitò in rovina quelli che erano eretti nella propria dignità, ma colui che sollevò alla gloria i precipitati.

         È l’Apostolo che dice “Il primo uomo, essendo tratto dalla terra, era terrestre; il secondo uomo viene dal cielo. Qual era il terrestre; tali sono pure i terrestri: qual è il celeste, tali saranno pure i celesti. E a quel modo che portammo l’immagine del celeste(1 Cor 15, 47-49). Dobbiamo molto esultare per questa trasformazione, per la quale siamo trasportati dalla bassa condizione terrestre a una dignità celeste dalla misericordia di chi, per sollevarci alla sua natura divina, è disceso nella nostra natura, non assumendo solo la sostanza, ma anche la condizione della natura peccatrice. In tal modo la divinità impassibile si lasciò infliggere quelle cose che l’umanità, soggetta alla morte, esperimenta molto infelicemente.

         Per non lasciare lungo tempo l’animo degli apostoli nella tristezza, abbreviò lo spazio dei tre giorni, con tanta sollecitudine preannunciati: mentre il secondo giorno fu intero, del primo soltanto l’ultima parte e del terzo solo la prima parte concorse al computo.

 

VIIA settimana T.O. - LODI martedì

Omelie sull'umiltà, 5-6

 

 

L’abbassamento del Figlio dell’Uomo

 di San Basilio nel quarto secolo

 

 

                   « Chi si abbasserà sarà innalzato, e chi si innalzerà sarà abbassato » (Mt 23, 12)… Imitiamo il Signore che scese dal cielo fino all’ultimo abbassamento, e di rimando, fu innalzato dall’ultimo posto all’altezza che gli si addiceva. Scopriamo tutto ciò che il Signore ci insegna per condurci all’umiltà.

 

         Da bimbo, eccolo già in una grotta, sdraiato non in una culla, ma in una mangiatoia. Nella casa di un artigiano e di una madre senza risorse, è sottomesso a sua madre e al suo sposo. Lasciandosi insegnare, ascoltando coloro di cui non aveva alcun bisogno, interrogava, in tal modo che, all’udire le sue interrogazioni, si meravigliavano della sua saggezza. Si sottomette a Giovanni, e il Maestro riceve il battesimo dal suo servo. Mai resistette a coloro che insorgevano contro di lui, e non diede prova della sua potenza invincibile per liberarsi dalle mani che lo incatenavano, ma si lasciò convincere, come se fosse impotente, e nella misura in cui lo giudicò opportuno, diede adito a un potere effimero. Comparve davanti al sommo sacerdote, in qualità di imputato ; condotto davanti al governatore, si sottomise al suo giudizio, e mentre era in grado di rispondere ai calunniatori, sopportò in silenzio le loro calunnie. Coperto di sputi dagli schiavi e da volgari valletti, fu infine consegnato alla morte, ad una morte infamante agli occhi degli uomini. Tale fu la sua vita di uomo dalla sua nascita fino alla sua fine. Ma dopo un tal abbassamento, fece risplendere la sua gloria… Imitiamolo per giungere, anche noi, alla gloria eterna.

 

VIIA settimana T.O. - VESPRI martedì

 

 

 

Il nostro vanto, la Croce di Cristo

 di San Tommaso d'Aquino nel tredicesimo secolo

 

 

         « Quanto a me invece, disse san Paolo, non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo » (Gal 6,14). Vedi, nota sant’Agostino, là dove il saggio secondo questo mondo ha creduto di trovare la vergogna, l’apostolo Paolo scopre un tesoro ; ciò che questi riteneva una stoltezza, per lui è divenuto sapienza (1 Cor 1,17s) e vanto.

 

         Ognuno infatti si gloria di ciò che lo rende grande ai propri occhi. Se si crede un grande uomo perché è ricco, si gloria dei propri beni. Chi non vede in sé altra grandezza se non in Gesù Cristo, si gloria in Gesù solo ; così faceva l’apostolo Paolo : « Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me » diceva (Gal 2,20). Per questo non si gloria se non in Gesù Cristo, e innanzi tutto nella croce di Cristo. Perché in essa sono riuniti tutti i motivi di gloria.

 

         Ci sono delle persone che si gloriano dell’amicizia dei grandi e dei potenti ; Paolo non ha bisogno di nulla se non della croce di Cristo, per scoprirvi il segno più evidente dell’amicizia di Dio. « Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi » (Rm 5,8). Proprio nulla manifesta maggiormente l’amore di Dio per noi, che la morte di Cristo. « O testimonianza inestimabile dell’amore ! esclama san Gregorio. Per riscattare lo schiavo, hai consegnato il Figlio. »

 

VIIA settimana T.O. - LODI mercoledì

 

 

 

Il festino della Parola celeste

di san Pier Damiani nel XI secolo

 

 

 

 

            Leggi con Gesù, con lui canta continuamente, prosternati a terra con lui per la preghiera. Che sia tuo amico, tuo familiare. Che sia tutta la tua parola, tutta la tua gioia, la tua saggezza, la tua vita.

         Respira Cristo, dì incessantemente Cristo, media la vita di Cristo.

         Che il vostro cuore sia costantemente occupato dalla lettura dei sacri testi. Abitateli, fatene la vostra dimora, perseverate con tenacia, una tenacia sempre all’erta.

         Al vostro cammino bastano i campi della Parola. Avanziamo senza fermarci mai, passeggiamo con diletto. Ci è permesso correre in tutta libertà attraverso gli spazi delle storie sacre. Grazie alle intuizioni dell’intelligenza mistica ci sarà possibile accedere in qualche modo fin sulle cime dei monti scoscesi. Là, dilettandoci della dolce compagnia degli amici fedeli, conosceremo la magnificenza dei festini, l’eterno banchetto delle vivande celesti. L’anima fedele, innalzata dal desiderio, nutrita dall’alimento della lettura assidua, non cessa di fortificarsi, di crescere.

         Carissimo, questa manna, questo pane di vita, sfarinalo dolcemente nel mortaio della meditazione, riscaldalo continuamente al forno di un amore fervente per potere così nutrire la sostanza stessa della tua anima come di un alimento celeste. Questo intimo festino addolcirà il palato del tuo cuore, provocando il tuo spirito al desiderio del banchetto eterno.

         Andiamo, qualsiasi sia la tua miseria, converti il tuo cuore, tana di rimorsi, in una dimora silenziosa dove, con una meditazione molto semplice, non cesserai di sfarinare la manna della Parole di Dio, per farne un pane oleoso che mangerai. Questo pane non è altro che l’intelligenza delle Scritture, tutta impregnata della soavità dello Spirito Santo.

         Fratello carissimo, che ti sia accordata questa grazia !

 

VIIA settimana T.O. - VESPRI mercoledì

 

 

 

Il cristiano può vincere le tentazioni

di San Gregorio Nazianzeno nel IV secolo

 

 

 

            Se dopo il battesimo il tentatore, persecutore della luce, ti avrà assalito, e certo ti assalirà – infatti tentò anche il Verbo mio Dio nascosto nella carne, ossia la stessa luce velata dall’umanità – tu sai come vincerlo: non temere la lotta. Opponigli l’acqua, opponigli lo Spirito nel quale saranno distrutti tutti i dardi infuocati di quel maligno.

         Se ti farà presente la tua povertà – non dubitò infatti di farlo anche con Cristo, facendogli notare la sua fame perché trasformasse in pane le pietre – ricorda le sue risposte (cfr. Mt 4,4). Insegnagli quel che non sa; opponigli quella parola di vita che è pane disceso dal cielo e dà la vita al mondo. Se t’insidia con la vanagloria – come fece con lui quando lo portò sul pinnacolo del tempio e gli disse: “Gettati giù” per mostrare la tua divinità (Mt 4, 6) – non lasciarti trasportare dalla superbia. Se ti vincerà in questo, non si fermerà qui. È insaziabile, tutto brama; adesca anche con l’aspetto della bontà e travolge il bene in male: questo è il suo modo di combattere.

         Quel ladro è un esperto conoscitore anche della Scrittura. Qui quel “sta scritto” riguarda il pane; là riguarda gli angeli. Infatti sta scritto : “Ai suoi angeli darà ordine per te, essi ti sosterranno con le mani” (Lc 4, 10.11). O sofista del vizio! Perché passi sotto silenzio quel che segue ? Lo comprendo esattamente, anche se tu l’hai taciuto, perché diceva: camminerò su di te, aspide e basilisco, calpesterò serpenti e scorpioni; protetto e fortificato, ben inteso, dalla Trinità.

         Se ti assalirà con l’avarizia, facendo balenare in un attimo ai tuoi occhi tutti i regni come se gli appartenessero ed esigendo la tua adorazione, disprezzalo come un miserabile. Difeso dal segno della croce, digli: anch’io sono immagine di Dio; non sono stato ancora scacciato come te, per la superbia, dalla gloria celeste ; sono rivestito di Cristo; col battesimo Cristo è diventato mia eredità: sei tu che mi devi adorare. Credimi, vinto e svergognato da queste parole, si ritirerà da tutti quelli che sono illuminati, come si è allontanato dal Cristo, principio della luce.

         Il battesimo conferisce questi beneficio a chi ne riconosce la forza. Offre tali sontuosi banchetti a coloro che soffrono una fame degna di lode.

 

VIIA settimana T.O. - LODI giovedì

 

Dimostrazioni, n° 6 ; SC 349, 388

 

 

 

Seguire l’ultimo di tutti e il servo di tutti

di Sant’Afraate nel quarto secolo

 

 

          Amico mio, diventiamo simili a colui che ci dona la vita. Da ricco che era, si è fatto povero. Mentre era alto locato, si è abbassato. Pur abitando sulle alture, non ha avuto dove posare il capo. Nonostante debba venire sulle nubi, è salito su un piccolo d’asino per entrare a Gerusalemme. Pur essendo Dio e Figlio di Dio, ha portato la somiglianza del servo.

 

          Lui che è il riposo di tutte le fatiche, si è stancato per la durezza del cammino. Lui che è la fonte che disseta, ha avuto sete e ha domandato acqua da bere; lui che è la pienezza che sazia la nostra fame, ha avuto fame quando digiunava nel deserto per essere tentato. Lui che è la sentinella che veglia, si è addormentato e si è coricato nella barca in mezzo al mare. Lui che viene servito nella tenda di suo Padre, si è lasciato servire dalle mani degli uomini. A lui che è il medico di tutti gli uomini malati, hanno trafitto le mani con i chiodi. A lui che annunziava con la bocca cose buone, hanno dato del fiele. Lui che non fece male a nessuno, è stato percosso e ha sopportato l’oltraggio. Lui che fa vivere tutti i morti, ha consegnato se stesso alla morte di croce.

 

          Il nostro Vivificatore in persona ha dato prova di tale abbassamento. Abbassiamoci anche noi, amici miei.

 

VIIA settimana T.O. - VESPRI giovedì



Commento al vangelo di Marco ; PG 123, 588-589

 

 

 

 Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti

di Teolifilatto nel undicesimo secolo

 

 

           “Giunsero intanto a Cafàrnao. E quando fu in casa, chiese loro: Di che cosa stavate discutendo lungo la via?” I discepoli che intrattenevano dentro di sé pensieri ancora molto umani, avevano discusso tra loro su chi fosse il più grande e su  chi fosse tenuto in maggior stima da Cristo.

         Il Signore non contraddice il loro desiderio di godere della sua massima stima. Vuole infatti che desideriamo giungere al posto più elevato. Eppure non vuole che ci impadroniamo del primo posto, bensì che vi giungiamo mediante l’umiltà. Di fatto pose un bambino in mezzo a loro, e vuole che anche noi gli diventiamo simili. Infatti il bambino non ricerca la propria gloria, non è invidioso né porta rancore. “Non soltanto, dice, otterrete una grande ricompensa assomigliandogli, ma se, per causa mia, onorate anche coloro che gli assomigliano, riceverete in cambio il Regno dei cieli. Quindi accogliendolo, accogliete me, e accogliendo me, accogliete Colui che mi ha mandato.”

         Vedi dunque quale immenso potere ha l’umiltà, congiunta alla semplicità di vita e alla sincerità: essa ha il potere di fare abitare in noi il Figlio e il Padre, e anche, con ogni evidenza,

lo Spirito Santo.

 

VIIA settimana T.O. - LODI venerdì

 

 

Libro di Vita di Gerusalemme

 

 

capitolo "Monaci e Monache" § 68 e 69

 

VIIA settimana T.O. - VESPRI venerdì

 

 

« Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà ; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà »

 del Papa Benedetto XVI

 

 

         Signore Gesù Cristo, … noi siamo attaccati alla nostra vita. Non vogliamo abbandonarla, ma tenerla tutta per noi stessi. Vogliamo possederla, non offrirla. Ma tu ci precedi e ci mostri che possiamo salvare la nostra vita soltanto donandola… La croce – l’offerta di noi stessi – ci pesa molto. Ma sulla tua Via crucis tu hai portato anche la mia croce, e non l’hai portata in un qualche momento del passato, perché il tuo amore è contemporaneo alla mia vita. La porti oggi con me e per me, e, in modo mirabile, vuoi che adesso anch’io, come allora Simone di Cirene, porti con te la tua croce e, accompagnandoti, mi ponga con te a servizio della redenzione del mondo…

 

 Aiutaci ad accompagnarti non solo con nobili pensieri, ma a percorrere la tua via con il cuore, anzi, con i passi concreti della nostra vita quotidiana… Liberaci dalla paura della croce, dalla paura di fronte all’altrui derisione, dalla paura che la nostra vita possa sfuggirci se non afferriamo tutto ciò che essa offre. Aiutaci a smascherare le tentazioni che promettono vita, ma le cui profferte, alla fine, ci lasciano soltanto vuoti e delusi. Aiutaci a non impadronirci della vita, ma a donarla. Aiutaci, accompagnandoti sulla via del chicco di grano, che cade in terra e muore per produrre molto frutto (Gv 12, 24), a trovare, nel “perdere la vita”, la via dell’amore, la via che veramente ci dona vita, vita in abbondanza (Gv 10, 10).

 

VIIA settimana T.O. - LODI sabato

 

 

L’invincibile speranza nella vita eterna

di San Cirillo d’Alessandria nel quinto secolo

 

 

 

         Il Signore nostro Gesù Cristo affrontò la morte per i bene di tutti gli uomini, ma risuscitò il terzo giorno e fu la primizia dei risorti, il primo di coloro che per mezzo di lui sono trasformati per la vita eterna; egli è come un nuovo principio della natura umana che, guarita dalla sua corruzione, possiede con invincibile speranza la vita eterna.

         Perciò i morti vivranno una vita del tutto nuova in modo assoluto, e il regno della morte sarà definitivamente annientato. Ma intanto, poiché non è ancora venuto il tempo della risurrezione futura, la natura dell’uomo soccombe, e deve morire: e, finché dura il tempo, soggiace a quella morte che Cristo un giorno ha destituito per sempre di ogni forza, e che anche in noi stessi ha perduto ogni vigore.

         Ma allora, si domanda, il fatto che gli uomini viventi sulla terra debbano morire, è in contrasto con i nostri discorsi e le nostre predicazioni sulla salvezza ? No certamente: i morti risorgeranno, i corpi che stanno nei sepolcri riavranno vita.

         E in che modo avverrà? “La tua rugiada è rugiada luminosa, la terra darà alla luce le ombre”. Per qui s’intende l’efficacia vivificatrice e la potenza dello Spirito che, secondo la parola del santo Davide, risusciterà i morti. Egli dice a Dio in un salmo : “Se nascondi il tuo volto, vengono meno e ritornano nella loro polvere. Mandi il tuo Spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra”. (Sal 103, 29-30).

         È rugiada vivificante lo Spirito che procede dal Padre per il Figlio: a lui è attribuita la liberazione dei corpi umani dalla corruzione: perciò i sepolti nella terra riavranno la vita.

 

VIIA settimana T.O. - PRIMI VESPRI sabato

 

 

 

« Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro »

 

Sant’Isacco Siriano nel settimo secolo

 

         Non provare a distinguere colui che è degno da colui che non è degno. Tutti gli uomini siano pari ai tuoi occhi, per amarli e servirli. Così potrai condurli tutti al bene. Il Signore non ha forse condiviso la tavola dei pubblicani e delle donne di malaffare, senza allontanare da sé gli indegni ? Anche tu, concederai gli stessi benefici, gli stessi onori all’infedele, all’assassino, tanto più che anche lui è un fratello per te, poiché partecipa dell’unica natura umana. Ecco, figlio mio, il mio comandamento : la tua misericordia prevalga sempre nella tua bilancia, fino al momento in cui sentirai dentro di te la misericordia che Dio prova per il mondo.

 

         Quando l’uomo riconosce che il suo cuore è giunto alla purezza ? Quando considera ogni uomo buono, e nessuno gli appare impuro o macchiato. Allora, in verità, è puro di cuore (Mt 5, 8)...

 

         Cos’è la purezza ? In poche parole, è la misericordia del cuore nei confronti dell’universo intero. E cos’è la misericordia del cuore ? È il fuoco che lo infiamma per tutta la creazione, per gli uomini, gli uccelli, le bestie, i demoni, per ogni essere creato. Quando pensa a loro o quando li guarda, l’uomo sente i suoi occhi riempirsi delle lacrime di una profonda, di una intensa pietà che gli stringe il cuore e lo rende incapace di tollerare, di sentire, di vedere il minimo torto o la minima afflizione sopportata da una creatura. Perciò, la preghiera nelle lacrime si allarga, in ogni momento, sugli esseri privi di parola, come pure sui nemici della verità, o su coloro che le nuocciono, affinché siano custoditi e purificati. Una compassione immensa e senza misura nasce nel cuore dell’uomo, ad immagine di Dio.

 

VIIIA settimana T.O. - U.R. Domenica

Commento al vangelo di Luca, IV, 7-12 ; PL 15,1614

 

 

 « Allora, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo »

 di Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

 

         Bisogna ricordarti come il primo Adamo è stato cacciato fuori dal paradiso nel deserto, perché la tua attenzione sia richiamata sul modo in cui il secondo Adamo torna dal deserto al paradiso. Vedi infatti come la prima condanna viene sciolta nello stesso modo in cui era stata legata, e come i benefici divini sono ristabiliti sulle tracce degli antichi. Adamo viene da una terra vergine, Cristo viene dalla Vergine ; quello è stato fatto a immagine di Dio, questo è l’Immagine di Dio (Col 1,15). Quello è stato posto sopra tutti gli animali senza ragione, questo al di sopra di ogni essere vivente. Mediante una donna è venuta la stoltezza, mediante una vergine, la sapienza ; la morte è venuta da un albero, la vita dalla croce. Uno, spogliato del vestito spirituale, si è tessuto una tunica con le foglie di un albero ; l’altro, spogliato del vestito di questo mondo, non ha più voluto nessun vestito materiale (Gv 19,23).

 

         Adamo è stato cacciato nel deserto, Cristo viene nel deserto : infatti sapeva dove trovare il condannato che sarebbe stato ricondotto al paradiso, liberato dalla sua colpa… Senza guida, come avrebbe potuto ritrovare nel deserto la strada smarrita, colui che nel paradiso aveva perso per mancanza di una guida,  la strada che stava seguendo ?

 

         Là, le tentazioni sono numerose, lo sforzo verso la virtù difficile, e facili i passi falsi nell’errore… Seguiamo quindi Cristo secondo la Scrittura : « Seguirete il Signore vostro Dio, e gli resterete fedeli » (Dt 13,5)… Seguiamo dunque le sue orme, e potremo tornare dal deserto al paradiso.

 

VIIIA settimana T.O. - VESPRI Domenica

 

 

Il cristiano può vincere le tentazioni

di San Gregorio Nazianzeno nel IV secolo

 

  

            Se dopo il battesimo il tentatore, persecutore della luce, ti avrà assalito, e certo ti assalirà – infatti tentò anche il Verbo mio Dio nascosto nella carne, ossia la stessa luce velata dall’umanità – tu sai come vincerlo: non temere la lotta. Opponigli l’acqua, opponigli lo Spirito nel quale saranno distrutti tutti i dardi infuocati di quel maligno.

         Se ti farà presente la tua povertà – non dubitò infatti di farlo anche con Cristo, facendogli notare la sua fame perché trasformasse in pane le pietre – ricorda le sue risposte (cfr. Mt 4,4). Insegnagli quel che non sa; opponigli quella parola di vita che è pane disceso dal cielo e dà la vita al mondo. Se t’insidia con la vanagloria – come fece con lui quando lo portò sul pinnacolo del tempio e gli disse: “Gettati giù” per mostrare la tua divinità (Mt 4, 6) – non lasciarti trasportare dalla superbia. Se ti vincerà in questo, non si fermerà qui. È insaziabile, tutto brama; adesca anche con l’aspetto della bontà e travolge il bene in male: questo è il suo modo di combattere.

         Quel ladro è un esperto conoscitore anche della Scrittura. Qui quel “sta scritto” riguarda il pane; là riguarda gli angeli. Infatti sta scritto : “Ai suoi angeli darà ordine per te, essi ti sosterranno con le mani” (Lc 4, 10.11). O sofista del vizio! Perché passi sotto silenzio quel che segue ? Lo comprendo esattamente, anche se tu l’hai taciuto, perché diceva: camminerò su di te, aspide e basilisco, calpesterò serpenti e scorpioni; protetto e fortificato, ben inteso, dalla Trinità.

         Se ti assalirà con l’avarizia, facendo balenare in un attimo ai tuoi occhi tutti i regni come se gli appartenessero ed esigendo la tua adorazione, disprezzalo come un miserabile. Difeso dal segno della croce, digli: anch’io sono immagine di Dio; non sono stato ancora scacciato come te, per la superbia, dalla gloria celeste ; sono rivestito di Cristo; col battesimo Cristo è diventato mia eredità: sei tu che mi devi adorare. Credimi, vinto e svergognato da queste parole, si ritirerà da tutti quelli che sono illuminati, come si è allontanato dal Cristo, principio della luce.

         Il battesimo conferisce questi beneficio a chi ne riconosce la forza. Offre tali sontuosi banchetti a coloro che soffrono una fame degna di lode.

 

VIIIA settimana T.O. - LODI martedì

 

Libro di Vita di Gerusalemme

 

capitolo "povertà - § 93

 

VIIIA settimana T.O. - VESPRI martedì

PPS, vol. 8, n° 2 « Divine Calls »

 

 

Noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito

 Cardinal John Henry Newman nel diciannovesimo secolo

 

 

         Non veniamo chiamati una sola volta, ma tante volte ; per tutta la nostra vita, Cristo ci chiama. Ci ha chiamati dapprima nel battesimo, ma anche dopo ; sia che ubbidiamo alla sua voce oppure no, ci chiama ancora nella sua misericordia. Se veniamo meno alle promesse battesimali, ci chiama al pentimento. Se ci sforziamo di rispondere alla nostra vocazione, ci chiama sempre più avanti, di grazia in grazia, di santità in santità finché ci sarà lasciata la vita per questo.

 

         Abramo è stato chiamato a lasciare la sua casa e il suo paese (Gen 12,1), Pietro le sue reti (Mt 4,18), Matteo il suo lavoro (Mt 9,9), Eliseo la sua fattoria (1 Re 19,19), Natanaele il suo luogo in disparte (Gv 1,47). Senza sosta tutti siamo chiamati, da una cosa ad un’alta, sempre più avanti, senza avere nessun luogo per riposarci, ma salendo verso il nostro riposo eterno, e ubbidendo ad una chiamata interiore nell’unico scopo di essere pronti a sentirne un’altra.

 

         Cristo ci chiama senza sosta, per giustificarci senza sosta ; senza sosta e sempre di più, egli vuole santificarci e glorificarci. Occorre che lo capiamo, ma siamo lenti ad accorgerci di questa grande verità, che cioè Cristo cammina, in un certo senso, in mezzo a noi, e con la mano, gli occhi, la voce, ci fa cenno di seguirlo. Non comprendiamo che la sua chiamata ha luogo proprio in questo momento. Pensiamo che ha avuto luogo al tempo degli apostoli ; ma non ci crediamo, non l’aspettiamo veramente per noi stessi.

 

VIIIA settimana T.O. - LODI mercoledì

(Disc. 4, 12; PG 89, 1347-1349)

 

 

Cristo doveva patire e così entrare nella sua gloria

 di sant'Anastasio di Antiochia nel sesto secolo

 

 

 

     Cristo, dopo aver mostrato con l'insegnamento e con le sue opere di essere il vero Dio e il Signore dell'universo, mentre stava per recarsi a Gerusalemme diceva ai suoi discepoli: Ecco stiamo salendo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo verrà dato in mano ai pagani, ai sommi sacerdoti e agli scribi per essere flagellato, vilipeso e crocifisso (cfr. Mt 20, 18-19). Diceva che queste cose erano conformi alle predizioni dei profeti, i quali avevano preannunziato la sua morte, che doveva avvenire in Gerusalemme. Avendo pertanto la Sacra Scrittura predetto fin dal principio la morte di Cristo e la sua passione prima della morte, predice ancora ciò che accadde al suo corpo dopo la morte. Afferma però anche che, come Dio, era impassibile e immortale.

     Osservando la verità dell'incarnazione, ne deduciamo i motivi per proclamare rettamente e giustamente l'una e l'altra cosa, cioè la passione e l'impassibilità. Il motivo per cui il Verbo di Dio, impassibile in se stesso, sostenne la passione era che l'uomo non poteva essere salvato in altro modo. Egli lo sapeva bene e con lui anche coloro ai quali volle manifestarlo. Il Verbo, infatti, conosce tutto del Padre, come lo «Spirito ne scruta le profondità» (1 Cor 2, 10) cioè i misteri impenetrabili.

    Era davvero necessario che Cristo soffrisse, e non poteva non farlo, come egli stesso affermò.…La salvezza era l'evento che doveva maturare attraverso la passione dell'autore della vita. Lo insegna san Paolo: Egli è l'autore della vita, reso perfetto mediante le sofferenze (cfr. Eb 2, 10). La gloria di Unigenito, poi, che egli aveva abbandonato per noi, gli venne restituita per mezzo della croce, nella carne che aveva assunta. Dice infatti san Giovanni nel suo vangelo, quando spiega quale fosse l'acqua di cui parlò il Salvatore: «Scorrerà come fiume dal seno di chi crede. Questo disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato» (Gv 7, 38-39), e chiama gloria la morte in croce. Perciò il Signore, mentre innalzava preghiere prima di subire la croce, supplicava il Padre di essere glorificato con quella gloria che aveva presso di lui, prima che il mondo esistesse.

 

VIIIA settimana T.O. - VESPRI mercoledì

(Disc. 45, 23-24; PG 36, 654-655)

 

 

Saremo partecipi del mistero pasquale

 di san Gregorio Nazianzeno nel quarto secolo

 

 

 

     Saremo partecipi della Pasqua, presentemente ancora in figura (certo già più chiara di quella dell'antica legge, immagine più oscura della realtà figurata), ma fra non molto ne godremo di una più trasparente e più vera, quando il Verbo festeggerà con noi la nuova Pasqua nel regno del Padre. Allora ci manifesterà e insegnerà quelle realtà che non ci mostra ora se non di riflesso.

     Infatti quali siano la bevanda e il cibo del nuovo banchetto pasquale, il nostro compito è solo di apprenderlo. Spetta al Verbo di insegnarcelo e comunicarcene il significato. L'insegnamento effettivamente è come un cibo, il cui possessore è colui che lo distribuisce… Facciamo nostra capitale adottiva non la Gerusalemme terrena, ma la metropoli celeste, non quella che viene calpestata dagli eserciti, ma quella acclamata dagli angeli….

     …Offriamo ogni giorno a Dio noi stessi e tutte le nostre attività. Facciamo come le parole stesse ci suggeriscono. Con le nostre sofferenze imitiamo le sofferenze, cioè la passione di Cristo. Con il nostro sangue onoriamo il sangue di Cristo. Saliamo anche noi di buon animo sulla sua croce. Dolci sono infatti i suoi chiodi, benché duri…

     Se sei Simone di Cirene prendi la croce e segui Cristo. Se sei il ladro e se sarai appeso alla croce, se cioè sarai punito, fai come il buon ladrone e riconosci onestamente Dio, che ti aspettava alla prova. Egli fu annoverato tra i malfattori per te e per il tuo peccato, e tu diventa giusto per lui. Adora colui che è stato crocifisso per te. Se vieni crocifisso per tua colpa, trai profitto dal tuo peccato. Compra con la morte la tua salvezza, entra con Gesù in paradiso e così capirai di quali beni ti eri privato. Contempla quelle bellezze e lascia che il mormoratore, del tutto ignaro del piano divino, muoia fuori con la sua bestemmia.

     Se sei Giuseppe d'Arimatèa, richiedi il corpo a colui che lo ha crocifisso, assumi cioè quel corpo e rendi tua propria, così, l'espiazione del mondo.

     Se sei Nicodemo, il notturno adoratore di Dio, seppellisci il suo corpo e ungilo con gli unguenti di rito, cioè circondalo del tuo culto e della tua adorazione.

    E se tu sei una delle Marie, spargi al mattino le tue lacrime. Fa’ di vedere per prima la pietra rovesciata, vai incontro agli angeli, anzi allo stesso Gesù.

     Ecco che cosa significa rendersi partecipi della Pasqua di Cristo.

 

VIIIA settimana T.O. - LODI giovedì

Attribuita a torto a San Gregorio di Neocesarea, detto il Taumaturgo, no. 2 ; PG 10, 1156

 

 

  

A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?

 Omelia greca del IV secolo

 

  

 

         “Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo”. Così opera la voce di Maria, che riempie Elisabetta dello Spirito Santo. Come una sorgente eterna, essa enuncia a sua cugina, dalla sua lingua profetica, un fiume di grazia, e fa muoversi e trasalire i piedi del bambino contenuto nel suo grembo: figura di una danza meravigliosa! Quando viene Maria, piena di grazia, tutto trabocca di gioia.

 

         “Allora Elisabetta esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?” Tu sei benedetta fra le donne. Tu sei il principio della loro rigenerazione. Ci hai aperto il libero accesso al paradiso e hai scacciato i nostri dolori antichi. No, dopo di te, la moltitudine delle donne non soffrirà più. Le eredi di Eva non temeranno più l’antica maledizione, né i dolori del parto. Perché... Gesù Cristo, il redentore della nostra umanità, il Salvatore di tutta la natura, l’Adamo spirituale che guarisce le ferite dell’uomo terreno, Gesù Cristo esce dalle tue viscere. “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!”

 

VIIIA settimana T.O. - VESPRI giovedì

 

 

 

Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente

 di San Francesco di Sales nel diciassettesimo secolo

 

 

         È caratteristico dello Spirito Santo, quando colpisce un cuore, cacciarne ogni tiepidezza. Egli ama la prontezza, ed è nemico degli indugi, dei ritardi nell’adempiere la volontà di Dio… « Maria partì in fretta » …

 

         Quante grazie si riversarono sulla casa di Zaccaria, quando Maria vi entrò ! Se Abramo ricevette tante grazie per aver ospitato tre angeli nella sua casa, quante benedizioni inondarono la casa di Zaccaria nella quale entrò l’angelo del superno consiglio, l’arca vera dell’alleanza, il divino profeta, Nostro Signore portato nel seno di Maria ! Tutta la casa fu piena di gioia : il bambino sussultò, il padre riebbe la vista, la madre fu piena dello Spirito Santo e ricevette il dono di profezia. Vedendo la Madonna entrare nella sua casa, esclamò : « A che debbo che la madre del mio Signore venga a me ? »… E Maria, udito quello che sua cugina diceva a sua lode, umiliò se stessa e rese gloria a Dio per tutto. Confessando che la sua felicità procedeva dal fatto che Dio « aveva guardato l’umiltà della sua serva », intonò il suo bel e mirabile cantico del Magnificat.

 

         Quanto, anche noi, dobbiamo essere pieni di gioia, quando quel divino Salvatore ci visita nel Santissimo e nelle grazie interiori, le parole che dice ogni giorno nel nostro cuore !

 

VIIIA settimana T.O. - LODI venerdì

Discorsi, 46

 

 

La mia casa sarà chiamata casa di preghiera

 Giovanni Taulero nel quattordicesimo secolo

 

 

         Il nostro Signore entrò nel Tempio e, con l’aiuto di una sferza, scacciò fuori dal Tempio tutti coloro che compravano e vendevano e disse : « La mia casa sarà chiamata casa di preghiera. Voi invece ne avete fatto una spelonca di ladri ». Quale tempio è questo, divenuto una spelonca di ladri ? È l’anima e il corpo dell’uomo, i quali sono ben più realmente il tempio di Dio, di tutti i templi mai edificati (1 Cor 3,17 ; 6,19).

 

         Quando il Nostro Signore vuole entrare in questo tempio, lo trova mutato in una spelonca di ladri e in un luogo di mercato. Chi sono questi mercanti ? Sono coloro che danno quello che hanno – il libero arbitrio – per ciò che non hanno – le cose di questo mondo. Quanto il mondo intero è pieno di tali mercanti ! Ce ne sono fra i sacerdoti e i laici, fra i religiosi, i monaci e le monache. Che vasto argomento di ricerca per chi volesse studiare come tanta gente sia così piena della propria volontà !… Dappertutto non vi si trova altro se non natura e volontà propria ; tanti sono coloro che cercano in ogni cosa il proprio interesse. Se volessero, invece, concludere con Dio un contratto, donandogli la loro volontà, che felice affare farebbero !

 

         Occorre che l’uomo voglia, segua, cerchi Dio in tutto quello che fa ; e quando avrà fatto tutto questo – bere, dormire, mangiare, parlare, ascoltare – lasci allora interamente le immagini delle cose, cosicché il suo tempio rimanga vuoto. Una volta che il tempio sarà vuotato, una volta che ne avrai scacciato questa frotta di ladri, cioè le immagini che lo ingombrano, potrai essere una casa di Dio (Ef 2,19), ma non prima, qualunque altra cosa tu faccia. Avrai allora la pace e la gioia del cuore, e nulla potrà più turbarti, nulla di ciò che ora ti preoccupa senza sosta, ti deprime e ti fa soffrire.

 

VIIIA settimana T.O. - VESPRI venerdì

Discorsi per la Quaresima, 5, 5

 

 

 

Se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà

 San Bernardo nel dodicesimo secolo

 

 

         Ogni volta mentre parlo a proposito della preghiera, mi sembra di sentire nel vostro cuore certi pensieri umani che ho sentito tante volte, anche nel mio cuore. Anche se non cessiamo mai di pregare, come accade che così raramente ci sembra di sperimentare il frutto della preghiera? Abbiamo l’impressione di uscire dalla preghiera così come ne siamo entrati; nessuno ci risponde una parola, nessuno ci dà niente, abbiamo l’impressione di avere faticato invano. Cosa dice però il Signore nel Vangelo? “Non giudicate secondo le apparenze, ma giudicate con giusto giudizio” (Gv 7,24). Cos’è un giusto giudizio se non un giudizio di fede? Infatti “ il giusto vivrà in virtù della fede” (Gal 3,11). Segui dunque il giudizio della fede piuttosto che la tua esperienza, perché la fede non inganna, mentre l’esperienza può indurti in errore.

 

         E quale è la verità della fede, se non ciò che il Figlio stesso promette: “Tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato” (Mc 11,24). Quindi nessuno fra di voi, fratelli, ritenga poca cosa la sua preghiera! Affermo infatti che colui al quale viene rivolta non la ritiene poca cosa; prima che essa fosse uscita dalla nostra bocca, egli l’ha iscritta nel suo libro. Senza il minimo dubbio, possiamo essere sicuri che Dio ci accorderà ciò che gli chiediamo, oppure ci darà qualche cosa che egli sà esserci più vantaggioso. Infatti “non sappiamo che cosa sia conveniente domandare” (Rm 8,28) ma Dio ha compassione della nostra ignoranza e accoglie la nostra preghiera con bontà... Allora “cerca la gioia del Signore, esaudirà i desideri del tuo cuore” (Sal 36,4).

 

VIIIA settimana T.O. - LODI sabato

De Trinitate, VII, 26-27

 

 

 

Con quale autorità fai queste cose?

 Sant’Ilario di Poitiers nel quarto secolo

 

 

         Dipende dal Padre, il fatto che il Figlio gli assomigli. Viene da lui, quel Figlio che gli si può paragonare, perché è simile a lui. È pari a lui, il Figlio che compie le stesse opere di lui (Gv 5,36)… Sì, il Figlio compie le opere del Padre ; perciò ci chiede di credere che egli è il Figlio di Dio. Non si arroga in questo un titolo che non gli sarebbe dovuto ; non fonda la sua rivendicazione sulle sue opere. No, rende testimonianza che queste non sono le sue opere, bensì quelle del Padre suo. E attesta così che lo splendore delle sue azioni è dovuto alla sua divina nascita. Ma come gli uomini avrebbero potuto riconoscere in lui il Figlio di Dio, nel mistero di questo corpo che aveva assunto, in questo uomo nato da Maria ? Il Signore compieva dunque tutte queste opere allo scopo di fare penetrare nel loro cuore la fede in lui : « Se compio le opere del Padre mio, anche se non volete credere in me, credete almeno alle opere ! » (Gv 10,38).

         Se l’umile condizione del suo corpo sembra costituire un ostacolo per credere alla sua parola, ci chiede di credere almeno alle sue opere. Perché, infatti, il mistero della sua nascita umana ci impedirebbe di percepire la sua nascita divina ? … « Se non volete credere a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre »…

         Tale è la natura che egli possiede fin dalla sua nascita ; tale è il mistero di una fede che ci garantirà la salvezza : occorre non dividere coloro che sono una cosa sola, non privare il Figlio dalla sua natura e proclamare la verità del Dio Vivo nato dal Dio Vivo… « Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me, così io vivo per il Padre » (Gv 6,57). « Come il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso » (Gv 5,26).

 

VIIIA settimana T.O. - PRIMI VESPRI sabato

La Vita in Cristo, 2; PG 150, 532-533

 

 

 

Battezzateli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo

 Nicola Cabasilas nel quattordicesimo secolo

 

 

 

          Benché la Santa Trinità  abbia dato la salvezza al genere umano per un solo ed unico amore degli uomini, la fede ci dice che ciascuna persona divina vi dà il proprio contributo. Il Padre si riconciliò con noi. Il Figlio operò la riconciliazione, e lo Spirito Santo fu il dono concesso a quelli che erano diventati gli amici di Dio. Il Padre ci ha liberati, il Figlio fu il riscatto per la nostra liberazione ; quanto allo Spirito, egli è la libertà in persona (cf 2 Cor 3, 17). Se il Padre ci ha creati, il Figlio ci ha ri-creati, ed « è lo Spirito che dà la vita » (Gv 6, 63). Infatti nella creazione iniziale, la Trinità era iscritta come in filigrana. Il Padre era il modellatore, il Figlio era la sua mano, lo Spirito Paraclito il soffio di chi ispirava la vita. Tuttavia è soltanto nella nuova creazione che ci sono state rivelate queste distinzioni che esistono in Dio.

         Nel piano della salvezza secondo il quale essa ha restaurato il nostro genere umano, rinnovandolo, è proprio la Trinità tutta intera che ha voluto la mia salvezza e che ha previsto come essa si sarebbe realizzata. Però non l’ha realizzata la Trinità tutta intera. Il suo artefice è solo il Verbo, solo il Figlio unico. E’ da lui che la natura ha ricevuto una vita nuova, che il battesimo fu istituito come nascita nuova e creazione nuova. Ecco perché quando uno battezza, conviene invocare Dio, distinguendo le persone : il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo che solo questa nuova creazione viene a rivelarci.

 

IXA settimana T.O. - U.R. Domenica - Santissimo Corpo e Sangue di Cristo

Opere, sulla festa del Corpo del Signore, opusc. 57, lett. 1-4

(In l'Ora dell'Ascolto p. 876)

 

Il mistero dell’Eucaristia

 di San Tommaso d'Aquino nel tredicesimo secolo

 

 

         L’Unigenito Figlio di Dio, volendoci partecipi della sua divinità, assunse la nostra natura e si fece uomo per far di noi da uomini dèi. Tutto quello che assunse, lo valorizzò per la nostra salvezza. Offrì infatti a Dio Padre il suo corpo come vittima sull’altare della croce per la nostra riconciliazione. Sparse il suo sangue facendolo valere come prezzo e come lavacro, perché, redenti dalla umiliante schiavitù, fossimo purificati da tutti i peccati. Perché rimanesse in noi, infine, un costante ricordo di così grande beneficio, lasciò ai suoi fedeli il suo corpo in cibo e il suo sangue come bevanda, sotto le specie del pane e del vino…

 

         O inapprezzabile e meraviglioso convito, che dà ai commensali salvezza e gioia senza fine ! Che cosa mai vi può essere di più prezioso ? Non ci vengono imbandite le carni dei vitelli e dei capri, come nella legge antica, ma ci viene dato in cibo Cristo, vero Dio. Che cosa di più sublime di questo sacramento ?… Nessun sacramento in realtà è più salutare di questo : per sua virtù vengono cancellati i peccati, crescono le buone disposizioni, e la mente viene arricchita di tutti i carismi spirituali. Nella Chiesa, l’Eucaristia viene offerta per i vivi e per i morti, perché giovi a tutti, essendo stata istituita per la salvezza di tutti.

 

         Nessuno infine può esprimere la soavità di questo sacramento… Per mezzo di esso si fa memoria di quella altissima carità, che Cristo ha dimostrato nella sua passione. Egli istituì l’Eucaristia come memoriale della passione, il compimento delle figure dell’Antica Alleanza, la più grande di tutte le meraviglie operate da Cristo, il mirabile documento del suo amore immenso per gli uomini. A coloro che la sua assenza avrebbe riempito di tristezza, egli ha lasciato questo conforto incomparabile.

 

IXA settimana T.O. - VESPRI Domenica - Festa del Santissimo Sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo

 

Discorso 272 (Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

 

  

Siate ciò che vedete e ricevete ciò che siete.

 di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

Ciò che vedete sopra l'altare di Dio è il pane e il calice: ve lo assicurano i vostri stessi occhi. Invece secondo la fede che si deve formare in voi, il pane è il corpo di Cristo, il calice è il sangue di Cristo. Quanto ho detto in maniera molto succinta forse è anche sufficiente per la fede: ma la fede richiede l'istruzione… Questo pane come può essere il suo corpo ? E questo calice, o meglio ciò che è contenuto nel calice, come può essere il sangue suo ?

 

Queste cose, fratelli, si chiamano sacramenti proprio perché in esse si vede una realtà e se ne intende un'altra. Ciò che si vede ha un aspetto materiale, ciò che si intende produce un effetto spirituale. Se vuoi comprendere il mistero del corpo di Cristo, ascolta l'Apostolo che dice ai fedeli: « Voi siete il corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte » (1 Cor 12, 27). Se voi dunque siete il corpo e le membra di Cristo, sulla mensa del Signore è deposto il mistero di voi: ricevete il mistero di voi. A ciò che siete rispondete: « Amen » e rispondendo lo sottoscrivete. Ti si dice infatti: « Il Corpo di Cristo », e tu rispondi: « Amen ». Sii membro del corpo di Cristo, perché sia veritiero il tuo Amen.

 

Perché dunque il corpo di Cristo nel pane ? Non vogliamo qui portare niente di nostro; ascoltiamo sempre l'Apostolo il quale, parlando di questo sacramento, dice: « Pur essendo molti formiamo un solo pane, un solo corpo » (1 Cor 10, 17). Cercate di capire ed esultate. Unità, verità, pietà, carità. Un solo pane: chi è questo unico pane? « Pur essendo molti, formiamo un solo corpo ». Ricordate che il pane non è composto da un solo chicco di grano, ma da molti. Siate ciò che vedete e ricevete ciò che siete.

 

IXA settimana T.O. - LODI martedì

 

Instruzioni 11, 1-4 : PL 80, 250-252  

(In l'Ora dell'Ascolto p. 2706)

 

 

 

Di chi è questa immagine?

 di San Colombano nel sesto secolo

 

 

 

         Mosè ha scritto nella Legge : « Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza » (Gen 1, 26). Considerate, vi prego, la grandezza di questa espressione. Dio onnipotente, invisibile, incomprensibile, ineffabile, inestimabile, plasmò l’uomo dal fango della terra e lo nobilitò con la dignità della sua immagine. Che cosa vi può essere di comune tra l’uomo e Dio, tra il fango e lo spirito ? « Dio, infatti è spirito » (Gv 4, 24). Quale grande degnazione è stata questa, che Dio abbia dato all’uomo l’immagine della sua eternità e la somiglianza del suo divino operare ! Grande dignità deriva all’uomo da questa somiglianza con Dio, purché sappia conservarla…

         Se l’uomo userà rettamente di quelle facoltà che Dio ha concesso alla sua anima, allora sarà simile a Dio. Ricordiamoci che gli dobbiamo restituire tutti quei doni che egli ha depositato in noi quando eravamo nella condizione originaria. Ce ne ha insegnato il modo con i suoi comandamenti. Il primo di essi è quello di amare il Signore nostro con tutto il cuore « perché egli per primo ci ha amati » (1 Gv 4, 19) fin dall’inizio dei tempi, prima ancora che noi venissimo alla luce di questo mondo. L’amore di Dio è la rinnovazione della sua immagine. Ama veramente Dio chi osserva i suoi comandamenti…

         Dobbiamo quindi restituire al Dio e Padre nostro la sua immagine non deformata, ma conservata integra mediante la santità della vita, perché egli è santo. Per questo è stato detto : « Siate santi, perché io sono santo » (Lv 11, 45). Dobbiamo restituirgliela nella carità, perché è carità, secondo quanto dice Giovanni : « Dio è carità » (1 Gv 4, 16). Dobbiamo restituirgliela nella bontà e nella verità, perché egli è buono e verace. Non siamo dunque pittori di una immagine diversa da questa… Perché non avvenga che dipingiamo nel nostro animo immagini tiranniche, intervenga Cristo stesso e tracci nel nostro spirito i lineamenti precisi di Dio.

 

IXA settimana T.O. - VESPRI martedì

Dialogo della Divina Provvidenza, cap. 13

(In l' Ora dell'Ascolto p. 1833)              

 

 

 

Dio rinnova in noi l’immagine della Trinità

 di Santa Caterina da Siena nel quattordicesimo secolo

 

 

 

         Eterno Amore..., ti chiedo misericordia per il tuo popolo nel nome della carità increata che mosse te medesimo a creare l’uomo a tua immagine e somiglianza (Gen 1,26)... Questo hai fatto, o Trinità eterna, perché volevi fare partecipare l’uomo a tutto il tuo essere. Per questo gli hai dato la memoria, affinché egli ricordasse i tuoi benefici e partecipasse così alla tua potenza, o Padre eterno. Per questo gli hai dato l’intelligenza perché egli potesse afferrare la tua bontà e partecipasse così alla Sapienza del tuo Figlio unigenito. Per questo gli hai dato la volontà, affinché potesse amare ciò che vede e conosce della tua verità, e partecipasse così del tuo Spirito Santo. Quale fu la ragione per cui tu hai dato all’uomo tanta dignità? Certo l’amore inestimabile col quale hai guardato in te medesimo la tua creatura...

 

         Ma poi per il peccato commesso perdette quella sublimità alla quale l’avevi elevata. Tu, mosso dal quel medesimo fuoco col quale ci hai creati... ci hai dato il Verbo, tuo unico Figlio... Egli ha compiuto la tua volontà, Padre eterno, quando l’hai rivestito della nostra umanità, a immagine e somiglianza della nostra natura. O abisso di carità! Qual cuore non si sentirà gonfio di commozione al vedere tanta altezza discesa a tanta bassezza, cioè alla condizione della nostra umanità? Noi siamo immagine tua, e tu immagine nostra per l’unione che hai stabilito fra te e l’uomo, velando la dignità eterna con la povera nube dell’umanità di Adamo (Gen 2,7)... Quale il motivo? Certo l’amore. Per questo amore ineffabile ti prego e ti sollecito a usare misericordia alle tue creature.

 

IXA settimana T.O. - LODI mercoledì

Proslògion, 25-26

 

 

La risurrezione : pienezza di vita

 Sant’Anselmo d’Aosta nell’undicesimo secolo

 

 

         Perché smarrirti così lontano alla ricerca dei beni dell’anima e del corpo ? Ami dunque l’unico Bene in cui sono tutti i beni : questo basta… Lassù si trova tutto ciò che si può amare e desiderare.

         Ami la bellezza ? « I giusti splenderanno come il sole » (Mt 13,43). Oppure l’agilità o la forza di un corpo libero e svincolato da ogni ostacolo? « Saranno come angeli nei cieli »… Oppure una vita lunga e sana ? Lassù ti aspetta l’eterna salute, perché « i giusti vivono per sempre » (Sap 5,16)… Desideri essere saziato ? Lo sarai quando Dio ti mostrerà il suo volto nella gloria (Sal 16,15). Essere inebriato ? « Si saziano dell’abbondanza della casa di Dio » (Sal 35,9). Ami forse un canto melodioso ? Lassù, i cori angelici cantano senza fine la lode di Dio. Cerchi pure delizie ? Dio ti disseti al torrente delle sue delizie (Sal 35,9). Ami la sapienza ? La sapienza di Dio in persona si manifesterà. L'amicizia ? Ameranno Dio più di se stessi, si ameranno gli uni gli altri come se stessi, e Dio li amerà più di quanto potranno mai amare… Ami la concordia ? Avranno tutti una sola volontà, perché non avranno altra volontà che quella di Dio… Gli onori e le ricchezze ? Dio stabilirà i suoi buoni e fedeli su molto (Mt 25,21) ; anzi, « saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9) e lo saranno veramente, perché dov’è il Figlio, saranno anche « gli eredi di Dio e coeredi di Cristo » (Rm 8,17).

 

IXA settimana T.O. - VESPRI mercoledì

Trattato sulla risurrezione, 2.4.7-9

 

 

 

Credo la risurrezione della carne (Credo)

di San Giustino nel secondo secolo

 

 

         Coloro che sono in errore dicono che non c’è risurrezione della carne, che è impossibile che essa, dopo esser stata distrutta e ridotta in polvere, ritrovi la sua integrità. Ancora, secondo loro, la salvezza della carne sarebbe non soltanto impossibile, ma pure nociva; biasimano la carne, denunciando i suoi difetti, la rendono responsabile dei peccati; dicono quindi che se questa carne dovesse risuscitare, anche i suoi difetti risusciterebbero... Inoltre, il Salvatore ha detto: “Quando risusciteranno dai morti, non prenderanno moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli.” Ora, dicono, gli angeli non hanno carne, né mangiano né si uniscono. Dunque, dicono, non ci sarà risurrezione della carne...

 

         Quanto sono ciechi gli occhi del solo intelletto! Non hanno visto infatti sulla terra “i ciechi ricuperare la vista, gli storpi camminare” (Mt 11,5) grazie alla parola del Salvatore..., allo scopo di farci credere che, alla risurrezione, l’intera carne risusciterà. Se sulla terra, egli ha guarito le infermità della carne e ha reso al corpo la sua integrità, quanto più lo farà al momento della risurrezione, affinché la carne risusciti senza difetto, integralmente... Questa gente mi sembra ignorare l’operare divino nel suo insieme, all’origine della creazione, quando l’uomo è stato plasmato; ignorano il motivo per il quale le cose terrene sono state fatte.

 

         Il Verbo ha detto: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza (Gen 1,26)... È ovvio che l’uomo, pur plasmato a immagine di Dio, era di carne. Quanto è assurdo allora considerare disprezzabile e senza alcun merito, la carne plasmata da Dio secondo la sua immagine! Che la carne sia preziosa agli occhi di Dio, questo è evidente, poiché essa è opera sua. E poiché proprio in questo si trova il principio del suo progetto per il resto della creazione, essa è ciò che c’è di più prezioso agli occhi del creatore.

 

IXA settimana T.O. - LODI giovedì

Omelie sulla prima lettera ai Corinzi, n°24, 4 ; PG 61, 204-205

(In l' Ora dell'Ascolto p. 881)

 

 

 

Adorare il Corpo di Cristo

 di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         Cristo ci ha dato il suo corpo per saziarci, attirandoci a sé in un’amicizia sempre più grande. Accostiamoci dunque a lui con fervore e ardente carità... Anche i magi hanno adorato questo corpo adagiato nel presepe. Uomini pagani che non conoscevano il vero Dio, lasciata la patria e la casa, hanno percorso grandi distanze e sono venuti ad adorarlo  pieni di timore e tremore. Imitiamo almeno questi stranieri, noi che siamo cittadini dei cieli...

 

         Tu, non ti volgi a un presepe ma a un altare; e non vedi una donna che lo porta, ma un sacerdote che sta in piedi alla sua presenza, e lo Spirito, ricco di ogni fecondità, che si libra sulle offerte. Non vedi semplicemente quello stesso corpo, come lo videro loro, ma hai conosciuto la sua potenza e tutto il suo disegno e non ignori nulla di quanto lui ha fatto, poiché essendo stato iniziato hai appreso diligentemente ogni cosa. Esortiamo quindi noi stessi, con un santo timore, e mostriamo una pietà molto maggiore di quegli stranieri...

 

         Questa mensa è la forza della nostra anima, la fonte di unità di tutti i nostri pensieri, il motivo della nostra fiducia: è speranza, salvezza, luce, vita. Se ci saremo allontanati con tutto questo dal santo sacrificio, andremo con fiducia verso i suoi atrii santi... Parlo forse di cose future? Fin da quaggiù questo mistero è per te il cielo e la terra. Apri quindi le porte del cielo e guarda... e allora contemplerai quello che è stato detto. Ciò che lì si trova è la più preziosa di tutte le cose e io te la mostrerò, deposta sulla terra... Infatti non ti mostro angeli né arcangeli, non cieli né cieli dei cieli, ma ti offro lo stesso Signore di tutto questo.

 

IXA settimana T.O. - VESPRI Giovedì

Mc 12, 28-34

 Regole più ampie, Q 1-2

 

 

I due comandamenti dell’amore

di san Basilio nel quarto secolo

 

         Domanda: Vi preghiamo prima di dirci se i comandamenti di Dio si seguono secondo un certo ordine. Cioè se c’è un primo comandamento, un secondo, un terzo e così via?

 

         Risposta: Il Signore in persona ha determinato l’ordine da osservare nei suoi comandamenti. Il primo e il più grande è quello che riguarda alla carità verso Dio, e il secondo, che è simile al primo, o piuttosto ne è il compimento e la conseguenza, riguarda all’amore per il prossimo.

 

         Domanda: Parlateci prima dell’amore per Dio. Siamo d’accordo che si deve amare Dio, ma come dobbiamo amarlo?... Risposta: L’amore verso Dio non si insegna. Nessuno ci ha insegnato a godere della luce né a custodire la vita al di sopra di tutto; allo stesso modo nessuno ci ha insegnato ad amare coloro che ci hanno dati alla luce e ci hanno educati. Allo stesso modo, o piuttosto, a maggior ragione, non impariamo ad amare Dio per mezzo di un insegnamento esteriore. Nella natura stessa degli essere viventi – voglio dire dell’uomo – è stato deposto una sorta di germoglio che contiene in sé il principio di questa disposizione ad amare. Alla scuola dei comandamenti di Dio conviene cogliere questo germoglio, coltivarlo diligentemente, nutrirlo con cura, e portarlo al suo sbocciare mediante la grazia divina. Approvo il vostro zelo. Esso è indispensabile per giungere alla meta.

 

         Si deve sapere che questa virtù di carità è una, ma in potenza abbraccia tutti i comandamenti. “Se uno mi ama, dice il Signore, osserverà la mia parola” (Gv 14,23), e ancora: “Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti” (Mt 22,20).

 

IXA settimana T.O. - LODI venerdì

 

Libro di Vita

 

Cap. “ Monaci e monache “ § 54

 

IXA settimana T.O. - VESPRI venerdì

Catechesi battesimale 10, 2,4,5 : PG 33, 662.663-667

 

 

 

Il suo nome è Re dei re e Signore dei signori

San Cirillo di Gerusalemme nel quarto secolo

 

 

         Chi vuole onorare Dio, si prosterni davanti a suo Figlio. Altrimenti, il Padre non accetta di essere adorato. Dall’alto del cielo, il Padre ha fatto udire queste parole : « Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto » (Mt 3, 17). Il Padre si è compiaciuto nel Figlio, …chiamato « Signore » (Lc 2, 11) non impropriamente come lo sono i signori umani, bensì perché la signoria appartiene a lui per natura, da sempre…

 

         Pur rimanendo se stesso e conservando veramente la gloria immutabile del suo essere Figlio, si aggiusta alle nostre debolezze, come un medico abilissimo e un maestro compassionevole. E tutto ciò, l’ha fatto mentre era realmente Signore, senza dover a nessun avanzamento il suo potere ; infatti la gloria della signoria era sua per natura. Non era Signore alla maniera dei signori umani ; era Signore in tutta verità, esercitando la signoria sulle proprie creature con il consenso del Padre. Noi, infatti, possiamo esercitare un dominio su uomini che sono i nostri pari, sia in dignità che nelle sofferenze, anzi sovente che ci sono superiori.  Invece, la signoria di Nostro Signore non è di questa natura : egli è innanzi tutto Creatore, e in secondo luogo Signore. Ha creato tutto secondo la volontà del Padre, ora esercita la signoria su quanto esiste solo per mezzo di lui.

 

IXA settimana T.O. - LODI sabato

 

Omelie spirituali

 

 

 

Consegnarci totalmente a Gesù

di San Macario nel quarto secolo

 

 

         Com’è possibile che, malgrado tanti incoraggiamenti e tante promesse da parte del Signore, rifiutiamo di offrirci a lui totalmente e senza riserva, di rinunciare a ogni cosa e perfino alla nostra vita, secondo il Vangelo (Lc 14, 26), per amare lui solo, e nient’altro insieme con lui?

 

         Considera quanto è stato fatto per noi: quale gloria ci è stata data, quanti interventi ha predisposto il Signore, in vista della salvezza, dai padri ed i profeti, quante promesse, quante esortazioni, quanta compassione da parte del nostro Maestro fin dalle origini! Alla fine, egli ha manifestato la sua indicibile benevolenza nei nostri confronti, venendo dimorare con noi e morendo sulla croce per convertirci e ricondurci alla vita. E noi, non lasciamo da parte la nostra volontà propria, l’amore del mondo, le nostre predisposizioni e abitudini cattive, mostrando così quanto siamo uomini di poca fede, anzi senza fede alcuna!

 

         Eppure, vedi come, malgrado tutto questo, Dio si mostra pieno di una dolce bontà. Ci protegge e ci cura invisibilmente. Malgrado le nostre colpe, non ci abbandona definitivamente alla malvagità e alle illusioni del mondo; nella sua grande pazienza, ci impedisce di perire e aspetta, da lontano, il momento in cui ci volgeremo verso di lui.

 

IXA settimana T.O. - PRIMI VESPRI sabato

(Tratt. 2; CSL 68, 26. 29-30)

 

 

 

L'Eucaristia, Pasqua del Signore

 di san Gaudenzio di Brescia nel quinto secolo

 

 

     Cristo è lui solo che è morto per tutti. E' lui il medesimo che si trova nel sacramento del pane e del vino anche se sono molte le assemblee nelle quali si riunisce la Chiesa. E' il medesimo che immolato ricrea, creduto vivifica, consacrato santifica i consacranti.

     La carne del sacrificio è quella dell'Agnello divino, il sangue è quello suo. Infatti il Pane disceso dal cielo ha detto: «Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gv 6, 52).

     Molto giustamente il suo sangue viene indicato anche sotto il segno del vino. Lo disse egli stesso nel vangelo: «Io sono la vera vite» (Gv 15, 1). Il vino offerto nella Messa come sacramento della passione di Cristo è suo sangue.

     Per questa ragione il patriarca Giacobbe aveva profetizzato di Cristo, dicendo: Egli laverà nel vino la sua veste e nel sangue dell'uva il suo mantello (cfr. Gn 49, 11). Avrebbe infatti lavato nel proprio sangue la veste del nostro corpo, di cui egli stesso si era rivestito. Egli, creatore e Signore di tutte le cose, produce il pane dalla terra e dal pane produce sacramentalmente il suo corpo, poiché lo ha promesso e lo può fare. Egli inoltre che ha fatto dell'acqua vino, dal vino fa il suo sangue.

     «E' la Pasqua del Signore» (Es 12, 11), cioè il passaggio del Signore. Queste parole ti ammoniscono di non credere terrestre quello che è diventato celeste. Il Signore «passa» nella realtà terrestre e la fa suo corpo e suo sangue.

     Quello che ricevi è il corpo di colui che è pane celeste e il sangue di colui che è la sacra vite. Infatti mentre porgeva ai suoi discepoli il pane consacrato ed il vino, così disse: «Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue» (Mt 26, 26-27). Crediamo dunque a colui al quale ci siamo affidati: la verità non conosce menzogna. Quando infatti diceva alle turbe sbigottite che il suo corpo era da mangiare e il suo sangue da bere, molti sussurravano: «Questo linguaggio è duro, chi può intenderlo?» (Gv 6, 60). Per cancellare con il fuoco celeste quei pensieri aggiunse: «E' lo Spirito che dà la vita; la carne invece non giova a nulla. Le parole che vi ho dette, sono spirito e vita» (Gv 6, 63).

 

XA settimana T.O. - U.R. Domenica

 

* Contra Haereses, Liber V, 2, 3; 3, 1 - Sources Chrétiennes, Le Cerf - Parigi 1969, pp. 35-41.

 

 

 

L'EUCARISTIA, PEGNO DELLA RISURREZIONE

di Sant'lreneo nel secono secolo

 

 

Se, ricevendo la parola di Dio, il calice riempito e il pane preparato diventano l'Eucaristia, cioè l'azione di grazie del sangue e del corpo di Cristo, e se da essi è arricchita e fortificata la sostanza della nostra carne, come possono affermare che la carne non è capace di ricevere il dono di Dio, che è la vita eterna? Essa infatti è nutrita del sangue e del corpo di Cristo ed è membro di Lui, come dice bene l'Apostolo nella lettera agli Efesini: Siamo membra del suo corpo, formati della sua carne e delle sue ossa (Ef. 5, 30). Non dice questo di un individuo spirituale e invisibile, poiché lo spirito non ha né ossa né carne (Le. 24, 39); ma parla dell'organismo autenticamente umano, formato di carne, di nervi e di ossa, l'organismo cioè che è nutrito dal calice del sangue di Cristo ed è fortificato dal pane del suo corpo.Il legno della vite, deposto in terra, dà frutto a suo tempo e il grano di frumento, caduto in terra (Gv. 12, 24), dopo essersi disfatto, risorge moltiplicato per opera dello Spirito di Dio che regge ogni cosa. Poi, in virtù della sapienza, il pane e il vino sono dati in uso all'uomo e, ricevendo la parola di Dio, diventano l'Eucaristia, che è il corpo e il sangue di Cristo. Allo stesso modo i nostri corpi, nutriti dall'Eucaristia, dopo essere stati deposti in terra ed essersi disfatti in essa, a suo tempo risorgeranno, quando il Verbo di Dio darà loro la Risurrezione per la gloria di Padre (Fil. 2, 11).

 

Egli darà l'immortalità a ciò che è mortale e - gratuitamente - renderà incorruttibile ciò che è corruttibile, perché la forza di Dio si manifesta nella debolezza (cfr. 2 Coro 12, 9). .Nella consapevolezza della nostra condizione mortale, ci guarderemo dall'inorgoglirei e dall'innalzarci contro Dio con pensieri di ingratitudine, quasi ci dessimo la vita da noi stessi! Sapendo invece, per esperienza, che dalla sua grandezza e non dalla nostra natura abbiamo il dono di poter vivere per sempre, non negheremo a Dio la gloria che gli spetta e, nello stesso tempo, non ignoreremo la nostra natura. Conosceremo quale sia la potenza di Dio e quali benefici l'uomo riceva da lui. Non ci inganneremo sulla vera natura ed essenza di Dio e dell'uomo. Non ha forse Dio permesso - come abbiamo detto prima - la dissoluzione dei nostri corpi, perché, istruiti da ogni avvenimento, potessimo osservarli tutti con scrupolosa attenzione, non ignorando né Dio né noi stessi?...Come infatti l'uomo avrebbe potuto conoscere la sua natura inferma e mortale e, nello stesso tempo, l'immortalità e la potenza di Dio, se non sapesse per esperienza la diversità di entrambe le condizioni? Non c'è infatti niente di male nel conoscere - per fatica di esperienza - la propria infermità: mentre è un bene tanto maggiore avere una retta cognizione di quello che realmente siamo.

 

XA settimana T.O. - VESPRI Domenica

 

 Catechesi mistagogica, 1, 3-6, 9, PG 33, 1098-1102, 1103.

 

 

IL PANE E IL VINO DELLA NUOVA ALLEANZA

San Cirillo di Gerusalemme  nel quarto secolo

 

 

          La notte in cui fu tradito, il Signore Gesù prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli dicendo: Prendete e mangiate: questo è il mio corpo. Poi prese il calice e disse: Prendete e bevete: questo è il mio sangue (cf. 1 Coro 11, 23-25). Se, dunque, egli stesso, parlando del pane, ha apertamente dichiarato: Questo è il mio corpo, chi oserà d'ora in avanti dubitare? E se egli stesso a questo punto dice in tono affermativo: Questo è il mio sangue, chi potrà avere ancora delle esitazioni o dirà che quello non è il suo sangue?...

E' dunque con certezza piena che noi partecipiamo in tal modo del corpo e del sangue di Cristo. Infatti, sotto forma di pane ti viene dato il corpo, e sotto forma di vino ti viene dato il sangue, affinché tu divenga, partecipando del corpo e del sangue di Cristo, un solo corpo ed un solo sangue con lui. In questo modo, noi diventiamo portatori di Cristo, in quanto il suo corpo ed il suo sangue si diffondono nelle nostre membra. E così, secondo San Pietro, noi diventiamo partecipi della natura divina (2 Pt. 1, 4).

Una volta Cristo disse, conversando con i Giudei: Se non mangerete la mia carne e non berrete il mio sangue, non avrete in voi la vita (Gv. 6, 53). Ma essi non ascoltarono queste parole con l'orecchio dello spirito, e se ne andarono scandalizzati, pensando che il Signore li invitasse a un normale pasto.

Già nell'Antico Testamento c'erano i pani di proposizione. : ora non vi è più posto per offrire questi pani dell'Antica Alleanza. Nella Nuova Alleanza, vi è un pane celeste un calice di salvezza (cf. Sal. 115, 4) che santificano lima e il corpo. Infatti come il pane si accorda col corpo, ;ì il Verbo si armonizza con l'anima. Non fissare dunque la tua attenzione sul pane e sul o come se si trattasse di essi soli, perché secondo l'affermazione del Maestro si tratta di corpo e di sangue. La fede ti aiuti per ciò che la percezione dei sensi ti suggerisce. Non giudicare la realtà in base al gusto, al sapore, ma in base alla fede. Quanto tu hai imparato ti dà questa certezza: ciò che sembrava pane, pane non è, anche se ne possiede il sapore, ma il corpo di Cristo; e ciò che ritenevi vino, vino non è, anche se tale dovesse sembrare al palato, ma il sangue di Cristo. Davide ha detto una volta in un salmo: ...ch'ei possa d'olio far nitido il volto; e il pane gli rinfranchi il cuore (Sal., 15). Rinfranca dunque il tuo cuore prendendo questo le spirituale e rendi nitido il volto della tua anima. E possa tu, a viso scoperto e con purezza di coscienza, riflette come uno specchio la gloria del Signore.

 

XA settimana T.O. - LODI martedì

Quesito 63 a Talassio: PG 90, 668-669.

Mt 5,13-16

 

 

LA LUCERNA SUL CANDELABRO

San Massimo il confessore nel settimo secolo

 

 

 

          La lampada posta sul candelabro è la vera luce del Padre, quella che illumina ogni uomo che viene nel mondo: il nostro Signore Gesù Cristo, che prendendo la nostra carne, s'è fatto e s'è chiamato lampada. Colui cioè che è per natura Sapienza e Parola del Padre; colui che nella Chiesa di Dio è proclamato dalla fede; colui che è esaltato e fatto risplendere tra i popoli con una vita virtuosa grazie all'osservanza dei comandamenti, e che brilla per tutti quelli che sono nella casa, cioè in questo mondo. Così infatti afferma lo stesso Dio e Verbo: Nessuno accende una lucerna e la mette sotto il moggio, ma sul candelabro, dove brilla per tutti quelli che sono nella casa (Mt. 5, 15).

 

         Egli chiama evidentemente se stesso lucerna, in quanto è Dio per natura e s'è fatto carne secondo l'economia della salvezza... Credo che anche il grande Davide pensasse a questo quando chiamò lucerna il Signore, dicendo: Lucerna per i miei piedi è la tua legge, e luce sui miei sentieri (Sal. 118, 105). Il mio Salvatore e mio Dio è liberatore dalle tenebre dell'ignoranza e del vizio: è per questo che anche dalla Scrittura è stato detto lucerna. Lui solo, dissipando quale lucerna la caligine dell'ignoranza e le tenebre del peccato, si è fatto per tutti cammino di salvezza. Mediante la virtù e la conoscenza, egli porta al Padre quelli che vogliono percorrere questa via di giustizia con l'osservanza dei comandamenti di Dio.


         Quanto al candelabro, è la Santa Chiesa. Basata sulla sua predicazione, la Parola di Dio splende e illumina con lo sfavillio della verità tutti quelli che si trovano in questo mondo, come fossero in una casa, riempiendo le menti di tutti della conoscenza di Dio...

 

La Parola non vuole in nessun modo essere tenuta sotto il moggio: essa vuoi essere posta ben in alto, dove più sublime è la bellezza della Chiesa. Tenuta infatti sotto la lettera della Legge come sotto un maggio, la Parola lasciò tutti privi della luce eterna, senza dare la contemplazione spirituale a quanti cercavano di svestirsi del senso ingannevole, capace soltanto d'illusione, atto a percepire solo le cose corruttibili. Ma posta sul candelabro che è la Chiesa, cioè sul culto razionale nello Spirito, essa illumina tutti... Perché la lettera, se non è compresa spiritualmente, ha solo il senso limitato della sua espressione, e non permette alla forza di quel che è stato scritto di aprirsi una strada verso l'intelligenza... Se accendiamo dunque la lucerna, cioè la Parola luminosa della conoscenza, con la contemplazione e con la azione, non mettiamola sotto il maggio, al fine di non essere condannati per aver circoscritto entro la lettera !'incomprensibile forza della Sapienza. Mettiamola piuttosto sopra il candelabro, cioè sulla santa Chiesa, sulla sommità della vera contemplazione, perché possa far risplendere su tutti la luce della divina verità.

 

XA settimana T.O. - VESPRI martedì

Discorsi,  289, 6 ; PL 38, 1311-1312

 

 

La luce di Cristo sopra il lucerniere

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

         Fratelli, gli apostoli sono le lucerne che ci permettono di aspettare il giorno di Cristo. Il Signore dichiara loro : «Voi siete la luce del mondo». E perché non possano credere che sono una luce simile a quella di cui è detto: «Egli è la luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1, 9), insegna loro subito quale è la vera luce. Dopo aver annunciato loro: «Voi siete la luce del mondo », continua: «Non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio». Io vi ho chiamato luce, dice, ma preciso : siete solo una lucerna. Non lasciatevi prendere dai sussulti dell’orgoglio, se non volete che si spenga questa scintilla. Non vi metto sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché illuminiate tutto con i vostri raggi.

 

         Quale è questo lucerniere che porta questa luce? Sto per insegnarvelo. Siate, voi stessi, delle lucerne, e avrete un posto sopra questo lucerniere. La croce di Cristo è un immenso lucerniere. Chi vuole essere raggiante non deve vergognarsi di questo lucerniere di legno. Ascolta e capirai : il lucerniere è la croce di Cristo.

 

         «Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria». Rendano gloria a chi? Non a te, perché cercare la tua gloria è volere spegnerti ! «Rendano gloria a vostro Padre che è nei cieli». Sì, glorifichino lui, il Padre dei cieli, vedendo le vostre opere buone… Ascolta l’apostolo Paolo: «Quanto a me non sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo» (Gal 6, 14).

 

XA settimana T.O. - LODI Mercoledì

Mt 5,17-19

Trattato : la gelosia e l’invidia, 12-15; CSEL 3, 427-430

(In l'Ora dell'Ascolto p. 1126)

 

 

Il compimento della Legge : l’amore in atto.

di San Cipriano nel terzo secolo

 

 

         Portare il nome di Cristo e non camminare sulle orme di Cristo non è forse un tradire il nome di Dio, e abbandonare la via della salvezza ? Lui stesso infatti insegna e afferma che giungerà alla vita chi avrà osservato i comandamenti (Mt 19,17), e che è sapiente chi avrà ascoltato e obbedito alle sue parole

(Mt 7,24) ; e ancora che sarà chiamato il più grande maestro nel Regno dei cieli chi avrà insegnato e operato come insegnava ; e che quando ciò che si annunciava con la bocca è confermato dalle azioni, tornerà a vantaggio di chi predica l’aver predicato bene e con profitto.

         Che cosa mai il Signore tanto spesso ha inculcato nell’animo dei suoi discepoli, qual cosa maggiormente comandò di custodire e osservare tra le ammonizioni salutari e i precetti celesti, se non che ci amiamo a vicenda con lo stesso amore con cui egli ha amato i discepoli ? Ma come può mantenere la pace e la carità del Signore chi a causa della gelosia non può essere né operatore di pace né amabile ?

         Perciò anche Paolo apostolo, enumerando i meriti della pace e della carità, dopo aver affermato con forza che non gli avrebbero giovato né la fede, né le elemosine, né la stessa sofferenza del confessore e del martire se non avesse mantenuto integre e inviolate le esigenze della carità, aggiunse : « La carità è paziente, è benigna ; non è invidiosa » (1 Cor 13,4).

 

XA settimana T.O. - VESPRI mercoledì

Omelie sul vangelo di Matteo, n° 16

Mt 5,17-19

 

 

Non sono venuto ad abolire la Legge e i Profeti, ma per dare compimento

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         Volete sapere come, lungi da distruggere la Legge e i profeti, Gesù Cristo viene piuttosto a confermali ? Per prima cosa, riguardo ai profeti, egli conferma con le sue opere ciò che loro avevano annunciato. Per cui incontriamo spessissimo nel vangelo di Matteo questa espressione : « Affinché questa parola del profeta si adempisse »…

         Riguardo alla Legge, egli le ha dato compimento in tre modi. In primo luogo, non tralasciando nessuna delle prescrizioni legali. Dichiara infatti a Giovanni Battista : « Conviene che così adempiamo ogni giustizia » (Mt 3,15) ; e ai Giudei diceva : « Chi di voi può convincermi di peccato ? » (Gv 8,46)…

         In secondo luogo, dà compimento alla Legge volendo sottomettersi ad essa per la nostra salvezza. O prodigio ! Sottomettendosi ad essa, ci ha comunicato la grazia di adempirla a nostra volta. San Paolo ce l’insegna con queste parole : « Il termine della Legge è Cristo, perché sia data la giustizia a chiunque crede » (Rm 10,4). Dice anche che il Salvatore ha condannato il peccato nella carne « perché la giustizia della Legge si adempisse in noi, che non camminiamo secondo la carne » (Rm 8,4). Dice ancora : « Togliamo dunque ogni valore alla Legge mediante la fede ? Nient’affatto, anzi confermiamo la Legge » (Rm 3,31). Infatti la Legge tendeva a rendere l’uomo giusto, ma non ne aveva la forza. Allora è venuto Cristo, il termine della Legge, e ci ha mostrato la strada che conduce alla giustizia, cioè la fede. Così, ha compiuto le intenzioni delle Legge. La lettera della Legge non poteva giustificare il peccatore ; la fede in Gesù Cristo lo giustificherà. Ecco perché egli può dire : « Non sono venuto ad abolire la Legge ».

         Prestandovi finemente attenzione, scorgiamo un terzo modo nel quale la Legge viene adempiuta da Cristo. Qual’è questo modo ? Consiste nei precetti stessi che Cristo avrebbe dato : lungi dal rovesciare quelli di Mosè, ne sono la giusta conseguenza e il complemento naturale.

 

XA settimana T.O. - LODI giovedì

Sulla preghiera, 8-9 ; PG 11, 442-443

(In l'Ora dell'Ascolto p. 1931/1936)

Mt 5 ,20-26

 

 

Va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello

 di Origene nel terzo secolo

 

 

         Nessuno potrà ottenere qualsiasi cosa nella preghiera, se non pregherà con buone disposizioni e con una fede retta… Non bisogna parlare molto… e neanche mettersi in preghiera adirati e con l’animo sconvolto. Ma non si può capire come ci si possa dedicare all’orazione senza la purezza del cuore, né è possibile che chi prega ottenga la remissione dei suoi peccati, se prima non ha perdonato di cuore al fratello che gli chiede scusa per il torto che gli ha arrecato…

 

         Prima di tutto sarà della massima utilità se colui che si dedica alla preghiera, per questo stesso fatto si mette di fronte a Dio e parla con lui con la consapevolezza che egli è presente e lo guarda. Sappiamo che certe immagini delle cose rievocate nella memoria turbano i pensieri che ne nascono quando la mente vi riflette. È da credere invece che sia molto utile il ricordo di Dio presente, che scorge tutti i moti dell’anima, anche i più riposti, mentre questa si dispone a piacergli, considerando colui che esamina i cuori e scruta le reni (Sal 7,10), in atto di penetrare ogni spirito…

 

         Bisogna che chi prega alzi al cielo mani pure, perdonando tutte le ingiurie ricevute e allontanando dal suo animo ogni passione in modo da non essere adirato con alcuno… E chi dubiterà che questo stato d’animo sia il migliore, dato che lo insegna san Paolo nella prima lettera a Timoteo quando dice: «Voglio che gli uomini preghino, dovunque si trovino, alzando al cielo mani pure senza ira e senza contese » (1 Tm 2,8)?

 

XA settimana T.O. - VESPRI giovedì

Omelie sulla prima lettera ai Corinzi, n° 27

 Mt 5,20-26

 

 

 

La Chiesa unico Corpo di Cristo

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         La Chiesa non esiste perché rimaniamo divisi pur radunandoci, bensì perché le nostre divisioni vi siano spente; è questo il senso dell’assemblea. Se veniamo per l’eucaristia, non facciamo nulla che contraddica l’eucaristia, non causiamo dispiacere al nostro fratello. Poiché venite per rendere grazie per i benefici ricevuti, non separatevi dal vostro prossimo.

 

         A tutti senza distinzione, Cristo offre il suo corpo dicendo: “Prendete e mangiatene tutti”. Perché dunque non ammetti tutti alla tua mensa? ... Fai memoria di Cristo e disprezzi il povero?... Prendi parte a quella divina cena; devi essere il più compassionevole degli uomini. Hai bevuto il sangue del Signore e non riconosci il tuo fratello?

 

       Anche se fin’ora non l’avessi riconosciuto, a quella tavola devi riconoscerlo. Ci occorre essere tutti nella Chiesa come in una casa comune: formiamo un unico Corpo. Abbiamo un solo battesimo, una sola mensa, una sola sorgente, e anche un solo Padre (cfr Ef 4,5 ; 1Cor 10,17).

 

XA settimana T.O. - LODI venerdì

2003-06-27

L'albero di vita, 29-30, 47. Opera omnia 8,79

 

 

Ecco il cuore che ha tanto amato il mondo

 di San Bonaventura nel tredicesimo secolo

 

 

      Contempla, uomo salvato, colui che per te è inchiodato alla croce… Alzati, tu che ami Cristo, sii come la colomba « che fa il nido nelle pareti d’una gola profonda » (Ger 48, 28), e qui, « come il passero che ha trovato la casa » (Sal 83, 4), non cesserai di vegliare. Come la tortora, vi riparerai i tuoi piccoli e presenterai la tua bocca per « attingere acqua alle sorgenti della salvezza » (Is 12, 3). E’ lui, infatti, « il fiume che usciva da Eden, si divideva e formava quattro corsi » (Gen 2, 10) e, sparso nel cuore dei credenti, annaffia e feconda la terra intera…

 

      Corri dunque a questa sorgente di vita e di luce con un vivo desiderio, chiunque tu sia, e nel tuo amore di Dio, gridagli con tutta la forza del tuo cuore : " O bellezza indicibile dell’Altissimo, splendore della luce eterna, vita che vivifichi ogni vita, chiarore che illumini ogni luce e conservi nell’eterno splendore i vari astri che brillano davanti al trono della tua divinità dall’origine dei tempi.

 

      O fiume eterno e inaccessibile, limpido e dolce, la cui sorgente è nascosta agli occhi di ogni mortale ! La tua profondità è senza fondo, la tua altezza senza limiti, la tua larghezza senza confini, la tua purezza senza alcunché di torbido. Da te scorre « il fiume che rallegra la città di Dio » (Sal 45, 5)… affinché cantiamo inni di lode, « in mezzo ai canti di gioia di una moltitudine in festa » (Sal 41, 5), perché sappiamo per esperienza che « in te è la sorgente della vita e alla tua luce, vedremo la luce » (Sal 35, 10). "

 

XA settimana T.O. - VESPRI venerdì

L’ammirabile cuore di Gesù, libro 12 ;  8, 350-352

 

 

Dio ci ha amati per primo

 San Giovanni Eudes nel diciasettesimo secolo

 

 

 

         Il Cuore del nostro Salvatore è un fuoco di amore per noi : di amore purificante, di amore illuminante, di amore santificante, di amore trasformante, di amore deificante. Di amore purificante nel quale i cuori sono purificati più perfettamente dell’oro nel fuoco. Di amore illuminante, che scaccia le tenebre dell’inferno che ricoprono la terra, e che ci fa entrare nell’ammirabile luce del cielo : « Ci ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce » (1 Pt 2,9). Di amore santificante, che distrugge il peccato nelle nostre anime, per stabilirvi il regno della grazia. Di amore trasformante, che trasforma i serpenti in colombe, i lupi in agnelli, le bestie in angeli, i figli del diavolo in figli di Dio, i figli dell’ira e della maledizione in figli della grazia e della benedizione. Di amore deificante, che da uomini fa dèi rendendoli partecipi della santità di Dio, della sua misericordia, della sua pazienza, della sua bontà, del suo amore, della sua carità e delle altre divine perfezioni. : « partecipi della natura divina » (2 Pt 1,4).

 

         Il Cuore di Gesù è un fuoco che diffonde le sue fiamme da ogni parte, in cielo, sulla terra, e in tutto l’universo ; fuoco e fiamme che infiammano i cuori dei serafini, e infiammerebbero tutti i cuori della terra se il ghiaccio del peccato non vi si opponesse.

 

         Egli ha un amore straordinario per gli uomini, sia per i buoni e per i suoi amici, che per i cattivi e i suoi nemici, per i quali ha una carità così ardente che tutti i torrenti delle acque dei loro peccati non sono capaci di spegnerlo.

 

XA settimana T.O. - LODI sabato

Opusculi di pietà, 1002 ; Vita di Gesù 497, 502

 

  

 

Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore

 del Cardinal Pierre de Bérulle nel diciasettesimo secolo

 

 

         Ora Gesù è vivente in Maria e fa come parte di lei, e il cuore di Gesù è vicinissimo al cuore di Maria. Ora Maria è vivente in Gesù e Gesù è il suo tutto ; e il cuore di Maria è vicinissimo al cuore di Gesù e vi fa scorrere la vita ; ora sembra Gesù e Maria siano una cosa sola e vivente sulla terra. Il cuore dell’uno vive e respira solo per l’altro.

 

         Questi due cuori così vicini e così divini, e viventi insieme di una vita così alta, cosa non sono l’uno per l’altro, e cosa non fanno l’uno nell’altro ? Solo l’amore può pensarlo, anzi solo l’amore divino e celeste ; però solo l’amore di Gesù stesso può comprenderlo… O cuore di Gesù vivente in Maria e per Maria ! O cuore di Maria vivente in Gesù e per Gesù ! O legame delizioso fra questi due cuori !

 

         Il cuore della Vergine è il primo altare sul quale Gesù ha offerto il suo cuore, il suo corpo, il suo spirito come ostia di lode perpetua, e dove Gesù offre il suo primo sacrificio e fa la sua prima oblazione di se stesso…

 

XA settimana T.O. - PRIMI VESPRI sabato

Dal «Commento alla Lettera ai Galati»

(Introduzione; PL 35, 2105-2107)

 

 

Comprendere la grazia di Dio

 di sant'Agostino nel quinto secolo

 

  

     L'Apostolo scrive ai Galati perché capiscano che la grazia li ha sottratti dal dominio della Legge. Quando fu predicato loro il Vangelo, non mancarono alcuni venuti dalla circoncisione i quali, benché cristiani, non capivano ancora il dono del Vangelo, e quindi volevano attenersi alle prescrizioni della Legge che il Signore aveva imposto a chi non serviva alla giustizia, ma al peccato. In altre parole, Dio aveva dato una legge giusta a uomini ingiusti. Essa metteva in evidenza i loro peccati, ma non li cancellava. Noi sappiamo infatti che solo la grazia della fede, operando attraverso la carità, toglie i peccati. Invece i convertiti dal giudaismo pretendevano di porre sotto il peso della Legge i Galati, che si trovavano già nel regime della grazia, e affermavano che ai Galati il Vangelo non sarebbe valso a nulla se non si facevano circoncidere e non si sottoponevano a tutte le prescrizioni formalistiche del rito giudaico…

 

     Si rivolge a coloro che erano già stati turbati dal prestigio dei giudaizzanti che li costringevano all'osservanza della Legge. Essi avevano incominciato a credere a costoro, come se l'apostolo Paolo avesse predicato menzogne, invitandoli a non circoncidersi. Perciò così incomincia: «Mi meraviglio che così in fretta da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo passiate ad un altro Vangelo» (Gal 1, 6).

 

     Con questo esordio ha voluto fare un riferimento discreto alla controversia. Così nello stesso saluto, proclamandosi apostolo, «non da parte di uomini, né per mezzo di uomo» (Gal 1, 1)… mostra abbastanza chiaramente che quei banditori di idee false non venivano da Dio ma dagli uomini. Non bisognava trattare lui come inferiore agli altri apostoli per quanto riguardava la testimonianza evangelica. Egli sapeva di essere apostolo non da parte di uomini, né per mezzo di uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre (cfr. Gal 1, 1).

 

XIA settimana T.O. - U.R. Domenica

Omelia sul cimitero e sulla croce

 

 

La liberazione dei prigionieri

 di San Giovanni Crisostomo quarto secolo

  

 

         In quel giorno Cristo è entrato da conquistatore negli abissi degli inferi. In quel giorno « ha spezzato le porte di bronzo, ha rotto le spranghe di ferro », come dice Isaia (Is 45, 2). Notate queste espressioni. Non dice che « ha aperto » le porte di bronzo, né che le ha tolte, ma che le ha « spezzate », per fare capire che non c’è più nessun carcere, per dire che Gesù ha annientato questo soggiorno dei prigionieri. Queste porte, spezzate da Cristo, chi potrebbe ristabilirle ? Queste spranghe, che lui ha infranto, chi potrebbe rimetterle ?

 

         Quando i principi della terra rilasciano dei prigionieri mandando lettere di grazia, mantengono le porte e le guardie, per mostrare a coloro che escono, che possono ancora entrarvi, loro o altri. Cristo non agisce così. Spezzando le porte di bronzo, manifesta che non c’è più né prigionia, né morte.

 

         Perché delle porte « di bronzo » ? Perché la morte era spietata, inflessibile, dura come il diamante. Mai, per tutti i secoli prima di Gesù Cristo, nessuno dei suoi prigionieri aveva potuto sfuggirla, fino al giorno in cui il Sovrano del cielo scese nell’abisso per strapparle le sue vittime.

 

XIA settimana T.O. - VESPRI Domenica

Omelie anonime sulla peccatrice, 1, 4.5.19.26.28

 

 

Le sono perdonati i suoi molti peccati

 da un autore siriaco anonimo del sesto secolo

 

 

          L’amore di Dio, uscito in cerca dei peccatori, ci viene proclamato da una donna peccatrice. Perché chiamando lei, Cristo chiamava all’amore la nostra razza tutta intera ; e nella sua persona, attirava al suo perdono tutti i peccatori. Parlava a lei, ma invitava alla sua grazia la creazione tutta intera…

 

         Chi non potrebbe essere raggiunto dalla misericordia di Cristo, se lui, per salvare una peccatrice, accettò l’invito di un fariseo ? A causa di quella donna affamata di perdono, vuole in prima persona avere fame della mensa di Simone il fariseo, mentre sotto le apparenze di una mensa di pane, aveva preparato, per la peccatrice, la mensa del pentimento… Affinché tu possa partecipare alla stessa mensa, divieni consapevole che il tuo peccato è grande ; però disperare del perdono perché il tuo peccato ti sembra troppo grande, è bestemmiare contro Dio e fa torto a te stesso. Perché se Dio ha promesso di perdonare i tuoi peccati per quanto numerosi fossero, gli dirai forse che non puoi crederlo dichiarandogli : « Il mio peccato è troppo grande perché tu lo perdoni. Non puoi guarirmi dalle mie malattie » ? Smettila e grida con il profeta : « Ho peccato contro di te, Signore » (2 Sam 12, 13). Subito ti risponderà : « Io ho perdonato il tuo peccato ; tu non morirai ». A lui sia la gloria, da noi tutti per i secoli. Amen.

 

XIA settimana T.O. - LODI martedì

Omelie sul vangelo di Matteo, 5, 1.3-4 : CCL 9, 405-407

(In l'Ora dell'Ascolto p. 2442)

 

 

Risplenda la vostra luce davanti agli uomini

di San Cromazio di Aquileia nel terzo secolo

 

 

         Il Signore ha chiamato i suoi discepoli « sale della terra », perché hanno dato sapore, per mezzo della sapienza celeste, ai cuori degli uomini resi insipidi dal diavolo. Ora li chiama anche « luce del mondo » perché illuminati da lui stesso che è la luce vera ed eterna, son diventati, a loro volta, luce che splende nelle tenebre (Gv 1,5). Egli è « il sole di giustizia » (Mal 4,2). Molto giustamente quindi chiama « luce del mondo » anche i suoi discepoli, in quanto, per mezzo loro, come attraverso raggi splendenti, ha illuminato tutta la terra con la luce della sua verità. Diffondendo la luce della verità, essi hanno tolto le tenebre dell’errore dai cuori degli uomini.

 

         Anche noi siamo stati illuminati per mezzo loro, così da trasformarci da tenebre in luce, come dice l’Apostolo : « Se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore : comportatevi come figli della luce » (Ef 5,8). E ancora : « Voi non siete figli della notte e delle tenebre, ma figli della luce e del giorno » (1 Tes 5,5). Ben a ragione quindi anche san Giovanni ha lasciato scritto nella sua lettera : « Dio è luce » e chi rimane in Dio si trova nella luce (1 Gv 1,5-7). Poiché dunque ci rallegriamo di essere stati liberati dalle tenebre dell’errore, è logico che quali figli della luce dobbiamo camminare sempre in essa.

 

XIA settimana T.O. - VESPRI martedì

Discorsi,  289, 6 ; PL 38, 1311-1312

 

 

La luce di Cristo sopra il lucerniere

 di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

         Fratelli, gli apostoli sono le lucerne che ci permettono di aspettare il giorno di Cristo. Il Signore dichiara loro : « Voi siete la luce del mondo ». E perché non possano credere che sono una luce simile a quella di cui è detto : « Egli è la luce vera, quella che illumina ogni uomo » (Gv 1, 9), insegna loro subito quale è la vera luce. Dopo aver annunciato loro : « Voi siete la luce del mondo », continua : « Non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio ». Io vi ho chiamato luce, dice, ma preciso : siete solo una lucerna. Non lasciatevi prendere dai sussulti dell’orgoglio, se non volete che si spenga questa scintilla. Non vi metto sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché illuminiate tutto con i vostri raggi.

         Quale è questo lucerniere che porta questa luce ? Sto per insegnarvelo. Siate, voi stessi, delle lucerne, e avrete un posto sopra questo lucerniere. La croce di Cristo è un immenso lucerniere. Chi vuole essere raggiante non deve vergognarsi di questo lucerniere di legno. Ascolta e capirai : il lucerniere è la croce di Cristo.

         « Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria ». Rendano gloria a chi ? Non a te, perché cercare la tua gloria è volere spegnerti ! « Rendano gloria a vostro Padre che è nei cieli ». Sì, glorifichino lui, il Padre dei cieli, vedendo le vostre opere buone… Ascolta l’apostolo Paolo : « Quanto a me non sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo » (Gal 6, 14).

 

XIA settimana T.O. - LODI mercoledì

Tract. in Marc, 9, 1-7

 

 

Cristo, compimento della Legge e dei profeti

 di San Girolamo nel quarto secolo

 

 

         Quando leggo il Vangelo e incontro in esso testimonianze tratte  dalla Legge o dei profeti, considero solo Cristo. Se ho visto Mosè, se ho visto i profeti, era solo per capire ciò che essi dicono riguardo a Cristo. Quando, un giorno, sarò entrato nello splendore di Cristo, e la sua luce, abbagliante quanto il sole, splenderà ai miei occhi, non potrò più vedere la luce di una lampada. Se una lampada viene accesa in pieno giorno, forse essa farà luce ? Quando sorge il sole, la luce della lampada svanisce. Così quando si gode della presenza di Cristo, la Legge e i profeti scompaiono. Non voglio togliere nulla alla gloria della Legge e dei profeti ; al contrario, li lodo di essere stati annunciatori di Cristo. Infatti quando leggo la Legge e i profeti, il mio scopo non è di fermarmi alla Legge e ai profeti, ma piuttosto, per mezzo della Legge e dei profeti, di giungere a Cristo.

 

XIA settimana T.O. - VESPRI mercoledì

Omelie sul vangelo di Matteo, n° 16

 

 

 

Non sono venuto ad abolire la Legge e i Profeti, ma per dare compimento

 San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         Volete sapere come, lungi da distruggere la Legge e i profeti, Gesù Cristo viene piuttosto a confermali ? Per prima cosa, riguardo ai profeti, egli conferma con le sue opere ciò che loro avevano annunciato. Per cui incontriamo spessissimo nel vangelo di Matteo questa espressione : « Affinché questa parola del profeta si adempisse »…

         Riguardo alla Legge, egli le ha dato compimento in tre modi. In primo luogo, non tralasciando nessuna delle prescrizioni legali. Dichiara infatti a Giovanni Battista : « Conviene che così adempiamo ogni giustizia » (Mt 3,15) ; e ai Giudei diceva : « Chi di voi può convincermi di peccato ? » (Gv 8,46)…

         In secondo luogo, dà compimento alla Legge volendo sottomettersi ad essa per la nostra salvezza. O prodigio ! Sottomettendosi ad essa, ci ha comunicato la grazia di adempirla a nostra volta. San Paolo ce l’insegna con queste parole : « Il termine della Legge è Cristo, perché sia data la giustizia a chiunque crede » (Rm 10,4). Dice anche che il Salvatore ha condannato il peccato nella carne « perché la giustizia della Legge si adempisse in noi, che non camminiamo secondo la carne » (Rm 8,4). Dice ancora : « Togliamo dunque ogni valore alla Legge mediante la fede ? Nient’affatto, anzi confermiamo la Legge » (Rm 3,31). Infatti la Legge tendeva a rendere l’uomo giusto, ma non ne aveva la forza. Allora è venuto Cristo, il termine della Legge, e ci ha mostrato la strada che conduce alla giustizia, cioè la fede. Così, ha compiuto le intenzioni delle Legge. La lettera della Legge non poteva giustificare il peccatore ; la fede in Gesù Cristo lo giustificherà. Ecco perché egli può dire : « Non sono venuto ad abolire la Legge ».

         Prestandovi finemente attenzione, scorgiamo un terzo modo nel quale la Legge viene adempiuta da Cristo. Qual’è questo modo ? Consiste nei precetti stessi che Cristo avrebbe dato : lungi dal rovesciare quelli di Mosè, ne sono la giusta conseguenza e il complemento naturale.

 

XIA settimana T.O. - LODI giovedì

Sulla preghiera, 8-9 ; PG 11, 442-443

(In l'Ora dell'Ascolto p. 1931/1936)

 

 

Va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello

 di Origene nel terzo secolo

 

 

         Nessuno potrà ottenere qualsiasi cosa nella preghiera, se non pregherà con buone disposizioni e con una fede retta… Non bisogna parlare molto… e neanche mettersi in preghiera adirati e con l’animo sconvolto. Ma non si può capire come ci si possa dedicare all’orazione senza la purezza del cuore, né è possibile che chi prega ottenga la remissione dei suoi peccati, se prima non ha perdonato di cuore al fratello che gli chiede scusa per il torto che gli ha arrecato…

 

         Prima di tutto sarà della massima utilità se colui che si dedica alla preghiera, per questo stesso fatto si mette di fronte a Dio e parla con lui con la consapevolezza che egli è presente e lo guarda. Sappiamo che certe immagini delle cose rievocate nella memoria turbano i pensieri che ne nascono quando la mente vi riflette. È da credere invece che sia molto utile il ricordo di Dio presente, che scorge tutti i moti dell’anima, anche i più riposti, mentre questa si dispone a piacergli, considerando colui che esamina i cuori e scruta le reni (Sal 7,10), in atto di penetrare ogni spirito…

 

         Bisogna che chi prega alzi al cielo mani pure, perdonando tutte le ingiurie ricevute e allontanando dal suo animo ogni passione in modo da non essere adirato con alcuno… E chi dubiterà che questo stato d’animo sia il migliore, dato che lo insegna san Paolo nella prima lettera a Timoteo quando dice : « Voglio che gli uomini preghino, dovunque si trovino, alzando al cielo mani pure senza ira e senza contese » (1 Tm 2,8) ?

 

XIA settimana T.O. - VESPRI giovedì

Omelie sulla prima lettera ai Corinzi, n° 27

 

 

La Chiesa unico Corpo di Cristo

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         La Chiesa non esiste perché rimaniamo divisi pur radunandoci, bensì perché le nostre divisioni vi siano spente; è questo il senso dell’assemblea. Se veniamo per l’eucaristia, non facciamo nulla che contraddica l’eucaristia, non causiamo dispiacere al nostro fratello. Poiché venite per rendere grazie per i benefici ricevuti, non separatevi dal vostro prossimo.

 

         A tutti senza distinzione, Cristo offre il suo corpo dicendo: “Prendete e mangiatene tutti”. Perché dunque non ammetti tutti alla tua mensa? ... Fai memoria di Cristo e disprezzi il povero?... Prendi parte a quella divina cena; devi essere il più compassionevole degli uomini. Hai bevuto il sangue del Signore e non riconosci il tuo fratello?

      

       Anche se fin’ora non l’avessi riconosciuto, a quella tavola devi riconoscerlo. Ci occorre essere tutti nella Chiesa come in una casa comune: formiamo un unico Corpo. Abbiamo un solo battesimo, una sola mensa, una sola sorgente, e anche un solo Padre (cfr Ef 4,5 ; 1Cor 10,17).

 

XIA settimana T.O. - LODI venerdì

Su Nabaoth, 58

Mt 6,19-23

 

 

Accumulatevi tesori in cielo

 di Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

  

         Tu che seppellisci il tuo oro sottoterra (Mt 25,25), sei il suo servo e non il suo padrone : « Là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore ». In quest’oro, hai quindi sepolto il tuo cuore. Vendi piuttosto il tuo oro e compra la salvezza ; vendi il minerale e acquista il Regno di Dio, vendi il campo e riscatta per te la vita eterna.

 

         Dico questo in verità, poiché mi baso sulla parola stessa di colui che è la Verità : « Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo » (Mt 19,21). Non rattristarti all’udire queste parole, per paura che ti sia detto come al giovane ricco : « Difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli » (Mt 19,23). Anzi, mentre leggi questa frase, considera che la morte può strapparti questi beni, che la violenza di un potente può rapirteli. Alla fin fine, avrai mirato solo a dei beni minuscoli in luogo di grandi ricchezze ; questi sono soltanto tesori di moneta invece di essere tesori di grazia. Per questo stesso fatto, sono corruttibili invece di rimanere per sempre.

 

XIA settimana T.O. - VESPRI venerdì

Omelia sulla carità : PG 31, 266 - 267; 275

Mt 6,19-23

 

 

Non accumulatevi tesori sulla terra

 di San Basilio Magno nel quarto secolo

 

 

Perché tormentarti e fare tanti sforzi per mettere la tua ricchezza al riparo dietro la malta e i mattoni ? « Un buon nome vale più di grandi ricchezze » (Pr 22 ,1). Ami il denaro per la considerazione che esso ti procura. Pensa quanto più grande sarà la tua fama se ti si può chiamare il padre, il protettore di migliaia di figli, piuttosto che tenere nelle tue borse migliaia di monete d’oro. Che tu lo voglia o no, dovrai ben lasciare qui il tuo denaro, un giorno. Invece, la gloria di tutto il bene che avrai fatto, la porterai con te fino davanti al sovrano Maestro, quando tutto un popolo, accalcandosi per difenderti presso il giudice comune, ti chiamerà per nomi che diranno che l’hai nutrito, che l’hai assistito, che sei stato buono.

         Quanto dovresti essere grato, felice e fiero dell’onore che ti viene fatto. Non sarai tu a dover importunare gli altri alla loro porta. Saranno loro ad accalcarsi alla tua. Però a questo punto, si rabbuia il tuo viso, diventi inabbordabile, fuggi gli incontri per paura di dovere lasciare un po’ di quello che tieni così gelosamente. Non sai dire altro che : « non ho niente, non vi darò niente, perché sono povero ». Povero lo sei, in realtà, e povero di ogni bene : povero di amore, povero di bontà, povero di fiducia in Dio, povero di speranza eterna.

 

XIA settimana T.O. - LODI sabato

Omelia sul Vangelo di San Matteo, 1 ; PG 57, 294-296

Mt 6,24-34

 

 

 Non potete servire a Dio e a Mammona

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

  

         Vedete quali vantaggi Gesù Cristo ci promette e quanto i suoi precetti ci sono utili, poiché ci liberano da mali così grandi. Il male che vi causano le ricchezze, dice, non è soltanto fornire arme ai ladri contro di voi e riempire la vostra mente di spesse tenebre. La grande piaga che fanno è staccarvi dalla beata servitù di Gesù Cristo per rendervi schiavi di un metallo insensibile e inanimato.

 

         « Non potete servire a Dio e al Denaro ». Tremiamo, fratelli, al pensiero che costringiamo Gesù Cristo a parlarci del denaro come di una divinità opposta a Dio ! Però, direte voi, gli antichi patriarchi non hanno forse trovato il modo di servire insieme a Dio e al denaro ? Niente affatto. Ma come Abramo, come Giobbe hanno emanato tanto splendore per la loro magnificenza ? Vi rispondo che non bisogna considerare qui coloro che hanno posseduto ricchezze, bensì coloro che sono stati posseduti da esse. Giobbe era ricco ; si serviva del denaro, però non serviva al denaro, ne era il padrone e non l’adoratore. Considerava il suo bene, come se fosse stato altro, si riteneva come suo dispensatore e non come suo proprietario. Ecco perché non si afflisse  quando lo perse.

 

XIA settimana T.O. - PRIMI VESPRI SABATO

 

Catechesi 21, 1-3

  

 

Battezzati in Cristo

di San Cirillo di Gerusalemme nel quarto secolo

 

 

         Fratelli, battezzati in Cristo, rivestiti di Cristo (Gal 3, 27), siete stati configurati al Figlio di Dio. Infatti, Dio, che ci ha predestinati all’adozione (Rm 8, 29), ci ha plasmati (Gen 2, 7) sul modello del corpo glorioso di Cristo… Siete divenuti dei « cristi » poiché siete stati segnati con lo Spirito Santo. Tutto quello che vi è successo è immagine di quello che è successo a Cristo, del quale siete l’immagine (Gen 1, 27).

 

         Quando, dopo esser stato immerso nelle acque del Giordano, … Cristo ne è uscito, lo Spirito Santo in persona è sceso su di lui. Così, anche voi, usciti dal fonte battesimale, avete ricevuto la cresima ; anche voi siete stati unti con il sacro crisma. Questo segno con il quale Cristo stesso è stato unto è lo Spirito Santo… Infatti, Cristo non è stato cresimato, né è stato unto dagli uomini. Il Padre in persona lo ha stabilito Salvatore di tutto l’universo e unto con lo Spirito Santo, come ha proclamato il profeta Davide : « Dio, il tuo Dio ti ha consacrato con olio di letizia, a preferenza dei tuoi eguali » (Sal 44, 8).

 

         Come Cristo che è stato veramente crocifisso, sepolto e risuscitato, anche a voi, mediante il battesimo, è stato concesso di partecipare simbolicamente alla sua croce, al suo sepolcro e alla sua risurrezione. Ed è lo stesso per la cresima : Come Cristo è stato unto con olio di letizia dallo spirito Santo…, perché esso è fonte di gioia spirituale, anche voi siete stati unti con un olio santo, dal quale siete stati resi partecipi e compagni di Cristo. Siete stati dapprima unti sulla fronte per essere liberati dall’onta del primo Adamo e poter contemplare, a viso scoperto, come in uno specchio (2 Cor 3, 18), la gloria di Cristo.

 

XIIA settimana T.O. - U.R. Domenica

Omelie sui vangeli, 26, 2-6

 

  

 Andate a dire ai suoi discepoli : ‘È risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea 

 di San Gregorio Magno nel sesto secolo

 

 

         Apposta è detto : « Vi precede in Galilea ; là lo vedrete, come vi ha detto ». Galilea significa « fine della schiavitù ». Il Redentore era già passato dalla passione alla risurrezione, dalla morte alla vita, dal castigo alla gloria, dalla corruzione all’incorruttibilità. Ma se i discepoli, dopo la risurrezione, lo vedono prima in Galilea, è perché, dopo, noi contemplassimo nella gioia, la gloria della sua risurrezione soltanto dopo aver lasciato i nostri vizi per i vertici della virtù. C’è da fare uno spostamento : se l’annuncio è fatto al sepolcro, Cristo si mostra altrove…

 

         Ci sono due vite; ne conoscevamo una, ma non l’altra. C’era una vita mortale e una vita immortale, una corruttibile e l’altra incorruttibile, una di morte e l’altra di risurrezione. Allora venne il Mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Gesù Cristo (1 Tm 2, 5), che prese su di sé la prima vita e ci rivelò l’altra, che perse la prima morendo, e ci rivelò l’altra risuscitando. Se avesse promesso, a noi che conoscevamo la vita mortale, una risurrezione della carne senza darcene una prova tangibile, chi avrebbe potuto prestare fede alle sue promesse ?

 

XIIA settimana T.O. - VESPRI Domenica

 

 

Catechesi 13, 1-4 : PG 33, 771-778

(in l’Ora dell’Ascolto p. 1110 alt.)

Lc 9,18-24

 

 La via della salvezza

 di San Cirillo di Gerusalemme nel quarto secolo

 

 

         Non dobbiamo vergognarci della croce del Salvatore, ma anzi gloriarcene. Perché se è vero che la parola della croce è « scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani » (1 Cor 1, 18.23), per noi è fonte di salvezza. Se per quelli che vanno in perdizione è stoltezza, per noi che siamo stati salvati è fortezza di Dio. Infatti, non era un semplice uomo chi diede la vita per noi, bensì il Figlio di Dio, Dio fatto uomo. Se una volta quell’agnello, immolato secondo la prescrizione di Mosè, teneva lontano l’angelo sterminatore, non dovrebbe avere maggior efficacia per liberaci dai peccati « l’Agnello che toglie il peccato del mondo » (Gv 1, 29) ?

 

         Sì, Gesù ha veramente sofferto per tutti gli uomini. La croce non era un simulacro. Altrimenti anche la redenzione sarebbe stata un simulacro. La morte non era un’illusione. La Passione fu reale. Cristo è stato veramente crocifisso ; non dobbiamo vergognarcene. È stato crocifisso ; non dobbiamo negarlo. Anzi, lo dico con fierezza… Riconosco la croce perché ho conosciuto la risurrezione. Se il crocifisso fosse rimasto nella morte, forse non avrei riconosciuto la croce e l’avrei nascosta, come pure avrei nascosto il mio Maestro. Invece la risurrezione ha fatto seguito alla croce, e non mi vergogno di parlare di essa.

 

XIIA settimana T.O. - LODI martedì

Dai «Discorsi», papa

(Disc. per il Natale del Signore, 7, 2. 6; PL 54, 217-218. 220-221)

 

 

Conosci la dignità della tua natura

di san Leone Magno nel quinto secolo

 

 

Nostro Signore Gesù Cristo, nascendo vero uomo, senza cessare mai di essere vero Dio, diede inizio, in se stesso, ad una nuova creazione e, con questa nascita, comunicò al genere umano un principio spirituale. Quale mente potrebbe comprendere questo mistero, o quale lingua potrebbe esprimere questa grazia? L'umanità peccatrice ritrova l'innocenza, l'umanità invecchiata nel male riacquista una nuova vita; gli estranei ricevono l'adozione e degli stranieri entrano in possesso dell'eredità.

 

Dèstati, o uomo, e riconosci la dignità della tua natura! Ricordati che sei stato creato ad immagine di Dio; che, se questa somiglianza si è deformata in Adamo, è stata tuttavia restaurata in Cristo. Delle creature visibili serviti in modo conveniente, come ti servi della terra, del mare, del cielo, dell'aria, delle sorgenti, dei fiumi. Quanto di bello e di meraviglioso trovi in essi, indirizzato a lode e a gloria del Creatore.

 

Con il senso corporeo della vista accogli pure la luce materiale, ma insieme abbraccia, con tutto l'ardore del tuo cuore, quella vera luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (cfr. Gv 1, 9). Di questa luce il profeta dice: «Guardate a lui e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti» (Sal 33, 6). Se noi infatti siamo tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in noi, vale molto più quello che ciascun fedele porta nel suo cuore, di quanto può ammirare nel cielo.

 

Non vogliamo con questo, o carissimi, incitarvi o persuadervi a disprezzare le opere di Dio, o a vedere qualcosa di contrario alla vostra fede nelle cose che il Dio della bontà ha creato buone, ma vogliamo solo esortarvi, perché sappiate servirvi di ogni creatura e di tutta la bellezza di questo mondo in modo saggio ed equilibrato. Difatti, come dice l'Apostolo: «Le cose visibili son d'un momento, quelle invisibili sono eterne» (2 Cor 4, 18).

Quindi, poiché siamo nati per la vita presente, ma poi siamo rinati per quella futura, non dobbiamo essere tutti dediti ai beni temporali, ma tendere ai beni eterni. Per poter anzi contemplare più da vicino ciò che speriamo, riflettiamo a quanto la grazia divina ha conferito alla nostra natura.

 

XIIA settimana T.O. - VESPRI martedì

 

 

 

Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita

 di Papa Giovanni Paolo II

 

 

         Sono venuto ad incoraggiarvi sulla via del Vangelo, una via certo stretta, eppure la via regale, sicura, provata da generazioni di cristiani, insegnata dai santi… È la via sulla quale, come voi, i vostri fratelli nella Chiesa universale si sforzano di camminare. Questa via non passa dalla rassegnazione, dalle rinunce o dagli abbandoni. Non si rassegna all’insulsaggine del senso morale, ed auspicherebbe che la legge civile stessa aiutasse ad innalzare l’uomo. Non cerca di sottrarsi, di rimanere inosservata ; richiede invece l’audacia gioiosa degli apostoli. Bandisce quindi la pusillanimità, pur mostrandosi perfettamente rispettosa verso coloro che non condividono lo stesso ideale.

 

         « Riconosci, o cristiano, la tua dignità ! » diceva il grande papa San Leone. Ed io, suo indegno successore, dico a voi, fratelli miei e sorelle mie : Riconoscete la vostra dignità ! Siate fieri della vostra fede, del dono dello Spirito che il Padre vi ha fatto. Vengo da voi come un povero, con l’unica ricchezza della fede, pellegrino del Vangelo. Date alla Chiesa e al mondo l’esempio della vostra fedeltà senza difetto e del vostro zelo missionario. La mia visita da voi vuole essere… una chiamata ad uno slancio nuovo di fronte alle responsabilità numerose che si offrono a voi.

 

XIIA settimana T.O. - LODI mercoledì

 

Libro di Vita di Gerusalemme

 

capitolo "Castità" paragrafo 84

XIIA settimana T.O. -  VESPRI mercoledì

Sul Discorso dalla montagna, 24, 81-82

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

 

Dai loro frutti li riconoscerete

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

 

L’Apostolo insegna quali sono i frutti, riconosciuti i quali, riconosciamo l’albero cattivo: « Son ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, eresie, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le commette non erediterà il regno di Dio ». Ed egli di seguito insegna quali sono i frutti, dai quali possiamo riconoscere l’albero buono: « Frutto dello spirito è invece amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé » (Gal 5,19-23).

 

         È opportuno riflettere che nel brano gioia è stata usata in senso proprio, poiché non si può dire con proprietà che i cattivi gioiscono ma che sono ebbri di gioia… Secondo questa proprietà, per cui la gioia si dice soltanto dei buoni, anche il profeta afferma: « Non c’è gioia per i malvagi, dice il Signore » (Is 48,22). Così la fede, di cui si è parlato, certamente non una fede qualunque ma la vera fede, e gli altri concetti, di cui si è parlato, hanno una certa apparenza negli uomini cattivi e impostori, sicché ingannano se l’altro non ha ormai l’occhio puro e sincero, con cui è consapevole di questi fatti.

 

       Nell’enumerazione dei frutti dello Spirito, il termine  gioia è stato usato in senso forte : solo i giusti possono godere di questa gioia. Invece quella che rallegra l’empio non è nient’altro che un’agitazione della mente.

 

XIIA settimana T.O. - LODI giovedì

Discorso 179, 8-9 ; PL 38, 970-971 (Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

 

 

Ascoltare e mettere in pratica

 di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

Non ingannate voi stessi, fratelli miei, che pure siete venuti con desiderio ad ascoltare la parola ; se non mettete in pratica ciò che avete ascoltato, smentite voi stessi. Considerate che, se è attraente l'ascoltare, quanto più il realizzare. Se non ascolti, se trascuri di ascoltare, non edifichi nulla. Se ascolti e non metti in pratica, metti mano ad una rovina… Ascoltare e mettere in pratica equivale ad edificare sulla roccia. L'ascolto stesso è appunto un edificare.

 

« Chi invece – dice il Signore - ascolta queste mie parole e non le mette in pratica lo rassomiglierò ad un uomo stolto che edifica ». Anche costui edifica. Che cosa edifica? Questo: Edifica la propria casa; ma per il fatto che non mette in pratica ciò che ascolta, pur ascoltando edifica sulla sabbia. 

 

« Quale necessità ho di ascoltare ciò che non intendo fare ? dice allora qualcuno. Ascoltando infatti e non mettendo in pratica, io metterò mano ad una rovina. Non è più sicuro non ascoltare affatto ? » In realtà, nella similitudine da lui proposta, il Signore non volle toccare questo caso, ma lo diede ad intendere. Infatti, in questa vita non hanno tregua la pioggia, i venti, i fiumi. Non edifichi sulla roccia, per non farti precipitare, se vi si abbattono ? Non edifichi sulla sabbia nell'intento che, venendo, non mandino in rovina la casa ? In conseguenza, resterai così, senza il riparo di alcun tetto se nulla ascolti…

 

Considera dunque quale parte vai a scegliere. Non ascoltando, non sarai sicuro, come credi; privo di ogni riparo è di necessità che tu sia sepolto, asportato, sommerso.

 

XIIA settimana T.O. - VESPRI giovedì

 

 

 

Lo Spirito Santo plasma la Chiesa

 di San Ireneo di Lione nel secondo secolo

 

 

 

Il Signore concedendo ai discepoli il potere di far nascere gli uomini in Dio, diceva loro: «Andate, ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28, 19).

E' questo lo Spirito che, per mezzo dei profeti, il Signore promise di effondere negli ultimi tempi sui suoi servi e sulle sue serve, perché ricevessero il dono della profezia. Perciò il Signore promise di mandare lui stesso il Paraclito per renderci graditi a Dio. Infatti come la farina non si amalgama in un'unica massa pastosa, né diventa un unico pane senza l'acqua, così neppure noi, moltitudine disunita, potevamo diventare un'unica Chiesa in Cristo Gesù senza l'«Acqua» che scende dal cielo. E come la terra arida se non riceve l'acqua non può dare frutti, così anche noi, semplice e nudo legno secco, non avremmo mai portato frutto di vita senza la «Pioggia» mandata liberamente dall'alto.

Il lavacro battesimale con l'azione dello Spirito Santo ci ha unificati tutti nell'anima e nel corpo in quell'unità che preserva dalla morte.

Lo Spirito di Dio discese sopra il Signore come Spirito di sapienza e di intelligenza, Spirito di consiglio e di fortezza, Spirito di scienza e di pietà, Spirito del timore di Dio (cfr. Is 11, 2).

Il Signore poi a sua volta diede questo Spirito alla Chiesa, mandando dal cielo il Paraclito su tutta la terra, da dove, come disse egli stesso, il diavolo fu cacciato come folgore cadente (cfr. Lc 10, 18). Perciò è necessaria a noi la rugiada di Dio, perché non abbiamo a bruciare e a diventare infruttuosi e, là dove troviamo l'accusatore, possiamo avere anche l'avvocato.

 

XIIA settimana T.O. - LODI venerdì

Discorsi 82/69 per la festa degli apostoli Pietro e Paolo ; SC 200, 53

(In l' Ora dell'Ascolto p. 2462)  

 

 

Quando sarai vecchio…, un altro ti porterà dove tu non vuoi

 di San Leone Magno nel quinto secolo

 

         In questa città di Roma, o beato Pietro, tu non temi di venire!... Non temi Roma, maestra del mondo, tu che nella casa di Caifa hai avuto paura davanti alla serva del sommo sacerdote. La potenza degli imperatori Claudio e Nerone era forse minore del giudizio di Pilato o del furore dei giudei? Poiché la forza dell’amore superava in te i motivi della paura, non temevi coloro che la tua missione ti chiamava ad amare. Avevi già ricevuto questa carità intrepida quando l’amore che avevi confessato per il Signore era stato rafforzato dalla sua triplice domanda (Gv 21,15)...

 

         È vero che a infonderti forza e fiducia concorrevano tanti miracoli, carismi e prerogative di cui eri dotato... Così, senza dubitare del felice successo dell’opera e consapevole dei limiti della tua età, portavi il vessillo glorioso della croce nella roccaforte dell’impero romano. In questo tuo ingresso ti precedeva per divina disposizione sia l’onore del potere, che la gloria della tua futura passione.

 

In questa città ti venne incontro Paolo, tuo compagno di apostolato e vaso di elezione (At 9,19), dottore destinato in modo speciale ai pagani (1 Tm 2,7). E questi si associò a te proprio in quel tempo in cui qualsiasi vestigio di onestà, di rispetto, di libertà andava scomparendo sotto la tirannia di Nerone. Il furore di costui, consumato dal fuoco di tutti i vizi, lo trascinò a tal punto di follia, che fu il primo a perseguitare atrocemente dovunque il nome cristiano, credendo stoltamente che la grazia di Dio potesse essere soffocata con l’uccisione dei fedeli... Ma “preziosa agli occhi del Signore è la morte dei suoi fedeli” (Sal 115,15) e da nessuna forza di crudeltà potrebbe mai essere distrutta la religione fondata sul mistero della croce di Cristo. La Chiesa non viene diminuita dalle persecuzioni: si accresce anzi e il campo del Signore si riveste di messe sempre più abbondante, poiché i chicchi di frumento, mentre cadono in terra, a uno a uno, rinascono moltiplicati. Migliaia di santi martiri imitano il trionfo di questi due apostoli... hanno coronato questa città di un diadema unico tempestato di innumerevoli pietre preziose.

 

XIIA settimana T.O. - VESPRI venerdì

Primo discorso per la festa di san Pietro e san Paolo, 1, 3, 5

 

 

 

Io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede ; e tu una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli

 di San Bernardo nel dodicesimo secolo

 

 

         Cristo mediatore « non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca » (1 Pt 2, 22). Come oserei avvicinarmi a lui, io che sono peccatore, anzi grande peccatore, i cui peccati sono più numerosi della sabbia del mare ? Egli è estremamente puro, e io estremamente impuro… Per questo Dio mi ha dato questi apostoli, che sono uomini e peccatori, anzi grandi peccatori, che hanno imparato dalla loro personale esperienza quanto dovevano essere misericordiosi nei confronti degli altri. Colpevoli di grandi colpe, concederanno alle grandi colpe un perdono facile e con la misura con la quale è stato misurato per loro, misureranno per noi.

 

         L’apostolo Pietro ha commesso un grande peccato, anzi forse non ce n’è di più grande. Ha ricevuto per questo un perdono, così pronto e facile, tanto da non aver perso nulla del privilegio del suo primato. E Paolo che aveva scatenato una persecuzione senza limite contro la Chiesa appena nata è condotto alla fede dalla chiamata del Figlio di Dio in persona ; e in cambio di tanti mali viene colmato di beni così grandi da divenire « lo strumento eletto per portare il nome del Signore dinanzi ai popoli, ai re e ai figli di Israele » (At 9, 15)…

 

         Pietro e Paolo sono i nostri maestri : hanno pienamente imparato dal solo Maestro di tutti gli uomini i sentieri della vita, e ci ammaestrano ancora oggi.

 

XIIA settimana T.O. - LODI sabato

Omelie sul vangelo di Matteo, 27,1

 

 

Guarì molti malati

 San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         « Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la sua parola e guarì tutti i malati ». Vedi come la fede della folla si accresce a poco a poco ? Nonostante l’ora avanzata, non hanno voluto lasciare il Signore, hanno pensato che la sera permetteva loro di portargli dei malati. Pensi a tutte le guarigioni che gli evangelisti tralasciano ; non le raccontano tutte una a una, ma in una sola frase, ci fanno vedere un oceano infinito di miracoli. E affinché la grandezza del prodigio non ci porti all’incredulità, affinché non siamo sconcertati al pensiero che tale folla colpita da mali così diversi sia guarita in un istante, il vangelo porta la testimonianza del profeta, tanto straordinaria e sorprendente quanto i fatti stessi : « Perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia : Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie » (Is 53,4). Non dice : « Egli ha distrutto », ma : « Egli ha preso » e « si è addossato », dimostrando così, secondo me, che il profeta parla più del peccato che delle malattie del corpo, ciò che è conforme alla parola di Giovanni : « Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo » (Gv 1,29).

 

XIIA settimana T.O. - PRIMI VESPRI sabato

Dal trattato «Su lo Spirito Santo»

(Cap. 9, 22-23; PG 32, 107-110)

 

 

Le operazioni dello Spirito Santo

di san Basilio Magno nel quarto secolo

 

 

     Lo Spirito Santo… è sorgente di santificazione e luce intelligibile. Offre ad ogni creatura ragionevole se stesso e con se stesso luce e aiuto per la ricerca della verità.

 

     Inaccessibile per natura, può essere percepito per sua bontà. Tutto riempie con la propria forza, ma si rende manifesto solo a quelli che ne sono degni. Ad essi tuttavia egli non si dà in ugual misura, ma si concede in rapporto all'intensità della fede.

 

    Semplice nell'essenza, e molteplice nei poteri, è presente ai singoli nella sua totalità ed è contemporaneamente e tutto dovunque. Egli viene partecipato senza tuttavia subire alcuna alterazione. Di lui tutti sono partecipi, ma egli resta integro, allo stesso modo dei raggi del sole, i cui benefici vengono sentiti da ciascuno come se risplendessero solo per lui e tuttavia illuminano la terra e il mare e si confondono con l'aria…

 

    Per lui i cuori si elevano in alto, i deboli vengono condotti per mano, i forti giungono alla perfezione. Egli risplende su coloro che si sono purificati da ogni bruttura e li rende spirituali per mezzo della comunione che hanno con lui.

 

   E come i corpi molto trasparenti e nitidi al contatto di un raggio diventano anch'essi molto luminosi ed emanano da sé nuovo bagliore, così le anime che hanno in sé lo Spirito e che sono illuminate dallo Spirito diventano anch'esse sante e riflettono la grazia sugli altri…

 

XIIIA settimana T.O. - Ufficio della Risurrezione Domenica

Commento sul Vangelo di Giovanni, 11, 7; PG 74, 497-499

 

 

 

Padre, ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini

 di San Cirillo Alessandrino nel quinto secolo

 

 

         Il Nostro Salvatore afferma di aver glorificato il nome di Dio suo Padre. Cioè di aver reso la sua gloria illustre e sfolgorante su tutta la terra. Come ? Mostrandosi egli stesso suo testimone e suo annunciatore, compiendo opere straordinarie. Infatti, il Padre è glorificato nel Figlio, come in un’immagine e un’impronta della sua forma e della sua figura. Infatti le impronte riflettono sempre la bellezza dei loro archetipi.

         Il Figlio ha fatto conoscere il nome del Padre non soltanto rivelandolo e lasciandoci un insegnamento esatto sulla sua divinità. In fatti, tutto ciò era stato proclamato prima della venuta del Figlio, dalla Scrittura ispirata. Ma è anche insegnandoci che, pure essendo vero Dio, è anche veramente Padre, e è qualificato così in verità, poiché ha in sé e produce fuori di sé suo Figlio, coeterno alla sua natura.

         Il nome di Padre si confà a Dio più propriamente del nome di Dio : questo è un nome di dignità, quello significa una proprietà sostanziale. Infatti dire Dio vale a dire il Signore dell’universo. Pero, chi lo chiama Padre, precisa la proprietà della sua persona. Indica che lui genera. Che il nome di Padre sia più vero e più proprio del nome di Dio, il Figlio stesso ce lo mostra quando lo usa. Diceva infatti non « Io e Dio » ma proprio « Io e il Padre siamo una cosa sola » (Gv 10, 30). E diceva anche « E’ il Figlio. Su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo » (Gv 6, 27).

         E quando ha prescritto ai suoi discepoli di battezzare tutte le nazioni, ha espressamente ordinato di farlo non nel nome di Dio, ma nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

 

XIIIA settimana T.O. - VESPRI Domenica

 

                                                           Lc 9, 57-62

Vita di Sant’Antonio, 19-20

 

 

Seguire Cristo sulla via retta

Di Sant’Atanasio nel quarto secolo

 

 

         Un giorno, tutti i monaci vennero a vedere Antonio e lo pregarono di rivolgere loro la parola. Egli disse: ... Eccoci iniziati, ecco che ci siamo incamminati sulla via della virtù. Ora, camminiamo sempre avanti per giungere alla meta (Fil 3,14). Nessuno si volga indietro come la moglie di Lot (Gen 9,26), perché il Signore ha detto: “Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”. Volgendosi indietro è null’altro che cambiare parola e riprendere gusto nelle cose di questo mondo. Non temete quando sentite parlare di virtù e non stupitevi di questa parola. Infatti la virtù non è lontano da noi: non nasce fuori di noi; è affar nostro, e la cosa è semplice purché lo vogliamo.

 

         I pagani lasciano il proprio paese e attraversano il mare per studiare le lettere. Noi invece non abbiamo bisogno di lasciare il nostro paese per giungere al Regno dei cieli, né di attraversare il mare per acquistare la virtù. Infatti il Signore ha detto: “Il Regno dei cieli è in mezzo a voi” (Lc 17,21). Quindi la virtù non ha bisogno di nulla se non del nostro volere, poiché è in mezzo a noi e nasce dentro di noi. Se conserveremo la parte intelligente della nostra anima conforme alla sua natura, la virtù nascerà. L’anima è nel suo stato naturale quando dimora così come è stata fatta; è stata fatta bellissima e rettissima. Per questo Giosuè, figlio di Nun, esortava il popolo dicendo: “Raddrizzate il vostro cuore davanti il Signore, Dio di Israele” (Gs 24,23).

 

       E Giovanni  Battista : “Raddrizzate i suoi sentieri” (Mt 3,3). L’essere diritta, per l’anima, è custodire la sua intelligenza così come è stata creata. Al contrario, quando devia e si svia dal suo stato naturale, allora si parla di vizio dell’anima. La cosa non è quindi difficile... Se dovessimo cercare la cosa fuori di noi, questa sarebbe davvero difficile. Ma poiché essa è dentro di noi, guardiamoci dai pensieri impuri e custodiamo la nostra anima per il Signore, come se avessimo ricevuto un deposito, affinché egli riconosca la sua opera, trovando la nostra anima tale quale egli l’ha fatta.

 

XIIIA settimana T.O. - LODI martedì

Commento sul vangelo di Giovanni, 12, 22; PG 74, 729-736

(In l'Ora dell'Ascolto p. 647)

 

 

Beati quelli che pur non avendo visto crederanno

 di San Cirillo Alessandrino nel quinto secolo

 

 

         Questa espressione del Salvatore è piena di una singolare provvidenza e ci può essere di massima utilità. Infatti anche in ciò ha provveduto non poco alle nostre anime, perché è buono, e « vuole che tutti gli uomini si salvino e giungano alla coscienza della verità » (1 Tm 2, 4).

 

         Tutto ciò è veramente degno di ammirazione. Per offrire indistintamente a tutti gli uomini la credibilità della fede, era necessario aver pazienza con Tommaso che parlava in quel modo e con gli altri discepoli che ritenevano Cristo uno spirito e un fantasma ; e mostrare i segni dei chiodi e la ferita del costato, e prender cibo in modo inconsueto e senza necessità ; affinché non rimanesse assolutamente nessun motivo di incredulità in coloro che cercavano queste cose per poter credere.

 

         Ma chi invece accoglie ciò che non ha visto e crede vero ciò che il Maestro gli fa giungere alle orecchie, questi onora con grande fede colui che viene predicato. Perciò è detto beato chiunque crederà alla voce dei santi apostoli che, come dice Luca, furono « testimoni dei fatti e ministri della parola » (Lc 1, 2). Ad essi dobbiamo anche obbedire, se bramiamo la vita eterna e stimiamo cosa grande abitare nelle celesti dimore.

 

XIIIA settimana T.O. - VESPRI martedì

 

Mt 8,23-27

Dai “Discorsi”

 

A un comando di Cristo viene la tranquillità

di sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

         Vi parlo, con l’aiuto di Dio, della lettura appena terminata del santo vangelo, per esortavi affinché non dorma la fede nei vostri cuori all’infuriare delle tempeste e dei marosi di questo mondo. Non sembrerebbe certo che Cristo Signore avesse la morte e il sonno in suo potere, se il sonno si impadronì dell’Onnipotente mentre era sulla barca in alto mare. Se credere questo, la fede dorme in voi: ma se in voi veglia Cristo, la vostra fede è desta. L’Apostolo dice : “Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori (Ef 3, 17). Dunque anche il sonno di Cristo è segno di un mistero. I naviganti sono le anime, che passano in questa vita come sopra une barca. Anche quella nave raffigura la Chiesa. Tutti certo sono tempio di Dio; ciascuno poi naviga nel suo cuore, e non naufraga se pensa a cose buone.

                              

         È giunta al tuo orecchio un’ingiuria; è vento; sei adirato, è un maroso. Quando il vento soffia e i flutti si agitano è in pericolo la nave; è in pericolo il tuo cuore e va alla deriva. Desideri vendicarti dell’oltraggio udito: ed ecco ti vendichi e, cedendo al male altrui, hai fatto naufragio. Come mai? Perché Cristo dorme in te. E perché dorme in te ? Ti sei dimenticato di lui. Sveglia dunque Cristo, ricordati di Cristo, vigili in te Cristo; pensa a lui. Che cosa volevi? Essere vendicato. Ti è accaduto questo, mentre egli quando veniva crocifisso disse “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno(Lc 23, 34)

 

          Dormiva nel tuo cuore colui che non volle essere vendicato. Sveglialo, ricordati di lui. Il suo ricordo sia la tua parola: suo ricordo sia il suo comandamento. E se in te veglia Cristo, di’ a te stesso : Che uomo sono io da voler essere vendicato? Chi sono io da permettermi di minacciare un altro? Forse morirò prima di vendicarmi. Ma quando col respiro affannoso, ardente d’ira e assetato di vendetta, uscirò dal corpo, non mi riceverà colui che non ha voluto vendicarsi; non mi accoglierà colui che disse : “Date e vi sarà dato, perdonate e vi sarà perdonato (Lc 6, 38-39). Dunque, frenerò la mia ira e tornerò alla pace del mio cuore. Cristo ha comandato al mare ed è venuta la bonaccia.

 

XIIIA settimana T.O. - LODI mercoledì

 

 

 

Vegliamo che il tempio del Dio vivente sia puro

di san Leone Magno nel quinto secolo

 

 

 

         Carissimi, l’insegnamento degli apostoli ci ammonisce affinché, deposto l’uomo vecchio con le sue azioni, ogni giorno ci rinnoviamo con uno stile di vita santa (cfr. Col 3, 9-10). Se infatti siamo il tempio di Dio e lo Spirito Santo abita nella nostra anima come dice l’Apostolo : “Noi siamo il tempio del Dio vivente” (2 Cor 6, 16), dobbiamo stare molto attenti a che la dimora del nostro cuore sia indegna di tanto ospite.

          E come nelle abitazioni umane si provvede con lodevole diligenza a riparare tempestivamente le lesioni dovuto all’infiltrazione delle piogge, alla furia delle intemperie o alla stessa antichità, con uguale sollecitudine dobbiamo preoccuparci affinché nei nostri animi nulla vi sia di scomposto, nulla di impuro. Quantunque infatti il nostro edificio non sussista senza l’opera del suo artefice, e la nostra fabbrica non possa essere incolume senza l’anticipata protezione del costruttore, tuttavia, poiché siamo pietre razionali e il materiale vivente, la mano del nostro autore ci ha strutturati in modo tale che chi subisce riparazioni lavori anch’esso con chi le opera.

         La sottomissione umana dunque non si sottragga alla grazia divina, né si allontani da quel Bene senza il quale i beni non esistono. E se nel praticare i comandamenti troviamo qualcosa che chi è personalmente impossibile o difficile a eseguirsi, non restiamo in noi stessi, ma ricorriamo a colui che ce l’impone; egli infatti ci dà il precetto proprio per suscitare il nostro desiderio e offrirci l’aiuto, come dice il profeta: “Getta nel Signore il tuo affanno, ed egli ti darà sostegno” (Sal 54, 23).

         O forse c’è qualcuno tanto insolente e superbo, che si ritiene così intatto e puro da non aver bisogno di nessun rinnovamento? È molto ingannevole simile persuasione, e chiunque tra le tentazioni di questa vita si crede immune da ogni ferita, invecchia in una grande stoltezza.

 

XIIIA settimana T.O. - VESPRI mercoledì

Constituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo (Gaudium et spes), 9-10

 

 

Lo pregarono che si allontanasse dal loro territorio

dalla costituzione “Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II

 

 

Il mondo si presenta oggi potente a un tempo e debole, capace di operare il meglio e il peggio, mentre gli si apre dinanzi la strada della libertà o della schiavitù, del progresso o del regresso, della fraternità o dell'odio. Inoltre l'uomo prende coscienza che dipende da lui orientare bene le forze da lui stesso suscitate e che possono schiacciarlo o servirgli. Per questo si pone degli interrogativi.

In verità gli squilibri di cui soffre il mondo contemporaneo si collegano con quel più profondo squilibrio che è radicato nel cuore dell'uomo. È proprio all'interno dell'uomo che molti elementi si combattono a vicenda. Da una parte infatti, come creatura, esperimenta in mille modi i suoi limiti; d'altra parte sente di essere senza confini nelle sue aspirazioni e chiamato ad una vita superiore. Sollecitato da molte attrattive, è costretto sempre a sceglierne qualcuna e a rinunziare alle altre. Inoltre, debole e peccatore, non di rado fa quello che non vorrebbe e non fa quello che vorrebbe (Rm 7,14). Con tutto ciò, di fronte all'evoluzione attuale del mondo, diventano sempre più numerosi quelli che si pongono o sentono con nuova acutezza gli interrogativi più fondamentali: cos'è l'uomo?

Qual è il significato del dolore, del male, della morte, che continuano a sussistere malgrado ogni progresso? Cosa valgono quelle conquiste pagate a così caro prezzo? Che apporta l'uomo alla società, e cosa può attendersi da essa? Cosa ci sarà dopo questa vita?

Ecco: la Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà sempre all'uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza per rispondere alla sua altissima vocazione; né “è dato in terra un altro Nome agli uomini, mediante il quale possono essere salvati” (At 4,12). Essa crede anche di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana. Inoltre la Chiesa afferma che al di là di tutto ciò che muta stanno realtà immutabili; esse trovano il loro ultimo fondamento in Cristo, che “è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli” (Eb 13,8).

 

XIIIA settimana T.O. - LODI giovedi

Omelie sul vangelo secondo Matteo, n°29, 2 ; PG 57, 359-360

 

 

 

« Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati »

 di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         I giudei confessavano che Dio solo può rimettere i peccati. Pertanto Gesù, anche prima di rimettere i peccati, rivela i segreti dei cuori, mostrando così che egli possiede anche questo potere, che è riservato a Dio... Sta scritto infatti: “Solo tu, Signore, conosci il cuore dei figli dell’uomo” (2 Cr 6,30)... Gesù rivela dunque la sua divinità e la sua uguaglianza con il Padre svelando agli scribi il fondo del loro cuore, divulgando i pensieri che loro non osavano dichiarare apertamente per paura della folla. E questo, egli fece con grande mitezza.

         Il paralitico avrebbe potuto manifestare la sua delusione a Cristo dicendo: “E sia! Sei venuto per curare un’altra malattia e guarire un altro male, cioè il peccato. Ma quale prova avrò che i miei peccati sono stati perdonati?” Eppure non dice nulla di questo, ma si fida di colui che ha il potere di guarirlo...

         Agli scribi, Cristo ha detto: “Che cosa è più facile, dire: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati e cammina?” In altri termini: Cosa vi sembra più facile? Mostrare il proprio potere su un corpo inerte, o perdonare a un’anima le sue colpe? Certamente è guarire un corpo, poiché il perdono dei peccati supera quella guarigione, tanto l’anima è superiore al corpo. Ma poiché una di queste opere è visibile, e non l’altra, compirò ugualmente l’opera visibile e in forma minore, per provare quella più grande e invisibile. In quel momento, Gesù testimonia con le sue opere che è lui colui “che toglie i peccati del mondo” (Gv 1,29).

 

XIIIA settimana T.O. - VESPRI giovedì

 

 

 

La folla rese gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini

 di San Cirillo Alessandrino nel quinto secolo

 

 

 

Il paralitico, incurabile, era steso sul suo letto. Avendo esaurito l’arte dei medici, venne, portato dai suoi, verso l’unico vero medico, il medico che viene dal cielo. Ma quando fu posto davanti a colui che poteva guarirlo, fu la sua fede ad attirare lo sguardo del Signore. Per mostrare bene che questa fede era capace di distruggere il peccato, Gesù dichiarò subito : « Ti sono rimessi i tuoi peccati ». Forse uno mi dirà : « Quest’uomo voleva essere guarito dalla sua malattia, perché dunque Cristo gli annuncia la remissione dei suoi peccati ? » Questo avvenne affinché tu imparassi che Dio vede il cuore dell’uomo nel silenzio, e senza rumore contempla i sentieri di tutti i viventi. La Scrittura dice infatti : « Gli occhi del Signore osservano le vie dell’uomo, ed egli vede tutti i suoi sentieri » (Pr 5, 21).

 

Eppure mentre Gesù diceva « Ti sono rimessi i tuoi peccati », lasciava il campo libero all’incredulità ; infatti il perdono dei peccati non si vede con i nostri occhi di carne. Quindi quando il paralitico si alza e cammina, manifesta con evidenza che Cristo possiede la potenza di Dio…

 

Chi possiede questo potere ? Lui solo o anche noi ? Anche noi, con lui. Lui, perdona i peccati perché è l’uomo Dio, il Signore della Legge. Quanto a noi, abbiamo ricevuto questa grazia ammirabile e meravigliosa, perché egli ha voluto dare questo potere all’uomo. Ha detto infatti agli apostoli : « In verità vi dico : tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo » (Mt 18, 18) ; E ancora : « A chi rimetterete i peccati saranno rimessi » (Gv 20, 23).

 

XIIIA settimana T.O. - LODI venerdì

Omelie sui vangeli, I, 21 ; CCL 122, 149-151

(In l'Ora dell'Ascolto p.2610)

 

 

A tavola con Gesù

 di San Beda il Venerabile nel settimo secolo

 

 

         « Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i suoi discepoli ». Se desideriamo penetrare più a fondo nel significato di ciò che è accaduto, capiremo che Matteo non si limitò ad offrire al Signore un banchetto per il suo corpo nella propria abitazione materiale ma, con la fede e l’amore, gli preparò un convito molto più gradito nell’intimo del suo cuore. Lo afferma colui che dice : « Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me » (Ap 3, 20).

 

         Gli apriamo la porte per accoglierlo, quando, udita la sua voce, diamo volentieri il nostro assenso ai suoi segreti o palesi inviti e ci applichiamo con impegno nel compito da lui affidatoci. Entra quindi per cenare con noi e noi con lui, perché con la grazia del suo amore, viene ad abitare nei cuori degli eletti, per ristorarli con la luce della sua presenza. Essi così sono in grado di avanzare sempre più nei desideri del cielo. A sua volta, riceve anche lui ristoro mediante il loro amore per le cose celesti, come se gli offrissero vivande gustosissime.

 

XIIIA settimana T.O. - VESPRI venerdì

 

 

 

Seguimi

di Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

 

          Ecco la misteriosa vocazione del pubblicano. Il Cristo gli da l’ordine di seguirlo, non con un passo materiale, bensì con il moto del suo cuore. E quest’uomo che fino a quel momento aveva tratto avidamente il suo profitto dalle merci, che sfruttava duramente le fatiche e i pericoli dei marinai, lascia tutto su una parola di chiamata. Lui che prendeva i beni altrui, abbandona i propri beni. Lui che stava seduto dietro il suo triste banco, cammina con tutta l’anima dietro il Signore. E prepara un grande banchetto : l’uomo che riceve il Cristo nella sua dimora interiore viene saziato di delizie senza misura, di sovrabbondanti gioie. Quanto al Signore, entra volentieri, e si mette alla tavola apparecchiata dall’amore di colui che ha creduto.

 

         Allo stesso momento, si rivela la differenza fra i sostenitori della Legge e i discepoli della grazia. Fermarsi alla Legge, equivale a  subire, in un cuore a digiuno, una fame senza rimedio. Accogliere interiormente la Parola, riceverla nell’anima, è trovare il rinnovamento nell’abbondanza del cibo e della sorgente eterni, cioè non avere più fame, non avere più sete.

 

         Se il Signore mangia con i peccatori, sarebbe forse per vietare a noi, di condividere la tavola e la vita con i pagani ? Ci dice : "non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati." Il medico nuovo ci porta un rimedio nuovo. Non si tratta di un prodotto che la terra fa germogliare, e tutte le scienze della creazione non lo saprebbero preparare.

 

XIIIA settimana T.O. - LODI sabato

 

 

Il digiuno degli amici dello Sposo

 di San Pietro Crisologo nel quinto secolo

 

 

         « Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo spesso, i tuoi discepoli non digiunano ? » Perché per voi il digiuno è questione di legge e non un dono spontaneo. In se stesso, il digiuno non ha nessun valore. Ciò che importa è il desiderio di colui che digiuna. Quale profitto pensate trarre, voi che digiunate solo perché costretti ? Il digiuno è un aratro stupendo per arare il campo della santità : rivolta i cuori, sradica il male, estirpa il peccato, sotterra il vizio, semina la carità ; mantiene la fecondità e prepara la mietitura dell’innocenza. I discepoli di Cristo, invece, sono posti al cuore stesso del campo maturo della santità, raccolgono i covoni delle virtù, gioiscono del Pane della nuova raccolta : non possono dunque praticare digiuni ormai sorpassati.

 

         « Perché i tuoi discepoli non digiunano ? » Il Signore risponde loro : « Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo Sposo è con loro ? » Chi prende moglie lascia il digiuno da parte, abbandona l’austerità ; si dedica completamente alla gioia, partecipa ai banchetti ; si mostra in tutto affabile, amabile e allegro ; fa tutto ciò che gli ispira il suo affetto per la sua sposa. Il Cristo celebrava allora le sue nozze con la Chiesa : perciò accettava di prendere parte a dei convivi, e non si rifiutava a coloro che lo invitavano ; pieno di benevolenza e di amore, si mostrava umano, abbordabile, amabile. Voleva infatti unire l’uomo a Dio, e fare dei suoi compagni i membri della famiglia divina.

 

XIIIA settimana T.O. - PRIMI VESPRI sabato

Dalle «Catechesi»

(Catech. 13, 1. 3. 6. 23; PG 33, 771-774. 779. 799. 802)

 

 

La croce sia la tua gioia anche in tempo di persecuzione

 di san Cirillo di Gerusalemme nel quarto secolo

 

 

 

     Senza dubbio ogni azione di Cristo è fonte di gloria per la Chiesa cattolica; ma la croce è la gloria delle glorie. E' proprio questo che diceva Paolo: Lungi da me il gloriarmi se non nella croce di Cristo (cfr. Gal 6, 14).

     La gloria della croce ha illuminato tutti coloro che erano ciechi per la loro ignoranza, ha sciolto tutti coloro che erano legati sotto la tirannide del peccato e ha redento il mondo intero…

     Non dobbiamo vergognarci dunque della croce del Salvatore, anzi gloriamocene. Perché se è vero che la parola «croce» è scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani, per noi è fonte di salvezza.

     Se per quelli che vanno in perdizione è stoltezza, per noi, che siamo stati salvati, è fortezza di Dio. Infatti non era un semplice uomo colui che diede la vita per noi, bensì il Figlio di Dio, Dio stesso, fattosi uomo…

     Egli non morì contro la sua volontà, né fu la violenza a sacrificarlo, ma si offrì di propria volontà. Ascolta quello che dice: Io ho il potere di dare la mia vita e il potere di riprenderla (Gv 10, 18). Egli dunque andò incontro alla sua passione di propria volontà, lieto di un'opera così sublime, pieno di gioia dentro di sé per il frutto che avrebbe dato, cioè la salvezza degli uomini. Non arrossiva della croce, perché procurava la redenzione al mondo. Né era un uomo da nulla colui che soffriva, bensì Dio fatto uomo, e come uomo tutto proteso a conseguire la vittoria nell'obbedienza.

     Perciò la croce non sia per te fonte di gaudio soltanto in tempo di tranquillità, ma confida che lo sarà parimenti nel tempo della persecuzione. Non ti avvenga di essere amico di Gesù solo in tempo di pace e poi nemico in tempo di guerra.

     Ora ricevi il perdono dei tuoi peccati e i grandi benefici della donazione spirituale del tuo re e così, quando si avvicinerà la guerra, combatterai da prode per il tuo re…

 

XIVA settimana T.O. - UFFICIO DI RISURREZIONE Domenica

 

Commento morale a GIOBBE XXXV, 17

 

 

L’ottavo giorno

 di San Gregorio Magno nel sesto secolo

 

          Il numero sette simboleggia l’universalità del tempo. Ecco perché tutto il tempo della vita presente si svolge al ritmo di sette giorni. Ecco perché l’arca del Signore, profezia della santa chiesa, che in tutto questo tempo gira il mondo predicando, abbatté le mura di Gerico dopo aver girato attorno ad esse per sette giorni al suono delle trombe. Ecco perché il profeta dice: “Sette volte al giorno io ti lodo” (Sal 118, 16.). Egli stesso, facendo intendere che dice questo in ordine a ogni istante di tutto il tempo della sua preghiera, aggiunge: “Sulla mia bocca sempre la sua lodo” (Sal 33, 2).

 

        Che poi il numero sette indichi la totalità della vita presente risulta più chiaramente quando ad esso si aggiunge l’ottavo. Quando al sette si aggiunge uno, con questa aggiunta si vuol significare che il tempo destinato a finire si conclude con l’eternità. Ecco perché Salomone esorta: “Fanne sette od otto parti” (Qo 11, 2). Col numero sette fa riferimento al tempo presente che è legato al ritmo di sette giorni, col numero otto invece indica la vita eterna, che il Signore ci ha manifestato con la sua risurrezione. Egli è risorto di domenica, che, facendo seguito al settimo giorno, cioè al sabato, risulta l’ottavo giorno in ordine alla creazione. Dicendo: “Fanne sette od otto parti”, Salomone intendeva dire. Disponi le cose temporali in modo da non dimenticarti di aspirare a quelle eterne.

 

XIVA settimana T.O. - VESPRI Domenica

 

Lc 10, 1-12

 

“Come agnelli in mezzo a lupi”

di Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

         Quando manda i suoi discepoli nella sua messe…, Gesù dice loro: “Ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi”. Questi sono animali nemici, ma il buon pastore non teme i lupi per il suo gregge; i suoi discepoli non sono mandati per essere una preda, bensì per diffondere la grazia. La sollecitudine del buon pastore fa sì che i lupi non possono intraprendere nulla contro gli agnelli. Li manda quindi perché si realizzi questa parola: “Il lupo e l’agnello pascoleranno insieme(Is 65, 25).

 

         Del resto, ai discepoli mandati è stato dato di non prendere il bastone per il viaggio. Cos’è il bastone se non l’insegna del potere, lo strumento che vendica il dolore? Perciò quello che l’umile Signore ha prescritto, i suoi discepoli lo compiono nel praticare l’umiltà. Infatti li manda a seminare la fede, non per forza, bensì per mezzo dell’insegnamento. Non dispiegando la forza del loro potere, bensì esaltando la dottrina dell’umiltà. E ha ritenuto bene unire l’umiltà alla pazienza, come testimonia Pietro: “Oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta(1 Pt 2, 23).

 

         Questo equivale a dire: “Siate i miei imitatori, lasciate perdere il gusto per la vendetta, rispondete ai colpi dell’arroganza non rendendo il cattivo modo di agire, bensì mostrando una pazienza piena di bontà. Nessuno deve imitare personalmente ciò che rimprovera negli altri; la mitezza infligge colpi più duri agli insolenti”. Il Signore ha risposto a tale colpo dicendo: “Se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra” (Mt 5, 39).

 

XIVA settimana T.O. - LODI Martedì

Mt 9, 32-38

  

 

 

« La messe è molta »

 Sant’Agostino nel quinto secolo

 

         Il Cristo era pieno di ardore per la sua opera e stava per mandare operai… manderà dunque mietitori. « Qui infatti si realizza il detto : uno semina e uno miete. » Io vi ho mandati a mietere ciò che non avete lavorato ; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro » (Gv 4, 37-38).Come ? Ha mandato mietitori senza mandare seminatori ? Dove ha mandato mietitori ? Dove altri avevano lavorato. Dove i profeti avevano prima predicato. Infatti erano loro stessi i seminatori…Quindi chi sono quelli che hanno lavorato ? Abramo, Isacco, Giacobbe. Leggete il racconto delle loro imprese : in ognuna si trova una profezia di Cristo ; sono stati dunque seminatori. Quanto a Mosè, agli altri patriarchi, a tutti i profeti, quanto hanno sopportato nel freddo, nel tempo in cui seminavano ! In Giudea pertanto, la messe era già pronta. E si capisce che la messe era matura nel momento in cui tante migliaia di uomini consegnavano l’importo dei loro beni, lo deponevano ai piedi degli Apostoli (At 4, 35) e con le spalle liberate dal peso del secolo (Sal 81, 7), si mettevano alla sequela di Cristo, Signore. La messe era veramente giunta a maturazione.

 

         Cosa ne è risultato ? Da questa messe, alcuni chicchi sono stati tolti e hanno seminato l’universo. Ed ecco che spunta un’altra messe destinata ad essere raccolta alla fine dei secoli… Per raccogliere questa messe, non saranno più gli Apostoli ad essere mandati, ma gli angeli.

 

XIVA settimana T.O. -  VESPRI martedì

Sermons on Subjects of the Day, § 21

 

Mt 9,32-38

 

 

Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore

 

del Cardinal John Henry Newman nel diciannovesimo secolo

 

 

         Guardatevi intorno, fratelli miei… ; perché tanti cambiamenti e lotte, tanti partiti e sette, tante credenze ? Perché gli uomini sono insoddisfatti e inquieti. E perché sono inquieti, ognuno con il proprio salmo, la propria dottrina, la propria lingua, la propria rivelazione, la propria interpretazione ? Sono inquieti perché non hanno trovato. Purtroppo ! è proprio così in questo paese, detto cristiano : tanti uomini non hanno tratto quasi nulla dalla religione, se non una sete per ciò che non possiedono, una sete cioè della vera pace, insieme con la febbre e l’agitazione generate dalle sete. Eppure tutto ciò non li ha ancora portato alla presenza di Cristo che è « pienezza della gioia » (Gv 15,11) e « dolcezza senza fine » (Sal 15,11)…

 

         Triste spettacolo : il popolo di Cristo erra sui colli « come pecore senza pastore ». Invece di cercarlo nei luoghi che egli ha sempre frequentato e nella dimora che egli ha stabilita, si affaccenda con espedienti umani, segue guide straniere e si lascia affascinare da opinioni nuove, diventa il burattino del caso e dell’umore del momento e la vittima della volontà propria. È pieno di ansietà, di perplessità, di gelosia e di allarme, « sballottato dalle onde e portato qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l’inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell’errore » (Ef 4,14). Tutto ciò perché non cercano questo « unico Corpo, questo unico Spirito, questa unica Speranza della loro vocazione, questo unico Signore, questa unica fede, questo unico battesimo, questo unico Dio Padre di tutti » (Ef 4, 5-6) per poter trovarvi « ristoro per le loro anime » (Mt 11,29).

 

XIVA settimana T.O. - LODI Mercoledì

Mt 10, 1-7

Prima Apologia, 39-42

 

« Strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino »

 

San Giustino nel secondo secolo

 

         Quando lo Spirito profetico annuncia il futuro, ecco come parla : « Da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e sarà arbitro fra molti popoli. Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci ; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra » (Is 2, 3).

 

         Queste parole si sono realizzate in un modo molto convincente. Dodici uomini sono partiti via da Gerusalemme per percorrere la terra. Erano uomini semplici e non sapevano parlare. Eppure, in virtù della potenza divina, hanno annunciato a tutti gli uomini che erano stati mandati da Cristo per insegnare a tutti la parola di Dio. E noi, che un tempo non sapevamo far altro che ucciderci l’un l’altro, non soltanto non combattiamo più i nostri nemici, ma, per non mentire, né ingannare i nostri giudici, confessiamo Cristo con gioia e moriamo martiri…

 

         Ascoltate ciò che è stato detto riguardo a coloro che avrebbero annunciato la sua venuta. Parla il re profeta Davide, ispirato dallo Spirito profetico : « Il giorno al giorno ne affida il messaggio e la notte alla notte ne trasmette notizia. Non è linguaggio e non sono parole, di cui non si oda il suono. Per tutta la terra si diffonde la loro voce e ai confini del mondo la loro parola » (Sal 18, 2)… In un’altra profezia, lo Spirito profetico annuncia allo stesso Davide : « Da tutta la terra, cantate al Signore un canto nuovo, annunziate di giorno in giorno la sua salvezza”

 

XIVA settimana T.O. - VESPRI Mercoledì

Mt 10, 1-7

 

 

« Rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele »

 

di Isacco della Stella nel dodicesimo secolo

 

 

         Cristo è venuto a cercare l’unica pecora che si era persa (Mt 18, 12). È per lei che il Buon Pastore è stato mandato nel tempo, lui, che da sempre è stato promesso ; per lei è nato ed è stato inviato. È unica, proveniente sia dei giudei che dalle nazioni, proveniente da tutte le nazioni, unica nel mistero, molteplice nelle persone, molteplice nel corpo, secondo la natura, unica nello Spirito secondo la grazia, insomma, una sola pecora, e una folla senza numero. Questo è il motivo per cui, Colui che è venuto a cercare l’unica pecora, è stato mandato « alle pecore perdute della casa d’Israele » (Mt 15, 24). Ora ciò che il pastore riconosce come suo « nessuno lo rapirà dalla sua mano » (Gv 10, 28). Poiché non si può costringere la potenza, ingannare la saggezza, distruggere la carità.

 

Perciò egli parla con franchezza, dicendo : « Di coloro che mi hai dato, nessuno è andato perduto » (Gv 17, 12). Ed è stato mandato come verità per coloro che erano stati ingannati, come vita per coloro che erano morti, come saggezza per coloro che erano insensati, come rimedio per i malati, come riscatto per i prigionieri e come cibo per quelli che morivano di fame. In tutti loro, si può dire che è stato mandato « alle pecore perdute della casa d’Israele », affinché, non fossero perdute per sempre.

 

XIVA settimana T.O. - LODI Giovedì

Sull’unità della Chiesa cattolica

 

 

 

« La vostra pace scenda sopra di essa »

 

San Cipriano nel terzo secolo

 

         Lo spirito Santo ci dà questo avvertimento : « Cerca la pace e perseguila » (Sal 34, 15). Il figlio di pace deve cercare e perseguire la pace. Chi conosce e ama il vincolo della carità deve preservare la sua lingua dal peccato della discordia. Fra le sue prescrizioni divine e i suoi comandamenti di salvezza, il Signore, la vigilia della sua Passione, ha aggiunto questo : « Vi lascio la mia pace, vi do la mia pace. » (Gv 14, 27) Tale è l’eredità che ci ha lasciata : la promessa di tutti i doni, di tutte le ricompense che vediamo in prospettiva, è stata legata alla custodia della pace. Se siamo eredi di Cristo, rimaniamo nella pace di Cristo. Se siamo figli di Dio, dobbiamo essere pacifici : « Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio. » (Mt 5, 9) Bisogna che i figli di Dio siano pacifici, miti di cuore, semplici nelle parole, in perfetto accordo di sentimenti, uniti fedelmente con il vincolo di un pensiero unanime.

 

         Questa concordia esisteva un tempo, sotto l’autorità degli Apostoli. In questo modo, il nuovo popolo dei credenti, fedele alle prescrizioni del Signore, mantenne la carità. Da lì sorge l’efficacia delle loro preghiere : potevano essere sicuri di ottenere tutto ciò che domandavano alla misericordia di Dio.

 

XIVA settimana T.O. - VESPRI Giovedì

Commento sul Diatèssaron 8,3-4 ;

SC 121, 159

 

« Se quella casa ne sarà degna, la vostra pace scenderà sopra di essa »

 

Sant’Efrem Siro nel quarto secolo

 

 

         « In qualunque casa entriate, prima dite : Pace a questa casa » (Lc 10,5) affinché il Signore stesso vi entri e vi soggiorni, come presso Maria… Questo saluto è il mistero della fede che illumina il mondo ; in esso, l’inimicizia viene spenta, la guerra fermata e gli uomini si riconoscono a vicenda. L’effetto di questo saluto era nascosto da un velo, nonostante la prefigurazione del mistero della risurrezione… quando sorge la luce e l’aurora caccia la notte. A partire da questo invio di Cristo, gli uomini hanno cominciato a dare e a ricevere questo saluto, fonte di guarigione e di benedizione…

 

         Tale saluto, con la sua potenza nascosta… basta ampiamente per tutti gli uomini. Per questo il Nostro Signore l’ha mandato con i suoi discepoli come annunciatori, affinché esso realizzasse la pace e, portato dalla voce degli apostoli, suoi inviati, preparasse la via davanti a loro. Esso era seminato in ogni casa… ; entrava in tutti coloro che lo intendevano, per separare e mettere da parte i suoi figli che esso riconosceva. In essi rimaneva, mentre denunziava coloro che gli erano stranieri, poiché non lo accoglievano.

 

XIVA settimana T.O. - LODI VENERDI

 

 

Libro di Vita

 

Cap. “Nel cuore del mondo” § 138

 

XIVA settimana T.O. - VESPRI venerdì

Giornale dell’anima

 

 

Siate prudenti come i serpenti e semplici come le colombe

 

del Beato Giovanni XXIII

 

 

         Occorre trattare ognuno con rispetto, con prudenza e con una semplicità evangelica… Questo è conforme all’esempio di Gesù : dar prova della semplicità più attraente, senza pure abbandonare la prudenza dei sapienti e dei santi che Dio aiuta. La semplicità può suscitare, non dico dello sdegno, ma una minore considerazione da parte dei furbi. Non importa se i furbi, di cui non si deve tenere alcun conto, infliggono qualche umiliazione con i loro giudizi e le loro battute di spirito ; tutto torna a loro danno e confusione. Chi è « semplice, retto e temendo Dio » è sempre il più degno e il più forte. A condizione naturalmente, che sia sempre sostenuto da una prudenza saggia e piena di grazia.

 

         È semplice chi non si vergogna di confessare il Vangelo anche davanti a uomini che vedono in esso soltanto una debolezza e una puerilità, e di confessarlo in ogni sua parte, in ogni occasione e in presenza di chiunque. Non si lascia ingannare o trascinare dal prossimo nel suo giudizio, e non perde la serenità dell’anima qualunque sia l’atteggiamento che gli altri assumono nei suoi confronti.

 

         È prudente chi sa tacere una parte della verità che sarebbe inopportuno manifestare, e che può tacere senza che il suo silenzio alteri o falsifichi la parte della verità che ha detta ; egli sa raggiungere li buoni fini che si propone, scegliendo i mezzi più efficaci… ; in ogni circostanza distingue l’essenziale e non si lascia ingombrare dall’accessorio… ; all’inizio di tutto ciò, egli spera la riuscita da Dio solo.

 

         Non c’è nulla nella semplicità che contraddica la prudenza, e vice versa. La semplicità è amore ; la prudenza è pensiero. L’amore prega, l’intelligenza veglia : « Vegliate e pregate » (Mt 26,41). In una conciliazione perfetta. L’amore è come la colomba che geme ; l’intelligenza, rivolta all’azione, è come il serpente che non cade mai a terra, né si urta, perché avanza tastando con il capo ogni asperità del terreno.

 

XIVA settimana T.O. - LODI Sabato

Mt 10, 24-33

 Commento sul salmo 118, 20 ; CSEL 62, 467s

(In l' Ora dell'Ascolto p. 2639)

 

 

Riconoscere Cristo davanti agli uomini

Di Sant ‘Ambrogio nel quarto secolo

 

 

         Ogni giorno tu sei testimone di Cristo. Sei stato tentato dallo spirito di impurità, ma... hai conservato la castità dell’anima e del corpo: sei martire, cioè testimone, di Cristo... Sei stato tentato dallo spirito di superbia, ma, vedendo il misero e il povero, ne hai sentito profonda pietà e hai amato l’umiltà più che l’arroganza: sei testimone di Cristo. E, quel che è più, hai reso testimonianza non soltanto a parole, ma anche con le opere.

 

         Quale uomo infatti, è testimone più autorevole e credibile di chi attesta “che Gesù Cristo è venuto nella carne” (1 Gv 4,2) proprio osservando le norme del Vangelo?... Dio solo sa quanti soffrono quotidianamente il martirio in segreto e confessano nel loro cuore il Signore Gesù Cristo! L’Apostolo conobbe questo martirio e questa fedele testimonianza a Cristo, egli che disse: “Questo infatti è il nostro vanto e la testimonianza della coscienza” (2 Cor 1,12). Si verifica anche il contrario. Quanti hanno confessato esternamente e negato internamente! Perciò sii fedele e forte nelle persecuzioni interne, per essere approvato anche in quelle che sono pubbliche. Anche nelle persecuzioni interne ci sono re e prèsidi e giudici terribili per il loro potere. Hai un esempio nella tentazione che ha subìto il Signore (Mt 4,1).

 

XIVA settimana T.O. - PRIMI VESPRI sabato

Discorso contro i pagani ; SC 18, 190

(In l'Ora dell'Ascolto p. 2051)

 

Cristo, immagine del Dio invisibile

 di Sant’Atanasio nel quarto secolo

 

 

         È giusto che lo cose siano fatte così come lo sono, e che si compiano come noi le vediamo compiute. Poiché è lui che ha voluto che tutto accada in questo modo e nessuno può avere un motivo ragionevole per negarlo. Infatti se il movimento delle cose create avvenisse senza ragione e il mondo girasse alla cieca, non si dovrebbe più credere nulla di quanto è stato detto. Ma se il mondo è stato organizzato con sapienza e conoscenza ed è stato riempito di ogni bellezza, allora si deve dire che il creatore e l’artista è il Verbo di Dio…

 

       È lui il Verbo buono del Padre buono. È  lui che ha dato ordine a tutto il creato, conciliando fra loro gli opposti elementi e componendo ogni cosa armonicamente. Egli è l’unico, l’Unigenito, il Dio buono, che procede dal Padre come da fonte di bontà e ordina e contiene l’universo.

 

      Dopo aver fatto tutte le cose per mezzo del Verbo eterno e aver dato esistenza alla creazione, Dio Padre non lascia andare alla deriva ciò che ha fatto, né lo abbandona a un cieco impulso naturale che lo faccia ricadere nel nulla. Ma buono com’è, con il suo Verbo, che è anche Dio, guida e sostenta il mondo intero, perché la creazione, illuminata dalla sua guida, dalla sua provvidenza e dal suo ordine, possa persistere nell’essere. Anzi il mondo diviene partecipe dal Verbo del Padre, per essere da questi sostenuto e non cessare di esistere. Ciò certamente accadrebbe se non fosse conservato dal Verbo, perché egli è « immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura, poiché per mezzo di lui ed in lui hanno consistenza tutte le cose, sia quelle visibili che quelle invisibili, poiché egli è il capo della Chiesa » (Col 1,15-18).

 

XVA settimana T.O. - U.R. Domenica

LP0016

Le Catechesi , Città Nuova ed., Roma 1993,   pp.298-299

 

 

Il giardino della prima e seconda creazione

 di Cirillo di Gerusalemme nel IV secolo

 

 

 

Fu seppellito in un giardino, piantato come vite secondo quanto egli aveva detto di se stesso : "Io sono la vera vite".

 

Fu piantato nella terra come vite perché dalla terra maledetta a causa di Adamo fosse sradicata la maledizione. La terra era stata condannata a non produrre che spine e triboli, ma allora dalla terra sorse la vera vite, e si avverò la profezia: " Dalla terra sorgerà la verità e dal cielo  si affaccerà la giustizia".

 

Ma del giardino cosa aveva detto colui che vi fu sepolto? Sta scritto: "Lì ho raccolto la mia mirra e i miei aromi", "mirra, aloe e ogni profumo di prima qualità".  Sono gli aromi simboli della sua sepoltura, di cui leggiamo nei Vangeli: " Vennero al sepolcro le donne e vi portarono gli aromi che avevano preparato; venne anche Nicodemo e vi portò mirra e aloe".

 

Lo aveva detto lo Sposo, predicendo l'amaro della passione e il dolce della risurrezione: "Mangio il mio pane con il mio miele". Quando infatti dopo la risurrezione Gesù entrò a porte chiuse e i discepoli non credettero ai loro occhi perché sembrava loro di vedere uno spirito, Gesù disse loro: "Toccatemi, guardate e mettete le vostre dita nel posto dei chiodi come ha chiesto Tommaso". Tanto erano pieni di gioia e di meraviglia, non credevano per la gioia. Quando poi Gesù domandò: "Avete qualche cosa da mangiare?", si avverarono le parole: "Mangio il mio pane con il mio miele", perché allora essi gli diedero del pesce cotto e del miele preso da un favo.

 

XVA settimana T.O. - VESPRI Domenica

Esposizioni sui salmi penitenziali, PL 79, 581

 

 

Lo vide e ne ebbe compassione

di San Gregorio Magno nel sesto secolo

 

 

         O Signore Gesù, possa tu, spinto dalla pietà, avere la bontà di avvicinarti a me. Scendendo da Gerusalemme a Gèrico, caddi dalle alture nei nostri bassifondi, da un luogo dove gli esseri sono pieni di vita, ad un paese di malati. Vedi: sono incappato negli angeli di tenebra che non soltanto mi hanno spogliato del vestito della grazia, ma dopo avermi percosso, mi hanno lasciato mezzo morto. Possa tu fasciare le ferite dei miei peccati, dopo avermi dato la speranza di ritrovare la salute, per paura che esse peggiorino se io dovessi perdere la speranza della guarigione. Possa tu ungermi con l’olio del tuo perdono e versare sopra di me il vino della compunzione. Se tu mi caricassi sopra il tuo giumento, allora “solleveresti l’indigente dalla polvere” e “dall”immondizia rialzeresti il povero” (Sal 112,7).

 

         Sei infatti colui che ha portato i nostri peccati, colui che ha pagato per noi un debito che non avevi contratto. Se tu mi conducessi nella locanda della tua Chiesa, ivi mi nutriresti della cena del tuo Corpo e del tuo Sangue. Se tu ti prendessi cura di me, io non disobbedirei più ai tuoi ordini, non attirerei più la rabbia delle bestie infuriate. Io infatti ho un grande bisogno di te finché io porto questa carne soggetta al peccato. Dunque ascolta me, che sono il Samaritano spogliato e ferito, che piange e geme, chiamandoti e gridando con Davide: “Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia!”

 

XVA settimana T.O. - LODI martedì

Commento di Gioele 2, 12-14 ; PL 25, 967-968

 

 

 

Ritornate a me

di San Girolamo nel quinto secolo

 

 

         « Ora, ritornate a me con tutto il cuore, » esprimete la vostra conversione « con digiuni, con pianti e lamenti » (Gl 2, 12). Se digiunate ora, sarete poi saziati ; se piangete ora, riderete in seguito ; se ora siete in lutto, sarete più tardi consolati (cf. Lc 6, 21 ; Mt 5,5)… Vi chiedo di « non lacerarvi le vesti ma i cuori » (Gl 2, 13), perché sono così pieni di peccati che scoppieranno da soli come un otre se non li lacererete voi.

 

         Quando l’avrete fatto, tornate al Signore vostro Dio a cui i vostri peccati passati vi hanno resi stranieri. Non disperate del perdono a causa dell’enormità delle vostre colpe, perché la sua misericordia cancellerà grandi peccati. Egli è benigno e misericordioso, preferendo la conversione dei peccatori alla loro morte (Ez 33, 11). « Tardo all’ira e ricco di misericordia » (Gl 2, 13), non imita l’impazienza degli uomini ma aspetta con perseveranza la nostra conversione.

 

XVA settimana T.O. - VESPRI martedì

Exposizioni sui 7 salmi penitenziali ; PL 79, 581s

 

 

 

 

Gesù si mise a rimproverare le città... che non si erano convertite

 

di San Gregorio Magno nel sesto secolo

 

 

         Gridiamo con Davide; ascoltiamolo piangere e versiamo lacrime insieme con lui. Vediamo come egli si rialza e rallegriamoci con lui: “Pietà di me, o Dio, nella tua grande bontà” (Sal 50,3).

 

         Poniamo davanti agli occhi della nostra anima un uomo gravemente ferito, in procinto di esalare l’ultimo respiro, che giace nudo nella polvere. Desiderando che giunga il medico, geme e prega di aver pietà colui che capisce il suo stato. Ora il peccato è una ferita dell’anima. Tu che sei questo ferito, impara che dentro di te sta il tuo medico e svela per lui le piaghe dei tuoi peccati. Che senta il gemito del tuo cuore, lui che conosce ogni pensiero segreto. Che le tue lacrime lo scuotano, e se bisogna cercarlo con insistenza, dal fondo del tuo cuore fa salire verso di lui profondi sospiri. Il tuo dolore salga a lui e ti sia detto, come a Davide: “Il Signore ha cancellato il tuo peccato” (2 Sam 12,13).

 

         “Pietà di me, o Dio, nella tua grande bontà”. Coloro che sminuiscono le loro colpe perché non conoscono questa grande bontà, attirano verso di loro poco bontà. Quanto a me, sono caduto pesantemente, ho peccato con cognizione di causa. Ma tu, medico Onnipotente, correggi coloro che ti disprezzano, istruisci coloro che ignorano la loro colpa, e perdoni a coloro che te la confessano.

 

XVA settimana T.O. - LODI mercoledì

Contro le eresie, IV, 6,3-7 ; SC 100,  443

(In l'Ora dell'Ascolto p. 2017)

 

 

 

Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio

 

di Sant’Ireneo di Lione nel secondo secolo

 

 

         Nessuno può conoscere il Padre senza il Verbo di Dio, cioè senza la rivelazione del Figlio, né alcuno può conoscere il Figlio senza la benevolenza del Padre. Il Figlio, poi, porta a compimento la benevolenza del Padre ; infatti il Padre manda, mentre il Figlio è mandato e viene. Il Verbo conosce il Padre, per quanto invisibile e indefinibile per noi, e anche se è inesprimibile, viene da lui espresso. A sua volta, poi, solo il Padre conosce il suo Verbo…

 

         Il Verbo per la sua stessa natura rivela Dio creatore, per mezzo del mondo il Signore creatore del mondo, per mezzo della creatura l’artefice che l’ha plasmata, e per la sua condizione di Figlio rivela quel Padre che lo ha generato. Certo tutti discutono allo stesso modo queste verità, ma non tutti vi credono allo stesso modo. Così il Verbo predicava se stesso e il Padre, per mezzo della Legge e dei Profeti, e tutto il popolo ha sentito allo stesso modo, ma non tutti hanno creduto allo stesso modo. Il Padre era manifestato per mezzo dello stesso Verbo reso visibile e palpabile (1 Gv 1,1), quantunque non tutti credessero allo stesso modo ; ma tutti videro il Padre nel Figlio (Gv 14,9)…

 

         Il Figlio, poi, mettendosi al servizio del Padre, porta a compimento ogni cosa dal principio alla fine, e senza di lui nessuno può conoscere Dio… Infatti fin da principio il Figlio, vicino alla creatura da lui plasmata, rivela a tutti il Padre, a chi vuole, quando vuole e come vuole il Padre. In tutto e per tutto non c’è che un solo Dio Padre, un solo Verbo, un solo Spirito e una sola salvezza per tutti quelli che credono nel Dio uno e trino.

 

XVA settimana T.O. - VESPRI mercoledì

Specchio 6 ; PL 180, 384 ; SC 301

(In l'Ora dell'Ascolto p. 2853)

 

 

 

« Le hai rivelate ai piccoli »

 

Guglielmo di Saint-Thierry nel dodicesimo secolo

 

 

         Tu, o anima fedele, quando nella tua fede si presentano misteri troppo profondi per la debole tua natura, abbi il santo coraggio e di’, non per spirito di contraddizione, ma per amore di obbedienza come Maria: « Come possono darsi tali cose ? » (cfr. Lc 1,34). La tua domanda sia preghiera, sia amore, sia pietà e umile desiderio ; non voler scrutare la maestà di Dio nelle sue altezze, ma ricerca la salvezza nei mezzi salvifici di Dio, nostro Salvatore.

 

         « I segreti di Dio, nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio » (1 Cor 2,11). Affrettati dunque a essere partecipe dello Spirito Santo. Quando lo si invoca si fa presente, né lo si potrebbe invocare se già non fosse presente. Quando, invocato, viene, vi giunge con l’abbondanza della benedizione di Dio. È infatti « un fiume in piena che allieta la città di Dio » (Sal 45,5). E quando sarà venuto, se ti troverà umile e tranquillo, seppure tremante davanti alle parole di Dio, riposerà su di te (Is 11,2) e ti rivelerà ciò che Dio Padre tiene nascosto ai sapienti e ai prudenti di questo mondo. Incominceranno allora a brillare nel tuo spirito quelle cose che la Sapienza poté dire in terra ai suoi discepoli, ma che essi non potevano capire, finché non fosse venuto lo Spirito di verità, che avrebbe insegnato loro tutta la verità (Gv 16,12-13).

 

XVA settimana T.O. - LODI giovedì

 

 

 

 

Venite a me, voi tutti che siete affaticati

 

di Filosseno di Mabbug nel sesto secolo

 

Venite a me, e io vi ristorerò… Avete assaggiato la via del mondo ; assaggiate ora la mia, e se non vi piace, la fuggirete ; avete portato i fardelli pesanti del mondo, e avete sentito quanto sono pesanti : lasciatevi persuadere e prendete il mio giogo sopra di voi ; imparerete con l’esperienza quanto esso sia dolce e leggero. Non farò di voi dei ricchi come quelli che hanno bisogno di tante cose, ma dei veri ricchi che non hanno bisogno di nulla ; perché il ricco non è colui che possiede molto, ma colui a cui non manca nulla. Con me, se rinuncerete a tutto, sarete ricchi… Invece se cercherete di saziare le vostre cupidigie, esse vi affameranno. La fame vien mangiando : quanto più il ricco si arricchisce, tanto più è povero ; quanto più il denaro si accumula, tanto più vuole accumularsi ; quanto più si acquista, tanto più si vuole acquistare…

 

         Venite a me, voi tutti che siete affaticati dalla ricchezza, e riposatevi nella povertà ; venite, padroni di beni e di averi e provate il piacere della rinuncia. Venite, amici del mondo che passa e provate il gusto del mondo eterno. Avete sperimentato il vostro mondo : venite a  sperimentare il mio. Avete provato la vostra ricchezza, venite a provare la mia povertà. La vostra ricchezza è una ricchezza, la mia povertà è la ricchezza. Non è grande cosa che la ricchezza sia chiamata una ricchezza. Invece è ammirabile e grande che la povertà sia la ricchezza, e l’umiltà, la grandezza.

 

XVA settimana T.O. - VESPRI giovedì

Preghiera per ottenere l’umiltà, Preghiera n° 20

 

 

Imparate da me

 

di Santa Teresa del Bambin Gesù nel diciannovesimo secolo

 

 

         O Gesù! Quando eri pellegrino sulla terra, hai detto: “Imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime”. O potente Re dei cieli, sì, la mia anima trova ristoro vedendo te rivestito della forma e della  natura di schiavo (Fil 2,7) abbassarti fino a lavare i piedi dei tuoi apostoli. Ricordo allora queste parole che hai pronunciate per insegnarmi a praticare l’umiltà: “Vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi. Un discepolo non è più grande del maestro. Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica” (Gv 13,15-17). Signore, so queste parole uscite dal tuo cuore mite e umile, e le voglio mettere in pratica con l’aiuto della tua grazia.

 

         Voglio abbassarmi umilmente e sottomettere la mia volontà a quella delle mie sorelle, non contraddicendole in nulla, e non cercando se hanno il diritto di comandarmi. Nessuno, o mio Amato, aveva questo diritto nei tuoi confronti, eppure hai obbedito non soltanto alla Vergine santa e a san Giuseppe, ma pure ai tuoi carnefici. Ora, nell’ostia, ti vedo portare al culmine i tuoi annientamenti. Quanto è grande la tua umiltà, o divino Re di gloria... O, mio Amato, sotto il velo della bianca ostia, quanto mi appari mite e umile di cuore!... O Gesù, mite e umile di cuore, rendi il mio cuore simile al tuo cuore!

 

XVA settimana T.O. - LODI venerdì

Discorsi sul libro dei Numeri, 23 ; SC 29, 444

 

 

Il Figlio dell’Uomo è Signore del sabato

 

di Origene nel terzo secolo

 

 

         Non vediamo che le parole della Genesi : « Dio cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro » (2,2), si siano realizzate in quel settimo giorno della creazione, neppure che si realizzino oggi. Vediamo infatti sempre Dio al lavoro. Non c’è sabato in cui Dio cessi di lavorare, né giorno in cui non faccia « sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti » (Mt 5,45), in cui non faccia « germogliare l’erba sui monti » (Sal 146,8)…, in cui non faccia « morire e vivere » (1 Sam 2,6).

 

         Perciò il Signore risponde a coloro che lo accusavano di lavorare e di guarire il giorno di sabato : « Il Padre mio opera sempre e anch’io opero » (Gv 5,17). Mostrava così che, durante il tempo di questo mondo, non c’è sabato in cui Dio cessi di vegliare sulla marcia del mondo e sui destini del genere umano… Nella sua sapienza creatrice, egli non cessa di esercitare sulle sue creature la sua provvidenza e benevolenza, « fino alla fine del mondo » (Mt 28,20). Quindi il vero sabato in cui Dio cesserà da ogni suo lavoro sarà il mondo futuro, quando « fuggiranno tristezza e pianto » (Is 35,10), e Dio sarà « tutto in tutti » (Col 3,11).

 

XVA settimana T.O. - VESPRI venerdì

 

Le Confessioni, Libro 13, cap. 35-38

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

 

 

Il sabato della vita eterna

 

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

         Signore Dio, poiché tutto ci hai fornito, donaci la pace (Is 26,12), la pace del riposo, la pace del sabato, la pace senza tramonto. Tutta questa stupenda armonia di cose ‘molto buone’ (Gen 1,31), una volta colmata la sua misura, è destinata a passare. Esse ebbero un mattino, e una sera. Ma il settimo giorno è senza tramonto e non ha occaso. L'hai santificato per farlo durare eternamente. Il riposo che prendesti al settimo giorno, dopo compiute le tue opere buone assai pur rimanendo in riposo, è una predizione che ci fa l'oracolo del tuo Libro: noi pure, dopo compiute le nostre opere, buone assai per tua generosità (Is 26,12), nel sabato della vita eterna riposeremo in te. Anche allora sarai tu a riposare in noi, come ora sei tu a operare in noi. Sarà, quello, un riposo tuo per mezzo nostro, come sono, queste, opere tue per mezzo nostro.

 

Tu però, Signore, operi sempre e riposi sempre... Noi ora siamo spinti a fare il bene, dopo che il nostro cuore ne ebbe il concetto dal tuo spirito, mentre prima eravamo spinti a fare il male abbandonandoti; ma tu, Dio unico buono, mai cessasti di fare il bene. Possono alcune opere nostre essere buone, certamente per tuo dono, ma non eterne; eppure dopo di esse speriamo di riposare nella tua grandiosa santità. Tu però, Bene mancante di nessun bene, riposi eternamente, poiché tu stesso sei il tuo riposo.

 

La comprensione di questa verità quale uomo potrà darla a un uomo? quale angelo a un angelo? quale angelo a un uomo? Chiediamo a te, cerchiamo in te, bussiamo da te. Cosi, così otterremo, così troveremo, così ci sarà aperto (Mt 7,8).

 

XVA settimana T.O. - LODI sabato

Omelia per la Pasqua 9, 22,26,28 ; PG 6,633-661

 

 

Ecco il mio servo che io ho scelto, il mio prediletto

 di San Gregorio Nazianzeno nel quarto secolo

 

 

Il Verbo di Dio che è eterno, invisibile, incomprensibile, incorporeo, principio nato dal principio, luce nata dalla luce, fonte della vita e dell’immortalità, impronta esatta del primo modello, segno incancellabile, somiglianza identica del Padre (Eb 1, 3), sua intenzione e suo pensiero, progredisce verso la sua immagine (Gen 1, 27). Prende carne per salvare la carne, si unisce a un’anima ragionevole per salvare la mia anima ; vuole purificare il simile con il simile e diventa totalmente uomo, tranne ciò che riguarda il peccato… Lui che arricchisce gli altri, si impoverisce. Adotta infatti la povertà della mia carne perché io mi arricchisca della sua divinità. Lui che è pienezza si annienta, si spoglia della propria gloria per poco tempo, affinché io partecipi alla sua pienezza.

 

         Che tesoro di bontà ! Che grande mistero in mio favore ! Io ho ricevuto l’immagine e non l’ho conservata. Il Verbo ha partecipato alla mia carne per salvare l’immagine e rendere la carne immortale ! Si unì a noi per mezzo di una seconda unione, molto più stupenda della prima… Bisognava che l’uomo fosse santificato grazie a un Dio divenuto uomo ; dopo aver distrutto il nostro tiranno, ci liberasse e ci riconducesse verso di lui grazie alla mediazione del Figlio, a onore del Padre. Così il Figlio si mostra al suo cospetto ubbidiente in ogni cosa, per compiere il suo piano di salvezza.

 

XVA settimana T.O. - PRIMI VESPRI sabato

Commento alla lettera ai Galati, 6

 

 

Il Figlio dell’uomo si gloria della sua croce
di San Tommaso d'Aquino nel tredicesimo secolo

 

 

         Certi si gloriano del loro sapere; l’apostolo Paolo invece trova nella croce la conoscenza suprema: “Io ritenni di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso” (1 Cor 2,2). La croce non è forse il compimento di tutta la legge, e l’arte di vivere bene? A coloro che si gloriano della loro potenza, Paolo può rispondere che ha ricevuto dalla croce una potenza senza pari: “La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio” (1 Cor 1,18). Vi gloriate della libertà che avete acquistata? Paolo invece si gloria della croce: “Il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui, perché fosse distrutto il corpo del peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato” (Rm 6,6).

 

         Altri ancora si gloriano per essere stati eletti membri di qualche gruppo illustre; quanto a noi, per mezzo della croce di Cristo, siamo invitati all’assemblea dei cieli. “Piacque a Dio di riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli” (Col 1,20). Certi infine si gloriano dei distintivi del trionfo concessi a quelli che hanno vinto; la Croce è il vessillo trionfale della vittoria di Cristo sui demoni: “Egli ha privato della loro forza i Principati e le Potestà, ne ha fatto pubblico spettacolo dietro al corteo trionfale di Cristo” (Col 2,15)...

 

         Di cosa l’apostolo vuole gloriarsi prima di tutto? Di ciò che può unirlo a Cristo; questo egli desidera: essere con Cristo.

 

XVIA settimana T.O. - U.R. Domenica

Dalle «Omelie sui vangeli» papa

(Om 25, 1-2. 4-5; PL 76, 1189-1193)

 

Ardeva del desiderio di Cristo

 

di san Gregorio Magno nel sesto secolo

 

 

Maria Maddalena, venuta al sepolcro, e non trovandovi il corpo del Signore, pensò che fosse stato portato via e riferì la cosa ai discepoli. Essi vennero a vedere, e si persuasero che le cose stavano proprio come la donna aveva detto. Di loro si afferma subito: «I discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa»; poi si soggiunse: «Maria invece stava all'esterno, vicino al sepolcro, e piangeva» (Gv 20, 10-11).

 

In questo fatto dobbiamo considerare quanta forza d'amore aveva invaso l'anima di questa donna, che non si staccava dal sepolcro del Signore, anche dopo che i discepoli se ne erano allontanati. Cercava colui che non aveva trovato, piangeva in questa ricerca e, accesa di vivo amore per lui, ardeva di desiderio, pensando che fosse stato trafugato.

 

Accadde perciò che poté vederlo essa sola che era rimasta per cercarlo; perché la forza dell'opera buona sta nella perseveranza, come afferma la voce stessa della verità: «Chi persevererà sino alla fine, sarà salvato» (Mt 10, 22).

 

Cercò dunque una prima volta, ma non trovò, perseverò nel cercare, e le fu dato di trovare. Avvenne così che i desideri col protrarsi crescessero, e crescendo raggiungessero l'oggetto delle ricerche. I santi desideri crescono col protrarsi. Se invece nell'attesa si affievoliscono, è segno che non erano veri desideri.

Ha provato questo ardente amore chiunque è riuscito a giungere alla verità…

 

XVIA settimana T.O. - VESPRI Domenica

 

  

 

Marta e Maria

 

di Aelredo di Rievaulx nel dodicesimo secolo

 

 

         « Una donna di nome Marta, lo accolse nella sua casa ; Ella aveva una sorella, di nome Maria ».  Se il nostro cuore è il luogo dove Dio abita, bisogna che queste due donne vi abitino : l’una che si siede ai piedi di Gesù per ascoltarlo, l’altra che si occupa di nutrirlo. Finché Cristo sarà sulla terra povero, in preda alla fame, alla sete, alla tentazione, bisognerà che queste due donne abitino la stessa casa, che nello stesso cuore convivano queste due attività…

 

         Così, durante questa vita di fatica e di miserie, bisogna che Marta abiti la vostra casa…Finché avremo bisogno di mangiare e di bere, dovremo anche domare la nostra carne e il nostro corpo con le opere della veglia, del digiuno e del lavoro. Tale è la parte di Marta. Però bisogna pure che in noi sia presente Maria, l’azione spirituale. Perché non dobbiamo applicarci senza sosta agli esercizi corporali. Bisogna pure talvolta riposarci, e gustare quanto è buono il Signore, sederci per questo ai piedi di Gesù e ascoltare la sua Parola.

 

         Amici, non trascurate Maria per Marta, né Marta per Maria ! Se trascurate Marta, chi servirà Gesù ? Se trascurate Maria, a cosa vi servirà la visita di Gesù, dato che non ne gusterete la dolcezza.

 

XVIA settimana T.O. - LODI martedì

 

 

Chi è mia  madre?

 

di san Gregorio Magno, nel sesto secolo

 

   

          “Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è me fratello, sorella e madre” (…) Ma quando si dice che chi fa la volontà del Padre è sorella e fratello del Signore, non c’è da meravigliarsi per il fatto che tutti, uomini e donne, sonno condotti alla fede, bisogna meravigliarsi invece, e molto, per il fatto che vengono chiamati anche “madre”. Il Signore infatti si è degnato di chiamare fratelli i discepoli fedeli quando dice : “andate ad annunciare ai miei fratelli. Bisogna chiedersi piuttosto come colui che, giungendo alla fede, è diventato fratello del Signore, possa essere anche madre. Ma dobbiamo sapere questo : colui che, credendo, diventa fratello e sorella di Cristo, predicando diventa madre. Quando infonde il Signore nel cuore di chi  lo ascolta è come se lo generasse. E diventa madre di Cristo se, per mezzo della sua parola, fa nascere nel cuore del prossimo del Signore.

 

XVIA settimana T.O. - VESPRI martedì

(in l' Ora dell'Ascolto p. 2702)

Discorso 25; PL 46, 937

 

 

Costui è mio fratello, sorella e madre

 

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

         Fate attenzione, vi prego, a quello che disse il Signore Gesù Cristo, stendendo la mano verso i suoi discepoli: “Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre”. Forse che non ha fatto la volontà del Padre la Vergine Maria, la quale credette in virtù della fede, concepì in virtù della fede, fu scelta come colei dalla quale doveva nascere la nostra salvezza tra gli uomini, fu creata da Cristo, prima che Cristo in lei fosse creato? Ha fatto, sì, certamente ha fatto la volontà del Padre Maria santissima, e perciò conta di più per Maria essere stata discepola di Cristo, che esser stata madre di Cristo. Lo ripetiamo: fu per lei maggiore dignità e maggiore felicità essere stata discepola di Cristo che esser stata madre di Cristo. Perciò Maria era beata, perché, anche prima di dare alla luce il Maestro, lo portò nel suo grembo...

         Santa è Maria, beata è Maria, ma è migliore la Chiesa che la Vergine Maria. Perché? Perché Maria è una parte della Chiesa: un membro santo, un membro eccellente, un membro che tutti sorpassa in dignità, ma tuttavia è sempre un membro rispetto all’intero corpo... Perciò, o carissimi, badate bene: anche voi siete membra di Cristo, anche voi siete corpo di Cristo (1 Cor 12,27). Osservate in che modo lo siete, perché egli dice: ‘Ecco mia madre, ed ecco i miei fratelli”. Come potrete essere madre di Cristo? Chiunque ascolta e “chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre”.

 

XVIA settimana T.O. - LODI mercoledì

 

Libro di Vita

 

Capitolo PREGHIERA § 21

 

XVIA settimana T.O. - VESPRI mercoledì

Mt 13, 1-9

MercoledìDiscorso su Lazzaro § 2

 

  

« Chi ha orecchi intenda ! »

San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

            Un seminatore andò a seminare, e una parte del seme cadde sulla strada, un’altra in un luogo sassoso, un’altra sulle spine, e un’altra sulla terra buona. Tre parti furono perse, una sola diede frutto. Eppure il seminatore non cessò di coltivare il suo campo ; per lui è sufficiente che una parte sia conservata per non sospendere i lavori. In questo momento, è impossibile che il seme che sto lanciando in mezzo a un uditorio così numeroso non germogli. Se non tutti mi ascoltano, un terzo ascolterà. Se non un terzo, almeno un decimo ; se neanche un decimo ascolta, purché ascolti un solo membro di questa assemblea, io non cesserò di parlare.

 

         Non è poca cosa la salvezza, anche di una sola pecora. Il Buon Pastore lasciò le novantanove per correre dietro a quella perduta (Lc 15, 4). Io non posso disprezzare nessuno. Anche se ce n’è uno solo, questi è comunque un uomo, una persona tanto cara agli occhi di Dio. Fosse anche uno schiavo, non lo disdegnerei ; infatti non cerco la condizione sociale, bensì il valore personale, non il potere o la schiavitù, ma un uomo. Anche se ce n’è uno solo, questi è comunque l’uomo, per il quale il sole, l’aria, le fonti e il mare sono stati creati, i profeti sono stati mandati, la Legge è stata data. È comunque per questa persona che il Figlio unico di Dio si è fatto uomo. Il mio Maestro è stato immolato, il suo sangue è stato versato per l’uomo, e io oserei disprezzare qualcuno ?

 

         No, non cesserò di seminare la parola, anche se nessuno mi ascoltasse. Sono medico, propongo i miei rimedi. Devo insegnare, mi è stato ordinato di ammaestrare ; infatti sta scritto : « Ti ho posto come sentinella alla casa d’Israele » (Ez 3, 17).

 

XVIA settimana T.O. - LODI giovedì

Discorsi 147 ; PL 52, 594-596

(In l' Ora dell'Ascolto p. 69

 

 

Molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete

 

di San Pietro Crisologo nel quinto secolo

 

 

         Dio, vedendo il mondo sconvolto dalla paura, interviene sollecitamente per richiamarlo con l’amore, invitarlo con la grazia, trattenerlo con la carità, stringerlo a sé con l’affetto. Per questo nel diluvio... egli chiama Noé padre del mondo rinnovato e lo esorta con parole amorevoli, gli accorda la sua confidenza e la sua amicizia, lo informa con benevolenza sul presente, lo conforta con la sua grazia per il futuro... Offre la sua collaborazione e accomuna la sua opera a quella delle realtà create. Con un patto di amore toglie il timore che rendeva schiavi gli uomini. Così Dio e l’umanità, associati nell’amore, conservano insieme ciò che avevano acquistato con azione comune...

         Per questo egli chiama Abramo di mezzo ai pagani, lo nobilita con un nome nuovo, lo costituisce padre della fede, lo accompagna nel cammino, lo protegge tra gli stranieri, lo arricchisce di beni, lo onora con successi, lo impegna con promesse, lo sottrae alle offese, lo blandisce con l’ospitalità, lo esalta con un erede insperato, perché colmato di tanti beni, avvinto da tanta soavità di divino amore, imparasse ad adorare Dio... con amore, non con paura.

         Per questo conforta in sogno Giacobbe nella fuga, lo provoca alla lotta nel ritorno, lo serra nell’amplesso del lottatore, perché ami il Padre con cui aveva lottato e non ne abbia timore. Per questo chiama Mosè con la lingua dei padri, gli parla con paterno amore, l’invita a essere il liberatore del suo popolo.

         Per i fatti ricordati, la fiamma della divina carità accese i cuori umani... Feriti nell’anima, gli uomini cominciarono a voler vedere Dio con gli occhi del corpo... L’amore non può trattenersi dal vedere ciò che ama; per questo tutti i santi stimarono ben poco ciò che avevano ottenuto, se non arrivavano a vedere Dio... Nessuno dunque ritenga che Dio sbagliato a venire  presso gli uomini per mezzo di un uomo. Egli ha preso carne fra di noi per essere visto da noi.

 

XVIA settimana T.O. - VESPRI Giovedì

Trattato sui misteri,

Prefazio ; SC 19, 72

 

 

« A voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli  »

 

Sant’Ilario di Poitiers nel quarto secolo

 

 

         Tutta l'opera contenuta nei santi libri annuncia con le parole, rivela con i fatti, stabilisce con gli esempi, la venuta di Gesù Cristo nostro Signore che, inviato da suo Padre, si è fatto uomo nascendo da una vergine per l’intervento dello Spirito Santo. Infatti, durante tutta la durata della creazione, mediante prefigurazioni vere e manifeste, egli, nei patriarchi, genera, lava, santifica, sceglie, separa e riscatta la Chiesa: attraverso il sonno di Adamo, attraverso il diluvio di Noè, attraverso la giustificazione di Abramo, attraverso la nascita di Isacco, attraverso la schiavitù di Giacobbe. Durante tutto lo svolgersi del tempo, in una parola, l'insieme delle profezie, lo attuazione del piano segreto di Dio, ci sono state date per benevolenza affinché conoscessimo la sua incarnazione che stava per realizzarsi...

 

In ogni personaggio, in ogni epoca, in ogni fatto, l'insieme delle profezie proietta, come in uno specchio, l'immagine della sua venuta, della sua predicazione, della sua Passione, della sua risurrezione e del nostro raduno nella Chiesa... A cominciare da Adamo, punto di partenza della nostra conoscenza del genere umano, troviamo annunciato fin dall'origine del mondo, in molte prefigurazioni, tutto ciò che, nel Signore, ha ricevuto il suo pieno compimento.

 

XVIA settimana T.O. - LODI Venerdì

 

Dalle “Orazioni” attribuite a santa Brigida

(In l' Ora dell'Ascolto p. 2494)

 

 

Contemplazione della Passione e della Risurrezione di Cristo

di Santa Brigida nel quattordicesimo secolo

 

 

         Lode eterna a te, Signor mio Gesù Cristo, per ogni ora in cui hai sopportato per noi peccatori sulla croce le più grande amarezze e sofferenze; infatti i dolori acutissimi delle tue ferite penetravano orribilmente nella tua anima beata e trapassavano crudelmente il tuo cuore sacratissimo, finché venuto meno il cuore, esalasti felicemente lo spirito e, inclinato il capo, lo consegnasti in tutta umiltà nelle mani di Dio Padre, rimanendo poi, morto, tutto freddo nel corpo...

         Onore eterno a te, Signor mio Gesù, per essere risuscitato dai morti il terzo giorno e per esserti incontrato con chi hai prescelto; per essere salito, dopo quaranta giorni, al cielo, alla vista di molti e, per avere collocato lassù, tra gli onori, i tuoi amici che avevi liberati dagli inferi.

         Giubilo e lode eterna a te, Signore Gesù, per aver mandato nel cuore dei discepoli lo Spirito santo e per aver comunicato al loro spirito un immenso e divino amore.

         Sii benedetto, lodato e glorificato nei secoli, mio Signore Gesù, che siedi sul trono nel tuo regno dei cieli, nella gloria della tua maestà, corporalmente vivo con tutte le tue santissime membra, che prendesti dalla carne della Vergine. E così verrai nel giorno del giudizio per giudicare le anime di tutti i vivi e di tutti i morti: tu che vivi e regni col Padre e con lo Spirito Santo nei secoli dei secoli. Amen.

 

XVIA settimana T.O. - VESPRI venerdì

Discorsi, n° 7, 1 ; SC 175, 338

 

Accogliere la parola nella terra buona

 

di San Cesario di Arles nel sesto secolo

 

 

         Cristo vi aiuti, fratelli carissimi, ad accogliere sempre la lettura della parola di Dio con un cuore bramoso ed assetato; allora la vostra obbedienza fedelissima vi colmerà di gioia spirituale. Ma se volete che le sante Scritture abbiano per voi questa dolcezza, e che i precetti divini vi giovino quanto occorre, sottraetevi per alcune ore dalle vostre preoccupazioni materiali. Rileggete nelle vostre case le parole di Dio, dedicatevi interamente alla sua misericordia. Così riuscirete a realizzare in voi ciò che sta scritto dell’uomo beato: “La legge del Signore medita giorno e notte” (Sal 1,2) e ancora: “Beato chi è fedele ai suoi insegnamenti e lo cerca con tutto il cuore” (Sal 118,2).

 

         I commercianti non cercano di ricavare interessi da una sola merce bensì da diverse merci. I coltivatori cercano una resa migliore seminando varie specie di semi. Voi che cercate benefici spirituali, non accontentatevi di ascoltare i testi sacri in chiesa. Leggete i testi sacri in casa; quando i giorni sono brevi, approfittate delle lunghe serate. Così potrete ammassare del frumento spirituale nel granaio del vostro cuore e raccogliere nel tesoro delle vostre anime le perle preziose delle Scritture.

 

XVIA settimana T.O. - LODI sabato

Omelie sul Vangelo di San Matteo, 46, 1-2

 

 

La parabola della zizzania

 

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         Il metodo del diavolo è quello di mescolare sempre alla verità, l’errore rivestito delle apparenze e dei colori della verità, per poter sedurre facilmente coloro che si lasciano ingannare. Ecco perché Nostro Signore parla soltanto della zizzania, poiché questa pianta assomiglia al grano. Poi, indica come costui ci sappia fare a ingannare : « Mentre tutti dormivano ». Qui, si vede il grave pericolo che corrono i capi, soprattutto coloro  ai quali è stata affidata la guardia del campo. Questo pericolo del resto, non minaccia soltanto i capi, ma anche i loro subordinati. Ci mostra pure che l’errore viene dopo la verità…

 

         Cristo ci dice tutto ciò per insegnarci a non addormentarci…, ne consegue la necessità di una guardia vigilante. Perciò diceva : « Chi persevererà sino alla fine sarà salvato » (Mt 10, 22)… Ora considera lo zelo dei servi. Vogliono sradicare la zizzania immediatamente. Anche se manca loro la riflessione, questo prova la loro sollecitudine per il seme. Cercano una cosa sola, non trarre vendetta da costui che ha seminato la zizzania, ma salvare la messe. Ecco perché cercano come scacciare totalmente il male… Cosa risponde allora il Padrone ? … Glielo impedisce per due motivi : il primo, il timore di nuocere al grano ; il secondo, la certezza che un castigo inevitabile si abbatterà su quelli che sono colpiti da questa malattia mortale. Se vogliamo la loro punizione senza che ne soffra la messe, aspettiamo il momento opportuno…Forse, una parte di quella zizzania si muterà in grano ? Se quindi la sradicate ora, nocerete alla messe prossima, sradicando quelli che potranno cambiare a diventare migliori.

 

XVIA settimana T.O. - PRIMI VESPRI sabato

Catechesi 21, 1-3

 

 

Battezzati in Cristo

 

di San Cirillo di Gerusalemme nel quarto secolo

 

 

 

         Fratelli, battezzati in Cristo, rivestiti di Cristo, siete stati configurati al Figlio di Dio. Infatti, Dio, che ci ha predestinati all’adozione, ci ha plasmati sul modello del corpo glorioso di Cristo… Siete divenuti dei « cristi » poiché siete stati segnati con lo Spirito Santo. Tutto quello che vi è successo è immagine di quello che è successo a Cristo, del quale siete l’immagine.

 

         Come Cristo che è stato veramente crocifisso, sepolto e risuscitato, anche a voi, mediante il battesimo, è stato concesso di partecipare simbolicamente alla sua croce, al suo sepolcro e alla sua risurrezione. Ed è lo stesso per la cresima : Come Cristo è stato unto con olio di letizia dallo spirito Santo…, perché esso è fonte di gioia spirituale, anche voi siete stati unti con un olio santo, dal quale siete stati resi partecipi e compagni di Cristo. Siete stati dapprima unti sulla fronte per essere liberati dall’onta del primo Adamo e poter contemplare, a viso scoperto, come in uno specchio, la gloria di Cristo.

 

XVIIA settimana T.O. - U.R. Domenica

 

 

 

Il gaudio della beatitudine eterna

 

di San Pier Damiani nel XI secolo

 

 

  

         Il tuo spirito si innalzi verso i promessi premi della patria in modo che con l’ascesa possa superare le aspre difficoltà che si incontrano lungo il cammino. Quando si ha per traguardo un mucchietto di oro scintillante, la fatica del viaggio è più leggera. Si corre nello stadio con entusiasmo quando il premio in vista è una corona. Considera quanto sarà felice colui che sarà ammesso al convito nuziale in compagnia degli eletti. Là ognuno è colmo di gaudio perché non c’è preoccupazione di futura avversità; là l’anima gode serenamente la luce infinita e gioisce ineffabilmente dei premi dei suoi concittadini. Là gli eletti, assetati, bevono alla fonte della vita e bevendo hanno sete perché l’avidità non genera tormento, né la sazietà infastidisce. Dell’eterna presenza del Creatore traggono tutta la loro beatitudine, la floridezza della perenne giovinezza, la grazia della bellezza, il vigore, che mai viene meno, della salute. Da quella fonte di eternità attingono la vita eterna, la gioia ineffabile e, quel che più conta, la somiglianza con lo stesso Creatore. Così infatti afferma l’evangelista Giovanni; “Quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è” (1 Gv 3, 2). Perciò: “la morte è stata ingoiata per la vittoria” (1 Co 15, 54; Is 25, 8) e ogni corruzione della natura umana è stata vinta.

 

XVIIA settimana T.O. - VESPRI Domenica

Lc 11, 1-13

 

Dal trattato « Sul Padre nostro », 9-11, PL 4, 520s ; CSEL 3,1

(In l'Ora dell'Ascolto p. 1300, 1306)

 

I suoi figli nel Figlio suo

di San Cipriano nel terzo secolo

 

 

         Quali e quante sono, fratelli carissimi, le rivelazioni della preghiera del Signore! Esse si trovano raccolte in una invocazione brevissima, ma carica di spirituale potenza. Non c’è assolutamente nulla che non si trovi racchiuso in questa nostra preghiera di lode e di domanda. Essa, perciò, forma un vero compendio di dottrina celeste. È detto: “Quando pregate, dite: Padre nostro che sei nei cieli”.

 

         L’uomo nuovo, rinato e rifatto dal suo Dio per mezzo della grazia, in primo luogo dice: “Padre”, perché ha già incominciato ad essergli figlio. “Venne fra la sua gente” è scritto, “ma i suoi non l’hanno accolto. A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio, a quelli che credono nel suo nome” (Gv 1, 11-12). Chi dunque ha creduto nel suo nome ed è diventato figlio di Dio, deve cominciare di qui, dal rendere grazie e professarsi figlio di Dio... Non basta, fratelli carissimi, prendere coscienza che invochiamo il Padre che è nei cieli, aggiungiamo “Padre nostro”, cioè Padre di quanti credono, di quanti sono stati santificati da lui, e sono rinati per mezzo della grazia spirituale: questi hanno incominciato ad essere figli di Dio.

 

         Quanto è preziosa la grazia del Signore, quanto alta è la sua degnazione e magnifica la sua bontà verso di noi! Egli ha voluto che noi celebrassimo la nostra preghiera davanti a lui e lo invocassimo col nome di Padre, e come Cristo è Figlio di Dio, così noi pure ci chiamassimo figli di Dio. Questo nome, nessuno di noi oserebbe pronunziarlo nella preghiera, se egli stesso non ci avesse permesso di pregare così.

 

XVIIA settimana T.O. - LODI Martedì

Mt 13, 36-43

 Cap 8 ; SC 33, 71

 

La pazienza di Dio

dalla Lettera a Diogneto nel secondo secolo

 

 

Dio, Signore e Creatore dell'universo, che ha fatto tutte le cose e le ha stabilite in ordine, non solo si mostrò amico degli uomini, ma anche magnanimo. Tale fu sempre, è e sarà: eccellente, buono, mite e veritiero, il solo buono. Avendo pensato un piano grande e ineffabile lo comunicò solo al Figlio. Finché lo teneva nel mistero e custodiva il suo saggio volere, pareva che non si curasse e non pensasse a noi. Dopo che per mezzo del suo Figlio diletto rivelò e manifestò ciò che aveva stabilito sin dall'inizio, ci concesse insieme ogni cosa, cioè di partecipare ai suoi benefici, di vederli e di comprenderli. Chi di noi se lo sarebbe aspettato?

 

Dio dunque avendo da sé tutto disposto con il Figlio, permise che noi fino all'ultimo, trascinati dai piaceri e dalle brame come volevamo, fossimo travolti dai piaceri e dalle passioni. Non si compiaceva affatto dei nostri peccati, ma ci sopportava e non approvava quel tempo di ingiustizia. Invece, preparava il tempo della giustizia perché noi fossimo convinti che in quel periodo, per le nostre opere, eravamo indegni della vita, e ora solo per bontà di Dio ne siamo degni, e dimostrassimo, per quanto fosse in noi, che era impossibile entrare nel regno di Dio e che solo per sua potenza ne diventiamo capaci... Dio non ci odiò, non ci respinse e non si vendicò, ma fu magnanimo e ci sopportò.

 

XVIIA settimana T.O. -  VESPRI Martedì

Mt 13, 36-43

 

 

Il progresso terreno e il Regno dei cieli

Dalla Costituzione “Gaudium et Spes” del Concilio Vaticano Secondo

 

Certo, siamo avvertiti che niente giova all'uomo se guadagna il mondo intero ma perde se stesso (Lc 9, 25). Tuttavia l'attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo della umanità nuova che già riesce ad offrire una certa prefigurazione, che adombra il mondo nuovo. Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia, tale progresso, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l'umana società, è di grande importanza per il regno di Dio.

 

Ed infatti quei valori, quali la dignità dell'uomo, la comunione fraterna e la libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al Padre « il regno eterno ed universale: che è regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace » (Rm 8, 19-21). Qui sulla terra il regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione.

 

XVIIA settimana T.O. - LODI Mercoledì

 

Mt 13,44-46

 

La croce di Cristo svela e spiega i piani di Dio

di sant’Ireneo, nel II sec.

 

  

         Chi legge attentamente le Scritture sentirà parlare di Cristo e vi troverà prefigurata la nuova vocazione. Ė lui il tesoro nascosto nel campo cioè in questo mondo – “il campo è questo mondo ” (Mt 13, 38) – e Cristo è nascosto nelle Scritture nel senso che vi è indicato per tipi e parabole. Ciò non poteva essere compreso dall’uomo prima che venisse l’adempimento della realtà, l’avvento di Cristo. Questo significava ciò che fu detto a Daniele Profeta: “Sigilla i discorsi e segna il libro fino al tempo del compimento, affinché molti intendano e si adempia la lettera. Quando avverrà la dispersione comprenderanno tutte queste cose” (Dan 12, 4.7). Anche Geremia dice : “Negli ultimi tempi le comprenderanno (Ger 23, 20).

 

         Ogni profezia prima che si avveri è enigmatica ed ambigua agli uomini; ma giunto il tempo e adempiutosi ciò che è predetto, allora le profezie hanno un senso limpido e certo. La venuta del Figlio di Dio nella natura umana, letta dai cristiani è un tesoro nascosto nel campo, svelato e spiegato dalla croce di Cristo che mostra la sapienza di Dio e i suoi piani a riguardo degli uomini, prepara il regno di Cristo e annuncia l’eredità della santa Gerusalemme, afferma che l’uomo deve progredire continuamente nell’amare Dio finché vedrà Dio e ascolterà la sua voce e che ascoltando la sua parole sarà tanto glorificato che gli altri non potranno fissare il suo volto come fu detto da Daniele: “I saggi risplenderanno come stelle del firmamento e molti giusti saranno come stelle per secoli e secoli” (Dan 12, 3). 

Adv. Haer. IV, 26, 1

 

XVIIA settimana T.O. - VESPRI Mercoledì

Mt 13, 44-46 

Omelie sul Vangelo di San Matteo, 47, 2

 

 

  

Le parabole del tesoro e della perla

 San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

La somiglianza che si può vedere tra la parabola del granello di senapa e quella del lievito si ritrova fra quelle del tesoro e della perla : tutte e due significano che bisogna preferire il messaggio evangelico ad ogni altra cosa… Infatti il Vangelo si sviluppa come il granello di senapa e impone la sua forza come il lievito ; come la perla, è di grande valore ; in fine, come il tesoro, procura i più preziosi vantaggi.

 

A questo riguardo, conviene sapere, non soltanto che bisogna  spogliarsi di tutto per accogliere il Vangelo, ma pure che bisogna farlo con gioia… Nota quanto la predicazione del Vangelo passa inosservata nel mondo, e come il mondo non vede i numerosi beni che ne sono la ricompensa… Due condizioni sono quindi necessarie : la rinuncia dei beni del mondo e un coraggio saldo. Si tratta infatti di « un mercante in cerca di perle preziose » che «  trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi » per comprarla. La verità è una, non si divide. Come il possessore della perla conosce la sua ricchezza, quando sovente, mentre la tiene in mano, coloro che la guardano non lo sospettano nemmeno, a causa della piccolezza della perla, così coloro che sono stati istruiti dal Vangelo conoscono la loro felicità, mentre gli infedeli, ignorando questo tesoro, non hanno alcuna idea della nostra ricchezza.

 

XVIIA settimana T.O. - LODI Giovedì

Mt 13, 47-53

 

 

« Il Regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare »

 Dalla Costituzione “Gaudium et Spes”Del Concilio Vaticano Secondo

 

Certo, siamo avvertiti che niente giova all'uomo se guadagna il mondo intero ma perde se stesso (Lc 9, 25). Tuttavia l'attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo della umanità nuova che già riesce ad offrire una certa prefigurazione, che adombra il mondo nuovo. Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia, tale progresso, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l'umana società, è di grande importanza per il regno di Dio.

 

Ed infatti quei valori, quali la dignità dell'uomo, la comunione fraterna e la libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al Padre « il regno eterno ed universale: che è regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace » (Rm 8, 19-21). Qui sulla terra il regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione.

 

XVIIA settimana T.O. - VESPRI Giovedì

Mt 13, 47-53

Esposizione sul salmo 95, 14-15

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

« Sulla riva… raccolgono i buoni »

 Sant’Agostino nel quinto secolo

 

         « Giudicherà il mondo secondo giustizia, i popoli secondo la sua verità » (Sal 95,13). In che cosa consisteranno la giustizia e la verità? Prima sceglierà quelli, tra i suoi eletti (Mc 13,27), che dovranno essere giudici insieme con lui; poi separerà gli altri in due gruppi, ponendone uno alla destra e uno alla sinistra (Mt 25,33). E potrà esserci cosa più giusta, più conforme a verità, che quei tali che prima della venuta del giudice si ricusarono di agire con misericordia, non si attendano misericordia dal giudice? Viceversa, quelli che si impegnarono per agire con misericordia saranno giudicati con misericordia (Lc 6,37). A quelli che si troveranno a destra sarà detto: « Venite, benedetti del Padre mio! Possedete il regno che vi è stato preparato fin dalla creazione del mondo ». Ed elenca le opere di misericordia: « Ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi dissetaste », eccetera (Mt 25,31s)…

 

Pensi forse che, perché tu sei iniquo, abbia ad esserlo anche il giudice? O, perché tu sei bugiardo, pensi che non sia vera la verità? Al contrario! Se vuoi incontrarlo pieno di misericordia, sii tu misericordioso prima che egli venga. Se qualcuno ha mancato contro di te, perdonalo. Se hai qualcosa d'avanzo, dallo al prossimo… Dai della roba avuta da lui, non fai altro che una restituzione. (Che cosa hai infatti che tu non l'abbia ricevuto? » (1 Cor 4,7). Ecco allora le vittime che tornano più gradite a Dio: la compassione, l'umiltà, la confessione, la pace, la carità. Rechiamo all'altare queste ostie e attenderemo tranquilli la venuta del giudice, che « giudicherà il mondo secondo giustizia e i popoli secondo la sua verità ».

 

XVIIA settimana T.O. - LODI Venerdì

Mt 13, 54-58

 

“Concittadini di Cristo nella patria celeste”

 

di San Pier Crisologo nel quinto secolo

 

Venne nella sua patria, Se è nato, come può non essere cittadino? Se è cittadino, come uno potrebbe meravigliarsi che egli abbia una patria? Ma questa è una condizione umana, che riconosce, non uno stato divino; perché Colui che è e che era prima dei secoli, nostro Dio, negli ultimi tempi volle essere nostro padre, per salvare con pietà quelli che aveva creato con la sua potenza; e per recuperare con la compassione quelli che con le sue punizioni e i suoi comandi aveva reso privi di patria. Infatti, tutto quello che leggiamo che Cristo fece o compì mediante l’umanità assunta, dobbiamo intendere che egli l’abbia compiuto non come offesa per la Divinità, ma come motivo di gloria per l’uomo.

 

E lo seguivano, dice, i suoi discepoli. Ben a ragione i discepoli seguono Cristo che ritorna nella sua patria, perché, ormai iscritti com’erano nell’albo del consorzio del cielo, una così ambita scelta e la pienezza di una grazia così grande li aveva resi cittadini e membri della patria celeste, come dice il Signore: Rallegratevi, perché i vostri nomi sono scritti nel libro della vita.

 

Opportunamente il Signore aggiunse: Un Profeta non è disprezzato se non nella sua patria. Ecco quale saggezza hanno i concittadini secondo la carne, ecco in che modo pensano e onorano i parenti del mondo! Beato colui, che avendo meritato di avere Dio per Padre, non cerca nulla all’infuori della patria celeste!

 

XVIIA settimana T.O. - VESPRI Venerdì

Mt 13, 54-58

 

“Gesù in mezzo ai suoi”

 

di San Pier Crisologo nel quinto secolo

 

 

        Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria. Cristo appunto andò nella sua patria, perché sta scritto: Venne fra la sua gente, e i suoi non lo accolsero. Ma dicendo: Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, insegna che à motivo d’invidia essere potente fra propri conterranei… E non fece, dice, che pochi miracoli per la loro incredulità. Non si compiono prodigi, dove l’incredulità non li merita. E se Cristo, quando guarisce non esige una ricompensa, si sdegna tuttavia quando, invece dell’onore, gli sono rivolte offese.

 

Dicevano: costui è figlio del carpentiere, ma non dicevano di quale carpentiere fosse figlio. Dicevano figlio del carpentiere, affinché da un’umile arte fosse nascosta l’arte del Creatore e affinché il nome artigianale nascondesse il nome della divinità. Cristo era figlio di un carpentiere, ma di quello che aveva compiuto la costruzione del mondo non con un maglio, ma con un suo ordine; che aveva messo insieme le parti degli elementi non con l’ingegno, ma col suo comando; che aveva fuso la massa del mondo non col carbone, ma col suo potere; che aveva acceso il sole non col fuoco terreno, ma col calore celeste; che aveva creato la luna, le tenebre, i tempi della notte; che aveva distinto le stelle con la diversità della loro luce; che tutto aveva fatto dal nulla; e lo aveva fatto per te, o uomo, perché tu compensassi col tuo apprezzamento l’Artefice dell’opera.

 

XVIIA settimana T.O. - LODI Sabato

 

Omelie sul vangelo di Luca, 2-4 ; SC 87, 347

 

 

Precursore di Cristo nella nascita e nella morte

di Origene nel terzo secolo

 

         Ammiriamo Giovanni Battista soprattutto a motivo di questa testimonianza : « Tra i nati di donna, non c’è nessuno più grande di Giovanni » (Lc 7,28) ; ha infatti meritato di elevarsi ad una reputazione di virtù tale che molta gente pensava che fosse Cristo (Lc 3,15). Eppure, c’è qualcosa di ancor più stupefacente : Erode il tetrarca godeva del potere regale e poteva farlo morire quando avesse voluto. Ora aveva commesso un’azione ingiusta e contraria alla legge di Mosè sposando la moglie di suo fratello. Giovanni, senza avere paura di lui, senza fare eccezione di persona, senza preoccuparsi del potere regale, senza temere la morte…, conoscendo tutti questi pericoli, ha biasimato Erode con la libertà dei profeti e gli ha rimproverato il suo matrimonio. Gettato in prigione per tale audacia, non si preoccupa della morte  né del giudizio dall’esito incerto, ma, pur incatenato, i suoi pensieri andavano a Cristo da lui annunciato.

 

         Non potendo andare a trovarlo di persona, manda i suoi discepoli a informarsi : « Sei tu colui che viene, o dobbiamo aspettare un altro ? » (Lc 7,19). Notate bene che, persino nella sua prigione, Giovanni insegnava ; persino in questo luogo aveva dei discepoli ; persino in carcere, Giovanni compiva il suo dovere e ammaestrava i suoi discepoli con colloqui su Dio. In questo contesto, il problema di Gesù veniva posto, e Giovanni gli manda dunque alcuni discepoli…

 

         I discepoli tornano e riferiscono al loro maestro ciò che il Salvatore li aveva incaricati di annunciare. Questa risposta è per Giovanni un’arma per affrontare lo scontro ; muore con franchezza e di gran cuore si lascia decapitare, assicurato dalla parola del Signore stesso, che colui nel quale aveva creduto era veramente il Figlio di Dio. Tale è stata la libertà di Giovanni Battista, tale è stata la follia di Erode che, a tanti crimini già commessi, ha aggiunto prima la detenzione, poi l’omicidio di Giovanni Battista.

 

XVIIA settimana T.O. - Primi Vespri  Sabato

 

 

PORTANDO IN NOI CRISTO POSSIAMO GIUNGERE ALLA VITA SENZA FINE

dagli scritti dello Pseudomacario nel quarto secolo

 

         L’anima, quando viene ritenuta degna di avere parte alla chiarità luminosa dello Spirito, venendo illuminata da questo splendore ineffabile si trasforma nella dimora adatta a riceverlo. Essa è allora tutta luce, tutto viso, tutto occhio, nessuna parte in lei è priva dello spirituale occhio della luce. Niente è tenebroso in lei, essa è luce, spirito e capacità visiva. Tutto in lei è chiaro e semplice, essendo accesa dalla luce di Cristo che in lei ha stabilito la sua dimora.

 

         Quando il pittore è intento a fare il ritratto del re ne deve avere davanti il volto, cosicché quando il re posa davanti a lui con abilità e grazia lo ritrae, ma se il re è girato dalla parte opposta il pittore non può compiere l’opera sua, perché il suo occhio non ne vede il volto. Così Cristo, pittore perfetto, dipinge i lineamenti del suo volto di uomo celeste su quei fedeli che sono verso di Lui costantemente orientati… Se qualcuno non lo fissa di continuo, disprezzando ogni cosa a Lui contraria, non avrà di se stesso l’immagine del Signore disegnata dalla sua luce.

 

         Il nostro volto sia sempre in Lui fisso, con fede e amore, trascurando tutto per essere solo in Lui intenti, affinché nel nostro intimo s’imprima la sua immagine, e così portando in noi Cristo possiamo giungere alla vita senza fine.

 

....RITIRO DEI MONACI....

XXIIA settimana T.O. - U.R. Domenica

Omelia, 10-12 ; PG 88, 1860-1866

 

 

Gesù venne loro incontro dicendo : Salute a voi

 di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         « Venite a vedere il luogo dove era deposto » (Mt 28,6)… Venite a vedere il luogo dove è stato redatto l’atto che garantisce la vostra risurrezione. Venite a vedere il luogo dove la morte è stata sepolta. Venite a vedere il luogo dove un corpo, chicco di grano non seminato da mano d’uomo, ha prodotto una moltitudine di spighe per l’immortalità… « Andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno. Annunziate ai miei discepoli i misteri che avete contemplati. »

 

         Questo ha detto il Signore alle donne. E anche ora, sulla riva della piscina battesimale, sta, invisibile, vicino ai credenti, abbraccia i neobattezzati come amici e fratelli… Colma i loro cuori e le loro anime di esultanza e di gloria. Lava le loro macchie nelle fonti della sua grazia. Unge col profumo dello Spirito coloro che sono stati rigenerati. Il Signore diviene colui che li nutre e diviene loro cibo. Procura ai suoi servi la loro parte del cibo spirituale. Dice a tutti i fedeli : « Prendete, mangiate il pane del cielo, ricevete la fonte che zampilla dal mio costato, alla quale sempre si può attingere, senza mai inaridirla. Voi che avete fame, saziatevi ; voi che avete sete, inebriatevi del vino sobrio e salutare. »

 

XXIIA settimana T.O. - VESPRI Domenica

Sul Cantico dei cantici, 37

(In l' Ora dell'Ascolto p. 1790) 

 

           

Il segreto dell’ultimo posto

 

di San Bernardo nel dodicesimo secolo

 

 

         Se sapessimo chiaramente a quale posto Dio mette ciascuno di noi, dovremmo acconsentire alla verità senza mai crederci più grandi  o più piccoli  di quello che siamo. Ora, poiché i decreti di Dio sono avvolti nelle tenebre, e la sua volontà ci è nascosta, è più sicuro, secondo il consiglio della Verità stessa, scegliere l’ultimo posto, dal quale saremo chiamati con onore per ricevere un posto più alto. Quando devi passare per una porta il cui architrave è troppo basso, tu puoi abbassarti quanto vuoi senza farti male; ma se ti alzerai sia pure dello spessore di un dito al di sopra dell’altezza della porta, ci sbatterai contro e ti romperai la testa. Allo stesso modo non bisogna temere alcuna umiliazione, per grande che sia, ma avere un gran timore e orrore anche del minimo moto di presunzione.

 

         Quindi non ci paragoniamo con quelli che sono superiori o inferiori a noi, non ci confrontiamo con alcuno, neanche con un solo uomo. Che ne sai se colui che forse stimi come il più spregevole di tutti, per un mutamento operato dalla potenza dell’Altissimo, non diventerà migliore di te e degli altri o se non lo è già realmente in Dio? Perciò il Signore vuole che scegliamo non un posto mediocre, né il penultimo e neanche uno degli ultimi, ma dice: “Va’ a metterti all’ultimo posto”, in modo che solo tu sia l’ultimo di tutti e non ti preferisca, anzi neanche osi paragonarti ad alcuno.

 

XXIIA settimana T.O. - LODI martedì

Catechesi battesimali, 11, 5-10

 

 

La tua parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale, si lanciò

 

di San Cirillo di Gerusalemme nel quarto secolo

 

 

         Dio è spirito (Gv 5, 24) ; colui che è spirito ha generato spiritualmente… in una generazione semplice e incomprensibile. Il Figlio stesso disse del Padre : « Il Signore mi ha detto : Tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generato » (Sal 2, 7). Quest’oggi non è nel tempo, ma prima di tutti i secoli. « Dal seno dell’aurora come rugiada, io ti ho generato » (Sal 109, 3).

         Credi dunque in Gesù Cristo, Figlio del Dio vivente, ma Figlio unigenito secondo la parola del Vangelo : « Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna » (Gv 3, 16)… Giovanni dà questa testimonianza a suo riguardo : « Noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità » (Gv 1, 14).

         Perciò, i demoni stessi, tremando davanti a lui gridavano : « Basta ! che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno ? Tu  sei il Figlio del Dio vivente ! » Egli è dunque Figlio di Dio secondo la natura, e non soltanto per mezzo dell’adozione, poiché è nato dal Padre… Il Padre, Dio vero, ha generato il Figlio simile a lui, Dio vero… Cristo è stato generato «  Parola viva ed eterna » (1 Pt 1, 23) non solo pronunciata con le labbra, bensì proprio nata dal Padre eternamente, ineffabilmente… Parola che comprende la volontà del Padre e fa ogni cosa per ordine suo … Parola piena di autorità e regge tutto, perché « il Padre ha dato tutto nelle mani del Figlio » (Gv 13, 3).

 

XXIIA settimana T.O. - VESPRI martedì

Sesto trattato : PL 204, 451-453 

 

 

Parlava con autorità

 

di Baldovino di Ford nel dodicesimo secolo

 

  

         « La Parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio » (Eb 4, 12). L’Apostolo mostra con queste parole, tutta la grandezza, la fortezza e la saggezza della Parola di Dio, a coloro che cercano Cristo, parola, fortezza e saggezza di Dio. Questa Parola era in principio presso il Padre, eterna con lui. Essa fu rivelata a suo tempo agli apostoli, annunciata da loro, e ricevuta umilmente dal popolo dei credenti… È viva questa parola a cui il Padre ha concesso di avere la vita in se stessa, come Egli la possiede in se stesso. (Gv 5, 26). Perciò, essa non è soltanto viva, ma è pure vita, come è scritto : « Sono la via, la verità e la vita » (Gv 14, 6). Essendo vita, è viva e vivificante, perché « come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole » (Gv 5, 21). È vivificante quando chiama Lazzaro fuori dal sepolcro e gli dice : « Vieni fuori » (Gv 11, 43). Quando questa Parola viene proclamata, la voce che la pronuncia, risuona fuori con una forza che, percepita dentro, fa rivivere i morti, e svegliando la fede suscita veri figli ad Abramo (Mt 3, 9). Sì, è viva questa Parola, viva nel cuore del Padre, nella bocca di chi la proclama, nel cuore di chi crede e ama.

 

XXIIA settimana T.O. - LODI mercoledì

 

 

LIBRO DI VITA DI GERUSALEMME

 

 

Capitolo "Nel cuore della città" - § 128

 

XXIIA settimana T.O. - VESPRI mercoledì

Omelie,  84 sul Cantico dei cantici, 3

 

 

Le folle lo cercavano…

 

di San Bernardo nel dodicesimo secolo

 

 

         Ogni anima che cerca il Signore sappia che è stata preceduta da colui che l’ha cercata per primo… « Lungo la notte, ho cercato l’amato del mio cuore » (Ct 3,1). L’anima cerca il Verbo, eppure è il Verbo ad averla cercata per primo… Se fosse lasciata a se stessa, la nostra anima non sarebbe altro che un soffio che se ne va a caso e non torna più. Ascoltate i gemiti e le suppliche dell’anima che erra e ha perso la strada : « Come pecora smarrita vado errando ; cerca il tuo servo » (Sal 118,176). O uomo, vuoi tornare ; eppure se questo dipendesse dalla tua sola volontà, perché chiederesti aiuto ?… È chiaro che la nostra anima vuole tornare ma non lo può ; non è che un soffio errando e da sola, non potrà tornare… Ma da dove gli viene tale volontà ? Dal fatto che già il Verbo l’ha visitata e cercata. Questa ricerca non è stata vana, poiché ha suscitato la volontà senza la quale non c’è ritorno possibile.

 

         Ma non le basta essere stata cercata una volta ; l’anima è troppo debole, e la difficoltà del ritorno è troppo grande. « C’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo » (Rm 7,18). Cosa domanda l’anima, nel salmo che ho citato ? Nient’altro che essere cercata ; infatti non cercherebbe infatti se non fosse stata cercata, e non ricomincerebbe a cercare, se fosse stata a sufficienza cercata.

 

XXIIA settimana T.O. - LODI giovedì

Discorsi, 39

 

 

D’ora in poi sarai pescatore di uomini

 

di San Massimo il Confessore nel settimo secolo

 

 

         Quando il Signore, seduto nella  barca, dice a Pietro: “Prendi il largo e calate le reti per la pesca”, gli consiglia non tanto di calare gli strumenti da pesca nelle profondità delle acque, quanto di spargere nel fondo dei cuori le parole della predicazione. San Paolo ha penetrato in quell’abisso dei cuori, lanciando la parola: “O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio!” (Rm 11,33)... Come la rete porta nelle sue pieghe verso la nave i pesci che ha presi, così la fede conduce nel suo seno, verso il riposo, tutti gli uomini che ha radunati.

         Ancora per fare capire che il Signore parlava di pesca spirituale, Pietro dice: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti”... Il Verbo, la Parola di Dio, è il Signore nostro Salvatore... Poiché Pietro lancia la sua rete secondo il Verbo, diffonde dappertutto la sua eloquenza secondo Cristo. Spiega le reti tessute secondo le prescrizioni del suo maestro; lancia nel nome del Signore parole più chiare e più efficaci che permettono di salvare, non creature senza ragione, bensì gli uomini.

         “Abbiamo faticato, dice, tutta la notte e non abbiamo preso nulla”. Sì, Pietro aveva proprio faticato tutta la notte...; quando è sorta la luce del Salvatore, le tenebre si sono disperse e la sua fede gli ha permesso di distinguere, nel più profondo delle acque, ciò che i suoi occhi non potevano vedere. Pietro ha effettivamente sofferto a causa della notte, finché il giorno che è Cristo non è venuto in suo soccorso. Questo fa dire all’apostolo Paolo: “La notte è avanzata, il giorno è vicino” (Rm 13,12).

 

XXIIA settimana T.O. - VESPRI giovedì

Discorso 43, 5-6 ; CCL 41, 510-511

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

1929

 

Non temere, d’ora in poi sarai pescatore di uomini

 

Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

Quanta fu la degnazione di Cristo! Questo Pietro che parla così era stato un pescatore; ma adesso gran lode merita ogni oratore che riesca a comprendere il pescatore. Al riguardo, parlando ai primi cristiani, diceva l'apostolo Paolo: “Considerate la vostra chiamata, o fratelli. In mezzo a voi non ci sono molti sapienti secondo la carne, né molti potenti, né molti nobili. Ma Iddio ha scelto le cose deboli del mondo per confondere le forti, e le cose stolte del mondo ha scelto Dio per confondere i sapienti, e le cose ignobili e disprezzate del mondo ha scelto Dio, e quelle che non sono, quasi che fossero, per ridurre al nulla quelle che sono”(1 Cor 1, 26-28).

Se infatti Cristo avesse scelto per primo il retore, questo retore avrebbe detto: “Sono stato scelto in grazia della mia eloquenza”. Se avesse scelto il senatore, il senatore avrebbe detto: “Sono stato scelto per la mia dignità”. In fine, se avesse scelto l'imperatore, l'imperatore avrebbe detto: “Sono stato scelto in vista del mio potere”. Stiano dunque calmi tutti costoro e si lascino rimandare a dopo! Stiano calmi! Non saranno scartati né disprezzati ma solo posti in seconda linea, in quanto potrebbero in se stessi trovare come gloriarsi di se stessi.

 

Dammi, dice Cristo, quel pescatore, dammi quell'illetterato, quell'ignorante; dammi quel tale con cui il senatore non si degna di parlare neppure quando compra il pesce. Dammi quello, dice. Se riempirò un uomo come questo, sarà palese che sono io a farlo. Anche il senatore – è vero – e il retore e l'imperatore io renderò miei discepoli..., ma è più convincente l'aver io agito nel pescatore. Il senatore potrebbe gloriarsi di se stesso, e così il retore e l'imperatore, mentre il pescatore non potrà gloriarsi se non di Cristo. Venga dunque il pescatore e questo sia per dare una lezione di umiltà salutare. Venga per primo il pescatore.

 

XXIIA settimana T.O. - LODI venerdì

Conferenze 

 

 

Potete far digiunare gli invitati a nozze, mentre lo Sposo è con loro?

 

di San Giovanni Cassiano nel quinto secolo

  

 

Avevamo lasciato la Siria per la Provincia d’Egitto, con il desiderio di imparare i principi dei monaci anziani, e ci meravigliavamo della grande cordialità con la quale eravamo accolti. Contrariamente a quel che ci era stato insegnato nei monasteri di Palestina, non si osservava quella regola di aspettare l’ora fissata per il pranzo, ma, eccetto il mercoledì e il venerdì, dovunque andassimo, si rompeva il digiuno. Uno degli antichi a cui domandavamo perché, da loro, si omettessero così facilmente i digiuni quotidiani, ci rispose : « Il digiuno è sempre con me. Voi, invece, che fra poco congederò, non potrò tenervi sempre con me. E il digiuno, benché utile e necessario, è tuttavia l’offerta di un dono volontario, mentre il compimento dell’opera della carità è l’esigenza assoluta del precetto. Perciò, accogliendo in voi Cristo, devo ristorarlo e, dopo avervi congedato, potrò compensare in me, con un digiuno più rigoroso, l’umanità che vi ho manifestata per riguardo a Cristo. Infatti, « gli amici dello Sposo non possono digiunare mentre lo Sposo è con loro », ma quando si sarà allontanato, allora potranno farlo.

 

XXIIA settimana T.O. - VESPRI venerdì

Commento al vangelo di Matteo, 10, 22 ; CCM 56 B, 1072-1073

 

 

Cristo Sposo

 

di San Pascasio Radberto nel nono secolo

 

  

         Un’unione strana e straordinaria ebbe luogo quando  « il Verbo si fece carne » nel seno della Vergine e « venne ad abitare in mezzo a noi » (Gv 1,14). Come tutti gli eletti sono risuscitati in Cristo quando egli risuscitò, così queste nozze sono state celebrate in lui e la Chiesa è stata unita allo Sposo mediante i legami del matrimonio, quando l’uomo-Dio ricevette in pienezza i doni dello Spirito Santo e tutta la divinità venne ad abitare nel suo corpo… Cristo è divenuto uomo per mezzo dello Spirito Santo e, in quanto Sposo, è uscito dal seno della Vergine, che infatti fu la sua stanza nuziale. E la Chiesa, nel rinascere dall’acqua per mezzo dello stesso Spirito, diviene un solo corpo in Cristo, sicché i due « sono una carne sola » (Mt 19,5) il che, « in riferimento a Cristo e alla Chiesa, è un grande mistero » (Ef 5,31).

 

         Questo matrimonio dura fin dall’inizio dell’incarnazione di Cristo fino al momento in cui Cristo tornerà e tutti i riti dell’unione nuziale saranno compiuti. Allora, coloro che saranno pronti e avranno compiuto come conviene le condizioni di una tale unione, entreranno con lui, pieni di rispetto, alle nozze eterne (Mt 25,10). Nell’attesa, la sposa promessa a Cristo cammina verso il suo Sposo, e custodisce l’alleanza con lui ogni giorno nella fede e nella tenerezza, finché egli venga.

 

XXIIA settimana T.O. - LODI sabato

                                                                       Lc 6, 1-5

 Commento sulla Genesi

 

 

 

 Ricordati del giorno di sabato per santificarlo 

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

         Ora che è giunto il tempo della grazia che ci è stata rivelata, l’osservanza del sabato, una volta simboleggiata dal riposo di un solo giorno, è stata abolita per i fedeli. In questo tempo di grazia, infatti, il cristiano osserva un sabato perpetuo, se tutto il bene fatto da lui viene fatto nella speranza del riposo futuro, e se non si gloria delle proprie opere buone come di un bene che venisse da sè, senza averlo ricevuto.

 

         Così, comprendendo e ricevendo il sacramento del battesimo come un sabato, cioè come il riposo del Signore nella sepoltura (Rm 6, 4), il cristiano si riposa dalle sue opere antiche per camminare ormai in una vita nuova, riconoscendo che Dio agisce in lui. Dio infatti nello stesso tempo agisce e si riposa, quando concede alla sua creatura la gestione che gli si addice, e nello stesso tempo gode in se stesso di un’eterna tranquillità.

 

         Dio né si è faticato creando il mondo, né si è riposato cessando di creare, ma ha voluto con queste parole della Scrittura « Dio cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro » (Gen 2, 2)], invitarci a desiderare questo riposo, donandoci il comandamento di santificare questo giorno (Es 20, 8).

 

XXIIA settimana T.O. - PRIMI VESPRI  Sabato

 

 

 

L’amore del prossimo

dagli scritti di San Basilio di Cesarea al quarto secolo

 

      Abbiamo ricevuto l'ordine di amare il nostro prossimo come noi stessi; Dio non ci ha forse dato una naturale propensione a farlo? Chi è colui che non si rende conto che l'uomo, naturalmente socievole e dolce, non è fatto per la vita solitaria  e selvaggia? Nulla è più conforme alla nostra natura che vivere insieme, ricercarci reciprocamente ed amare il nostro simile.

      Il Signore chiede, dunque, i frutti di ciò di cui ha posto il seme in noi, quando dice : "Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri". Nello scopo di spingere la nostra anima ad obbedire a questo precetto, non ha voluto che si cercasse il segno dei suoi discepoli in opere straordinarie, benché ne ricevessero il potere nello Spirito Santo.

      Cosa dice, invece: "Riconosceranno che siete miei discepoli se vi amerete gli uni gli altri".

      E mette un vincolo tale ai due comandamenti da considerare come fatta a Lui stesso ogni buona azione rivolta al prossimo: "Perché ho avuto fame, dice, e mi avete dato da mangiare..." e aggiunge: "Tutto quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli è a me che l'avete fatto".

      Quindi colui che ama Dio amerà di conseguenza il suo prossimi: "Chi mi amerà, dice il Signore, compirà i miei comandamenti. ora, "il mio comandamento eccolo: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati".

      Ve lo ripeto, quindi: chi ama il suo prossimo adempie al suo dovere di amare Dio, poiché Dio considera questo dono come fatto a Lui.

 

Da: Sources Vives    63,  settembre 1995.

 

XXIIIA settimana T.O. - U.R. Domenica

 

 

 

Le testimonianze della Risurrezione

di San Leone Magno nel V secolo

 

  

            La risurrezione del Salvatore non lasciò a lungo l’anima nell’inferno, né la carne nel sepolcro. Fu molto celere la vivificazione della carne incorrotta, come se ivi un sopore anziché la morte fosse intervenuto; la divinità, che non si era allontanata dalla, natura dell’uomo assunto, con propria potestà ricongiunse quel che per propria potestà aveva separato.

 

         Molte testimonianze seguirono per fondare l’autorità della fede che doveva essere predicata in tutto il mondo. Il ribaltamento della pietra, il sepolcro trovato vuoto, i panni ben disposti e gli angeli che raccontarono tutto il fatto, documentano con certezza e con abbondanza la verità della risurrezione del Signore.

 

         Egli con queste testimonianze aveva lo scopo di far conoscere che in lui le proprietà della natura divina e quelle della natura umana persistono inseparabilmente, e inoltre di farci certi che il Verbo non è la stessa cosa che la carne pur professando che l’unico Figlio di Dio è Verbo e carne.

 

         Riconosca il popolo di Dio di essere una nuova creatura in Cristo, e comprenda con diligenza da chi sia stata accolta e chi essa abbia a sua volta accolto.

 

XXIIIA settimana T.O. - VESPRI Domenica

Conferenze 3, 6-7; CSEL 13/2, 73-75

(In l' Ora dell'Ascolto p. 1780)

 

 

Rinunciare a tutti i propri averi

 

di Giovanni Cassiano nel quinto secolo

 

 

 

         Ora dobbiamo parlare delle rinunzie, che secondo la tradizione dei Padri e come afferma l’autorità della sacra Scrittura son tre... Con la prima disprezziamo tutte le ricchezze e i beni materiali del mondo, con la seconda rinneghiamo le consuetudini passate, vizi e passioni dell’anima e della carne; la terza consiste nel distogliere la nostra anima da tutte le cose presenti e visibili, per contemplare e desiderare soltanto i beni futuri e invisibili. E tutte e tre queste rinunzie devono essere attuate contemporaneamente, come leggiamo che ordinò il Signore ad Abramo dicendogli: “Esci dalla tua terra e dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre” (Gen 12,1).

 

         Prima disse: “dalla tua terra”, cioè rinuncia ai beni di questo mondo e alle ricchezze terrene; in secondo luogo: “dalla tua parentela”, rinuncia cioè al modo di vivere, alle consuetudini e ai vizi del passato, che fin dalla nascita aderiscono a noi come se ci fossero affini e consanguinei; in terzo luogo: “dalla casa di tuo padre”, cioè distogli lo sguardo da ogni ricordo di questo mondo che hai sotto gli occhi...

 

Fissiamo lo sguardo, come dice l’apostolo Paolo, “non sulle cose visibili ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono d’un momento, quelle invisibili sono eterne” (2 Cor 4,18)...“La nostra patria è nei cieli” (Fil 3,20)... Così, usciti dalla casa paterna, volgeremo tutto lo sguardo dell’anima ai beni celesti... Allora la nostra mente, purificata da ogni attacco e abitudine terrena dall’incessante meditazione delle divine Scritture e da pensieri spirituali, si trasferirà al mondo invisibile.

 

XXIIIA settimana T.O. - LODI martedì

Commento al Vangelo di San Luca 5, 41ss ; SC 45 p. 198-199 

 

 

Passò la notte in orazione

 

di Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

 

         Il Signore prega, non per implorare per se stesso, bensì per intercedere per me. Benché il Padre abbia messo ogni cosa a disposizione del Figlio, il Figlio tuttavia, per attuare pienamente la sua condizione di uomo, ha giudicato opportuno implorare il Padre per noi ; perché è il nostro avvocato. Non rizzate degli orecchi insidiosi immaginando che sia per debolezza che Cristo domanda per ottenere ciò che non potrebbe compiere, lui che è l’autore di ogni potere. Maestro di ubbidienza, Cristo ci plasma con il suo esempio ai precetti della virtù. « Abbiamo un avvocato presso il Padre » è stato detto (1 Gv 2, 1). Se è avvocato, deve interporsi per i miei peccati. Non è quindi per debolezza bensì per bontà che implora.

 

Volete sapere fino a che punto può tutto ciò che vuole ? È nello stesso tempo avvocato e giudice : il primo consiste in un ufficio di compassione, l’altro è l’insegna del potere. « Passò la notte in orazione ». Vi lascia un esempio, vi traccia un modello da imitare. Cosa conviene fare per la vostra salvezza quando per voi, Cristo passa la notte in orazione ? Cosa conviene fare nel momento di intraprendere un’opera di pietà, quando Cristo, nel momento di mandare i suoi Apostoli, ha pregato e ha pregato da solo ? In nessun’altra parte, se non erro, è detto che abbia pregato con i suoi Apostoli ; dovunque, implora da solo. Infatti il grande disegno di Dio non può essere colto con desideri umani, e nessuno può aver parte al pensiero intimo di Cristo. D’altronde, volete sapere che è proprio per me e non per lui che Cristo ha pregato ? « Chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici » per mandarli, seminatori della fede, a diffondere il soccorso e la salvezza degli uomini nell’universo intero.

 

XXIIIA settimana T.O. - VESPRI martedì

La preghiera della Chiesa

 

 

 

Gesù se ne andò sulla montagna a pregare

 

di Santa Teresa Benedetta della Croce [Edith Stein]

 

 

         Ogni anima umana è un tempio di Dio: Questo ci apre una prospettiva vasta e veramente nuova. La vita di preghiera di Gesù è la chiave per capire la preghiera della Chiesa. Vediamo che Cristo ha partecipato al servizio divino, alla liturgia del suo popolo...; ha portato la liturgia dell’antica alleanza a compiersi in quella della nuova alleanza.

         Tuttavia, Gesù non ha semplicemente preso parte al servizio divino pubblico prescritto dalla Legge. I vangeli fanno accenni più numerosi ancora alla sua preghiera solitaria nel silenzio della notte, sulle vette selvagge dei monti, nei luoghi deserti. Quaranta giorni e quaranta notti di preghiera hanno preceduto la vita pubblica di Gesù (Mt 4, 1-2). Si è ritirato nella solitudine della montagna per pregare, prima di scegliere i suoi dodici apostoli e di mandarli per la missione. Nell’ora del monte degli Ulivi, si è preparato ad andare fino al Golgota. Il grido che ha rivolto al Padre nell’ora più penosa della sua vita ci è svelato da alcune brevi parole che brillano come stelle anche nelle nostre ore sul monte degli Ulivi. “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22,42). Sono come un lampo che illumina per noi, in un istante, la vita più intima dell’anima di Gesù, il mistero insondabile del suo essere uomo-Dio e del suo dialogo col Padre. Questo dialogo è durato certamente per tutta la sua vita, senza mai interrompersi.

 

XXIIIA settimana T.O. - LODI mercoledì

Discorsi per Tutti i Santi 2,  13-20

 

 

Beati voi che ora piangete

 

d’Isacco della Stella nel dodicesimo secolo

 

 

         « Beati gli afflitti, perché saranno consolati » (Mt 5,5). Con questa parola il Signore vuole farci intendere che la via verso la gioia, è il pianto. Attraverso la desolazione, si va alla consolazione : perdendo la propria vita, la si trova, rigettandola, la si possiede, odiandola, la si ama, disprezzandola, la si conserva. Se vuoi conoscere te stesso e dominarti, entra dentro di te, e non cercarti fuori… Rientra in te stesso, peccatore, rientra là dove sei, nel tuo animo… L’uomo che rientra in sé non si scoprirà forse lontano, come il figlio prodigo, in una regione di dissomiglianza, in una terra straniera, dove sta seduto e piange nel ricordo di suo padre e della sua patria (Lc 15,17) ?…

 

         « Adamo, dove sei ? » (Gen 3,9). Forse ancora nell’ombra, allo scopo di non vedere te stesso ; stai cucendo insieme foglie di vanità per coprire la tua vergogna, guardando ciò che è attorno a te e ciò che è tuo…. Guarda dentro di te, guarda te stesso… Rientra dentro di te, peccatore, torna alla tua anima.…

 

         Fratelli, gemiamo davanti al Signore che con la sua bontà è portato a perdonare ; volgiamoci verso di lui « con digiuni, con pianti e lamenti » (Gl 2,12) affinché un giorno… le sue consolazioni rallegrino le nostre anime. Beati infatti gli afflitti, non perché piangono, ma perché saranno consolati : I pianti, sono la via ; la consolazione, è la beatitudine.

 

XXIIIA settimana T.O. - VESPRI mercoledì

 

 

Beati voi poveri

 

di San Leone Magno nel quinto secolo

 

 

         « Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei cieli » (Mt 5, 3). Avremmo potuto domandarci di quali poveri la Verità aveva voluto parlare, se dicendo « Beati i poveri », non avesse aggiunto niente rispetto al genere di poveri che si sarebbe dovuto intendere ; sarebbe allora sembrato che, per meritare il Regno dei cieli, sarebbe bastata quella indigenza che tanti subiscono a causa di una penosa e dura necessità. Però dicendo : « Beati i poveri in spirito », il Signore mostra che il Regno dei cieli sarà dato a coloro che sono raccomandati dall’umiltà dell’anima piuttosto che dalla scarsezza delle risorse.

 

Eppure, non si può dubitare che i poveri acquistino più facilmente dei ricchi quel bene dell’umiltà, perché per i primi la dolcezza è un’amica nella loro indigenza, mentre per i secondi la superbia è la compagna della loro opulenza. Tuttavia questa disposizione d’animo si trova pure in tanti ricchi, che sono condotti ad usare dell’abbondanza non per gonfiarsi di superbia bensì per esercitare la bontà, e che considerano ciò che spendono per alleggerire la miseria e la pena altrui come uno tra i più grandi beni. A ogni specie e classe di uomini, è stato dato di partecipare a quella virtù, perché possano essere nello stesso tempo eguali nell’intenzione, e ineguali nella fortuna ; non importa quanto essi siano diversi riguardo alle loro risorse terrene, in effetti sono uomini eguali riguardo ai beni spirituali. Beati quindi quella povertà che non può essere incatenata dall’amore delle ricchezze temporali ; non desidera fare crescere la sua fortuna in questo mondo, ma brama diventare ricca dei beni celesti.

 

XXIIIA settimana T.O. - LODI giovedì

 

Libro di Vita di Gerusalemme

 

 

capitolo "Nel cuore della città" - § 129

 

XXIIIA settimana T.O. - VESPRI giovedì

Omelie sulla prima lettera di san Giovanni, § 8,10

(Nuova Biblioteca Agostiniana)  

 

 

Misericordia io voglio

 

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

Amando il tuo nemico, desidera che egli sia tuo fratello. Quando lo ami, ami tuo fratello. Non ami in lui ciò che è, ma quel che desideri che divenga. Ti darò un esempio: c'è qui davanti agli occhi legna di quercia; un buon falegname vede questo legno non ancora livellato, appena tagliato dal bosco, e se ne interessa; non so che cosa voglia farne. Certo non s'è preso interesse a quel legno perché esso rimanga sempre lo stesso. E' la sua arte che gli mostra ciò che il legno sarà, non l'interesse per il quale vede ciò che è ora; e lo ha amato per quel che ne avrebbe fatto, non per quello che è.

 

Così Dio ci ha amato, pur essendo noi peccatori. Diciamo che Dio ha amato i peccatori. Disse infatti: “Non i sani hanno bisogno del medico ma gli ammalati”. Dio ha forse amato noi peccatori perché restassimo tali? Egli ha guardato a noi come quel falegname al legno tagliato nel bosco, e pensò a ciò che avrebbe fatto e non già al legno informe che era.

 

Così tu vedi il nemico che ti avversa, ti aggredisce e ti morde colle sue parole, ti esaspera coi suoi insulti, non ti dà pace col suo odio. Ma in lui tu vedi un uomo. Tu vedi tutte queste cose, che ti contrastano, fatte da un uomo; ma vedi in lui ciò che è stato fatto da Dio. Il fatto che egli è creatura umana, proviene da Dio. Il fatto che ti odia e ti invidia proviene da lui. Che cosa dici nel tuo animo? "Signore, sii a lui propizio, perdona i suoi peccati, incutigli terrore, cambialo". Non ami in lui ciò che è, ma ciò che vuoi che divenga. Perciò quando ami il nemico, ami il fratello.

 

XXIIIA settimana T.O. - LODI venerdì

 

Libro di Vita di Gerusalemme

 

 

Capitolo “Nel cuore della città” paragrafo 130

 

XXIIIA settimana T.O. - Vespri Venerdì

Lc 6, 39-42

Spiegazione del discorso dalla montagna, 19

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

La pagliuzza e la trave

di Sant’Agostino nel quarto secolo

 

 

Come puoi dire a un tuo fratello : Permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell’occhio tuo c’è la trave ? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi vedrai di togliere la pagliuzza dall’occhio di tuo fratello », ossia : Prima rimuovi l’odio e poi potrai correggere l’uomo che ami. E ha detto bene : « Ipocrita ». Infatti biasimare i vizi è compito di uomini buoni e benevoli, ma, quando lo fanno i cattivi, recitano la parte degli altri, come gli attori che nascondono sotto la maschera quel che sono…

 

E quindi con tenerezza e prudenza si deve stare attenti che se la emergenza costringerà a riprendere o rimproverare qualcuno, per prima cosa riflettiamo se è un vizio che non abbiamo mai avuto o che ce ne siamo liberati. E se non l’abbiamo mai avuto, riflettiamo che anche noi siamo uomini e abbiamo potuto averlo ; se invece l’abbiamo avuto e non l’abbiamo più, la comune debolezza renda attenta la memoria in modo che non l’odio ma la compassione preceda la riprensione o il rimprovero, sicché tanto se contribuiscono al suo ravvedimento come alla sua ostinazione, giacché il risultato è incerto, noi tuttavia siamo tranquilli sulla sincerità del nostro giudizio.

 

        Se poi riflettendo riscontreremo che anche noi ci troviamo in quel vizio, in cui si trova colui che ci apprestavamo a riprendere,

non riprendiamo e non rimproveriamolo, ma proviamone insieme dolore e invitiamolo non ad ascoltarci ma a tentare insieme.

 

XXIIIA settimana T.O. - LODI sabato

Discorso 179, 8-9 ; PL 38, 970-971 (Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

 

Ascoltare e mettere in pratica

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

Non ingannate voi stessi, fratelli miei, che pure siete venuti con desiderio ad ascoltare la parola ; se non mettete in pratica ciò che avete ascoltato, smentite voi stessi. Considerate che, se è attraente l'ascoltare, quanto più il realizzare. Se non ascolti, se trascuri di ascoltare, non edifichi nulla. Se ascolti e non metti in pratica, metti mano ad una rovina… Ascoltare e mettere in pratica equivale ad edificare sulla roccia. L'ascolto stesso è appunto un edificare.

 

« Chi invece – dice il Signore - ascolta queste mie parole e non le mette in pratica lo rassomiglierò ad un uomo stolto che edifica ». Anche costui edifica. Che cosa edifica? Questo: Edifica la propria casa; ma per il fatto che non mette in pratica ciò che ascolta, pur ascoltando edifica sulla sabbia. 

 

« Quale necessità ho di ascoltare ciò che non intendo fare ? dice allora qualcuno. Ascoltando infatti e non mettendo in pratica, io metterò mano ad una rovina. Non è più sicuro non ascoltare affatto ? » In realtà, nella similitudine da lui proposta, il Signore non volle toccare questo caso, ma lo diede ad intendere. Infatti, in questa vita non hanno tregua la pioggia, i venti, i fiumi. Non edifichi sulla roccia, per non farti precipitare, se vi si abbattono ? Non edifichi sulla sabbia nell'intento che, venendo, non mandino in rovina la casa ? In conseguenza, resterai così, senza il riparo di alcun tetto se nulla ascolti…

 

Considera dunque quale parte vai a scegliere. Non ascoltando, non sarai sicuro, come credi; privo di ogni riparo è di necessità che tu sia sepolto, asportato, sommerso.

 

XXIIIA settimana T.O. - PRIMI VESPRI Sabato

 

 

Uniti a Cristo nello Spirito Santo

di San Cirillo di Alessandria nel quarto secolo

 

 

         In realtà sappiamo che il nostro ritorno a Dio è stato possibile unicamente per opera di Cristo Salvatore, che ci ha partecipato lo Spirito di santificazione. E’ lo spirito infatti a metterci in rapporto con Dio e a unirci a lui: ricevendolo, siamo resi partecipi e consorti della natura divina. E lo riceviamo appunto per mezzo del Figlio e, nel Figlio, riceviamo anche il Padre.

 

         Scrive infatti Giovanni: “Da questo si riconosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi; egli ci ha fatto dono del suo Spirito” (1Gv 4, 13). E che cosa dice Paolo? “Che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, che grida: Abbà, Padre!” (Gal 4, 6). Tanto che, fossimo privi dello Spirito, non si potrebbe minimamente conoscere che Dio è in mezzo a noi, poiché, se non ci fosse donato lo Spirito che ci annovera tra i figli di Dio, non saremmo affatto suoi figli.

 

         In qual modo siamo stati assunti, o resi consorti della natura divina, se non perché Dio è in noi e noi siamo uniti a lui per la partecipazione dello Spirito? Per questo siamo chiamati consorti di quella natura che supera tutte le cose, e templi di Dio. Per i nostri peccati l’Unigenito santificò se stesso, cioè si consacrò e si offerse a Dio Padre come ostia santa in odore di soavità; affinché, tolto ciò che separa la natura dell’uomo da Dio, cioè il peccato, più nulla ci impedisse di essere a lui uniti partecipando alla sua natura, per opera, s’intende, dello Spirito Santo, che ci riporta all’immagine primitiva rinnovandoci nella giustizia e nella santità.

 

XXIVA settimana T.O. -  U.R. Domenica

Dal Discorso sull’Incarnazione del Verbo

 

 

Cristo vive: anzi egli è la vita

di sant’Atanasio nel quarto secolo.

 

  

   Se col vessillo della croce e la fede nel Cristo la morte viene calpestata, bisogna concludere con certezza assoluta che non c’è nessun altro all’infuori di Cristo, che abbia riportato la palma e il trionfo sulla morte e l’abbia ridotta così all’impotenza. Se la morte che prima dominava ed era perciò causa di terrore, dopo la venuta e la morte e risurrezione del Salvatore vien disprezzata, appare evidente che essa è stata distrutta e vinta dallo stesso Cristo, quando salì sulla croce. Dopo la notte sorge il sole e illumina con i suoi raggi la terra, e nessuno potrebbe dubitare che sia il sole, diffondendo ovunque la sua luce, a scacciare le tenebre e illuminare tutte le cose. Così, poiché la morte cominciò a essere disprezzata e calpestata quando il Salvatore, venuto fra noi in forma umana per salvarci, morì sulla croce, da ciò e evidente che lo stesso Salvatore, apparendo nel corpo, ha distrutto la morte e ogni giorno ne trionfa attraverso i suoi discepoli….

Avendo egli abolita la morte, che cosa rimaneva ancora se non che il corpo risorgesse, diventando come un vessillo contro di essa? Come si sarebbe potuto vedere che la morte era distrutta, se il corpo del Signore non fosse risorto?

   Se poi a qualcuno tutto ciò non bastasse a provare la risurrezione di lui, creda almeno per quelle cose che si possono scorgere con gli occhi.

   Chi è morto, infatti, non può più fare assolutamente nulla, e il suo ricordo resta vivo appena fino al sepolcro e poi svanisce; solo i vivente possono agire ed essi soli hanno influenza sugli uomini. Osservi dunque chi lo desidera, e giudicando da se stesso riconosca la verità da ciò che avrà visto: se il Salvatore compie tra gli uomini tante e così grandi  cose e dappertutto persuade ogni giorno silenziosamente greci e barbari ad abbracciare la sua fede e obbedire alla sua legge, vi sarà ancora chi dubiti della sua risurrezione e che il Cristo sia vivo, anzi sia la stessa vita?

 

XXIVA settimana T.O. -  VESPRI Domenica

Commento sul Vangelo di Luca, 7, 207-209

 

 

Le tre parabole della misericordia

 

di Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

 

         Non senza motivo, san Luca ci presenta di seguito tre parabole : la pecora che si era smarrita ed è stata ritrovata, la dramma che una aveva perduta, poi ritrovata, il figlio prodigo morto, poi tornato in vita. Cosicché, sollecitati da questo triplice rimedio, curiamo le nostre ferite. Chi sono questo padre, questo pastore, questa donna ? Non sono forse Dio Padre, Cristo, la Chiesa ? Cristo ha preso su di lui i tuoi peccati, ti porta nel suo corpo ; la Chiesa ti cerca ; il Padre ti accoglie. Come un pastore, ti riporta ; come una madre, ti ricerca ; come un Padre, ti riveste. Prima la misericordia, poi l’assistenza, infine, la riconciliazione.

 

         Ogni dettaglio conviene a ciascuno : il Redentore viene in aiuto, la Chiesa assiste, il Padre si riconcilia. La misericordia dell’opera divina è la stessa, ma la grazia cambia a seconda dei nostri meriti. La pecora stanca è riportata dal pastore, la dramma perduta è ritrovata, il figlio ritorna sui propri passi verso suo padre, e torna pienamente pentito da uno smarrimento che condanna…

 

         Rallegriamoci quindi che questa pecora, che era perita in Adamo sia rialzata in Cristo. Le spalle di Cristo sono le braccia della croce ; lì, ho posato i miei peccati, lì sul nobile legno di questa croce ho riposato.

 

XXIVA settimana T.O. - LODI martedì

Discorsi,  98

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

 

« Giovinetto, dico a te, alzati »

 

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

 

         Nessuno ch'è cristiano deve dubitare che ancora adesso vengono risuscitati dei morti. Orbene, ogni persona ha occhi con cui può vedere i morti risorgere, come risuscitò il figlio di quella vedova di cui parla il brano del Vangelo letto poc'anzi, ma non tutti hanno la possibilità di vedere risorgere persone morte quanto allo spirito, tranne quelli già risorti nello spirito. È più importante risuscitare uno destinato a vivere eternamente che risuscitare uno destinato a morire nuovamente.

 

        Della risurrezione di quel giovanetto si rallegrò la madre vedova ; della risurrezione spirituale d'ogni giorno di tante persone si rallegra la madre Chiesa. Quello era morto fisicamente, quelle invece erano morte spiritualmente. La morte visibile del giovanetto era pianta in modo visibile; quanto alla morte di quelle persone invece né ci si pensava, né si vedeva. Ci pensava però Colui che conosceva i morti; conosceva i morti solo Colui che poteva dar loro la vita. Se infatti il Signore non fosse venuto per risuscitare i morti, l'Apostolo non direbbe: « Svégliati, tu che dormi; sorgi dai morti e t'illuminerà Cristo » (Ef 5,14).

 

XXIVA settimana T.O. - VESPRI martedì

2006-09-19

Commento sul vangelo di Luca, V, 89 ; SC 45, 214

 

 

I pianti di nostra madre

 

di Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

 

         La divina misericordia si è lasciata persuadere velocemente dai gemiti di quella madre. Lei è vedova; le sofferenze o la morte del suo unico figlio l’hanno spezzata... Mi sembra che quella vedova, circondata dalla folla del popolo sia più di una semplice donna che meriti con le sue lacrime la risurrezione di un figlio, giovane e unico. Lei è proprio l’immagine della santa Chiesa che, con le sue lacrime, ottiene di richiamare in vita, in mezzo al corteo funebre e fin quasi dentro al sepolcro, il giovane popolo del mondo...

 

         Infatti all’udire la parola di Dio, i morti risorgono, ritrovano la voce e la madre ritrova suo figlio. Egli è richiamato dalla tomba, è strappato dal sepolcro. Qual’è, per voi, questa tomba, se non la vostra cattiva condotta? Il vostro sepolcro è la mancanza di fede... Da quel sepolcro, Cristo vi libera. Uscirete dal sepolcro se ascolterete la parola di Dio. E se il vostro peccato è troppo grave perché  possano lavarlo le lacrime della vostra penitenza, intervengano per voi i pianti della vostra madre Chiesa... Lei intercede per ognuno dei suo figli, come altrettanti figli unici. È infatti piena di compassione e prova un dolore spirituale tutto materno quando vede i suoi figli trascinati nella morte dal peccato.

 

XXIVA settimana T.O. - LODI mercoledì

Regole più ampie, Prologo

 

 

 

Dio ci chiama instancabilmente alla conversione

 

di San Basilio Magno nel quarto secolo

  

 

         Fratelli, non rimaniamo nella spensieratezza e nella rilassatezza; non rimandiamo sempre con leggerezza, a domani o a più tardi, il cominciare a metterci all’opera. “Ecco il momento favorevole, dice l’apostolo Paolo, ecco ora il giorno della salvezza” (2 Cor 6,2). Ora è il tempo della perseveranza, verrà il giorno della consolazione. Ora Dio viene in aiuto a coloro che si distolgono dal male; poi egli sarà il giudice degli atti, della parole e dei pensieri degli uomini. Oggi approfittiamo della sua pazienza; poi conosceremo la giustizia dei suoi giudizi, alla risurrezione, quando avremo la ricompensa ciascuno secondo le proprie opere.

 

         Fino a quando rimanderemo dunque la nostra obbedienza a Cristo che ci chiama nel suo Regno celeste? Non ci purificheremo? Non ci decideremo ad abbandonare il nostro solito modo di vivere, per seguire fino in fondo il Vangelo?

 

XXIVA settimana T.O. - VESPRI mercoledì

Omelia 38 sul Cantico dei cantici 

 

 

L’ignoranza di coloro che non si convertono

 

di San Bernardo nel dodicesimo secolo

 

 

         L’Apostolo dice : « Alcuni dimostrano di non conoscere Dio » (1 Cor 15, 34). Io dico che sono in questa ignoranza tutti coloro che non vogliono convertirsi a Dio. Perché rifiutano questa conversione per l’unico motivo che immaginano solenne e severo quel Dio che è tutta mitezza ; immaginano duro ed implacabile colui che è solo misericordia ; pensano violento e terribile colui che è adorabile. Così, l’empio mentisce a se stesso quando si fabbrica un idolo invece di riconoscere Dio così come egli è. Cosa teme, quella gente di poca fede ? Che Dio non voglia perdonare i loro peccati ? Ma li ha inchiodati alla croce con le proprie mani. Cosa temono dunque ancora ? Di essere, loro stessi, deboli e vulnerabili ? Ma egli conosce bene l’argilla dalla quale ci ha plasmati. Di cosa hanno paura ? di essere troppo avvezzi al male per poter sciogliere le catene dell’abitudine ? Ma il Signore ha liberato coloro che erano incatenati. Temono dunque che Dio, irritato dall’immensità delle loro colpe, esiti a tendere loro una mano caritatevole ? Ma laddove abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia (Rm 5, 20). Oppure, la preoccupazione per il loro vestito, il cibo o le altre necessità della vita impedisce forse loro di lasciare i loro beni ? Ma Dio sa che abbiamo bisogno di tutte queste cose (Mt 6, 32). Cosa vogliono di più ? Cosa ostacola la loro salvezza ? È il fatto che ignorano Dio, che non credono alle sue parole. Che si fidino, dunque, dell’esperienza degli altri.

 

XXIVA settimana T.O. - LODI giovedì

 

 

Libro di vita di Gerusalemme

 

 

capitolo "Accoglienza" - paragrafi 42-43

 

XXIVA settimana T.O. - VESPRI giovedì

Omelie spirituali, 30, 9

 

 

L’accoglienza del fariseo e l’accoglienza della peccatrice

 

di San Macario nel quarto secolo

 

 

         Accogliamo il nostro Dio e Signore, il vero medico, l’unico che, venendo da noi, è capace di guarire le nostre anime, lui che ha tanto faticato per noi. Bussa senza stancarsi alla porta dei nostri cuori perché gli apriamo, affinché entri, riposi nelle nostre anime, laviamo i suoi piedi e li cospargiamo di olio profumato e faccia in noi la sua dimora. In un passo infatti, Gesù rimprovera uno che non gli aveva lavato i piedi, e altrove dice : « Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui » (Ap 3, 20). Per questo infatti ha sopportato tante sofferenze, consegnato il suo corpo alla morte, e ci ha riscattati dalla schiavitù : per entrare nelle nostre anime e fare in esse la sua dimora.

 

         Per questo, nel giudizio finale, il Signore dice a quelli che stanno alla sua sinistra e saranno mandati nel fuoco eterno : « Ero forestiero e non mi avete ospitato ; ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare ; ho avuto sete e non mi avete dato da bere » (Mt 25, 42-43). Infatti il suo cibo, la sua bevanda, il suo vestito, il suo tetto, il suo riposo sono nei nostri cuori. Per questo bussa senza sosta, volendo entrare da noi. Accogliamolo dunque e introduciamolo dentro di noi, poiché anche lui è il nostro cibo, la nostra bevanda, la nostra vita eterna.

 

         E ogni anima che non lo accoglie ora dentro di sé, affinché egli vi trovi riposo, o piuttosto affinché essa si riposi in lui, non erediterà il Regno dei cieli con i santi, e non potrà entrare nella città celeste. Ma tu, Signore Gesù Cristo, concedi a noi di entrarvi, che glorifichiamo il tuo nome con il Padre e lo Spirito Santo, nei secoli. Amen.

 

XXIVA settimana T.O. - LODI venerdì

 

Libro di Vita di Gerusalemme

 

Capitolo “Castità” § 86

 

XXIVA settimana T.O. - VESPRI Venerdì

                                                           Lc 8, 1-3

 Mulieris Dignitatem, § 27

 

 

« C’erano con lui i Dodici e alcune donne »

dall’ Enciclica “Mulieris Dignitatem” di Papa Giovanni Paolo II

 

 

         Nella storia della Chiesa, sin dai primi tempi c'erano - accanto agli uomini - numerose donne, per le quali la risposta della Sposa all'amore redentore dello Sposo assumeva piena forza espressiva. Come prime vediamo quelle donne, che personalmente avevano incontrato Cristo, l'avevano seguito e, dopo la sua dipartita, insieme con gli apostoli « erano assidue nella preghiera » (At 1,14) nel cenacolo di Gerusalemme sino al giorno di Pentecoste. In quel giorno lo Spirito Santo parlò per mezzo di « figli e figlie » del Popolo di Dio… (At 2,17 ; Gl 3,1). Quelle donne, ed in seguito altre ancora, ebbero parte attiva ed importante nella vita della Chiesa primitiva, nell'edificare sin dalle fondamenta la prima comunità cristiana - e le comunità successive - mediante i propri carismi e il loro multiforme servizio… L'apostolo parla delle loro « fatiche » per Cristo, e queste indicano i vari campi del servizio apostolico della Chiesa, iniziando dalla « chiesa domestica ». In essa, infatti, la « fede schietta » passa dalla madre nei figli e nei nipoti, come appunto si verificò nella casa di Timoteo (2 Tm 1, 5).

Lo stesso si ripete nel corso dei secoli, di generazione in generazione, come dimostra la storia della Chiesa. La Chiesa, infatti, difendendo la dignità della donna e la sua vocazione, ha espresso onore e gratitudine per coloro che - fedeli al Vangelo - in ogni tempo hanno partecipato alla missione apostolica di tutto il Popolo di Dio.

Anche ai nostri giorni la Chiesa non cessa di arricchirsi della testimonianza delle numerose donne che realizzano la loro vocazione alla santità. Le donne sante sono un’incarnazione dell'ideale femminile, ma sono anche un modello per tutti i cristiani, un modello di « sequela Christi », un esempio di come la Sposa deve rispondere con l'amore all'amore dello Sposo.

 

XXIVA settimana T.O. - LODI Sabato

 

 

LA TUA PAROLA, SIGNORE, E' SORGENTE INESAURIBILE DI VITA

 di Sant'Efrem nel quarto secolo

 

       Chi è capace di comprendere, Signore, la ricchezza di una sola delle tue parole? E' molto più ciò che ci sfugge di quanto riusciamo a comprendere. Siamo proprio come gli assetati che bevono ad una fonte. La tua parola offre molti aspetti diversi, come numerose sono le prospettive di coloro che la studiano. Il Signore ha colorato la sua parola di bellezze svariate, perché coloro che la scrutano possano contemplare ciò che preferiscono. Ha nascosto nella sua parola tutti i tesori, perché ciascuno di noi trovi una ricchezza in ciò che contempla.

 

       La sua parola è un albero di vita che, da ogni parte, ti porge dei frutti benedetti. Essa è come quella roccia aperta nel deserto, che divenne per ogni uomo da ogni parte, una bevanda spirituale. Essi mangiarono, dice l'Apostolo, un cibo spirituale e bevvero una bevanda spirituale (1 Cor 10, 2).

Colui al quale tocca una di queste ricchezze non creda che non vi sia altro nella parola di Dio oltre ciò che egli ha trovato. Si renda conto piuttosto che egli non è stato capace di scoprirvi se non una cosa sola fra molte altre. Dopo essersi arricchito della parola, non creda che questa venga da ciò impoverita. Incapace di esaurirne la ricchezza, renda grazie per la immensità di essa. Rallegrati perché sei stato saziato, ma non rattristarti per il fatto che la ricchezza della parola ti superi. Colui che ha sete è lieto di bere, ma non si rattrista perché non riesce a prosciugare la fonte. E' meglio che la fonte soddisfi la tua sete, piuttosto che la sete esaurisca la fonte.

 

Se la tua sete è spenta senza che la fonte sia inaridita, potrai bervi di nuovo ogni volta che ne avrai bisogno. Se invece saziandoti seccassi la sorgente, la tua vittoria sarebbe la tua sciagura. Ringrazia per quanto hai ricevuto e non mormorare per ciò che resta inutilizzato. Quello che hai preso o portato via è cosa tua, ma quello che resta è ancora tua eredità.

 

Ciò che non hai potuto ricevere subito a causa della tua debolezza, ricevilo in altri momenti con la tua perseveranza. Non avere l'impudenza di voler prendere in un sol colpo ciò che non può essere prelevato se non a più riprese, e non allontanarti da ciò che potresti ricevere solo un po’ alla volta.

 

XXIVA settimana T.O. -  PRIMI VESPRI Sabato

Omelia 7 sulla conversione

 

 

La misericordia di Dio verso l’Apostolo Paolo

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         Dobbiamo sempre tenere a mente quanto tutti gli uomini siano circondati da tante testimonianze del medesimo amore di Dio. Se la giustizia avesse preceduto la penitenza, l’universo sarebbe stato annientato. Se Dio fosse stato pronto al castigo, la Chiesa non avrebbe conosciuto l’apostolo Paolo; non avrebbe ricevuto un tale uomo nel suo seno. La misericordia di Dio ha trasformato il persecutore in apostolo; ha cambiato il lupo in pastore, e ha fatto di un pubblicano un evangelista (Mt 9,9). È la misericordia di Dio, commossa dal nostro destino, che ci ha trasformati tutti; e ci converte .

         Vedendo l’ingordo di ieri mettersi oggi a digiunare, il bestemmiatore di un tempo parlare di Dio con rispetto, l’ignobile di una volta non aprire più la bocca se non per lodare Dio, possiamo ammirare la misericordia del Signore. Sì, fratelli, se Dio è buono con tutti, lo è particolarmente nei riguardi dei peccatori.

         Volete anche sentire qualcosa di strano dal punto di vista delle nostre abitudini, ma di vero dal punto di vista della pietà? Ascoltate: mentre Dio si mostra esigente con i giusti, mostra per i peccatori soltanto clemenza e mitezza. Quale rigore con il giusto! Quale indulgenza con il peccatore! Questa è la novità, il rovesciamento che ci offre la condotta di Dio... E questo ne è il motivo: spaventare il peccatore, soprattutto il peccatore incallito, sarebbe privarlo di ogni fiducia, farlo affondare nella disperazione; Adulare il giusto, sarebbe diminuire il vigore della sua virtù, spingerlo ad allentare il suo zelo. Dio è infinitamente buono! Il suo timore è la salvaguardia del giusto, e la sua clemenza converte il peccatore.

 

XXVA settimana T.O. - UR Domenica

Dal «Commento sulla seconda lettera ai Corinzi» 

(Cap. 5, 5 - 6; PG 74, 942-943)

 

 

Dio ci ha riconciliati per mezzo di Cristo

di san Cirillo di Alessandria nel quinto secolo

 

 

     Chi ha il pegno dello Spirito e possiede la speranza della risurrezione, tiene come già presente ciò che aspetta e quindi può dire con ragione di non conoscere alcuno secondo la carne, di sentirsi, cioè, fin d`ora partecipe della condizione del Cristo glorioso. Ciò vale per tutti noi che siamo spirituali ed estranei alla corruzione della carne. Infatti, brillando a noi l'Unigenito, siamo trasformati nel Verbo stesso che tutto vivifica. Quando regnava il peccato eravamo tutti vincolati dalle catene della morte. Ora che è subentrata al peccato la giustizia di Cristo, ci siamo liberati dall'antico stato di decadenza. 
     Quando diciamo che nessuno è più nella carne intendiamo riferirci a quella condizione connaturale alla creatura umana che comprende, fra l'altro, la particolare caducità propria dei corpi. Vi fa cenno san Paolo quando dice: «Infatti anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più così»
(2 Cor 5, 16). In altre parole: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14), e per la vita di noi tutti accettò la morte del corpo. La nostra fede prima ce lo fa conoscere morto, poi però non più morto, ma vivo; vivo con il corpo risuscitato al terzo giorno; vivo presso il Padre ormai in una condizione superiore a quella connaturale ai corpi che vivono sulla terra. Morto infatti una volta sola non muore più, la morte non ha più alcun potere su di lui. Per quanto riguarda la sua morte egli morì al peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dio (cfr. Rm 6, 8-9).

 

XXVA settimana T.O. -   VESPRI Domenica

 

Lc 16,1-13

 

  

Agire con scaltrezza

di San Basilio nel quarto secolo

 

 

         Considera, uomo, colui che ti ha colmato dei suoi doni. Ricordati di te stesso. Ricordati di quello che sei, di quali faccende conduci, di chi te le ha affidate, dei motivi per cui sei stato preferito a molti. Sei il servo del Dio buono; hai la responsabilità dei tuoi compagni di servizio. Non credere che tutti questi beni siano destinati al tuo ventre. Disponi dei beni che hai in mano come se appartenessero a qualcun altro; essi ti procureranno piacere per un qualche tempo, poi svaniranno e scompariranno. Ma di essi ti sarà chiesto un conto dettagliato.

 

         “Cosa farò?” La risposta è semplice: sazierò gli affamati; aprirò i miei granai e inviterò i poveri. Voi tutti che mancate di pane, venite a me. Ognuno prenda una parte sufficiente dei doni che Dio mi ha concesso. Venite, attingete, come ad una fontana pubblica.

 

XXVA settimana T.O. - LODI martedì

La santa verginità, 5

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

 

 

Maria, madre di Cristo, madre della Chiesa

 

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

         Il parto di quella Vergine singolare e santa è la gloria di tutte le sante vergini: esse sono, in Maria, madri del Cristo, a condizione però che facciano la volontà del Padre. È infatti a questo titolo che Maria è madre di Cristo in senso più encomiabile e felice, secondo la parola evangelica sopra ricordata: « Chi fa la volontà del Padre mio, che è nei cieli, costui mi è fratello e sorella e madre » (Mt 12,50).

 

Elenca tutti questi vincoli di parentela, ma, trattandosi del popolo dei redenti, li presenta elevati all'ordine soprannaturale, cioè riferiti a se stesso. Egli ritiene per fratelli e sorelle i santi e le sante con i quali condivide l'eredità celeste. Sua madre è la Chiesa universale, in quanto, mediante la grazia divina, genera le sue membra, cioè i suoi fedeli. Inoltre, di ogni anima devota si può dire che essa è madre di Cristo, nel senso che, facendo la volontà del Padre, mediante la carità - che è virtù fecondissima - dà la vita a tutti coloro in cui imprime la forma di Cristo (Gal 4,19)…

 

 Maria è senza alcun dubbio madre delle sue membra, che siamo noi, nel senso che ha cooperato mediante l'amore a generare alla Chiesa dei fedeli, che formano le membra di quel capo. Per quanto invece concerne il suo corpo, essa è la madre proprio del capo.

 

XXVA settimana T.O. - VESPRI martedì

Omelie 51 ; PL 194, 1862 ; SC 339

(In l' Ora dell'Ascolto p. 78

 

 

Ecco mia madre e i miei fratelli

 

d’Isacco della Stella nel dodicesimo secolo

 

          A buon diritto la Vergine Maria occupa il primo posto nell’assemblea dei giusti, lei che ha generato il primo di tutti loro. Cristo è infatti il “primogenito tra molti fratelli” (Rm 8,29)... Perciò giustamente nelle Scritture divinamente ispirate quel ch’è detto in generale della vergine madre Chiesa, s’intende singolarmente della Vergine Madre Maria; e quel che si dice in modo speciale della Vergine Madre Maria, va riferito in generale alla vergine madre Chiesa; e quanto si dice di una delle due, può essere inteso indifferentemente dell’una e dell’altra.

 

         Anche la singola anima fedele può essere considerata come sposa del Verbo di Dio, madre, figlia e sorella di Cristo, vergine e feconda. Vien detto dunque in generale per la Chiesa, in modo speciale per Maria, in particolare anche per l’anima fedele, dalla stessa sapienza di Dio che è il Verbo del Padre: “Fra tutti questi cercai un luogo di riposo” e “nell’eredità del Signore mi stabiliì” (Sir 24, 7.12). Eredità del Signore in modo universale è la Chiesa, in modo speciale Maria, in modo particolare ogni anima fedele. Nel tabernacolo del grembo di Maria Cristo dimorò nove mesi; nel tabernacolo della fede della Chiesa sino alla fine del mondo; nella conoscenza e nell’amore dell’anima fedele per l’eternità.

 

XXVA settimana T.O. - LODI mercoledì

Omelie sulla prima lettera ai Corinzi (PG 61, 34-36)

(In l'Ora dell'Ascolto p. 2559)

 

 

Li mandò ad annunciare il Regno di Dio

 

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         La croce ha esercitato la sua forza di attrazione su tutta la terra e lo ha fatto non servendosi di mezzi umanamente imponenti, ma dell’apporto di uomini poco dotati. Il discorso della croce non è fatto di parole vuote, ma di Dio, della vera religione, dell’ideale evangelico nella sua genuinità, del giudizio futuro. Fu questa dottrina che cambiò gli illetterati in dotti. Dai mezzi usati da Dio si vede come « la stoltezza di Dio sia più saggia della sapienza degli uomini, e come la sua debolezza sia più forte della fortezza umana » (1 Cor 1, 25).

 

         In che senso più forte ? Nel senso che la croce, nonostante gli uomini, si è affermata su tutto l’universo e ha attirato a sé tutti gli uomini. Molti hanno tentato di sopprimere il nome del Crocifisso, ma hanno ottenuto l’effetto contrario. Questo nome rifiorì sempre di più e si sviluppò con progresso crescente. I nemici invece sono periti e caduti in rovina. Erano vivi che facevano guerra a un morto, e ciononostante non l’hanno potuto vincere… I filosofi, i re e, per così dire, tutto il mondo che si perde in mille faccende, non possono nemmeno immaginare ciò che dei pubblicani e dei pescatori poterono fare con la grazia di Dio… Pensando a questo fatto, Paolo esclamava : « Ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini » (1 Cor 1, 25). Infatti come poteva venire in mente a dodici poveri uomini, e per di più ignoranti, che avevano passato la loro vita sui laghi e sui fiumi, di intraprendere una simile opera ?

 

XXVA settimana T.O. - VESPRI mercoledì

Redemptoris missio, §30

 

 

Annunciare il Regno di Dio

 

di Papa Giovanni Paolo II

 

 

Il nostro tempo, con l'umanità in movimento e in ricerca, esige un rinnovato impulso nell'attività missionaria della chiesa. Gli orizzonti e le possibilità della missione si allargano, e noi cristiani siamo sollecitati al coraggio apostolico, fondato sulla fiducia nello Spirito. E lui il protagonista della missione!

 

Sono numerose nella storia dell'umanità le svolte epocali che stimolano il dinamismo missionario, e la chiesa, guidata dallo Spirito, vi ha sempre risposto con generosità e lungimiranza. Né i frutti sono mancati. È stato celebrato... il millennio dell'evangelizzazione della Rus' e dei popoli slavi, e... il cinquecentesimo anniversario dell'evangelizzazione delle Americhe. Parimenti, sono stati di recente commemorati i centenari delle prime missioni in diversi paesi dell'Asia, dell'Africa e dell'Oceania. Oggi la Chiesa deve affrontare altre sfide, proiettandosi verso nuove frontiere sia nella prima missione “ad gentes” sia nella nuova evangelizzazione di popoli che hanno già ricevuto l'annuncio di Cristo. Oggi a tutti i cristiani, alle Chiese particolari e alla Chiesa universale sono richiesti lo stesso coraggio che mosse i missionari del passato e la stessa disponibilità ad ascoltare la voce dello Spirito.

 

XXVA settimana T.O. - LODI giovedì

Contro le Eresie, libro IV, 20, 4-5 : SC 100, p. 639s

 

 

 

Erode cercava di vedere Gesù

 di Sant’Ireneo di Lione nel secondo secolo

 

 

         I profeti annunziavano in anticipo che Dio sarebbe stato visto dagli uomini come lo dice anche il Signore : « Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio » (Mt 5, 8). Certo, secondo la sua grandezza e la sua inenarrabile gloria, « nessun uomo può vedere Dio e restare vivo » (Es 33, 20), perché il Padre è inafferrabile. Ma grazie al suo amore, alla sua bontà verso gli uomini e alla sua onnipotenza, giunge fino a concedere a coloro che lo amano il privilegio di vedere Dio – ciò che, precisamente, profetizzavano i profeti – poiché « ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio » (Lc 18, 27).

 

         Da sé stesso, infatti, l’uomo non potrà mai vedere Dio ; invece Dio, se lo vuole, potrà essere visto dagli uomini, da coloro che egli vuole, quando lo vuole e nel modo in cui egli vuole. Perché Dio può tutto : visto, un tempo, con la mediazione dello Spirito secondo il modo profetico, visto poi tramite il Figlio, secondo l’adozione, sarà visto ancora nel Regno dei cieli secondo la paternità, poiché lo Spirito prepara in anticipo l’uomo indirizzandolo verso il Figlio di Dio, il Figlio lo conduce al Padre, e il Padre dona l’incorruttibilità e la vita eterna, che risultano dalla visione di Dio per coloro che lo vedono. Perché, così come coloro che vedono la luce sono nella luce e partecipano al suo splendore, così coloro che vedono Dio sono in Dio e partecipano al suo splendore. Ora, vivificante è lo splendore di Dio. Dunque parteciperanno alla sua vita, coloro che vedono Dio.

 

XXVA settimana T.O. - VESPRI giovedì

Colloqui spirituali ai Missionari, ed. 1960, p. 905-907

 

 

Portare frutto

 di San Vincenzo de’ Paoli nel diciassettesimo secolo

 

 

 

   Amiamo Dio, fratelli miei, amiamo Dio, che sia però a spese delle nostre braccia, che sia con il sudore dei nostri visi. Perché spessissimo, tanti atti di amore di Dio, di compiacenza, di benevolenza e altri simili affetti e pratiche di un cuore tenero, anche se buonissimi e molto desiderabili sono per lo meno molto sospetti se non si viene alla pratica dell’amore effettivo. “In questo, dice nostro Signore, è glorificato il Padre mio. che portiate molto frutto” (Gv 15, 8).

   E a questo dobbiamo stare molto attenti, perché sono parecchi, per quanto ben composto sia il loro esteriore, e riempito di grandi sentimenti per Dio il loro interiore, a fermarsi qui. E quando vengono ai fatti e si trovano in occasioni di agire, vengono meno. Vanno fieri della loro immaginazione infervorata, si accontenta dei dolci colloqui che hanno con Dio nell’orazione, anzi ne parlano come angeli. Però, alla fine, se si tratta di lavorare per Dio, di soffrire, di mortificarsi, d’istruire i poveri, di andare a cercare la pecora smarrita, d’amare che manchi loro qualche cosa, di consentire alle malattie o a qualunque altra disgrazia, purtroppo! non c’è più nessuno, il loro coraggio vien meno. No, non ci inganniamo. Tutto il nostro compito consiste nel passare dalle parole ai fatti.

 

XXVA settimana T.O. - LODI venerdì

Omelie sul Vangelo di San Matteo 54, 1-3

 

 

 

Il Cristo di Dio

 

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         « Egli allora raccomanda ai discepoli di non riferire a nessuno che era il Cristo ». Perché quest’ordine ? Perché, scartato ogni motivo di scandalo, compiute la croce e la sua passione, respinto ogni ostacolo in grado di distogliere la folla dal credere in lui, possa imprimersi profondamente e per sempre nelle anime la conoscenza esatta di quello che era. La sua potenza non aveva ancora brillato in modo eclatante. Attendeva che, prima che lo predicassero, l’evidenza della verità e dell’autorità dei fatti potessero confermare la testimonianza degli Apostoli.

 

         Una cosa era vederlo ora moltiplicare i prodigi in Palestina, poi esposto alle persecuzioni e agli oltraggi – e la croce stava per seguire questi prodigi – ; tutt’altro era vederlo adorato, creduto da tutta la terra, al riparo dagli abusi che aveva subito un tempo. Per questo raccomanda loro di non dire niente a nessuno… Se gli Apostoli, che erano stati testimoni dei miracoli, che avevano partecipato a tanti misteri ineffabili, si scandalizzavano all’udire una sola parola, e con essi, Pietro stesso, il capo di tutti loro (Mt 16, 22), cosa avrebbero pensato i comuni mortali se, dopo aver sentito dire che Gesù era il Figlio di Dio, egli fosse stato riempito di sputi e inchiodato alla croce ; e tutto questo mentre non si conosceva ancora la ragione di quei misteri e prima della venuta dello Spirito Santo ?

 

XXVA settimana T.O. - VESPRI venerdì

Der Gott Jesu Christi

 

 

Il Figlio dell’uomo deve soffrire…

 

di Papa Benedetto XVI

 

 

         Essere uomo significa : essere in vista della morte ; essere uomo significa : dovere morire… Vivere, in questo mondo, vuole dire morire. « Si è fatto uomo » (Credo) ; questo significa dunque che anche Cristo è andato alla morte. La contraddizione propria della morte dell’uomo raggiunge in Cristo un’estrema acutezza, poiché in lui, che è in una comunione di scambio totale col Padre, l’isolamento assoluto della morte è pura assurdità. Inoltre, in lui la morte ha anche la sua necessità ; infatti, il fatto di essere col Padre è all’origine dell’incomprensione che gli uomini gli testimoniano, all’origine della sua solitudine in mezzo alle folle. la sua condanna è stata l’atto ultimo dell’incomprensione, del rigetto di quell’Incompreso in una zona di silenzio.

 

         Allo stesso tempo, si può intravvedere qualcosa della dimensione interiore della sua morte. Nell’uomo, morire è sempre nello stesso tempo un avvenimento biologico e spirituale. In Gesù, la distruzione dei supporti della comunicazione rompe il suo dialogo col Padre. Dunque quello che si rompe nella morte di Gesù Cristo è più grave che in qualsiasi morte umana. Quello che è strappato qui, è il dialogo che è l’asse vero del mondo intero.

 

         Però, così come questo dialogo lo aveva reso solitario ed era stato alla base della mostruosità di questa sua morte, così in Cristo la Risurrezione è già fondamentalmente presente. In essa, la nostra condizione umana si inserisce nello scambio trinitario dell’amore eterno. Non può mai  più scomparire ; al di là della soglia della morte, essa sorge nuovamente e ricrea la sua pienezza. Solo dunque la Risurrezione svela il carattere ultimo, decisivo di questo articolo della nostra fede : « Si è fatto uomo »… Cristo è pienamente uomo ; lo rimane per sempre. La condizione umana è entrata, in lui, nell’essere proprio di Dio ; è questo il frutto della sua morte.

 

XXVA settimana T.O. - LODI Sabato

Lc 9, 43-45

 Peri Archôn, II, § 6, 2 ; PG 11, 210-211

(In l'Ora dell'Ascolto p. 203 alt.)

 

  

 Non comprendevano queste parole

 di Origene nel terzo secolo

 

 

         Tra tutti i miracoli e prodigi che riguardano Cristo, uno specialmente eccede la capacità della mente umana e la riempie di stupore. La fragilità della nostra intelligenza non riesce a comprendere e neppure ad intuire come si debba credere che sì grande potenza della divina maestà, lo stesso Verbo del Padre, la stessa Sapienza di Dio, per mezzo della quale sono state create tutte le cose visibili e invisibili (Col 1, 16), sia potuta essere contenuta in quell’uomo che apparve in Giudea; che la Sapienza di Dio sia entrata nel seno di una vergine e sia nata come una piccola creatura che vagiva e piangeva come tutti gli altri bambini. Che abbia poi potuto provare i terrori della morte come egli stesso affermò dicendo: “La mia anima è triste fino alla morte” (Mt 26, 38) e, infine, che sia stato condannato alla morte più ignominiosa tra gli uomini, anche se poi, dopo tre giorni, risuscitò...

 

In verità far udire ad orecchi umani tali cose, provare ad esprimerle con le parole, supera il linguaggio degli uomini... e probabilmente anche quello degli angeli.

 

XXVA settimana T.O. - PRIMI VESPRI sabato

Omelie al ritorno dall’esilio, sulla Cananea

 

 

 

 

Il seminatore semina a piene mani

 di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

 

         Oggi non ho convinto il mio ascoltatore, ma forse lo convincerò domani, forse fra tre o quattro giorni o fra qualche tempo. Il pescatore che ha calato le reti inutilmente durante un giorno intero, a volte prende sul far della sera, al momento di tornare, tutto il pesce che non aveva potuto prendere durante il giorno. Colui che ara non smette di coltivare le sue terre, pur non avendo fatto buoni raccolti per parecchi anni, e in seguito, in un solo anno, ripara sovente abbondantemente a tutte le perdite anteriori.

 

         Dio non ci chiede di riuscire, bensì di lavorare; ora, il nostro lavoro non sarà meno ricompensato perché non saremo stati ascoltati... Cristo sapeva bene che Giuda non si sarebbe convertito, eppure fino alla fine, ha cercato di convincerlo, rimproverando la sua colpa nei termini più commoventi: “Amico, per questo tu sei qui?” (Mt 26,50). Ora se Cristo, il modello dei pastori, ha lavorato fino alla fine per la conversione di un uomo disperato, quanto più noi dobbiamo fare nei confronti di coloro dei quali ci è stato ordinato di sperare sempre.

 

XXVIA settimana T.O. - U.R. Domenica

Dai «Discorsi», (Manila, 29 novembre 1970)

 

 

Noi predichiamo Cristo a tutta la terra

 

di Papa Paolo VI

 

 

«Guai a me se non predicassi il Vangelo!» (1 Cor 9,16). Io sono mandato da lui, da Cristo stesso per questo. Io sono apostolo, io sono testimone. Quanto più è lontana la meta, quanto più difficile è la mia missione, tanto più urgente è l'amore che a ciò mi spinge. Io devo confessare il suo nome: Gesù è il Cristo, Figlio di Dio vivo (Mt 16,16). Egli è il rivelatore di Dio invisibile, è il primogenito d'ogni creatura (Col 1,15). E' il fondamento d'ogni cosa (Col 1,12). Egli è il Maestro dell'umanità, e il Redentore. Egli è nato, è morto, è risorto per noi. Egli è il centro della storia e del mondo. Egli è colui che ci conosce e che ci ama. Egli è il compagno e l'amico della nostra vita. Egli è l'uomo del dolore e della speranza. E' colui che deve venire e che deve un giorno essere il nostro giudice e, come noi speriamo, la pienezza eterna della nostra esistenza, la nostra felicità. Io non finirei più di parlare di lui. Egli è la luce, è la verità, anzi egli è «la via, la verità, la vita» (Gv 14, 6). Egli è il pane, la fonte d'acqua viva per la nostra fame e per la nostra sete, egli è il pastore, la nostra guida, il nostro esempio, il nostro conforto, il nostro fratello. Come noi, e più di noi, egli è stato piccolo, povero, umiliato, lavoratore e paziente nella sofferenza. Per noi egli ha parlato, ha compiuto miracoli, ha fondato un regno nuovo, dove i poveri sono beati, dove la pace è principio di convivenza, dove i puri di cuore e i piangenti sono esaltati e consolati, dove quelli che aspirano alla giustizia sono rivendicati, dove i peccatori possono essere perdonati, dove tutti sono fratelli…

A tutti io lo annunzio: Gesù Cristo è il principio e la fine; l'alfa e l'omega. Egli è il re del nuovo mondo. Egli è il segreto della storia. Egli è la chiave dei nostri destini. Egli è il mediatore, il ponte fra la terra e il cielo; egli è per antonomasia il Figlio dell'uomo, perché egli è il Figlio di Dio, eterno, infinito; è il Figlio di Maria, la benedetta fra tutte le donne, sua madre nella carne, madre nostra nella partecipazione allo Spirito del Corpo mistico.

Gesù Cristo! Ricordate: questo è il nostro perenne annunzio, è la voce che noi facciamo risuonare per tutta la terra, e per tutti i secoli dei secoli.

 

XXVIA settimana T.O. - VESPRI Domenica

 

 

La vera ricchezza

 

di Clemente d'Alessandria nel secondo secolo

 

 

 

         C’è una ricchezza che semina la morte dovunque essa domini : liberatevene e sarete salvi. Purificate la vostra anima ; rendetela povera per potere udire la chiamata del Salvatore che vi dice nuovamente : « Vieni e seguimi » (Mc 10,21). Egli è la via su cui cammina chi ha il cuore puro ; la grazia di Dio non si infila in un animo ingombrato e lacerato da una moltitudine di possessi.

         Chi considera la sua fortuna, il suo oro e il suo argento, le sue case come doni di Dio, costui testimonia a Dio la sua riconoscenza venendo in aiuto ai poveri con i suoi averi. Egli sa di possederli più per i suoi fratelli che per se stesso. Rimane padrone delle sue ricchezze invece di diventarne schiavo ; non le rinchiude nel suo animo, né rinchiude la sua vita in esse, ma prosegue senza stancarsi un’opera tutta divina. E se un giorno la sua fortuna venisse a scomparire, accetta la sua rovina con un cuore libero. Dio dichiara che un tale uomo è « beato » ; lo chiama « povero in spirito », erede assicurato del Regno dei cieli (Mt 5,3)…

         Invece, c’è chi serra la sua ricchezza nel suo cuore, al posto dello Spirito. Costui tiene in lui le sue terre, accumula senza fine la sua fortuna, non si preoccupa di nulla se non di ammassare sempre di più. Non alza mai gli occhi verso il cielo ; sprofonda nelle cose materiali. In effetti, non è altro che polvere e in polvere tornerà. Come potrebbe provare il desiderio del Regno colui che, al posto del cuore, porta in sé un campo o una mina, e che la morte sorprenderà inevitabilmente in mezzo alle passioni ? « Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore » (Mt 6,21).

 

XXVIA settimana T.O. - LODI Martedì

Lc 9, 51-56

  Discorsi ascetici, 2a  parte, no. 10, 36

 

L’amore perfetto in Cristo 

di Sant’Isacco Siriano  nel settimo secolo

 

 

         Quando uno è stato reso degno di assaporare l’amore di Dio, è solito dimenticare ogni cosa per la sua dolcezza ; infatti, assaporato questo amore, ogni cosa visibile gli appare priva di interesse. La sua anima si avvicina gioiosamente al bell’amore per gli uomini, senza distinzioni. Non è mai turbato dalle loro debolezze, che non gli fanno paura. Così è stato per i beati apostoli che, in mezzo a tutti i mali che ebbero da sopportare da parte dei loro carnefici, sono stati assolutamente incapaci di odiare questi ultimi, e non si stancavano di amarli. Questo è stato manifestato nei fatti quando, alla fine, hanno sopportato persino la morte per ritrovarli un giorno, in cielo.

 

         Eppure, erano loro che, poco tempo prima, avevano supplicato Cristo di far scendere un fuoco dal cielo sui Samaritani che avevano rifiutato di accoglierli nel loro paese. Infatti, una volta ricevuto il dono di assaporare l’amore di Dio, essi sono stati resi perfetti fino all’amore per gli empi.

 

XXVIA settimana T.O. - VESPRI Martedì

Lc 9,51-56

 

 

“Gesù si diresse decisamente verso Gerusalemme”

di S Cirillo di Gerusalemme nel quarto secolo

 

 

         Gesù non andò quindi incontro alla passione contro la sua volontà, ma perché lo volle da sempre. Ancor oggi a chi volesse distoglierlo dalla passione e gli dicesse: “Signore, abbi pietà di te”, egli risponderebbe proprio come una volta: “Indietro, satana, va’ via da me”.

 

         Per convincertene, vuoi che ti provi come egli ebbe sempre questa volontà di partire?

 

         Eccoti una prova. Mentre gli altri uomini, al buio circa il loro futuro, vogliono sottrarsi alla morte, egli prevedendo la sua passione disse : “Ecco, il Figlio dell’uomo sarà consegnato per essere crocifisso”, né cercò di evitarla. Sai perché non sfuggì la morte? Per il suo amore per gli uomini. Questo lo indusse a volere non la fuga dalla morte ma la liberazione del mondo dalla morte del peccato. Perciò leggiamo che disse: “Ecco, stiamo salendo a Gerusalemme, e il Figlio dell’uomo sarà consegnato e crocifisso”, e anche che “fermo nel suo volto, si diresse decisamente verso Gerusalemme”.

 

         Non aveva vergogna di dare la vita per il mondo.

 

         Non rinunziò alla vita perché costretto, non fu neppure immolato da altri ma fu lui a volersi immolare. Ascolta le sue parole: “Ho il potere di lasciare la vita e il potere di riprenderla, cedo ai miei nemici per mia spontanea volontà, se non lo volessi infatti non ne avrei alcun male”. Andò quindi incontro alla passione per sua libera scelta, lieto di realizzare il suo sublime progetto, gioioso per la corona che a lui era proposta e soddisfatto per la salvezza che offriva agli uomini.

 

XXVIA settimana T.O. - Lodi  mercoledì

 

Esortazione ai pagani, 9 ; PG 8, 195-201 ; SC 2, 143

 

 

 

« Ascolta, popolo mio, voglio parlare… Io sono Dio, il tuo Dio »

di Clemente di Alessandria nel terzo secolo

 

 

            « Ascoltate oggi la sua voce : non indurite il cuore come nel giorno del deserto dove mi tentarono i vostri padri… Non entreranno nel luogo del mio riposo » (Sal 94, 7-11). La grazia della promessa di Dio è abbondante, se oggi ascolteremo la sua voce, poiché quest’oggi si estende ad ogni giorno nuovo finché si dirà « oggi ». Quest’oggi perdura fino alla fine dei tempi, come pure la possibilità di imparare. Allora, il vero oggi, il giorno senza fine di Dio, si confonderà con l’eternità. Obbediamo dunque sempre alla voce del Verbo divino, la Parola di Dio fatta carne, perché l’oggi eterno è l’immagine dell’eternità e il giorno è il simbolo della luce ; ora, per gli uomini, il Verbo è la luce (Gv 1,9) nella quale vediamo Dio.

 

            È dunque naturale che la grazia sovrabbondi per coloro che hanno creduto e obbedito, invece contro coloro che sono stati increduli, … che non hanno riconosciuto le vie del Signore…, è naturale che Dio sia irritato e che li minacci. Così gli Ebrei hanno errato nel deserto ; non sono entrati nel luogo del riposo a causa della loro incredulità…

 

            Perché egli ama gli uomini, il Signore li invita tutti « alla conoscenza della verità » (1 Tm 2,4), e manda loro lo Spirito Santo, il Paraclito… Ascoltate dunque, voi che siete lontani e voi che siete vicini (Ef 2,17). Il Verbo non si nasconde a nessuno. Egli è la nostra luce comune, brilla per tutti gli uomini. Affrettiamoci dunque verso la salvezza, verso la nuova nascita. Affrettiamoci a radunarci numerosi in un solo gregge, nell’unità dell’amore. E questa moltitudine di voci…, obbedendo ad un solo maestro, il Verbo, troverà il suo riposo nella Verità stessa e potrà dire « Abba Padre » (Rm 8,15).

 

XXVIA settimana T.O. - Vespri Mercoledì

 

1a Lettera a sant’Agnese di Boemia, §15-23 (Fonti Francescani)

 

 

 

« Maestro, ti seguirò dovunque andrai »

Santa Chiara nel tredicesimo secolo

 

 

            O beata povertà, che procura ricchezze eterne a chi l’ama e l’abbraccia ! O santa povertà : a chi la possiede e la desidera è promesso da Dio il regno dei cieli ed è senza dubbio concessa gloria eterna e vita beata ! O pia povertà, che il Signore Gesù Cristo, nel cui potere erano e sono il cielo e la terra, il quale « disse e tutto fu creato » (Sal 32, 9), si degnò più di ogni altro di abbracciare. Disse egli infatti : « Le volpi hanno le tane e gli uccelli del cielo i nidi, mentre il Figlio dell’uomo – cioè Cristo – non ha dove posare il capo », ma « chinato il capo [sulla croce] rese lo spirito » (Gc 19, 30).

 

            Se dunque tanto grande e tale Signore quando venne nel grembo verginale volle apparire nel mondo disprezzato, bisognoso e povero, perché gli uomini, che erano poverissimi e bisognosi e soffrivano l’eccessiva mancanza di nutrimento celeste, fossero resi in lui ricchi col possesso del regno celeste, esultate grandemente e gioite ricolma di immenso gaudio e letizia spirituale ; poiché avendo voi preferito il disprezzo del mondo agli onori, la povertà alle ricchezze temporali e nascondere i tesori in cielo più che in terra, la « dove né la ruggine consuma, né il tarlo distrugge, né i ladri rovistano e rubano » (Mt 6, 20), « abbondantissima è la vostra ricompensa nei cieli » (Mt 5, 12).

 

XXVIA settimana T.O. - LODI giovedì

 

Libro di vita di Gerusalemme

 

 

capitolo "Nella Chiesa" , § 149

 

XXVIA settimana T.O. - VESPRI Giovedì

Lc 10,1-12

 

 

“Ti seguirò col predicarti”

di Sant’Ilario di Poitiers nel quarto secolo

 

  

         Io sono consapevole che tu, o Dio Padre Onnipotente, devi essere il fine principale della mia vita, in maniera che ogni mia parola, ogni mio sentimento,esprima te.

        

         L’esercizio della parola, di cui hai fatto dono, non può avere ricompensa più ambita che quella di servirti facendoti conoscere, di mostrare a questo mondo che ti ignora o all’eretico che ti nega, che sei Padre, Padre cioè dell’Unigenito Dio.

 

         Questo solo è il fine che mi propongo. Per il resto bisogna invocare il dono del tuo aiuto e della tua misericordia, perché tu col soffio del tuo Spirito possa gonfiare le vele della nostra fede e della nostra lode e guidarci sulla rotta della proclamazione intrapresa. Non viene meno infatti alla sua parola colui che si ha fatto questa promessa: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” (Mt 7,7).

 

         Allora noi, poveri come siamo, ti chiederemo ciò che ci manca e scruteremo con zelo tenace le parole di tuoi profeti e dei tuoi apostoli, e busseremo a tutte le porte che sbarrano il riconoscimento della verità: Ma dipende da te concedere l’oggetto della nostra preghiera, essere presente a quanto si chiede, aprire a chi bussa.

 

         Aprici dunque l’autentico significato delle parole, e donaci luce per comprendere, efficacia di parola, vera fede. Fa’ che possiamo esprimere ciò che crediamo, che proclamiamo te, unico Dio Padre, e l’unico Signore Gesù Cristo, secondo quanto ci è stato trasmesso dai profeti e dagli apostoli. Fa’ che contro gli eretici, che lo negano, sappiamo affermare che tu, o Padre, sei Dio insieme al Figlio, e sappiamo predicarne senza errori la divinità.

 

XXVIA settimana T.O. - Lodi venerdì

                                                        

Esortazione ai pagani, 9 ; PG 8, 195-201 ; SC 2, 143

 

 

 

« Ascolta, popolo mio, voglio parlare… Io sono Dio, il tuo Dio »

di Clemente di Alessandria nel terzo secolo

 

            « Ascoltate oggi la sua voce : non indurite il cuore come nel giorno del deserto dove mi tentarono i vostri padri… Non entreranno nel luogo del mio riposo » (Sal 94, 7-11). La grazia della promessa di Dio è abbondante, se oggi ascolteremo la sua voce, poiché quest’oggi si estende ad ogni giorno nuovo finché si dirà « oggi ». Quest’oggi perdura fino alla fine dei tempi, come pure la possibilità di imparare. Allora, il vero oggi, il giorno senza fine di Dio, si confonderà con l’eternità. Obbediamo dunque sempre alla voce del Verbo divino, la Parola di Dio fatta carne, perché l’oggi eterno è l’immagine dell’eternità e il giorno è il simbolo della luce ; ora, per gli uomini, il Verbo è la luce (Gv 1,9) nella quale vediamo Dio.

 

            È dunque naturale che la grazia sovrabbondi per coloro che hanno creduto e obbedito, invece contro coloro che sono stati increduli, … che non hanno riconosciuto le vie del Signore…, è naturale che Dio sia irritato e che li minacci. Così gli Ebrei hanno errato nel deserto ; non sono entrati nel luogo del riposo a causa della loro incredulità…

 

            Perché egli ama gli uomini, il Signore li invita tutti « alla conoscenza della verità » (1 Tm 2,4), e manda loro lo Spirito Santo, il Paraclito… Ascoltate dunque, voi che siete lontani e voi che siete vicini (Ef 2,17). Il Verbo non si nasconde a nessuno. Egli è la nostra luce comune, brilla per tutti gli uomini. Affrettiamoci dunque verso la salvezza, verso la nuova nascita. Affrettiamoci a radunarci numerosi in un solo gregge, nell’unità dell’amore. E questa moltitudine di voci…, obbedendo ad un solo maestro, il Verbo, troverà il suo riposo nella Verità stessa e potrà dire « Abba Padre » (Rm 8,15).

 

XXVIA settimana T.O. - VESPRI  venerdì

l libero arbitrio

 

 

 

Acconsentire alla conversione

Santa Caterina da Genova nel quindicesimo secolo

 

 

            Dio incita l’uomo a rialzarsi dal peccato, poi, con la luce della fede, illumina l’intelligenza. Dopo, mediante un certo gusto e un certo sapore, infiamma la volontà. Tutto ciò, Dio lo compie in un istante, benché lo esprimiamo in molte parole e introducendovi un intervallo di tempo.

 

            Dio compie questa opera più o meno negli uomini, a seconda del frutto che prevede. A ognuno è dato luce e grazia affinché, compiendo ciò che è in suo potere, possa salvarsi soltanto donando il proprio consenso. Questo consenso si attua nel modo seguente : Quando Dio ha fatto la sua opera, all’uomo basta  dire : sono contento, Signore, fa’ di me ciò che ti piace, mi decido a non più peccare e a lasciare, per il tuo amore, ogni cosa del mondo.

 

            Questo consenso e questo moto della volontà si fanno così rapidamente che la volontà dell’uomo si unisce a quella di Dio senza che lui stesso se ne accorga, tanto più che questo si fa in silenzio. L’uomo non vede il consenso, ma rimane in lui una impressione interiore che lo spinge ad andare avanti. In questa opera, si trova così infiammato che rimane sbalordito e stupefatto, e non può volgersi altrove. In questa unione spirituale, l’uomo è legato a Dio con un vincolo quasi indissolubile, perché Dio fa quasi tutto, avendo ricevuto il consenso dell’uomo. Se egli si lascia portare, Dio lo stabilisce e lo conduce fino a quella perfezione che gli ha destinato.

 

XXVIA settimana T.O. - LODI sabato

Lc 10, 17-24

                                                            Lettera Enciclica « Dominum et vivificantum », § 20-21

 

 

 

« Io ti rendo lode, Padre, …le hai rivelate ai piccoli »

Papa Giovanni Paolo II

 


            «Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: ‘Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così ti è piaciuto’». Gesù esulta per la paternità divina; esulta, perché gli è dato di rivelare questa paternità; esulta, infine, quasi per una speciale irradiazione di questa paternità divina sui «piccoli». E l'evangelista qualifica tutto questo come «esultanza nello Spirito Santo»...

 

            Ciò che durante la teofania del Giordano è venuto, per così dire, «dall'esterno», dall'Alto, qui proviene «dall'interno», cioè dal profondo di ciò che è Gesù. È un'altra rivelazione del Padre e del Figlio, uniti nello Spirito Santo, Gesù parla solo della paternità di Dio e della propria figliolanza - non parla direttamente dello Spirito che è amore e, per questo, unione del Padre e del Figlio. Nondimeno, quello che dice del Padre e di sé-Figlio scaturisce da quella pienezza dello Spirito, che è in lui e che si riversa nel suo cuore, pervade il suo stesso «io» ispira e vivifica dal profondo la sua azione. Di qui quell'«esultare nello Spirito Santo». L'unione di Cristo con lo Spirito Santo, di cui egli ha perfetta coscienza, si esprime in quell'«esultanza», che in certo modo rende percepibile la sua arcana sorgente. Si ha così una speciale manifestazione ed esaltazione, che è propria del Figlio dell'uomo, di Cristo-Messia la cui umanità appartiene alla Persona del Figlio di Dio, sostanzialmente uno con lo Spirito Santo nella divinità.

 

Nella magnifica confessione della paternità di Dio Gesù di Nazareth manifesta anche se stesso, il suo «io» divino: egli, infatti, è il Figlio «della stessa sostanza» (Credo) e, perciò, «nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio», quel Figlio che «per noi uomini e per la nostra salvezza» (Credo) si è fatto uomo per opera dello Spirito Santo ed è nato da una vergine, il cui nome era Maria.

 

XXVIA settimana T.O. - VESPRI sabato

Lumen Gentium, § 4 e 12

 

 

Lo Spirito santifica la Chiesa

dalla Costituzione “Gaudium et spes “ del Concilio Vaticano II

 

 

         Per mezzo dello Spirito che dà la vita, « sorgente di acqua zampillante per la vita eterna » (Gv 4,14) il Padre ridà la vita agli uomini, morti per il peccato, finché un giorno risusciterà in Cristo i loro corpi mortali (Rm 8,11). Lo Spirito dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio (1 Cor 3,16) e in essi prega e rende testimonianza della loro condizione di figli di Dio per adozione (Gal 4,6). Egli introduce la Chiesa nella pienezza della verità, la unifica nella comunione e nel ministero, la provvede e dirige con diversi doni gerarchici e carismatici, la abbellisce dei suoi frutti. Con la forza del Vangelo la fa ringiovanire, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo. Poiché lo Spirito e la sposa dicono al Signore Gesù: « Vieni » (Ap 22,17)…

 

La totalità dei fedeli, avendo l'unzione che viene dal Santo, non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua proprietà mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il popolo, quando « dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici » (S. Agostino) mostra l'universale suo consenso in cose di fede e di morale. E invero, per quel senso della fede, che è suscitato e sorretto dallo Spirito di verità, e sotto la guida del sacro magistero, il quale permette, se gli si obbedisce fedelmente, di ricevere non più una parola umana, ma veramente la parola di Dio (1 Ts 2,13), il popolo di Dio aderisce indefettibilmente « alla fede trasmessa ai santi una volta per tutte » (Gd 3), con retto giudizio penetra in essa più a fondo e più pienamente l'applica nella vita.

 

Inoltre lo Spirito Santo non si limita a santificare e a guidare il popolo di Dio per mezzo dei sacramenti e dei ministeri, e ad adornarlo di virtù, ma « distribuendo a ciascuno i propri doni come piace a lui » (1 Cor 12,11), dispensa pure tra i fedeli di ogni ordine grazie speciali, con le quali li rende adatti e pronti ad assumersi vari incarichi e uffici utili al rinnovamento e alla maggiore espansione della Chiesa secondo quelle parole: « A ciascuno la manifestazione dello Spirito è data perché torni a comune vantaggio » (1 Cor 12,7).

 

XXVIIA settimana T.O. - U.R. Domenica

 

 

 

Il gaudio della beatitudine eterna

 

di San Pier Damiani nel XI secolo

 

 

 

 

         Il tuo spirito si innalzi verso i promessi premi della patria in modo che con l’ascesa possa superare le aspre difficoltà che si incontrano lungo il cammino. Quando si ha per traguardo un mucchietto di oro scintillante, la fatica del viaggio è più leggera. Si corre nello stadio con entusiasmo quando il premio in vista è una corona. Considera quanto sarà felice colui che sarà ammesso al convito nuziale in compagnia degli eletti. Là ognuno è colmo di gaudio perché non c’è preoccupazione di futura avversità; là l’anima gode serenamente la luce infinita e gioisce ineffabilmente dei premi dei suoi concittadini. Là gli eletti, assetati, bevono alla fonte della vita e bevendo hanno sete perché l’avidità non genera tormento, né la sazietà infastidisce. Dell’eterna presenza del Creatore traggono tutta la loro beatitudine, la floridezza della perenne giovinezza, la grazia della bellezza, il vigore, che mai viene meno, della salute. Da quella fonte di eternità attingono la vita eterna, la gioia ineffabile e, quel che più conta, la somiglianza con lo stesso Creatore. Così infatti afferma l’evangelista Giovanni; “Quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è” (1 Gv 3, 2). Perciò: “la morte è stata ingoiata per la vittoria” (1 Co 15, 54; Is 25, 8) e ogni corruzione della natura umana è stata vinta.

 

XXVIIA settimana T.O. - VESPRI Domenica 

Lc 17, 7-10

 

 

Servire alla Mensa del Signore”

di S. Pietro Crisologo nel V sec.

 

   

            Chi di voi, se ha un servo che ara o pascola il gregge, al suo ritorno dal campo gli dice subito: “Vieni, mettiti a tavola”, e non gli dice: “Vieni, raccogliti le vesti e servimi, finché io mangi e beva, e dopo anche tu mangerai e berrai”. Dopo aver compiuto i loro lavori e dopo aver dato grandi e numerose prove di potenza, gli apostoli si credevano veramente utili, ma affondavano nel fango della carne e nella polvere di questo corpo e non sapevano di essere inutili. Ma ciò si comprende quando Giuda tradisce, Pietro nega, Giovanni fugge e tutti lo abbandonano, affinché apparisse il solo nel quale era e dal quale era ogni utilità.

 

 

         Quanto all’aver detto: Dopo mangerai tu, ammonisce i discepoli a desiderare ardentemente, dopo la sua ascensione, di unirsi subito al Signore nella beatitudine superna. Infine conforta i discepoli che stava per lasciare quaggiù, li rafforza per affrontare la sofferenza e li rende idonei a sopportare la fatica di servirlo. Infatti allora gli apostoli servirono il Signore a tavola per tanto tempo, per quanto tra le cucine dei peccatori e i fuochi dei pagani prepararono sulle mense della Chiesa la cena del Signore a perpetuo ricordo. Conosce questa cena chi è fedele; chi non la conosce, desideri di conoscerla per essere fedele.

 

XXVIIA settimana T.O. - LODI martedì

Lc 10,  38-42

Omelia per la festa dell'Assunzione

 

 

 

Marta e Maria riunite

 

Oddone di Canterbury  nel dodicesimo secolo

 

 

            Nel vangelo ci è presentato Gesù accolto da due sorelle, una lo serviva mentre l’altra si dedicava all’ascolto della sua parola. Questo si applica alla beata Vergine Maria.

 

            In queste due donne di cui parla la Scrittura, è solito vedere il simbolo delle due forme di vita nella Chiesa. Marta rappresenta la vita attiva, e Maria la vita contemplativa. Marta faticava nelle opere di misericordia; Maria si riposava, guardando. Quella attiva si dedicava all’amore per il prossimo, quella contemplativa all’amore per Dio. Ora, Cristo è Dio e uomo. Ed è stato circondato dall’unico amore della beata Vergine Maria, quando lei serviva la sua umanità e quando era attenta alla contemplazione della sua divinità...

 

            Altri servono le membra del corpo di Cristo; Maria serviva Cristo in persona... e non soltanto nelle azioni esteriori, ma nella propria sostanza: gli offrì l’ospitalità del suo seno. Nella sua infanzia, aiutò la debolezza della sua umanità, accarezzandolo, facendogli il bagno, curandolo; lo portò in Egitto per sfuggire la persecuzione di Erode e lo ricondusse; alla fine, dopo molti servizi, stette presso di lui mentre moriva sulla croce e fu presente alla sua sepoltura... Così, lei è stata Marta, e non ha uguali per il servizio.

 

XXVIIA settimana T.O. - VESPRI martedì

Lc 10, 38-42

                        Ultimo ritiro

 

 

 

« Maria, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola »

 

Beata Elisabetta della Trinità nel diciannovesimo secolo

 

 

            “Nel silenzio sta la vostra salvezza” (cfr. Is 30,15)... Conservare al Signore la sua forza, è fare l’unità in tutto il nostro essere con il silenzio interiore, è raccogliere tutte le nostre potenze per occuparle al solo esercizio dell’amore; è avere quello sguardo semplice che permette alla luce di illuminarci (Mt 6,22). Un’anima che discute con il suo io, che si occupa della sua sensibilità, che persegue un pensiero inutile, un desiderio qualsiasi, tale anima disperde le sue forze, non è tutta ordinata a Dio... È ancora troppo umana, c’è in essa una dissonanza.

 

            L’anima che tiene per sé ancora qualche cosa nel proprio regno interiore, le cui potenze non sono tutte chiuse in Dio, non può essere una perfetta “lode di gloria” (Ef 1,14); non è in grado di cantare senza sosta il “canticum magnum”, il grande cantico di cui parla san Paolo, perché l’unità non regna in lei; e, in luogo di perseguire la sua lode attraverso tutte le cose nella semplicità, le occorre riunire senza sosta le corde del suo strumento un po' perse da ogni parte.

 

            Quanto E’ indispensabile questa bella unità interiore all’anima che vuole vivere quaggiù della vita dei beati, cioè degli esseri semplici, degli spiriti. Mi sembra che a questo pensava il Maestro quando parlava a Maria Maddalena della sola cosa di cui c’è bisogno. Quanto l’avesse ben capito la grande santa! L’occhio della sua anima illuminato dalla luce della fede, aveva riconosciuto il suo Dio sotto il velo dell’umanità e nel silenzio, nell’unità delle sue potenze, “ascoltava la sua parola”... Sì, non sapeva più nulla, se non lui.

 

XXVIIA settimana T.O. - LODI mercoledì

 Lc 11, 1-4

 Il cammino di perfezione, cap. 30

(In l' Ora dell'Ascolto p. 1462)

 

 

 

La preghiera ci introduce fin d’ora nel riposo di Dio

 

Santa Teresa d'Avila  nel sedicesimo secolo

 

 

            Sia santificato il tuo nome, venga in noi il tuo regno”. Ammirate ora la grande sapienza del nostro Maestro. Considerate che cosa chiediamo con questo regno. Il buon Gesù fece queste domande una dopo l’altra, vedendo che per la nostra miseria non avremmo potuto santificare, lodare, esaltare e glorificare il nome santo dell’Eterno Padre, se prima non avesse esteso in noi il suo regno...

 

            Certamente uno dei beni più grandi, tra gli altri, che si godono in cielo, è che lassù l’anima non farà più conto alcuno dei beni della terra, ma sarà immersa nella tranquillità e nella gloria, si rallegrerà della gioia di tutti: una pace inalterabile e una soddisfazione senza confini le verrà, vedendo che tutti santificano e lodano il Signore, benedicono il suo nome e non l’offendono più. Tutti lo amano; e la stessa anima non si preoccuperà che di amarlo, e non potrà cessare di amarlo, perché lo conoscerà.

 

            Se potessimo già conoscerlo, lo ameremmo così fin d’ora, sebbene non con la perfezione e continuità del cielo, ma certamente lo ameremmo in modo ben diverso da come lo amiamo attualmente... Questo è possibile all’anima fin da questo esilio, con la grazia di Dio. Eppure resta vero che essa non può giungervi perfettamente... perché navighiamo ancora sul mare di questo mondo, e siamo sempre viaggiatori. Ci sono momenti tuttavia in cui il Signore, vedendoci affaticati per il cammino, mette tutte le nostre potenze nella calma e la nostra anima nella quiete. Rivela allora chiaramente, con un certo assaggio, qual’è il sapore della ricompensa riservata a coloro che egli introduce nel suo regno.

 

XXVIIA settimana T.O. - VESPRI mercoledì

 Lc 11, 1-4

 Dal trattato « Sul Padre nostro », 9-11, PL 4, 520s ; CSEL 3,1

(In l'Ora dell'Ascolto p. 1300, 1306)

 

  

I suoi figli nel Figlio suo

 

San Cipriano  nel terzo secolo

 

 

            Quali e quante sono, fratelli carissimi, le rivelazioni della preghiera del Signore! Esse si trovano raccolte in una invocazione brevissima, ma carica di spirituale potenza. Non c’è assolutamente nulla che non si trovi racchiuso in questa nostra preghiera di lode e di domanda. Essa, perciò, forma un vero compendio di dottrina celeste. È detto: “Quando pregate, dite: Padre nostro che sei nei cieli”.

 

            L’uomo nuovo, rinato e rifatto dal suo Dio per mezzo della grazia, in primo luogo dice: “Padre”, perché ha già incominciato ad essergli figlio. “Venne fra la sua gente” è scritto, “ma i suoi non l’hanno accolto. A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio, a quelli che credono nel suo nome” (Gv 1, 11-12). Chi dunque ha creduto nel suo nome ed è diventato figlio di Dio, deve cominciare di qui, dal rendere grazie e professarsi figlio di Dio... Non basta, fratelli carissimi, prendere coscienza che invochiamo il Padre che è nei cieli, aggiungiamo “Padre nostro”, cioè Padre di quanti credono, di quanti sono stati santificati da lui, e sono rinati per mezzo della grazia spirituale: questi hanno incominciato ad essere figli di Dio.

 

            Quanto è preziosa la grazia del Signore, quanto alta è la sua degnazione e magnifica la sua bontà verso di noi! Egli ha voluto che noi celebrassimo la nostra preghiera davanti a lui e lo invocassimo col nome di Padre, e come Cristo è Figlio di Dio, così noi pure ci chiamassimo figli di Dio. Questo nome, nessuno di noi oserebbe pronunziarlo nella preghiera, se egli stesso non ci avesse permesso di pregare così.

 

XXVIIA settimana T.O. - LODI giovedì

 

Libro di Vita di Gerusalemme

 

 

capitolo "Preghiera" - § 17

 

XXVIIA settimana T.O. - VESPRI giovedì

 Lc 11, 5-13

Compendium theologiae, II, ch. 1

 

 

 

All’uomo conviene pregare

San Tommaso d'Aquino nel tredicesimo secolo

 

 

 

            Secondo il disegno provvidenziale di Dio, a tutto ciò che esiste è dato il mezzo per raggiungere il suo fine, come conviene alla propria natura. Anche gli uomini hanno ricevuto, per ottenere ciò che sperano da Dio, un mezzo adatto alla condizione umana. Questa condizione vuole che l’uomo si serva della preghiera per ottenere dagli altri ciò che spera, soprattutto se colui al quale si rivolge gli è superiore. Perciò si raccomanda agli uomini di pregare per ottenere da Dio ciò che sperano di ricevere da lui. Tuttavia, la necessità della preghiera è differente a seconda che si tratti di ottenere qualcosa da un uomo o da Dio.

 

            Quando la preghiera si rivolge a un uomo, deve innanzi tutto esprimere il desiderio e il bisogno di chi prega. Bisogna anche che essa sia persuasiva, finché il cuore che si implora non abbia ceduto. Ora, questi due elementi non hanno più posto nella preghiera rivolta a Dio. Pregando infatti, non dobbiamo preoccuparci di manifestare i nostri desideri o i nostri bisogni a Dio, lui che conosce tutto. Così il salmista dice al Signore : « Davanti a te ogni mio desiderio » (Sal 37, 10). E leggiamo nel Vangelo : « Il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno » (Mt 6, 8). Non si tratta nemmeno di persuadere, con parole umane, la volontà divina affinché voglia ciò che prima non voleva. Perché è detto nel libro dei Numeri : « Dio non è un uomo da potersi smentire, non è figlio di Adamo per ricredersi » (Num 23, 19).

 

XXVIIA settimana T.O. - LODI venerdì

Lc 11, 15-26

 

Omelia 33 ; PG 34, 741-743

 

  

« La sua casa siamo noi »

Pseudo-Macario, monaco anonimo del 6o secolo

 

 

            Il Signore si stabilisce in un’anima fervente. Fa di essa il suo trono di gloria, vi si siede e vi dimora… Come la casa abitata dal suo padrone è tutta grazia, ordine e bellezza, così l’anima con la quale e nella quale il Signore dimora è tutta ordine e bellezza. Possiede il Signore e tutti i suoi tesori spirituali. Egli ne è l’abitante, ne è il capo.

 

            Invece, orrenda è la casa il cui padrone e assente, il cui Signore è lontano ! Va in rovina, crolla, si riempie di sozzure e di disordine. Diventa, secondo la parola del profeta, un covo di serpenti e di demoni (Is 34, 14). La casa abbandonata si riempie di gatti, di cani, di immondizie. Com’è infelice quell’anima che non può rialzarsi dalla sua caduta funesta, che si lascia trascinare e giunge ad odiare il suo sposo e strappare i suoi pensieri da Gesù Cristo !

 

            Ma quando il Signore la vede raccogliersi e cercare giorno e notte il suo Signore, gridare verso di lui com’egli stesso la invita : « Pregate sempre, senza stancarvi », allora « Dio le farà giustizia » (Lc 18, 1.7) – l’ha promesso – e la purificherà da ogni cattiveria. La farà sua sposa « senza macchia, né ruga » (Ef 5, 27). Credi nella sua promessa ; è verità. Guarda se la tua anima ha già trovato la luce che rischiarerà i suoi passi e il Signore che è suo cibo e bevanda. Queste cose ti mancano ancora ? Cercali giorno e notte, li troverai.

 

XXVIIA settimana T.O. - VESPRI venerdì

Lc 11, 15-26

Capitoli sulla perfezione spirituale, 6, 26 ; PG 65, 1169

(In l' Ora dell'Ascolto p. 1105)

 

 

 

Lo Spirito Santo vince in noi gli spiriti immondi

 

Diàdoco di Foticea nel quarto secolo

 

 

            È lume della vera saggezza discernere il bene dal male senza sbagliare... È necessario che coloro che combattono cerchino di conservare l’animo libero da interno turbamento, perché la mente, discernendo i pensieri che le si affacciano, possa conservare nel santuario della memoria quelli che sono buoni e mandati da Dio, e scacciare invece quelli che sono cattivi e suggeriti dal demonio. Anche il mare quando è perfettamente calmo permette ai pescatori una visibilità che arriva fino al fondo, di modo che i pesci non sfuggono al loro sguardo. Ma quando è sconvolto dai venti, nasconde con le onde torbide ciò che nella calma mostra chiaramente...

 

            Ora solo lo Spirito Santo può purificare le menti: infatti se non entra quel forte per sopraffare il ladro, la preda non gli potrà essere tolta. È necessario quindi custodire in ogni tempo la pace dell’anima per favorire l’azione dello Spirito Santo; ossia dobbiamo tenere sempre accesa in noi la lampada della chiaroveggenza. Infatti, quando essa risplende nel segreto della coscienza, gli attacchi insidiosi dei demoni vengono non solo scoperti ma anche resi impotenti da quella santa e gloriosa luce. Per questo l’Apostolo raccomanda: “Non spegnete lo Spirito” (1 Ts 5, 19).

 

XXVIIA settimana T.O. - LODI sabato

Lc 11, 27-28 

                               Omelie sul vangelo di Luca ; L. IV, 49

 

 

 

«Beati coloro che ascoltano la Parola di Dio, e la osservano »

 

San Beda il Venerabile nell’ottavo secolo

 

 

            “Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte.” Grande è la pietà, grande è la fede che vengono espresse in queste parole dalla donna del vangelo. Mentre gli scribi e i farisei mettono il Signore alla prova e lo bestemmiano, davanti a tutti questa donna riconosce la sua incarnazione con tanta fedeltà, la confessa con tanta  franchezza, da confondere la calunnia dei suoi contemporanei e la fede sbagliata che ne sarebbe derivata dagli eretici a venire. Offendendo le opere dello Spirito Santo, i contemporanei di Gesù negavano che fosse veramente Figlio di Dio, consustanziale al Padre. In seguito, degli uomini hanno anche negato che Maria sempre vergine avesse, per opera dello Spirito Santo, dato la sostanza della sua carne al Figlio di Dio che doveva nascere con un vero corpo umano; hanno negato che egli fosse veramente Figlio dell’uomo, della stessa natura di sua madre. L’apostolo Paolo smentisce tale opinione, dicendo di Gesù che è “nato da donna, nato sotto la legge” (Gal 4,4). Infatti concepito nel seno della vergine, non ha preso la sua carne dal nulla, né da altro se non dal corpo di sua madre. Altrimenti non sarebbe esatto chiamarlo veramente Figlio dell’uomo...

 

            Beata madre in verità che, secondo l’espressione del poeta, “ha dato alla luce il Re che regge il cielo e la terra per tutti i secoli. Lei conosce la gioia della maternità e l’onore della verginità. Prima di lei non si è vista simile donna, né si vedrà dopo di lei” (Sedulius). Eppure il Signore aggiunge: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano”. Il Salvatore dà alla testimonianza di quella donna una conferma magnifica. Non soltanto dichiara beata colei alla quale è stato dato di partorire corporalmente il Verbo di Dio, ma beati anche quanti si applicano a concepire spiritualmente lo stesso Verbo nell’ascolto della fede, a partorirlo e a nutrirlo sia nel loro cuore che nel cuore degli altri, tenendolo presente praticando il bene.

 

XXVIIA settimana T.O. - PRIMI VESPRI sabato

Gv 3, 31-36

Confessioni XI, 2.3

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

 

 

« Colui che Dio ha mandato proferisce le parole di Dio e dà lo Spirito senza misura »

 

Sant’Agostino nel Quinto secolo

 

 

 

Dio mio, luce dei ciechi e virtù dei deboli, e anche luce dei veggenti e virtù dei forti ; volgi la tua attenzione sulla mia anima e ascolta chi grida dall'abisso (Sal 29, 1). Se non fossero presenti anche nell'abisso le tue orecchie, dove ci volgeremmo ? A chi grideremmo ?

 

« Tuo è il giorno e tua la notte » (Sal 73, 16), al tuo cenno trasvolano gli istanti. Concedimene un tratto per le mie meditazioni sui segreti della tua legge, non chiuderla a chi bussa (Mt 7, 7). Non senza uno scopo, certo, facesti scrivere tante pagine di fitto mistero ; né mancano, quelle foreste, dei loro cervi (Sal 28, 9), che vi si rifugiano e ristorano, vi spaziano e pascolano, vi si adagiano e ruminano. O Signore, compi la tua opera in me, rivelandomele.

 

Ecco, la tua voce è la mia gioia, la tua voce una voluttà superiore a tutte le altre. Dammi ciò che amo. Perché io amo, e tu mi hai dato di amare. Non abbandonare i tuoi doni, non trascurare la tua erba assetata. Ti confesserò quanto scoprirò nei tuoi libri. Oh, « udire la voce della tua lode » (Sal 25, 7), abbeverarsi di te, contemplare le meraviglie della tua legge (Sal 118, 18) fin dall'inizio, quando creasti il cielo e la terra, e fino al regno eterno con te nella tua santa città.

 

XXVIIIA settimana T.O. - UR Domenica

 

 

Parteciperemo alla resurrezione di Cristo

di Sant’Anastasio di Antiochia nel sesto secolo

 

         Il Cristo ha conosciuto la morte, poi la vita, per divenire il Signore dei morti e dei viventi. Poiché è vivente il Signore dei morti, allora anche i morti non sono dei morti, ma dei viventi: questo significa che la vita regna su di loro, vivono e non temono più la morte come il Cristo che, resuscitato dai morti, non muore più. Risuscitati e liberati dalla corruzione, non vedranno più la morte: parteciperanno alla Resurrezione del Cristo, come Lui stesso ha avuto parte alla loro morte. Se è venuto sulla terra, allora prigione eterna, è stato per spezzare le porte di bronzo e le serrature di ferro, per liberare la nostra vita dalla corruzione, attirandoci a Lui e per comunicarci la libertà al posto della schiavitù.

 

         Il fatto che questo piano di salvezza non sia ancora realizzato, poiché si continua a morire e il corpo si decompone a causa della morte, non deve essere motivo di perdita della fede. Infatti noi abbiamo già ricevuto le primizie di ciò che ci è stato promesso nella persona di Colui che è il nostro Primogenito. “Con Lui ci ha risuscitati, con Lui ci ha fatti regnare nei cieli, in Cristo Gesù”. Raggiungeremo la realizzazione di questa promessa, quando verrà il tempo fissato dal Padre nel quale ci spoglieremo dell’infanzia e saremo pervenuti allo stato di uomo perfetto…

 

         Ciò che Cristo ha realizzato portando al Padre la propria umanità, lo farà per tutto il genere umano, compiendo la Promessa: “Elevato da terra attirerò a me tutto gli uomini”.

 

XXVIIIA settimana T.O. -  Vespri Domenica

Lc 17, 11-19

 Commento sul vangelo di Luca, 2, 40 ; PL 165, 426-428

(In l'Ora dell'Ascolto p.1987)

 

 

La fede che purifica

 

San Bruno di Segni  nel dodicesimo secolo

 

 

         Cosa possono rappresentare i dieci lebbrosi se non tutti i peccatori? Tutti gli uomini infatti alla venuta di Cristo erano lebbrosi nell’anima. Non tutti nel corpo. Certo è molto peggiore la lebbra dell’anima che quella del corpo.

 

         Ma consideriamo ciò che segue: essi si fermano a distanza e “alzarono la voce dicendo: Gesù, maestro, abbi pietà di noi!”. Restavano a una certa distanza perché in tali condizioni questi uomini non osavano avvicinarsi. Anche noi stiamo a distanza quando ci ostiniamo nel peccato. Se vogliamo essere guariti e risanati dalla lebbra dei nostri peccati, gridiamo a gran voce e diciamo: “Gesù maestro, abbi pietà di noi!”. Non gridiamo però con la bocca, ma col cuore. La voce del cuore è più forte. Il grido del cuore trapassa i cieli e giunge fino all’eccelso trono di Dio.

 

XXVIIIA settimana T.O. - LODI Martedì

Lc 11, 37-41

Lettera ai Corinzi, 14-16 ; SC 167, 123

 

  

«Purificare l’interno del nostro cuore »

di San Clemente di Roma nel primo secolo

  

 

E' giusto e santo, fratelli, che noi siamo ubbidienti a Dio, piuttosto che seguire nell'arroganza e nella sedizione i capi dell'esecranda gelosia... Uniamoci, dunque, a quelli che religiosamente vivono la pace e non a quelli che la vogliono con ipocrisia. Dice infatti: "Questo popolo mi onora con le labbra e il suo cuore è lontano da me" (Is 29,13; Mc 7,6). E di nuovo: "Con la bocca mi benedicevano e con il cuore mi maledicevano" (Sal 61,5). Di nuovo dice: "Lo amavano con la bocca e con la lingua gli mentivano, il loro cuore non era retto con lui, nè rimanevano fedeli alla sua alleanza" (Sal 77,30)...

 

Cristo è degli umili, non di chi si eleva sul suo gregge. Lo scettro della maestà di Dio (Eb 1,8), il Signore Gesù Cristo, non venne nel fragore della spavalderia e dell'orgoglio - e l'avrebbe potuto - ma nell'umiltà di cuore, come lo Spirito Santo ebbe a dire di lui: "Signore, chi credette alla nostra voce? e il braccio del Signore a chi fu rivelato? Noi l'annunciammo alla sua presenza: egli è come un fanciullo, come una radice nella terra assetata; non ha apparenza nè gloria. Noi lo vedemmo, non aveva una bella apparenza, ma l'aspetto suo era spregevole (Is 53, 1-3)... Vedete, carissimi, quale modello ci è dato! Se il Signore si è umiliato a tal punto, che cosa faremo noi che, per mezzo suo, siamo venuti sotto il giogo della sua grazia?

 

XXVIIIA settimana T.O. -  VESPRI Martedì

Lc 11,37-41

 

 

 

Liberàti per essere figli

di sant’Ireneo di Lione, nel secondo secolo.

 

 

         “Se la vostra giustizia non sarà superiore a quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli”. In che cosa consisteva questa superiorità? In primo luogo nel credere non solo nel Padre, ma anche nel Figlio suo ormai manifestato, perché questi è colui che conduce l’uomo alla comunione e all’unione con Dio. In secondo luogo consisteva nel non limitarsi a dire, ma anche fare – quelli infatti dicevano, ma non facevano -, e nell’astenersi non solo dalle opere cattive, ma anche dal desiderio di esse. Ora, insegnando questo, egli non andava contro la Legge, ma completava la Legge e faceva penetrare in noi le prescrizioni della Legge. Avrebbe contraddetto la Legge, se avesse comandato ai suoi discepoli di fare tutto ciò che la Legge proibiva. Invece il prescrivere di astenersi non solo dalle opere che la Legge proibisce, ma anche dal desiderio di esse non è l’atteggiamento di chi contraddice, né di chi abolisce la Legge, ma di chi la completa o la  estende.

 

         La Legge, infatti, essendo stata emanata per i servi, educava l’anima per mezzo delle cose esteriori e corporali, trascinandola come con une catena alla sottomissione ai precetti, affinché l’uomo imparasse ad obbedire a Dio; mentre il Verbo, liberando l’anima, le insegnò a purificare il corpo da sé volontariamente. Fatto questo, inevitabilmente furono abolite le catene della schiavitù, alle quali ornai l’uomo si era abituato, e l’uomo seguì Dio senza catene, ma si dilatarono i precetti della libertà e crebbe la sottomissione al Re, affinché nessuno, volgendosi indietro, si mostrasse indegno di colui che lo ha liberato: infatti la pietà e l’obbedienza verso il padrone di casa sono le stesse per i servi e per i figli, ma i figli hanno une confidenza più grande, perché il servizio della libertà è più grande e più glorioso della docilità della servitù.

 

XXVIIIA settimana T.O. - LODI mercoledì

 

Sull'incomprensibilità di Dio, 5, 6-7 : PG 48, 745-746

Lc 11,42-46

 

 

Guardatevi dalla superbia

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

         Non c’è umiltà nel considerarsi peccatore, se lo siamo effettivamente. Ma l’umiltà esiste quando uno è consapevole di aver fatto quantità di grandi cose, eppure non ne concepisce alcun’alta opinione di sé ; quando, essendo simile a Paolo fino a poter dire : « Non sono consapevole di colpa alcuna », aggiunge subito : « non per questo sono giustificato » (1 Cor 4, 4) o anche : « Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori e di questi il primo sono io » (1 Tm 1, 15). In questo consiste l’umiltà : a dispetto della grandezza dei nostri atti, abbassarci in spirito.

 

         Dio, però, a motivo del suo amore indicibile per gli uomini, accoglie e riceve non soltanto coloro che si umiliano in questo modo, ma anche coloro che ammettono francamente le loro colpe, e si mostra favorevole e benevolo verso coloro che sono in tali disposizioni. E affinché tu impari quanto è buono non avere un’alta opinione di te stesso, immaginati due carri. A uno, attacca la virtù e la superbia, all’altro, il peccato e l’umiltà. Vedrai il tiro del peccato distanziare quello della virtù, non certo grazie alla propria potenza, ma grazie alla forza dell’umiltà che lo accompagna. E vedrai l’altro sorpassato, non a causa della debolezza della virtù, ma a causa del peso e dell’enormità della superbia. Infatti, come l’umiltà, grazie alla sua immensa forza di elevazione, trionfa della pesantezza del peccato e, per prima, sale al cielo, così la superbia, a causa del suo gran peso e della sua enormità, riesce a spuntarla sull’agilità della virtù e trascinarla facilmente verso il basso.

 

XXVIIIA settimana T.O. -  VESPRI Mercoledì

 

Il cammino di perfezione, cap. 28

 

 

 Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno ?

di Santa Teresa d'Avila nel sedicesimo secolo

  

 

Se io avessi capito, come oggi, quale grande Re abitava in quel piccolo palazzo della mia anima, non l’avrei lasciato da solo così spesso ; sarei rimasta di tanto in tanto accanto a lui, e avrei fatto il necessario affinché il palazzo fosse meno sporco. Quanto è mirabile pensare che colui la cui grandezza potrebbe riempire mille mondi e anche molto di più, si rinchiude così in una così piccola dimora. È vero che, da una parte, essendo sovrano Signore, porta con lui la libertà, e dall’altra, essendo pieno di amore per noi, si fa alla nostra misura.

 

Sapendo bene che un’anima principiante potrebbe turbarsi al vedere se stessa, così piccola, destinata a contenere tanta grandezza, egli non si fa conoscere immediatamente; ma, poco a poco, fa crescere la capacità dell’anima, alla misura dei doni che egli si propone di collocare in essa. A motivo di questo suo potere di allargare il palazzo della nostra anima, ho detto che porta con lui la libertà. Il punto capitale è fargliene un dono assoluto e vuotarsi completamente, affinché egli possa riempire o svuotare a suo piacimento, come in una dimora che gli appartiene. A ragione, nostro Signore vuole che così sia; non rifiutiamoci. Egli non vuole forzare la nostra volontà; riceve quello che essa gli dà. Ma lui si dà interamente solo quando anche noi ci diamo interamente.

 

La cosa è certa, e ve la ripeto così spesso perché è importantissima. Finché l’anima non è interamente sua, sgombrata di tutto, egli non agisce in essa. Del resto, non so come potrebbe farlo, colui che ama tanto l’ordine perfetto. Se riempiamo il palazzo con gente volgare e ogni sorta di ninnoli, come il sovrano, con la sua corte, potrebbe trovarvi posto? È già molto che si degni di fermarsi qualche momento in mezzo a tanto ingombro.

 

XXVIIIA settimana T.O. -  LODI giovedì

 

Libro di Vita di Gerusalemme

 

capitolo "Monaci e Monache" - § 62

 

XXVIIIA settimana T.O. -  VESPRI Giovedì

Lc 11, 47-54

Catechesi 33 ; SC 113, 257

 

 

 

 La scienza di Dio

di Simeone il Nuovo Teologo nell’ undicesimo secolo

 

 

         Cristo dice ai dottori della Legge: “Guai a voi che avete tolto la chiave della scienza” (Lc 11,52). Che cos’è la chiave della scienza se non la grazia dello Spirito Santo data dalla fede, che grazie all’illuminazione produce la piena conoscenza e apre la nostra mente chiusa e velata?... E dirò di più: la porta, è il Figlio: “Io sono la porta”, dice. La chiave della porta, è lo Spirito Santo: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”. La casa, è il Padre: “Nella casa del Padre mio vi sono molti posti”. Sii dunque accuratamente attento al senso spirituale di queste parole... Se la porta non si apre, nessuno entrerà nella casa del Padre, come dice Cristo: “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”.

         Ora, che sia lo Spirito Santo ad aprire per primo la nostra mente e ad insegnarci ciò che riguarda il Padre e il Figlio, l’ha detto ancora lui: “Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di Verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e vi guiderà alla verità tutta intera”. Vedi come, per mezzo dello Spirito o piuttosto nello Spirito, il Padre e il Figlio si fanno conoscere inseparabilmente...

 

         Infatti, chiamiamo chiave lo Spirito Santo perché è innanzi tutto attraverso di lui e in lui che il nostro spirito viene rischiarato e che, purificati, siamo illuminati dalla luce della conoscenza e battezzati dall’alto, rigenerati e resi figli di Dio, come dice Paolo: “Lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili”, e ancora: “Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: ‘Abbà, Padre’ ”. Dunque ci mostra lui la porta, porta che è luce, e la porta ci insegna che anche colui che abita nella casa è luce inaccessibile.

 

(Riferimenti biblici : Lc 11,52 ; Gv 10,7.9 ; 20,22-23 ; 14,2 ; 10,3 ; 14,6 ; 15,26 ; 6,13 ; Rm 8,26 ; Ga 4,6)

 

XXVIIIA settimana T.O. - LODI Venerdì

 

 

PARLARE A DIO COME A UN PADRE

di Santa Teresa D'Avila nel sedicesimo secolo

 

 

      Avete già sentito affermare che Dio è dappertutto, e questa è una grande verità. Ora, è ovvio che dove sta il re, là si dice sta anche la sua corte; e pertanto, dove sta Dio, lì è il cielo. Potete quindi credere senz'ombra di dubbio che dove dimora Sua Maestà, si trova concentrata anche tutta la gloria.

      Tenete poi presente che Sant'Agostino, credo nel libro delle  sue Meditazioni, dice di aver cercato Dio in molti luoghi e di aver finito per ritrovarlo dentro di sé. Ritenete che importi poco ad un'anima estroversa comprendere questa verità, e sapere che per parlare col suo eterno Padre non ha bisogno di salire al cielo, che per godere la sua compagnia non è costretta a pregare alzando la voce, giacché per quanto sommessamente parli egli la udirà, che per andare a raggiungerlo non le occorrono ali?

      Per trovarlo, le basta invece ritirarsi in solitudine, contemplarlo dentro di sé e non estraniarsi da un ospite così buono; le basta parlargli con grande umiltà come a un padre, rivolgergli le sue richieste come a un padre, goderne la compagnia e fargli festa come a un padre, con la netta consapevolezza per altro di non essere degna di essere sua figlia.

      Si svincoli da certe forme di rattrappimento in cui si chiudono alcune persone, pensando che si tratti di umiltà. Sì, perché l'umiltà non consiste nel rifiutare un favore che il re vi fa, bensì nell'accettarlo e gioirne, riconoscendo al contempo quanto sia dovizioso e immeritato.

      Badate che per voi è essenziale tenere scolpita bene in mente questa verità: che il Signore sta dentro di noi, e quindi è nel nostro intimo che dobbiamo tenergli compagnia.

 

XXVIIIA settimana T.O. - VESPRI venerdì

 

 

Il cammino di perfezione, 17

 

 

 

Come Dio guida le anime 

di Santa Teresa d’Avila nel sedicesimo secolo

 

 

         Dio non guida tutte le anime per la medesima strada. Chi crede di camminare sulla via più umile, è forse il più elevato agli occhi di Dio. Così, in questo monastero, anche se tutte si dedicano all’orazione, non tutte sono contemplative. Questo è impossibile e ignorare questa verità potrebbe spingere nella desolazione quelle che non lo sono…

 

         Per quanto mi riguarda, ho trascorso quattordici anni, senza ch’io possa meditare, se non leggendo. E sicuramente molte persone sono nella stessa situazione. Altre sono incapaci di meditare, anche con l’aiuto di un libro. Sono soltanto capaci di pregare a voce, il che le fissa maggiormente… Tante sono in questa situazione. Ma, se sono umili, credo che in definitiva, non saranno sfavorite. Andranno di pari passo con le anime inondate di consolazioni. In un certo modo, questa loro via è anzi più sicura, perché ignoriamo se queste consolazioni vengono da Dio, o se il diavolo ne è l’autore…

 

         Queste persone che non hanno consolazioni camminano nell’umiltà, temendo sempre che sia per colpa loro, e hanno una cura continua nell’andare avanti. Quando vedono altre versare una lacrima, subito sembra loro che il fatto che esse non ne spargano è il segno che sono in ritardo nel servizio di Dio, mentre forse sono molto più avanzate delle altre. Infatti le lacrime, anche se sono buone, non sono tutte perfette e c’è sempre più sicurezza nell’umiltà, la mortificazione, il distacco e le altre virtù. Per cui non temete nulla, e siate sicuri che giungerete anche voi alla perfezione, come i grandi contemplativi.

 

XXVIIIA settimana T.O. -  LODI  Sabato

Lc 12, 8-12

Omelia per la domenica di Tutti i santi ; PG 151, 322-323

 

 

 Non v’è nulla di nascosto che non debba essere svelato

di Gregorio Palamas  nel quattordicesimo secolo

 

 

         Dall’alto del cielo, Dio offre a tutti gli uomini le ricchezze della sua grazia. Lui in persona è fonte di salvezza e di luce, dalla quale scorre in eterno la misericordia e la bontà. Tuttavia non tutti gli uomini mettono a profitto la sua forza e la sua grazia per esercitare perfettamente la virtù e realizzare le sue meraviglie ; lo fanno in effetti soltanto coloro che hanno messo in pratica i loro propositi e, con i fatti, hanno dimostrato il loro attaccamento a Dio, coloro che si sono completamente distolti dal male, che aderiscono fermamente ai comandi di Dio e fissano lo sguardo dello spirito su Cristo, Sole di giustizia (Mal 3,20).

 

         Dall’alto del cielo, Cristo offre a coloro che combattono, il soccorso del suo braccio, e li esorta con queste parole del Vangelo : « Chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli ». In quanto servo di Dio, ognuno fra i santi riconosce Cristo in questa vita passeggera e davanti a uomini mortali. Lo fa in un breve lasso di tempo e davanti a pochi uomini, mentre il Signore nostro Gesù Cristo… ci riconoscerà nel mondo dell’eternità, davanti a Dio suo Padre, circondato dagli angeli e dagli arcangeli e da tutte le potenze dei cieli, davanti a tutti gli uomini da Adamo fino alla fine dei secoli. Infatti tutti risusciteranno e staranno davanti al tribunale di Cristo. Allora in presenza di tutti e alla vista di tutti, egli farà conoscere, glorificherà e incoronerà coloro che avranno dimostrato la loro fede fino alla fine.

 

XXVIIIA settimana T.O. - PRIMI VESPRI Sabato

 

 

PIETÀ FONDATA SULLA ROCCIA

di S. Ignazio di Antiochia nel SECONDO SECOLO

 

 

Lodo la tua pietà in Dio, fondata su una roccia incrollabile e rendo la massima gloria (al Signore) perché sono stato fatto degno del suo volto irreprensibile. Potessi goderne in Dio. Ti esorto nella carità che hai a proseguire nel tuo cammino e ad incitare tutti a salvarsi. Dimostra la rettitudine del tuo posto con ogni cura nella carne e nello spirito. Preoccupati dell'unità di cui nulla è più bello. Sopporta tutti, come il Signore sopporta anche te; sostieni tutti nella carità, come già fai. Cura le preghiere che non si interrompano; chiedi una saggezza maggiore di quella che hai; veglia possedendo uno spirito insonne. Parla a ciascuno nel modo conforme a Dio. Sostieni come perfetto atleta la infermità di tutti. Dove maggiore è la fatica, più è il guadagno.

 

Se ami i discepoli buoni, non hai merito; piuttosto devi vincere con la bontà i più riottosi. Non si cura ogni ferita con uno stesso impiastro. Calma le esacerbazioni (della malattia) con bevande infuse. In ogni cosa sii prudente come un serpente e semplice come la colomba. Per questo sei di carne e di spirito, perché tratti con amabilità quanto appare al tuo sguardo; per ciò che è invisibile prega che ti sia rivelato, perché non manchi di nulla e abbondi di ogni grazia. Il tempo presente esige che tu tenda a Dio, come i naviganti invocano i venti e coloro che sono sbattuti dalla tempesta il porto. Come atleta di Dio sii sobrio; il premio è l'immortalità, la vita eterna in cui tu credi. In tutto sono per te una ricompensa io e le mie catene che tu hai amate.

 

XXIXA settimana T.O. - UR Domenica

 

 

 

IL SIGNORE E’ NOSTRA GIOIA E NOSTRA SPERANZA

di San Cirillo d’Alessandria al IV secolo

 

         “Eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto (Is 25, 8). All’insegnamento dei misteri della fede va unito molto opportunamente il necessario discorso sulla risurrezione dei morti. Perciò anche nel conferimento del battesimo, con la professione di fede affermiamo di aspettare la risurrezione futura, e vi crediamo.

 

         La morte colse il nostro progenitore Adamo a causa del peccato, lo assalì come una fiera selvaggia e crudele, e lo rapì; da allora comparvero fra gli abitanti della terra i lamenti, i lutti, le lacrime e i canti funebri. Ma cessarono in Cristo; il terzo giorno egli risuscitò calpestando la morte, e divenne per tutta l’umanità la via per vincerla definitivamente.

 

         Egli è il primogenito dei redivivi, la primizia di quanti sono morti: alla primizia seguirà tutto il resto, cioè noi. Perciò il lamento funebre si è mutato in gaudio, il sacco si è lacerato, e siamo rivestiti da Dio della gioia di Cristo, perché possiamo esclamare esultanti; “Dov’è, o morte la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?” (1 Cor 15, 55-56). “Pungiglione della morte”, dice, “è il peccato”.

 

         In tal modo ogni lacrima è asciugata.

 

         Voi conoscerete, dice, colui che dà la gioia e perfino il vino, e che unge con unguento quelli che in Sion hanno minore facoltà di intendere; e conoscerete che è veramente Dio, il Figlio, della stessa natura di Dio, sebbene si presenti nella natura di servo, fatto uomo per la salvezza e la vita di tutti gli uomini, e simile in tutto agli altri uomini, eccetto il peccato. Ecco il nostro Dio nel quale abbiamo sperato, ed esultato per la nostra salvezza.

 

         In realtà con la fede in lui abbiamo gettato via da noi il molesto e grave peso del peccato. Abbiamo avuto riposo anche in altro modo: siamo stati liberati dal terrore del supplizio che avremmo dovuto subire e della pena da scontare per i peccati. Né solo in questo consiste la grazia di Cristo, nostro salvatore: vi si aggiungono i beni che speriamo, il possesso del regno dei cieli, la vita eterna, e la liberazione da ogni male.

 

XXIXA settimana T.O. - VESPRI Domenica

Lc 18, 1-8

Esposizioni sui Salmi, 37,14

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

 

« Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre »

 

di Sant’Agostino nel Quinto secolo

 

 

            « E dinanzi a te sta ogni mio desiderio » (Sal 37, 10)… Il tuo desiderio è la tua preghiera; se continuo è il desiderio, continua è la preghiera. Perché non invano ha detto l'Apostolo: « Pregando senza interruzione » (1 Tes 5, 17). Forse noi senza interruzione pieghiamo il ginocchio, prostriamo il corpo, o leviamo le mani, per adempiere all'ordine: Pregate senza interruzione? Se intendiamo il pregare in tal modo, credo che non lo possiamo fare senza interruzione.

 

Ma c'è un'altra preghiera interiore che non conosce interruzione, ed è il desiderio. Qualunque cosa tu faccia, se desideri quel sabato, non smetti mai di pregare. Se non vuoi interrompere la preghiera, non cessar mai di desiderare.

 

Il tuo desiderio continuo sarà la tua continua voce. Tacerai se cesserai di amare. Chi sono quelli che hanno taciuto? Coloro dei quali è detto: « Poiché ha abbondato l'ingiustizia, si raggelerà la carità di molti » (Mt 24, 12). Il gelo della carità è il silenzio del cuore; l'ardore della carità è il grido del cuore. Se sempre permane la carità, tu sempre gridi; se sempre gridi, sempre desideri; e se desideri, ti ricordi della pace.

 

XXIXA settimana T.O. - Lodi Martedì

                                                           Lc 12, 35-38

 Omelia sul Cantico dei Cantici, PG 44, 996-997

 

 

In tenuta di servizio e con le lucerne accese

 San Gregorio Nisseno nel quarto secolo

 

            Il Verbo ci invita a scuoterci dagli occhi dell’anima questo sonno pesante affinché, con lo spirito liberato da ogni miraggio, non scivogliamo al di là dalle vere realtà attaccandoci a ciò che non ha consistenza. Perciò ci suggerisce il pensiero della vigilanza dicendo : « Siate pronti con la cintura ai fianchi e le lucerne accese »… Il significato di questi simboli è chiarissimo. Chi è cinto dalla temperanza, vive nella luce di una coscienza pura, perché la fiducia filiale illumina la sua vita come una lucerna. Illuminata dalla verità, la sua anima dimora fuori dal sonno dell’illusione poiché non viene ingannata da nessun sogno vano. Se adempiremo questo, secondo le indicazioni del Verbo, entreremo in una vita simile a quella degli angeli…

         Essi infatti sono coloro che aspettano il Signore quando torna dalle nozze, e siedono, vigilanti, alle porte del cielo, affinché il Re della gloria (Sal 23, 7) possa entrare nuovamente, quando tornerà dalle nozze ed entrerà nella beatitudine che è al di sopra dei cieli. « Uscendo come sposo dalla stanza nuziale » secondo il testo del salterio (Sal 19, 6), si è unito come a una vergine, mediante la rigenerazione sacramentale, alla nostra natura umana, che si era prostituita agli idoli, e l’ha restituita alla sua incorruttibilità verginale. A nozze ormai finite, poiché la chiesa è stata sposata dal Verbo…e introdotta nella stanza dei misteri, gli angeli aspettano il ritorno del Re della gloria nella beatitudine che gli è naturale.

         Perciò il testo dice che la nostra vita deve essere  simile a quella degli angeli affinché, come loro, viviamo lontani dal vizio e dall’illusione, per essere pronti ad accogliere la parusia del Signore e, vegliando anche noi alle porte delle nostre dimore, stiamo pronti ad obbedire quando, alla sua venuta, busserà alla porta.

 

XXIXA settimana T.O. - Vespri Martedì

                                                                       Lc 12, 35-38

 Discorso sul Cantico dei cantici n°17, 2

 

 

Vegliare nello Spirito Santo

 San Bernardo nel dodicesimo secolo

 

         Dobbiamo essere vigilanti e attenti all’opera della salvezza che sta operandosi in noi, perché con mirabile finezza e con la delicatezza di un’artista divino, il Santo Spirito compie continuamente questa opera nel più intimo del nostro essere. Non ci sia mai tolta senza che ce ne accorgiamo, questa unzione che ci insegna tutto, e non ci colga mai all’improvviso la sua venuta. Invece occorre tener lo sguardo sempre in agguato e il cuore spalancato per ricevere questa benedizione generosa del Signore. In quali stati d’animo vuole trovarci lo Spirito? “Siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze”. Non torna mai a mani vuote dalla mensa celeste e da tutte le gioie che essa prodiga.

 

         Occorre dunque vegliare e pregare in ogni momento, perché non sappiamo a che ora lo Spirito verrà, né a che ora andrà via di nuovo. Lo Spirito viene e va (Gv 3, 81); se stiamo in piedi grazie a lui, quando si ritira, cadiamo inevitabilmente, ma senza spezzarci, perché il Signore ci trattiene per la sua mano. E lo Spirito non cessa di fare vivere questa alternanza di presenza e di assenza a quelli che sono spirituali, o piuttosto a quelli che vuole rendere spirituali. Per questo li visita all’alba, poi improvvisamente li mette alla prova.

 

XXIXA settimana T.O. - Lodi   Mercoledì

Lc 12,39-48

Discorso 3 per l’Avvento, 1 ; SC 166, 119

 

 

 

Non siete nelle tenebre, così che quel giorno possa sorprendervi come un ladro

      Beato Guerrico d’Igny nel dodicesimo secolo

 

 

         « Prepàrati all’incontro con il tuo Dio, o Israele » (Am 4,12). E anche voi, fratelli miei, « tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate ». Nulla di più sicuro della sua venuta, ma nulla di più incerto del momento di questa venuta. Infatti non spetta a noi conoscere i tempi o i momenti che il Padre, nella sua potenza, ha fissato, poiché neanche agli angeli che lo circondano è stato dato di saperne il giorno e l’ora (Ac 1,7 ; Mt 24,36).

 

         Verrà anche il nostro ultimo giorno, questa è cosa sicurissima ; ma quando, dove e come, questa è cosa molto incerta. Sappiamo soltanto, come è stato detto prima di noi che « con gli anziani, sta sulla soglia, mentre coi giovani sta in agguato » (S. Bernardo)… Non bisognerebbe che quel giorno ci prendesse alla sprovvista, non preparati, come un ladro nella notte… Il timore rimanga sveglio così da renderci sempre pronti, finché la sicurezza segua al timore, e non il timore alla sicurezza. « Integro sono stato, dice il Saggio, e mi sono guardato dalla colpa » (Sal 17,24), non potendo guardarmi dalla morte. Egli sa infatti che « il giusto, anche se muore prematuramente, troverà riposo » (Sap 4,7) ; anzi trionfano sulla morte coloro che non sono stati schiavi del peccato durante la loro vita. Che bello, fratelli miei, che felicità non soltanto essere al sicuro davanti alla morte, ma anche trionfare su di essa con gloria, forti della testimonianza della nostra coscienza.

 

XXIXA settimana T.O. -Vespri Mercoledì

                                                           Lc 12, 39-48

 

PPS, t. 4, n° 22

 

 

Tenetevi pronti

 

Cardinal John Henry Newman nel diciannovesimo secolo

 

         Il nostro Signore ha dato questo avvertimento mentre stava per lasciare questo mondo, per lo meno visibilmente. Prevedeva le centinaia di anni che sarebbero potute trascorrere prima del suo ritorno. Conosceva il proprio disegno, quello del Padre suo : lasciare gradualmente il mondo a se stesso, ritirare gradualmente i pegni della sua presenza misericordiosa. Prevedeva l’oblio in cui egli sarebbe caduto anche fra i suoi stessi discepoli …, lo stato del mondo e della Chiesa come li vediamo oggi, in cui la sua assenza prolungata ha fatto credere che non sarebbe più tornato…

 

         Oggi, ci mormora misericordiosamente all’orecchio di non fidarci di ciò che vediamo, di non partecipare all’incredulità generale, di non lasciarci trascinare dal mondo, ma di « fare attenzione, di vegliare e di pregare » (Lc 21, 36), e di aspettare la sua venuta. Questo avvertimento misericordioso dovremmo tenerlo sempre in mente, tanto è preciso, solenne e pressante.

 

         Il nostro Signore aveva predetto la sua prima venuta, eppure quando è venuto, ha sorpreso tutti. Verrà in un modo ancora più improvviso la seconda volta, e sorprenderà gli uomini. Ora, senza dire quanto tempo trascorrerà prima del suo ritorno, ha affidato la nostra vigilanza alla guardia della fede e dell’amore… Infatti dobbiamo non soltanto credere, ma vegliare ; non soltanto amare, ma vegliare ; non soltanto obbedire, ma vegliare. Perché vegliare ? Per questo grande avvenimento della venuta di Cristo. In questo sembra esserci affidato un dovere particolare : non soltanto credere, temere, amare e obbedire, ma anche vegliare : vegliare per Cristo, vegliare con Cristo.

 

XXIXA settimana T.O. - LODI Giovedì

                                                                       Lc 12, 49-53

Discorsi ascetici, 1a  parte, n°2

 

 

 

 Sono venuto a portare il fuoco sulla terra

di Sant’Isacco Siriano  nel settimo secolo

 

  

         Fatti violenza (cfr Mt 11,12), sforzati di imitare l’umiltà di Cristo, affinché si accenda sempre di più il fuoco che egli ha gettato in te, questo fuoco nel quale sono consumati tutti gli impulsi di questo mondo che distruggono l’uomo nuovo e macchiano le dimore del Signore santo e potente. Affermo infatti con san Paolo che “siamo il tempio di Dio” (2 Cor 6,16). Purifichiamo dunque il suo tempio “come egli è puro” (1 Gv 3,3) affinché egli abbia il desiderio di dimorarvi; santifichiamolo, come egli è santo (1 Pt 1,16); orniamolo di tutte le opere buone e degne. Riempiamolo del riposo della sua volontà, come di un profumo, con la preghiera pura, cioè la preghiera del cuore, che non si può acquistare abbandonandosi agli impulsi continui di questo mondo.

 

Allora la nube della sua gloria coprirà la tua anima, e la luce della sua grandezza brillerà nel tuo cuore (cfr. 1 Re 8,10). Tutti coloro che dimorano nella casa di Dio saranno ricolmi di gioia e si rallegreranno. Invece gli insolenti e gli immondi scompariranno sotto la fiamma dello Spirito Santo.

 

XXIXA settimana T.O. - Vespri Giovedì

Lc 12, 49-53

 Trattato su San Luca, 7:131-132 ; SC 52

 

 

Sono venuto a portare il fuoco sulla terra

 

Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

 

         « Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso ». Il Signore vuole che siamo vigilanti, attenti in ogni momento alla venuta del Salvatore…Ma poiché il guadagno è misero, e debole il merito quando soltanto il timore del supplizio impedisce di perdersi, mentre l’amore ha un valore superiore, il Signore stesso…infiamma il nostro desiderio di acquistare Dio quando dice : « Sono venuto a portare il fuoco sulla terra ». Non certo il fuoco che distrugge, bensì quello che produce la volontà buona, quello che rende migliori i vasi d’oro della casa del Signore, consumando il fieno e la paglia (1 Cor 3, 12), divorando tutta la vanità del mondo, accumulata dalla passione del piacere terreno, opera della carne che deve perire.

 

         Questo fuoco divino bruciava le ossa dei profeti, come dichiara Geremia : « C’era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa ». (Ger 20, 9). Infatti c’é un fuoco del Signore, di cui si dice : « Davanti a lui cammina il fuoco » (Sal 96, 3). Il Signore stesso è un fuoco « che arde senza consumarsi » (Es 3, 2). Il fuoco del Signore è luce eterna ; le lucerne dei credenti si accendono a questo fuoco : « Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese » (Lc 12, 35). Una lucerna è necessaria perché i giorni di questa vita sono ancora notte. Il Signore stesso, secondo la testimonianza dei discepoli di Èmmaus, aveva messo questo fuoco nel loro cuore : « Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture ? » (Lc 24, 32) Ci mostrano con evidenza qual’è l’azione di questo fuoco, che rischiara il profondo del cuore dell’uomo. Perciò il Signore verrà con il fuoco (Is 66, 15) per consumare i vizi nel momento della risurrezione, per colmare con la sua presenza i desideri di ciascuno, e proiettare la sua luce sui meriti e i misteri.

 

XXIXA settimana T.O. - LODI venerdì

 

Libro di Vita di Gerusalemme

 

capitolo "Nel cuore della città" - § 31

 

XXIXA settimana T.O. - VESPRI Venerdì

.                                                                      Lc 12, 54-59

Discorso di apertura del Concilio Vaticano II

 

  

Interpretare i segni dei tempi : un tema importante del Concilio Vaticano II


Beato Papa Giovanni XXIII

 

         Succede spesso che, nell’esercizio quotidiano del nostro ministero apostolico, i nostri orecchi siano offesi sapendo ciò che dicono alcuni che, pur infiammati da zelo religioso, mancano di finezza nel giudizio e di ponderatezza nel modo di vedere le cose. Nella situazione attuale della società, non vedono che rovina e calamità ; sono soliti dire che la nostra epoca ha peggiorato rispetto ai secoli passati ; si comportano come se la storia, che è maestra di vita, non avesse nulla da insegnare loro e come se nel tempo dei Concili di una volta, tutto fosse stato perfetto, riguardo alla dottrina cristiana, ai costumi e alla giusta libertà della Chiesa.

 

         Ci sembra necessario dire il nostro totale disaccordo con tali profeti di sventure, che annunciano sempre disastri, come se il mondo si avvicinasse al suo termine.

 

         Nel decorso attuale degli avvenimenti, mentre la società umana sembra ad una svolta, è meglio riconoscere i disegni misteriosi della Provvidenza divina che, attraverso la successione delle epoche e delle occupazioni degli uomini, contraddicendo ogni attesa, raggiungono il loro fine e dispongono ogni cosa con sapienza per il bene della Chiesa, persino grazie ad eventi contrari.

 

XXIXA settimana T.O. - Lodi Sabato

                                                           Lc 13, 1-9

 Omelia sulla conversione (15) PG 40, 356-357,361

 

 

 

Imitare la pazienza di Dio

 Sant’Asterio di Amasea nel quinto secolo

 

         Poiché il modello, a immagine del quale siete stati fatti, è Dio, procurate di imitare il suo esempio. Siete cristiani, e col vostro stesso nome dichiarate che siete amici dell’uomo  : perciò siate imitatori dell’amore di Cristo. Considerate le ricchezze della sua bontà… A coloro che risposero alla sua chiamata, concesse un pronto perdono dei peccati e li liberò  da quanto li angustiava… Imitiamo l’esempio che ci ha dato il Signore, il buon Pastore…

 

         Nelle parabole, infatti, vedo un pastore che ha cento pecore. Essendosi una di esse allontanata dal gregge e vagando perduta, egli non rimane con quelle che pascolavano in ordine, ma messosi alla ricerca dell’altra, supera valli e foreste, scala monti grandi e scoscesi e, camminando per lunghi deserti con grande fatica, cerca e ricerca fino a che non trova la pecora smarrita. Dopo averla trovata, non la bastona, né la costringe a forza a raggiungere il gregge, ma, presala sulle spalle e trattatala con dolcezza, la riporta al gregge, provando una gioia maggiore per quella sola ritrovata, che per la moltitudine delle altre.

 

         Consideriamo la realtà velata e nascosta della parabola… Sono figure che contengono grandi realtà sacre. Ci ammoniscono, infatti, che non è giusto disperare degli uomini, e che non dobbiamo trascurare coloro che si trovano nei pericoli, né essere pigri nel portare loro il nostro aiuto, ma che è nostro dovere ricondurre sulla retta via coloro che da essa si sono allontanati e che si sono smarriti. Dobbiamo rallegrarci del loro ritorno e ricongiungerli alla comunità di quanti vivono nella fedeltà.

 

XXIXA settimana T.O. - Primi Vespri Sabato

                                                                        

Lettera 38, 3-4.6 : PL 61, 359-360

 

 

 

Nella croce del Signore la nostra forza

 

San Paolino di Nola nel quinto secolo

 

         Compiendo il misterioso disegno della sua bontà, il Signore assume la condizione di servo e consente ad umiliarsi per noi fino alla morte di croce (Fil 2, 8). Mediante questa umiliazione visibile, attua la nostra elevazione al cielo, che è interiore e invisibile. Guarda dove eravamo caduti fin dal principio ; comprendilo bene, è grazie al disegno della saggezza e della bontà di Dio che siamo stati resi alla vita. Con Adamo eravamo caduti a causa della superbia ; per questo, ci umiliamo in Cristo per cancellare l’antica colpa con la pratica della virtù opposta. Abbiamo offeso il Signore con la nostra superbia, possiamo ora piacergli mediante la nostra umiltà.

 

         Rallegriamoci, glorifichiamoci nel Signore, che ha fatto nostri il suo combattimento e la sua vittoria dicendo : « Abbiate fiducia ; io ho vinto il mondo » (Gv 16, 33)… Lui che è invicibile, combatterà per noi, e vincerà in noi. Allora il principe delle tenebre sarà buttato fuori, perché, anche se non è scacciato dal mondo dove è ovunque, è scacciato dal cuore dell’uomo ; la fede, quando penetra in noi, lo respinge per fare largo a Cristo la cui presenza butta fuori il peccato ed esilia il serpente…

 

         Gli oratori conservino la loro eloquenza, i filosofi la loro saggezza, i re i loro regni ; per noi, è Cristo la gloria, le ricchezze e il regno ; la stoltezza del Vangelo è la nostra saggezza ; la debolezza della carne è la nostra forza, e lo scandalo della croce è la nostra gloria.

 

XXXA settimana T.O. - U.R. Domenica

Trattato sulla verginità, 17-21

 

 

 

Avete visto l’amato del mio cuore ?

di Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

 

         « Perché piangi ? » Sei tu la causa delle tue lacrime ; fai tu piangere te stessa… Piangi perché non credi in Cristo : credi e lo vedrai. Cristo è qui, non viene mai meno a coloro che lo cercano. « Perché piangi ? » Invece di lacrime, ti vuole una fede viva e degna di Dio. Non pensare alle cose mortali e non piangerai… Perché piangere ciò che rallegra gli altri ?

 

         « Chi cerchi ? » Non vedi che Cristo è la forza di Dio, che Cristo è la sapienza di Dio, che Cristo è santità, che Cristo è castità, che Cristo è purezza, che Cristo è nato da una vergine, che Cristo è sempre del Padre e presso il Padre e nel Padre ; nato eppure non creato, non decaduto, sempre amato, vero Dio da vero Dio ? « Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto ». Sbagli, donna ; pensi che Cristo sia stato portato via dal sepolcro da altri, e non risorto con potenza propria. Eppure nessuno può portare via la potenza di Dio, nessuno può portare via la sapienza di Dio, nessuno può portare via la vera castità. Cristo non è stato portato via dal sepolcro del giusto, né dall’intimo della vergine, né dal segreto del suo animo fedele ; e anche se alcuni volessero rapirlo, non possono portarlo via.

 

         Allora il Signore le dice : « Maria, guardami ». Fino al momento in cui non crede, lei è « una donna » ; appena ha cominciato a voltarsi verso di lui, viene chiamata Maria. Riceve il nome di colei che ha partorito Cristo ; è l’anima infatti che partorisce spiritualmente Cristo. « Guardami », dice. Chi guarda Cristo corregge se stesso ; chi non vede Cristo si smarrisce. Per cui, voltatasi verso di lui, lo vede e gli dice : « Rabbunì », che significa : Maestro ! Chi guarda si volge ; chi si volge, afferra più interamente ; chi vede progredisce. Perciò chiama Maestro colui che pensava morto ; ha trovato colui che pensava perduto.

 

XXXA settimana T.O. -  Vespri Domenica

Lc 18,9-14

Omelia sull’umiltà, 5-6

 

 

Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti

di San Basilio nel quarto secolo»

 

 

         Ricordati di quel proverbio : « Dio resiste ai superbi ; agli umili invece dà la sua grazia » (Gc 4, 6). Sia presente nella tua mente la parola del Signore : « Chi si abbasserà sarà innalzato, e chi si innalzerà sarà abbassato » (Mt 23, 12)… Se ti sembra di avere qualcosa di buono, mettilo sul tuo conto, ma senza dimenticare le tue colpe ; non gonfiarti del bene che hai fatto oggi, non scartare il male recente e passato ; se il presente è per te motivo di vanagloria, ricordati il passato ; così inciderai questo stupido ascesso ! E se vedi peccare il tuo prossimo, guardati dal considerare in lui soltanto questa colpa, ma pensa pure al bene che fa o ha fatto ; e sovente, lo scoprirai migliore di te, se esamini l’insieme della tua vita, e non fai il calcolo di cose frammentarie, perché Dio non esamina l’uomo in modo frammentario… Ricordiamoci spesso tutto ciò per preservarci dalla superbia, abbassandoci per essere innalzati.

 

Imitiamo il Signore che scese dal cielo fino all’ultimo abbassamento… Ma dopo un tale abbassamento, fece risplendere la sua gloria, glorificando con lui coloro che erano stati disprezzati con lui. Tali infatti erano i suoi primi discepoli, che poveri e nudi, percorsero l’universo, senza alcuna parola di Saggezza, senza scorta fastosa, ma soli, erranti e nella pena, vagabondi sulla terra e sul mare, battuti con le verghe, lapidati, perseguitati e in fine messi a morte. Tali sono per noi gli insegnamenti divini del Padre nostro. Imitiamoli per giungere, anche noi, alla gloria eterna, quel dono perfetto e vero di Cristo.

 

XXXA settimana T.O. - LODI Martedì

Lc 13, 18-21

Omelie sugli Atti degli Apostoli, 20,4 ; PG 60, 411-412

(In l' Ora dell'Ascolto p. 2888)     

 

 

Essere lievito

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

         Niente è più freddo del cristiano che non si cura della salvezza degli altri. Non puoi qui tirar fuori la povertà; infatti quella donnetta che mise le due monetine ti accuserà (Mc 12,48). Anche Pietro diceva: Non ho né argento né oro (At 3,6). Così Paolo era talmente povero da patire spesso la fame e mancare del cibo necessario. Non puoi mettere avanti la tua umile condizione; essi infatti erano di basse origini, nati da poveri. Non puoi addurre il pretesto dell’ignoranza; anche loro erano illetterati. Fossi schiavo o fuggiasco, potresti fare ciò che dipende da te. Così era la situazione di Onesimo di cui Paolo fa l’elogio . Non puoi obiettare che sei debole; così era anche Timoteo, che soffriva di frequenti infermità. Chiunque può essere utile al prossimo, se vuole compiere la sua parte.

 

         Non vedete gli alberi delle foreste, come sono rigogliosi, come sono belli, sviluppati, snelli e alti? Ma se avessimo un orto vorremmo avere melograni e olivi fecondi piuttosto che quelli sterili... Così sono coloro che vedono soltanto i propri interessi...

 

         Se il lievito mescolato alla farina non porterà tutto a fermentazione, è davvero lievito? E che dire di un profumo che non investa quanti si accostano? Lo si chiamerà ancora profumo? E non dire: “Non posso indurre gli altri”; perché, se sarai cristiano, questo non potrà non avvenire!... Infatti, come le cose che sono di eguale natura non sono in contraddizione tra loro, così quanto stiamo dicendo fa parte della natura stessa del cristiano...  Non offendere Dio. Se dici che il sole non può splendere, gli fai torto; se dici che il cristiano non può far del bene, offendi Dio e lo rendi bugiardo È più facile che il sole non scaldi e non brilli, che un cristiano non sia utile al prossimo.

 

XXXA settimana T.O. - VESPRI Martedì

Lc 13, 18-21

Inno 17

 

Il regno di Dio

di Simeone il Nuovo Teologo nell’undicesimo secolo

 

 

         Ti mostrerò chiaramente che ti occorre ricevere quaggiù tutto il Regno dei cieli, se vuoi entrarvi anche dopo la tua morte. Ascolta Dio che ti parla in parabole : « A che cosa è simile il Regno dei cieli ? È simile, ascolta bene, ad un granellino di senapa, che un uomo ha preso e gettato nell’orto ; poi è cresciuto e, in verità, è diventato un albero ». Questo granellino, è il Regno dei cieli, è la grazia dello Spirito divino, mentre l’orto, è il cuore di ogni uomo, là dove, chi l’ha ricevuto, nasconde lo Spirito nel profondo del suo animo, nei recessi delle sue viscere, perché nessuno possa vederlo. E lo custodisce con ogni cura perché cresca, e diventi un albero e si innalzi verso il cielo.

 

         Se dunque dici : « Non quaggiù, ma dopo la morte, riceveranno il Regno coloro che l’avranno desiderato con fervore », sconvolgi le parole del Salvatore nostro Dio. E se non prenderai quel granellino, quel granellino di senapa, come egli ha detto, se non lo getterai nel tuo orto, rimarrai completamente sterile. In quale altro momento, se non ora, pensi di poter ricevere quel seme ?

 

         « Quaggiù, ricevi il pegno, dice il Maestro ; quaggiù, ricevi il sigillo. Fin da quaggiù accendi la tua lampada. Se avrai buonsenso, per te, quaggiù, diventerò la perla (Mt 13,45), quaggiù sarò il tuo chicco di grano e come il granellino di senapa. Quaggiù divento per te il lievito che fa lievitare la pasta. Quaggiù sono per te come acqua e divento un dolce fuoco. Quaggiù divento il tuo vestito e il tuo cibo e la tua bevanda, se lo desideri ». Questo dice il Maestro : « Se dunque, fin da quaggiù, mi riconoscerai come tale, lassù allora mi possederai ineffabilmente, e diventerò tutto per te ».

 

XXXA settimana T.O. - LODI Mercoledì

Lc 13, 22-30

 Lettera 102 (a Deogratias), 8-12

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

 

 

« Vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio »

 di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

 

            Se Cristo proclama sé stesso la via della salvezza, la grazia, la verità e alle anime credenti in lui presenta se stesso quale unico mediatore per il ritorno a Dio (Gv 16, 6), che cosa hanno fatto gli uomini di tanti secoli prima di Cristo?... Noi affermiamo che Cristo è il vero Dio, dal quale è stata creata ogni cosa; egli è il Figlio di Dio, perché suo Verbo. Non è un verbo che appena pronunciato è già passato, ma il Verbo immutabile e immutabilmente sussistente presso il Padre, anche esso immutabile. Dal Verbo è diretta e guidata ogni creatura spirituale e corporea nel modo più confacente ai tempi e ai luoghi. In lui risiede la sapienza e la scienza capace di dirigere e guidare tutte le creature e di determinare che cosa, in qual luogo o tempo sia più opportuno fare per il loro bene. Il Verbo esisteva sempre uguale ... così pure da adesso sino alla fine del mondo...

 

Perciò fin dai primordi del genere umano tutti coloro, i quali hanno creduto in Lui e in qualche modo l'hanno conosciuto e hanno menato una vita pia e giusta conforme ai suoi precetti, in qualsiasi tempo e luogo siano vissuti, senza dubbio si sono salvati per mezzo di Lui. Sì; come noi crediamo in Lui non solo vivente col Padre ma anche già incarnato, così gli antichi credevano in Lui e vivente col Padre e che sarebbe venuto nel mondo. E se, conforme alla diversità dei tempi, viene annunciato adesso come già avvenuto quel che un tempo era preannunciato da avvenire, ciò non significa che la fede sia cambiata o sia diversa l'unica e identica salvezza.

 

XXXA settimana T.O. - VESPRI Mercoledì

 

Lc 13, 22-30

Discorso per l’Epifania, 3, 1-3 ; SC 22 bis, 229

 

 

Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel Regno di Dio»

 di San Leone Magno nel Quinto secolo

 

 

         La divina e misericordiosa provvidenza, avendo disposto di portare aiuto in questi ultimi tempi (1 Pt 1,20) al mondo, che altrimenti sarebbe andato perduto, pose in Cristo la salvezza di tutte le genti… Un giorno era stata promessa al beatissimo patriarca Abramo una innumerevole discendenza che doveva essere generata non con il seme carnale, ma con la fecondità della fede. Tale figliolanza fu paragonata alla moltitudine delle stelle (Gen 15,5), affinché dal padre di tutte le genti si attendesse una stirpe non terrena, ma celeste…

 

 Entrino, entrino pure le genti (Rm 11,25) nella famiglia dei patriarchi, e i figli della promessa ricevano nel seme di Abramo la benedizione (Rm 9,8) Tutti i popoli adorino l'autore dell'universo. Dio sia noto non solo in Giudea, ma in tutto il mondo, affinché dovunque «in Israele sia grande il suo nome» (Sal 75,2)

 

         Dilettissimi, ammaestrati da questi misteri della divina grazia, celebriamo con gioia spirituale il giorno delle nostre primizie e l'inizio della vocazione delle genti. Rendiamo grazie al misericordioso Dio, che, come dice l'Apostolo, «ci ha fatto capaci di partecipare all'eredità dei santi nella luce dei cieli. Perché egli ci ha strappato al potere delle tenebre e ci ha trasportato nel regno del Figlio suo diletto» (Col 1,12-13). E già Isaia aveva profetato… : «Ecco, chiamerai popoli che non conoscevi e nazioni che t'ignoravano accorreranno» (Is 55,5). «Abramo ha visto questo giorno e ne ha goduto» (Gv 8,56); e quando ha conosciuto che i figli della sua fede sarebbero stati benedetti nella sua discendenza, che è Cristo, e quando ha visto che nella fede sarebbe stato padre di tutte le genti, «diede gloria a Dio, sapendo benissimo che qualunque cosa Dio prometta, ha pure il potere di portarla a compimento» (Rm 4,18-21).

 

XXXA settimana T.O. - LODI Giovedì

 

 

La successione apostolica

di San Clemente di Roma nel primo secolo

 

 

         Gli apostoli hanno ricevuto per noi dal Signore Gesù Cristo la Buona Novella ; Gesù Cristo è stato mandato da Dio. Cristo, dunque, viene da Dio e gli apostoli da Cristo : tutte e due le cose procedono ordinatamente dalla volontà di Dio. E così, ricevuto il mandato, rafforzati dalla parola di Dio e confermati con assoluta certezza dalla risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, andarono ad annunciare l’avvento del Regno di Dio con incrollabile fiducia nello Spirito Santo. Predicando il Verbo per paesi e città, nominarono vescovi e diaconi per i futuri credenti, quelli di cui avevano provato, nello Spirito Santo, la genuina disponibilità alla fede… E che c’è di strano se coloro che ricevettero da Dio in Cristo questo incarico ordinano i predetti ministri ? …Gli apostoli sapevano per ispirazione di Cristo nostro Signore, che sarebbero scoppiate contese per il titolo di vescovo ; perciò, prevedendo perfettamente il futuro, nominarono i vescovi e subito dopo istituirono la successione affinché, morti i primi, altri uomini insigni succedessero nel loro ministero.

 

XXXA settimana T.O. - VESPRI Giovedì

 

Trattato sulle opere dello Spirito Santo 4,9 ; SC 165, 157

 

 

Gli apostoli istruiti dallo Spirito Santo

di Ruperto di Deutz

 

  

         A tutti gli apostoli riuniti, la Verità ha detto: “Il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa” (Gv 14, 26). Infatti... nel momento in cui apparvero agli apostoli lingue come di fuoco che si posarono su ciascuno di loro (At 2, 3), videro, in un batter d’occhio, grazie ad un’illuminazione interiore, tutte le Scritture e tutti i profeti... Penetrarono questi segreti, tenuti nascosti agli scribi e ai farisei, ai sapienti e ai dottori della Legge. Così si compì la parola del Signore: “Hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11, 25)... Quindi, questi uomini illetterati non venivano ammaestrati da uomini, ma istruiti meravigliosamente dallo Spirito Santo, lo Spirito di intelligenza  che apriva loro il tesoro delle Scritture.

 

         Per questo motivo hanno il diritto di essere ricevuti ed ascoltati da noi, come la bocca di Dio stesso... Su di loro si fonda la nostra fede, come pure sui patriarchi ed i profeti che hanno ascoltato la parola di Dio per mezzo del medesimo Spirito, direttamente. E questo è il fondamento su cui poggiamo.

 

         Quanto a tutti coloro che non erano presenti, che non hanno imparato in questo modo, noi crediamo a quanto ci dicono non a motivo della loro opinione personale, ma perché fondano le proprie affermazioni sulla testimonianza degli apostoli. Infatti la Rivelazione è stata fatta agli apostoli... a loro è stato rivelato, per mezzo dello Spirito Santo, ciò che gli uomini non potevano né insegnare, né sapere.

 

XXXA settimana T.O. - LODI venerdì

 

Libro di Vita di Gerusalemme

 

 

Capitolo "Nella Chiesa",  148

 

XXXA settimana T.O. - VESPRI Venerdì

 

 

Gesù a mensa con i farisei

di Beato Guerrico d’Igny nel dodicesimo

 

 

         Il Creatore eterno e invisibile del mondo, accingendosi a salvare il genere umano che si trascinava lungo i secoli sottomesso alle dure leggi della morte, “ultimamente, in questi giorni” (Eb 1,2) si degnò di farsi uomo..., per riscattare nella sua clemenza coloro che nella sua giustizia aveva condannato. Per mostrare quanto fosse profondo il suo amore per noi, non si è semplicemente fatto uomo, bensì uomo povero e umile, affinché, avvicinandosi a noi nella sua povertà, ci desse di partecipare alle sue ricchezze (2 Cor 8,9). Per questo accettava di recarsi ai pranzi ai quali era invitato, non perché avesse una passione per i pranzi, bensì per insegnarvi la salvezza e suscitarvi la fede. Lì, colmava i conviti di luce con i suoi miracoli. Lì, i servi, che erano occupati a casa e non avevano la libertà di andare presso di lui, udivano la parola della salvezza. Infatti, non disprezzava nessuno, nessuno era indegno del suo amore perché “ha compassione di tutti, ama tutte le cose esistenti e nulla disprezza di quanto ha creato” (Sap 11,24).

         Per compiere la sua opera di salvezza, il Signore entrò dunque nella casa di uno dei capi dei farisei un sabato. Gli scribi e i farisei lo osservavano per poter accusarlo di violare la Legge nel caso in cui avesse guarito l’idropico che stava davanti a lui, e se non lo avesse guarito, di accusarlo di empietà o di debolezza... Nella luce purissima della sua parola di verità, vedono svanire tutte le tenebre della loro menzogna.

 

XXXA settimana T.O. - LODI sabato

Discorso sull’Annunciazione del Signore, 2

 

 

Una donna forte? Chi potrà trovarla?

di Elredo di Rievaulx nel dodicesimo secolo

 

 

 

         Adamo aveva scalato la montagna della superbia ; il Figlio di Dio ha voluto scendere nella valle dell’umiltà. Ha trovato una valle dove scendere. Dove si trova ? Non si trova in te, Eva, madre della nostra disgrazia, non si trova in te – ma nella beata Maria. Lei è veramente questa valle di Ebron, per la sua umiltà e la sua fortezza. Lei è forte in virtù della sua partecipazione alla forza di cui sta scritto : « Il Signore è forte e potente » (Sal 24, 8). Lei è quella donna forte auspicata da Salomone : « Una donna forte, chi potrà trovarla ? » (Pr 31, 10)

 

         Eva, sebbene creata nel paradiso senza corruzione e senza sozzura, senza infermità né dolore, si è rivelata tanto debole, tanto instabile. « Chi troverà questa donna forte ? » Può forse essere trovata in questa terra di miseria, mentre non si è potuto trovarla nella beatitudine del paradiso ?… Chi potrebbe trovare quaggiù la donna forte,  quando la donna si è rivelata tanto debole nel paradiso ?

 

         Ora, Dio Padre ha trovato questa donna per santificarla ; il Figlio l’ha trovata per abitarla ; lo Spirito Santo l’ha trovata per salutarla : « Ave, o piena di grazia, il Signore è con te ». Eccola, la donna forte, in cui la ponderatezza si sostituisce alla curiosità, in cui l’umiltà esclude ogni vanità, in cui la virginità libera da ogni cupidigia.

 

XXXA settimana T.O. - PRIMI VESPRI Sabato

 

 

 

PER CHI CERCA DIO, LA VIA E’ CRISTO

di Sant’Ambrogio nel Quarto secolo

 

 

           L’uomo giusto che teme Dio, non sa desiderare altro se non la salvezza di Dio, Cristo Gesù. A lui anela, lui brama, a lui tende con tutte le forze; ne trattiene con ardore il ricordo, si apre a lui con effusione, e teme una cosa sola: la possibilità di perderlo. Perciò, quanto più grande è il desiderio dell’anima bramosa di unirsi al suo Salvatore, tanto più essa langue. Ma questo languore diminuisce la sua fragilità e accresce la sua virtù.

 

         Perciò il giusto, dopo aver detto in un altro testo: “Di te ha sete l’anima mia”, aggiunge: “A te si stringe l’anima mia, e la forza della tua destra mi sostiene” (Sal 62, 2.9).

 

         Chi ha sete desidera stare attaccato alla fonte e pare non cerchi avidamente e non senta altro che l’acqua, per pascersi solo del suo contatto. Quando la tua destra sostiene la mia anima e le comunica la sua forza, la fa essere ciò che non era, sì da poter dire: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2, 20).

 

         Ha sperato nella parola, annunziata come prossima a venire, il che può intendersi del Verbo di Dio. Oppure ha sperato perché ha creduto nella parola celeste che predice la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, o che proclama la sua gloria.

 

         A chi cerca Dio, la via è Cristo. Desideriamo anche noi con ardore quell’eterna Salvezza di Dio: non bramiamo il denaro, come gli avari. La nostra anima si elevi, venga meno alla sua vitalità personale per aderire alla Salvezza di Dio, che è il Cristo Signore, Gesù. Egli è la Salvezza, la Verità, la Forza, la Sapienza. Chi vien meno a se stesso per unirsi alla Forza, perde ciò che gli è proprio per ricevere ciò che è eterno

 

XXXIA settimana T.O. -  U.R. Domenica

Disc 88 1-2 Ora dell’Ascolto p 604-6045

 

 

 

Mio Signore e mio Dio

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

         Ben sapete, fratelli, che il nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo è il medico della nostra salute eterna ; per questo prese su di sé l’infermità della nostra natura, perché la nostra infermità non durasse per sempre : assunse un corpo mortale in cui potesse uccidere la morte. E benché sia stato crocifisso per la nostra debolezza, ora, come dice l’Apostolo, “vive per la potenza di Dio” (2 Co 13, 4). Dello stesso Apostolo sono le parole : “Cristo non muore più e la morte non ha più potere su di lui” (Rm 6, 9), Queste cose sono ben note alla vostra fede.

         La debolezza dei discepoli li rendeva vacillanti a tal punto che quando lo videro risorto ebbero bisogno di toccarlo per credere. Non bastò loro vederlo con gli occhi, vollero toccare con le mani il suo corpo e le cicatrici delle recenti ferite : cosicché il discepolo che aveva dubitato, appena toccò e riconobbe le sue cicatrici esclamò : “Mio Signore e mio Dio” (Gv 20, 28). Le cicatrici indicavano colui che aveva sanato tutte le ferite degli altri. Non avrebbe potuto il Signore risorgere senza cicatrici ? Ma sapeva che nel cuore dei discepoli c’erano delle ferite che le cicatrici conservate nel suo corpo avrebbero sanato. E che cosa disse a colui che aveva esclamato : “Mio Signore e mio Dio” ? “Perché mi hai veduto, hai creduto. Beati quelli che pur non avendo visto crederanno !” (Gv 20, 29). Di chi parlava, fratelli, se non di noi ? E non solo di noi, ma anche di quelli che verranno dopo di noi. Infatti poco tempo dopo, quando il Signore si sottrasse agli occhi dei mortali perché nei loro cuori fosse confermata la fede, tutti quelli che credettero in lui, non credettero perché lo videro, perciò la loro fede ebbe più grande merito. Volendo fare un paragone, diremo che aderirono alla fede con la devozione del cuore e non per aver toccato con mano.

 

XXXIA settimana T.O. - Vespri Domenica

Lc 19, 1-10

Omelie 68

 

 

 

« Zaccheo, scendi subito »

 

Giovanni Taulero nel Quattordicesimo secolo

 

            Leggiamo nel vangelo che Zaccheo avrebbe voluto vedere il Nostro Signore, ma era troppo piccolo. Cosa fece allora ? Salì su un fico essiccato. Così fa anche l’uomo. Desidera vedere colui che opera meraviglie e provoca tanto tumulto dentro di lui ; ma è troppo piccolo di statura per questo. Cosa fare allora ? Deve salire sul fico essiccato. Il fico morto simboleggia la morte dei sensi e della natura, e la vita dell’uomo interiore raggiunta da Dio.

 

            Cosa il Nostro Signore dice a Zaccheo ? « Scendi subito ». Devi scendere ; non devi trattenere neppure una sola goccia di consolazione proveniente da tutte le tue impressioni nella preghiera, ma scendere nella tua pura nullità, nella tua povertà, nella tua impotenza… Se ti resta ancora qualche attaccamento alla natura, quando la verità ti ha già dato qualche luce, non la possiedi ancora, non è divenuta il tuo bene proprio. Natura e grazia lavorano ancora insieme, non sei giunto all’abbandono perfetto… ; questa non è ancora la piena purezza. Per questo Dio invita tale uomo a scendere, lo chiama cioè ad una piena rinuncia, ad un pieno distacco da tutto ciò in cui la natura possiede ancora qualcosa di proprio. « Perché oggi devo fermarmi a casa tua ; oggi la salvezza è entrata in questa casa ». Avvenga per noi quest’oggi d’eternità.

 

XXXIA settimana T.O. - Lodi Martedi

Lc 14, 15-24

Sul sacramento dell'altare :

 PL 204, 691 (trad. Ora dell’Ascolto)

 

 

« Beato chi mangerà il pane nel Regno di Dio »

 Baldovino di Ford nel dodicesimo secolo

 

 

          Il salmista dice : « Il vino allieta il cuore dell’uomo e il pane sostiene il suo vigore » (Sal 103, 15). Per quanti credono in lui, il Cristo è cibo e bevanda, pane e vino ; è cibo e pane perché irrobustisce e consolida secondo la parola di Pietro : « E il Dio di ogni grazia, il quale vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo, egli stesso vi ristabilirà, dopo una breve sofferenza, vi confermerà e vi renderà forti e saldi » (1 Pt 5, 10). È bevanda e vino perché rende lieti, secondo la parola del profeta : « Rallegra la vita del tuo servo, perché a te, Signore, innalzo l’anima mia » (Sal 85, 4).

 

Quanto vi è in noi di forte, valido e costante, la gioconda letizia con cui osserviamo i comandamenti di Dio, sopportiamo le sofferenze, obbediamo e lottiamo per la giustizia : tanta forza e tanto coraggio ci vengono da quel pane, la gioia da quella bevanda. Beati coloro che agiscono con fortezza e gioia ! E poiché nessuno può farlo con le sue sole forze, beati coloro che bramano ardentemente ciò che è giusto e onesto, e di essere in tutto confortati e allietati da colui che dice : « Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia » (Mt 5, 6). Che se Cristo è pane e bevanda che fortifica e allieta i giusti nella vita presente, quanto più sarà nel futuro la fonte della loro beatitudine eterna !

 

XXXIA settimana T.O. - Vespri Martedì

Lc 14, 15-24 

 Sul Vangelo di Luca, 7, 202-203 ; SC 52, 84

 

 

 

« Spingili a entrare, perché la mia casa si riempia »

 

Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

 

            Gli invitati si scusano, mentre il Regno non è chiuso per nessuno, al di là di colui che esclude se stesso con la sua parola. Nella sua clemenza, il Signore invita tutti, ma ci tiene fuori la nostra vigliaccheria o il nostro smarrimento. Colui che preferisce comprare un campo, è estraneo al Regno; nel tempo di Noè, quelli che compravano e vendevano sono stati inghiottiti nel diluvio (Lc 17,28)... Lo stesso dicasi per colui che si scusa perché prende moglie; infatti sta scritto: “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, non può essere mio discepolo” (Lc 14,26)...

 

            Perciò, dopo il disdegno superbo dei ricchi, Cristo si rivolge verso i pagani; fa entrare i buoni e i cattivi, per fare crescere i buoni, per migliorare le disposizioni dei cattivi... Invita i poveri, gli infermi, i ciechi, il che ci mostra che l’infermità fisica non esclude nessuno dal Regno, oppure che l’infermità dei peccati viene guarita dalla misericordia del Signore...

 

            Manda dunque a cercare per le strade, perché “la sapienza grida per le strade” (Pr 1,20). Manda per le piazze, perché ha detto ai peccatori di lasciare le vie spaziose per raggiungere la via angusta che conduce alla vita (Mt 7,3). Manda per le vie e lungo le siepi, perché sono capaci di giungere al regno dei cieli coloro che, senza essere trattenuti dai beni presenti, si affrettano verso i beni a venire, incamminati sulla via della buona volontà..., opponendo il baluardo della fede alle tentazioni del peccato.

 

XXXIA settimana T.O. -  Lodi Mercoledì

Lc 14, 25-33

Conferenze 3, 6-7; CSEL 13/2, 73-75

(In l' Ora dell'Ascolto p. 1780)

 

 

 

Rinunciare a tutti i propri averi

 

Giovanni Cassiano nel quinto secolo

 

 

            Ora dobbiamo parlare delle rinunzie, che secondo la tradizione dei Padri e come afferma l’autorità della sacra Scrittura sono tre... Con la prima disprezziamo tutte le ricchezze e i beni materiali del mondo, con la seconda rinneghiamo le consuetudini passate, vizi e passioni dell’anima e della carne; la terza consiste nel distogliere la nostra anima da tutte le cose presenti e visibili, per contemplare e desiderare soltanto i beni futuri e invisibili. E tutte e tre queste rinunzie devono essere attuate contemporaneamente, come leggiamo che ordinò il Signore ad Abramo dicendogli: “Esci dalla tua terra e dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre” (Gen 12,1).

 

            Prima disse: “dalla tua terra”, cioè rinuncia ai beni di questo mondo e alle ricchezze terrene; in secondo luogo: “dalla tua parentela”, rinuncia cioè al modo di vivere, alle consuetudini e ai vizi del passato, che fin dalla nascita aderiscono a noi come se ci fossero affini e consanguinei; in terzo luogo: “dalla casa di tuo padre”, cioè distogli lo sguardo da ogni ricordo di questo mondo che hai sotto gli occhi...

 

Fissiamo lo sguardo, come dice l’apostolo Paolo, “non sulle cose visibili ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono d’un momento, quelle invisibili sono eterne” (2 Cor 4,18)...“La nostra patria è nei cieli” (Fil 3,20)... Così, usciti dalla casa paterna, volgeremo tutto lo sguardo dell’anima ai beni celesti... Allora la nostra mente, purificata da ogni attacco e abitudine terrena dall’incessante meditazione delle divine Scritture e da pensieri spirituali, si trasferirà al mondo invisibile.

 

XXXIA settimana T.O. - Vespri Mercoledì

Lc 14, 25-33

 

Omelie spirituali

 

 Offrirci a lui totalmente

 

San Macario nel quarto secolo

 

 

         Com’è possibile che, malgrado tanti incoraggiamenti e tante promesse da parte del Signore, rifiutiamo di offrirci a lui totalmente e senza riserva, di rinunciare a ogni cosa e perfino alla nostra vita, secondo il Vangelo (Lc 14, 26), per amare lui solo, e nient’altro insieme con lui?

 

         Considera quanto è stato fatto per noi: quale gloria ci è stata data, quanti interventi ha predisposto il Signore, in vista della salvezza, dai padri ed i profeti, quante promesse, quante esortazioni, quanta compassione da parte del nostro Maestro fin dalle origini! Alla fine, egli ha manifestato la sua indicibile benevolenza nei nostri confronti, venendo dimorare con noi e morendo sulla croce per convertirci e ricondurci alla vita. E noi, non lasciamo da parte la nostra volontà propria, l’amore del mondo, le nostre predisposizioni e abitudini cattive, mostrando così quanto siamo uomini di poca fede, anzi senza fede alcuna!

 

         Eppure, vedi come, malgrado tutto questo, Dio si mostra pieno di una dolce bontà. Ci protegge e ci cura invisibilmente. Malgrado le nostre colpe, non ci abbandona definitivamente alla malvagità e alle illusioni del mondo; nella sua grande pazienza, ci impedisce di perire e aspetta, da lontano, il momento in cui ci volgeremo verso di lui.

 

XXXIA settimana T.O. - Lodi Giovedi

Lc 15, 1-10

Commento sul Vangelo di Luca, 7, 207-209

 

 

 

Le tre parabole della misericordia

 

Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

 

            Non senza motivo, san Luca ci presenta di seguito tre parabole : la pecora che si era smarrita ed è stata ritrovata, la dramma che una aveva perduta, poi ritrovata, il figlio prodigo morto, poi tornato in vita. Cosicché, sollecitati da questo triplice rimedio, curiamo le nostre ferite. Chi sono questo padre, questo pastore, questa donna ? Non sono forse Dio Padre, Cristo, la Chiesa ? Cristo ha preso su di lui i tuoi peccati, ti porta nel suo corpo ; la Chiesa ti cerca ; il Padre ti accoglie. Come un pastore, ti riporta ; come una madre, ti ricerca ; come un Padre, ti riveste. Prima la misericordia, poi l’assistenza, infine, la riconciliazione.

 

            Ogni dettaglio conviene a ciascuno : il Redentore viene in aiuto, la Chiesa assiste, il Padre si riconcilia. La misericordia dell’opera divina è la stessa, ma la grazia cambia a seconda dei nostri meriti. La pecora stanca è riportata dal pastore, la dramma perduta è ritrovata, il figlio ritorna sui propri passi verso suo padre, e torna pienamente pentito da uno smarrimento che condanna…

 

            Rallegriamoci quindi che questa pecora, che era perita in Adamo sia rialzata in Cristo. Le spalle di Cristo sono le braccia della croce ; lì, ho posato i miei peccati, lì sul nobile legno di questa croce ho riposato.

 

XXXIA settimana T.O. - Vespri Giovedì

Lc 15, 1-10

 Discorsi, 168, 4-6 ; CCL 24 B, 1032-1034

(In l'Ora dell'Ascolto p. 1821)

 

 

« Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta »

 San Pietro Crisologo nel quinto secolo

 

 

         Quell’uomo che aveva cento pecore è Cristo, il pastore buono, il pio pastore che in Adamo, come in un’unica pecora, aveva compreso tutto il gregge del genere umano, e l’aveva collocato tra i prati del paradiso nei pascoli della vita; ma quella dimenticò la voce del pastore e prestò fede agli ululati dei lupi; perdette così gli ovili della salvezza e fu tutta ferita da piaghe mortali: venendo Cristo a cercarla in terra, la trovò nel seno di un campo verginale. Venne nella carne della sua nascita e, innalzandola sulla croce la prese sulle spalle della sua passione; e pieno di gioia per il gaudio della risurrezione, ascendendo al cielo la trasportò fino alla sua dimora.

 

         “Chiamò gli amici e i vicini”, cioè gli angeli, “e disse loro: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta”. Gli angeli si congratulano e gioiscono con Cristo per il ritorno della pecora del Signore, né si sdegnano vedendola presiedere dal trono della maestà; poiché l’invidia era già stata bandita dal cielo insieme col diavolo, a causa dell’Agnello che ha cancellato il peccato del mondo, né il peccato dell’invidia poteva più penetrare nei superni tabernacoli.

 

         Fratelli, cerchiamo in cielo colui che ci ha cercato sulla terra; egli ci innalzò fino alla gloria della sua divinità, e noi portiamolo nel nostro corpo con tutta santità.

 

XXXIA settimana T.O. - Lodi Venerdi 

Omelia IX, 1-2: PG 12, 871-872

 

 

 

Essere una pietra viva

 Origene nel terzo secolo

 

 

         Noi tutti che crediamo in Cristo Gesù, siamo chiamati « pietre vive » secondo le parole della Scrittura : « Anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo » (1 P 2, 5).

 

         In effetti, quando si tratta di pietre terrene, sappiamo che si bada a porre in primo luogo nelle fondazioni, le pietre più robuste, più resistenti perché si possa porre, sopra, con fiducia, tutto l’edificio. Le pietre impiegate in seguito, di qualità un pò inferiore, sono poste accanto alle pietre di fondazione : E così via a seconda della resistenza delle pietre… fino al tetto. Occorre comprendere che questo riguarda anche le pietre vive, fra le quali alcune sono nelle fondazioni del nostro edificio spirituale. E quali sono queste pietre poste nelle fondazioni ? « Gli apostoli e i profeti ». Tale è l’insegnamento di Paolo : « Edificati, dice, sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù » (Ef 2, 20).

 

         Per prepararti più attivamente, tu che mi ascolti, alla costruzione di questo edificio, per essere una pietra vicina al fondamento, devi sapere che lo stesso Gesù è il fondamento dell’edificio che descriviamo. È ciò che afferma l’apostolo Paolo : « Nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già si trova, che è Gesù Cristo » (1 Cor 3, 11). Beati dunque coloro che hanno costruito edifici religiosi e santi su quel nobilissimo fondamento !

 

XXXIA settimana T.O. - Vespri Venerdi

Omelia sull’Esodo

 

 

 

« Santo è il tempio di Dio, che siete voi » (1 Cor 3,17)

 Elredo di Rievaulx  nel dodicesimo secolo

 

 

         Spesso abbiamo sentito dire che, dopo aver fatto uscire Israele dall’Egitto, Mosè costruì nel deserto un tabernacolo, la tenda di un santuario, grazie ai doni dei figli di Giacobbe. Occorre capire bene, come dice l’apostolo Paolo, che tutto ciò avvenne come esempio per noi (1 Cor 10,6).

 

         Siete voi ormai, fratelli, il tabernacolo di Dio, il Tempio di Dio, secondo l’apostolo: “Il Tempio di Dio, siete voi! ”. Siete il Tempio in cui Dio regnerà in eterno, siete la sua tenda perché egli è con voi sulla strada; in voi egli ha sete, in voi ha fame. Questa tenda, fratelli, siete voi nel deserto di questa vita, finché non siate giunti alla Terra della Promessa. Allora avrà luogo la vera dedicazione, allora sarà edificata la vera Gerusalemme, non più sotto l’apparenza di una tenda, ma di una città.

 

         Ma già da ora, se siamo veri figli di Israele secondo lo Spirito, se in Spirito siamo usciti dalla terra d’Egitto, offriamo tutti i nostri beni per la costruzione del tabernacolo: “A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune” (1 Cor 12, 4). Tutto sia dunque comune a tutti. Nessuno consideri suo proprio il carisma che ha ricevuto da Dio; nessuno invidi il carisma ricevuto da suo fratello; ma consideri veramente come il bene di tutti quanto è suo, e non dubiti che il bene di suo fratello sia pure suo. Dio agisce in modo tale da far sì che ognuno abbia bisogno degli altri. Ciò che manca a uno, questi lo può trovare in suo fratello. Così sarà custodita l’umiltà, la carità crescerà, e l’unità sarà manifestata, nell’intero Corpo di Cristo.

 

XXXIA settimana T.O. - Lodi  Sabato

 

Discorso 18 ; PL 20, 973-975

 

  

« Procuratevi amici con la disonesta ricchezza »

 San Gaudenzio da Brescia nel quinto secolo

 

 

         Certamente gli amici che ci otterranno la salvezza sono i poveri, perché, secondo la parola di Cristo, sarà lui in persona, l’autore della ricompensa eterna, a ricevere in essi, i servizi loro procurati dalla nostra carità. Di conseguenza, i poveri ci riserveranno una buona accoglienza, non in proprio nome, bensì nel nome di colui che, in essi, gode il frutto rinfrescante della nostra ubbidienza e della nostra fede. Coloro che adempieranno questo servizio della carità saranno ricevuti nelle dimore eterne del Regno dei cieli poiché, allo stesso modo, Cristo dirà : « Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere » (Mt 25, 34)...

 

         Infine, il Signore aggiunge : « E se non siete stati fedeli nelle ricchezze altrui, chi vi darà la vostra ? ». Infatti, niente di quanto troviamo in questo mondo ci appartiene veramente. Perché noi che aspettiamo la ricompensa futura, siamo invitati a comportarci quaggiù da ospiti e pellegrini, in modo che tutti possiamo dire con franchezza  al Signore: « Io sono un forestiero e uno straniero come tutti i miei padri » (Sal 38, 13).

 

         I beni eterni appartengono ai credenti. Si trovano nel cielo, là dove, lo sappiamo, sono « il nostro cuore e il nostro tesoro » (Mt 6, 21), e là dove – ne siamo convinti – abitiamo fin d’ora mediante la fede. Perché secondo l’insegnamento di san Paolo : « La nostra patria è nei cieli » (Fil 3, 20).

 

XXXIA settimana T.O. - Primi Vespri Sabato

 

 

IL FESTINO DELLA PAROLA CELESTE

 

S. Pier Damiani nell’undicesimo secolo

 

         Leggi con Gesù, con lui canta continuamente, prosternati a terra con lui per ghiera. Che sia tuo amico, tuo familiare. Che sia tutta la tua parola, tutta la tua gioia, la tua saggezza, la tua vita. Respira Cristo. Dì incessantemente Cristo. Medita la vita di Cristo.

         Che il vostro cuore sia costantemente occupato dalla lettura dei sacri testi. Abitateli, fatene la vostra dimora, perseverate con tenacia, una tenacia sempre all’erta.

         Al vostro cammino bastano i campi della Parola. Avanziamo senza fermarci mai, passeggiamo con diletto. Ci è permesso correre in tutta libertà attraverso gli spazi delle storie sacre. Grazie alle intuizioni dell’intelligenza mistica ci sarà possibile accedere in qualche modo fin sulle cime dei monti scoscesi. Là, dilettandoci della dolce compagnia degli amici fedeli, conosceremo la magnificenza dei festini, l’eterno banchetto delle vivande celesti. L’anima fedele, innalzata dal desiderio, nutrita dall’alimento della lettura assidua, non cessa di fortificarsi, de crescere.

         Carissimo, questa manna, questo pane di vita, sfarinalo dolcemente nel mortaio della meditazione, riscaldalo continuamente al forno di un amore fervente per potere così nutrire la sostanza stessa della tua anima come di un alimento celeste. Questo intimo festino addolcirà il palato del tuo cuore, provocando il tuo spirito al desiderio del banchetto eterno.

         Andiamo, qualsiasi sia la tua miseria, converti il tuo cuore, tana di rimorsi.  in una dimora silenziosa dove, con una meditazione molto semplice, non cesserai di sfarinare la manna della Parola di Dio, per farne un pane oleoso che mangerai. Questo pane non è altro che l’intelligenza delle Scritture, tutta impregnata della soavità dello Spirito Santo.

         Fratello carissimo, che ti sia accordata questa grazia.

 

XXXIIA settimana T.O. - U.R. Domenica

Dai «Discorsi», vescovo

(Disc. 171, 1-3. 5; PL 38, 933-935)

 

 

Rallegratevi nel Signore, sempre

di sant'Agostino nel quinto secolo

 

 

     L'Apostolo ci comanda di rallegrarci, ma nel Signore, non nel mondo. «Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio» (Gc 4, 4), come ci assicura la Scrittura. Come un uomo non può servire a due padroni, così nessuno può rallegrarsi contemporaneamente nel mondo e nel Signore.

     Quindi abbia il sopravvento la gioia nel Signore, finché non sia finita la gioia nel mondo. Cresca sempre più la gioia nel Signore, mentre la gioia nel mondo diminuisca sempre finché sia finita. E noi affermiamo questo, non perché non dobbiamo rallegrarci mentre siamo nel mondo, ma perché, pur vivendo in questo mondo, ci rallegriamo già nel Signore.

     Ma qualcuno potrebbe obiettare: Sono nel mondo, allora, se debbo gioire, gioisco là dove mi trovo. Ma che dici? Perché sei nel mondo, non sei forse nel Signore? Ascolta il medesimo Apostolo che parla agli Ateniesi e negli Atti degli Apostoli dice del Dio e Signore nostro creatore: «In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17, 28).

     Colui che è dappertutto, dove non è? Forse che non ci esortava a questo quando insegnava: «Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla»? (Fil 4, 5-6).

      E' una ineffabile realtà questa: ascese sopra tutti i cieli ed è vicinissimo a coloro che si trovano ancora sulla terra. Chi è costui, lontano e vicino al tempo stesso, se non colui che si è fatto prossimo a noi per la sua misericordia?

     Tutto il genere umano è quell'uomo che giaceva lungo la strada semivivo, abbandonato dai ladri. Il sacerdote e il levita, passando, lo disprezzarono, ma un samaritano di passaggio gli si accostò per curarlo e prestargli soccorso. Lontano da noi, immortale e giusto, egli discese fino a noi, che siamo mortali e peccatori, per diventare prossimo a noi.

     «Non ci tratta secondo i nostri peccati» (Sal 102, 10). Siamo infatti figli. E come proviamo questo? Morì per noi l'Unico, per non rimanere solo. Non volle essere solo, egli che è morto solo. L'unico Figlio di Dio generò molti figli di Dio. Si acquistò dei fratelli con il suo sangue. Rese giusti i reprobi. Donandosi, ci ha redenti; disonorato, ci onorò; ucciso, ci procurò la vita.

     Perciò, fratelli, rallegratevi nel Signore, non nel mondo; cioè rallegratevi nella verità, non nel peccato; rallegratevi nella speranza dell'eternità, non nei fiori della vanità. Così rallegratevi: e dovunque e per tutto il tempo che starete in questo mondo, «il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla» (Fil 4)

 

XXXIIA settimana T.O. - VESPRI Domenica  

 

Lc 20,27-38

 dall’O. dell’A. pp 2147-2148

 

  

Il Dio dei Padri è il Dio dei vivi

di Sant’Ireneo di Lione, nel secondo secolo.

 

 

 

            Il Signore nostro maestro, rispondendo ai sadducei che negavano la risurrezione e oltre a ciò offendevano Dio denigrando la legge, conferma la realtà della risurrezione e rende testimonianza a Dio dicendo: “Voi vi ingannate non conoscendo né le Scritture né la potenza di Dio. Quanto poi alla risurrezione dei morti non avete letto quello che vi è stato detto da Dio. Io sono il Dio di Abramo e il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe?” (Mt 22, 29. 31-32). E aggiunge: “Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui” (Lc 20, 38). Con queste parole mostrò che colui che aveva parlato a Mosè dal roveto dichiarando di essere il Dio dei padri, è il Dio dei vivi.

 

         Chi è il Dio dei vivi, se non l’unico Dio al di sopra del quale non c’è altro Dio? Lui annunziò il profeta Daniele quando Ciro re dei Persiani gli disse: “Perché non adori Bel?” (Dn 14, 23); e Daniele: “Il adoro il Signore mio Dio, perché egli è il Dio vivente” (Dn 14, 23). Colui che era adorato dai profeti come Dio vivo è il Dio dei vivi, e lo è anche il suo Verbo, che parlò a Mosè, redarguì i sadducei, donò la risurrezione e manifestò a coloro che erano ciechi due fondamentali verità: la risurrezione e la vita di Dio. Se dunque egli non è il Dio dei morti ma dei vivi, allora quei padri di cui egli si è proclamato il Signore vivono certamente in lui e non sono morti, “perché sono figli della risurrezione” (Lc 20, 36).

 

         Lo stesso Signore Gesù è la risurrezione, come egli stesso affermò: “Il sono la risurrezione e la vita” (Gv 11, 25). E i padri sono i suoi figli, perché il profeta disse: “Ai tuoi padri succederanno i tuoi figli” (Sal 44, 17). Lo stesso Cristo perciò, insieme al Padre, è il Dio dei vivi, parlò a Mosè, si manifestò ai padri. Questo insegnò ai giudei quando disse : “Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno: lo vide e se ne rallegrò”.

 

XXXIIA settimana T.O. - LODI Martedì

 

Trattato sul salmo 64 ; PL 9, 416

 

 

 

 Egli parlava del Tempio del suo Corpo

di Sant’Ilario di Poitiers nel quarto secolo

  

 

         Il Signore disse : « Questo è il mio riposo per sempre » e « qui abiterò, perché l’ho desiderato » (Sal 131, 14). Eppure Sion e il suo tempio sono stati distrutti. Dove starà il trono eterno di Dio ? Dove sarà il suo riposo per sempre ? Dove sarà il suo tempio perché egli vi abiti ? Ci risponde l’apostolo Paolo : « Siete il tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in voi » (1 Cor 3,16). Questa è la dimora di Dio, questo è il suo tempio : sono pieni della sua dottrina e della sua potenza. Sono il soggiorno della santità del cuore di Dio.

 

         Questa dimora tuttavia viene edificata da Dio. Se fosse costruita da mano d’uomo, non resisterebbe, e neppure se fosse fondata sulle dottrine umane. Le nostre vane fatiche e le nostre inquietudini non bastano a proteggerla. Il Signore procede ben diversamente : non l’ha fondata sulla terra, né sulle sabbie mobili ; essa poggia sui profeti e sugli apostoli (Ef 2,20) ; viene costruita senza sosta con pietre vive (1 Pt 2,5). Si svilupperà fino alle dimensioni ultime del corpo di Cristo. Senza tregua la sua edificazione prosegue : intorno ad essa si elevano numerose case che verranno radunate in una grande e beata città (Sal 121,3).

 

XXXIIA settimana T.O. - VESPRI MARTEDI’

 

Omelia 5 sul Vangelo : PL 76, 1093-1094.

 

  

« Avrai un tesoro in cielo »

 

San Gregorio Magno nel sesto secolo

 

            Nessuno, vedendo qualcuno lasciare grandi beni, dica in se stesso : vorrei imitare coloro che così si distaccano dal mondo, però non ho niente da lasciare. Abbandonate molto, fratelli miei, quando rinunciate ai desideri terreni. I nostri beni esteriori, anche piccoli, bastano agli occhi del Signore. Egli guarda il cuore, non le ricchezze. Non pesa il prezzo del sacrificio, bensì l’intenzione di chi l’offre… Il Regno di Dio non ha prezzo, eppure ti costa esattamente ciò che hai... È costato a Pietro e ad Andrea l’abbandono di una barca e delle reti ; è costato alla vedova due piccioli d’argento (Lc 21, 2) ; è costato a qualcun altro un bicchiere di acqua fresca (Mt 10, 42). Il Regno di Dio, abbiamo detto, ti costa ciò che hai. Trovate forse, fratelli, qualcosa di più facile da acquistare, qualcosa di più prezioso da possedere ?

 

            Ma forse non hai neanche un bicchiere di acqua fresca da offrire al povero che ne ha bisogno. Pure in questo caso, la Parola di Dio ci placa… « Pace in terra agli uomini di buona volontà » (Lc 2, 14). Infatti, agli occhi di Dio la mano non è mai sprovvista di doni se il segreto del cuore è ricolmo di buona volontà… Anche se non ho niente di esteriore da offrirti, Dio mio, trovo tuttavia in me stesso ciò che deporrò sull’altare a tua lode… Ti compiaci delle offerte del cuore.

 

XXXIIA settimana T.O. - LODI Mercoledì

Dalle «Regole più ampie»,(Risp. 2, 2-4; PG 31, 914-915)

 

 

 Cosa daremo in cambio al Signore per tutto quello che ci dà?

di san Basilio il Grande

 

 

         Quale lingua potrebbe mettere nel dovuto risalto i doni di Dio? Il loro numero infatti è così grande da sfuggire a qualunque elenco. La loro grandezza, poi, è tale e tanta, che già uno solo di essi dovrebbe stimolarci a ringraziarne senza fine il donatore. Ma c'è un favore che, pur volendolo, non potremo in nessun modo passare sotto silenzio. Non potrebbe infatti essere ammissibile che una persona qualsiasi, fornita di mente sana e capace di riflessione, non facesse parola alcuna, sia pure molto al di sotto del dovere, dell'insigne beneficio divino, che stiamo per ricordare. Dio creò l'uomo a sua immagine e somiglianza. Lo fornì di intelligenza e di ragione a differenza di tutti gli altri viventi della terra. Gli diede la facoltà di deliziarsi della stupenda bellezza del paradiso terrestre. E finalmente lo costituì sovrano di tutte le cose del mondo. Dopo l'inganno del serpente, la caduta nel peccato e, per il peccato, nella morte e nelle tribolazioni, non abbandonò la creatura al suo destino. Le diede invece in aiuto la legge, a protezione e custodia gli angeli e inviò i profeti per correggere i vizi e insegnare la virtù. Con minacce di castighi represse ed estirpò l'irruenza del male. Stimolò con le promesse l'alacrità dei buoni.

 

XXXIIA settimana T.O. - VESPRI Mercoledì

Lc 17, 11-19

Prima regola, 23

 

 Tornare a rendere gloria a Dio

San Francesco d’Assisi nel tredicesimo secolo

 

 

Onnipotente, santissimo, altissimo e sommo Dio, Padre santo e giusto, Signore, re del cielo e della terra,

per te stesso ti rendiamo grazie,

perché per la tua santa volontà,

e mediante il Figlio tuo unico con lo Spirito Santo,

hai creato tutte le cose, spirituali e corporali.

E noi, fatti a tua immagine e somiglianza, hai posto in paradiso ;

e noi, per colpa nostra, siamo caduti.

 

Ti rendiamo grazie perché,

come tu ci hai creati per mezzo del Figlio tuo,

così, nel santo amore con cui ci hai amati,

hai fatto nascere tuo Figlio, vero Dio e vero uomo,

dalla gloriosa sempre Vergine Beatissima santa Maria,

e, mediante la sua croce, il suo sangue e la sua morte,

hai voluto riscattarci dalla nostra schiavitù.

 

E ti rendiamo grazie perché lo stesso tuo Figlio

tornerà nella gloria della sua maestà,

per mandare i reprobi  che hanno rifiutato di pentirsi e di riconoscerti,

nel fuoco eterno

e per dire a tutti coloro che ti conobbero,

adorarono e servirono nella penitenza :

« Venite, benedetti del Padre mio, entrate in possesso del

regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo » (Mt 25, 34).

 

Noi tutti, miseri e peccatori, non siamo degni di nominarti ;

supplici, ti preghiamo,

che il nostro Signore Gesù Cristo,

il Figlio tuo prediletto in cui ti sei compiaciuto,

con lo Spirito Santo Paraclito,

ti renda grazie, lui stesso, per tutto, come a te, e a lui, piace

lui che sempre ti basta in tutto,

e per il quale a noi hai fatto cose tanto grandi. Alleluia !

 

XXXIIA settimana T.O. - LODI Giovedì

Lc 17, 20-25

 Sulla preghiera, 25 ; PG 11, 495-499

(In l' Ora dell'Ascolto p. 2228)

 

  

 Il regno di Dio è in mezzo a voi e dentro di voi

di Origene nel terzo secolo

  

         “Il regno di Dio” secondo la parola del nostro Signore e Salvatore, “non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui o eccolo là. Il regno di Dio è in mezzo a voi”, poiché “assai vicina è la sua parola, sulla nostra bocca e nel nostro cuore” (Dt 30,14). Perciò, senza dubbio, chi prega che venga il regno di Dio, prega in realtà che si sviluppi, produca i suoi frutti e giunga al suo compimento quel regno di Dio che egli ha in sé. Dio regna nell’anima dei santi ed essi obbediscono alle leggi spirituali di Dio che abita in loro. Così l’anima del santo diventa proprio come una città ben governata. Nell’anima dei giusti è presente il Padre e col Padre anche Cristo, secondo quell’affermazione: “Verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23).

         Ma questo regno di Dio, che è in noi, col nostro instancabile procedere giungerà al suo compimento, quando si avvererà ciò che afferma l’apostolo del Cristo. Quando cioè “egli, dopo aver sottomesso tutti i suoi nemici, consegnerà il regno a Dio Padre, perché Dio sia tutto i tutti” (1 Cor 15,28). Perciò preghiamo senza stancarci. Facciamolo con una disposizione interiore sublimata e come divinizzata dalla presenza del Verbo. Diciamo al nostro Padre che è in cielo: “Sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno” (Mt 6,9).

 

XXXIIA settimana T.O. - Vespri Giovedì

Lc 17,20-25

Sul Padre nostro, 13-14; CSEL 3, 275-277

(In l' Ora dell'Ascolto p. 1310)

 

 

 

« Il regno dei cieli è vicino »


 di
San Cipriano nel terzo secolo

 

 

  

         “Venga il tuo regno” (Mt 6,10). Domandiamo che venga a noi il regno di Dio, così come chiediamo che sia santificato in noi il suo nome. Ma ci può essere un tempo in cui Dio non regna? O quando presso di lui può cominciare ciò che sempre fu e mai cessò di esistere? Non è questo che chiediamo, ma piuttosto che venga il nostro regno, quello che Dio ci ha promesso e che ci è stato acquistato dal sangue e dalla passione di Cristo, perché noi che prima siamo stati schiavi del mondo, possiamo in seguito regnare sotto la signoria di Cristo. Così egli stesso promette, dicendo: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo” (Mt 25,34).

 

         In verità, fratelli carissimi, lo stesso Cristo può essere considerato il regno di Dio, del quale ogni giorno chiediamo la venuta e di cui desideriamo vedere al più presto l’arrivo per noi. Infatti, essendo egli “la risurrezione “ (Gv 11,25) poiché in lui risorgiamo, egli ancora può essere chiamato regno di Dio, giacché in lui regneremo.

 

XXXIIA settimana T.O. - LODI Venerdì

Lc 17, 26-37

omelia 11 sul Cantico dei cantici

 

 

 

La venuta del Regno di Dio

San Gregorio Nisseno nel quarto secolo

 

 

         Il Signore ha fatto grandi raccomandazioni ai suoi discepoli perché il loro spirito scuotesse come la polvere quanto vi è di terreno nella natura e così giungesse al desiderio delle realtà soprannaturali ; secondo una di queste raccomandazioni, coloro che si indirizzano verso la vita di lassù devono essere più forti del sonno e tenere sempre vigilante il loro spirito… Voglio parlare di quella sonnolenza suscitata in coloro che si sono sprofondati nella menzogna della vita a causa di quei sogni illusori che sono gli onori, le ricchezze, il potere, il fasto, il fascino dei godimenti, l’ambizione, la sete dei piaceri, la vanità e tutto ciò che l’immaginazione porta gli uomini superficiali a perseguire follemente. Queste sono tutte cose che passano con la natura effimera del tempo ; appartengono alla sfera dell’apparire… ; appena sembra che esistano già scompaiono, come le onde sul mare…

 

         Perché il nostro spirito sia libero da queste illusioni, il Verbo ci invita a scuotere dagli occhi della nostra anima questo sonno profondo, affinché non scivoliamo lontani dalle realtà vere, attaccandoci a ciò che non ha consistenza. Per questo ci propone la vigilanza dicendo : « Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese » (Lc 12,35). Infatti la luce, brillando davanti agli occhi, caccia il sonno, e i fianchi stretti nella cintura impediscono al corpo di cedere ad esso… Chi ha la temperanza come cintura vive nella luce di una coscienza pura ; la fiducia filiale illumina la sua vita come una lampada… Se vivremo in questo modo, entreremo in una vita simile a quella degli angeli.

 

XXXIIA settimana T.O. - VESPRI Venerdì

Lc 17, 26-37

Regola, Prologo, 8-22

 

 Svégliati, o tu che dormi 

San Benedetto nel sesto secolo

 

 

Alziamoci, dunque, una buona volta, dietro l'incitamento della Scrittura che esclama: « E' ora di scuotersi dal sonno! » (Rm 13, 11).

E aprendo gli occhi a quella luce divina ascoltiamo con trepidazione ciò che ci ripete ogni giorno la voce ammonitrice di Dio:  « Se oggi udrete la sua voce, non indurite il vostro cuore! » (Sal 94, 8). E ancora: « Chi ha orecchie per intendere, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese! » (Ap 2, 7). E che dice? « Venite, figli, ascoltatemi, vi insegnerò il timore di Dio. » (Sal 33, 12) « Correte, finché avete la luce della vita, perché non vi colgano le tenebre della morte » (Gv 12, 35).

 

Quando poi il Signore cerca il suo operaio tra la folla, insiste dicendo: « Chi è l'uomo che vuole la vita e arde dal desiderio di vedere giorni felici? » (Sal 333, 13). Se a queste parole tu risponderai: "Io!", Dio replicherà: « Se vuoi avere la vita, quella vera ed eterna, guarda la tua lingua dal male e le tue labbra dalla menzogna. Allontanati dall'iniquità, opera il bene, cerca la pace e seguila » (Sal 33, 14-15).

Se agirete così rivolgerò i miei occhi verso di voi e le mie orecchie ascolteranno le vostre preghiere, anzi, « prima ancora che mi invochiate vi dirò: "Ecco sono qui!" » (Is 58, 9).

 

Fratelli carissimi, che può esserci di più dolce per noi di questa voce del Signore che ci chiama? Guardate come nella sua misericordiosa bontà ci indica la via della vita! Armati dunque di fede e di opere buone, sotto la guida del Vangelo, incamminiamoci per le sue vie in modo da meritare la visione di lui, che ci ha chiamati nel suo regno. (1 Tes 2, 12). Se, però, vogliamo trovare dimora sotto la sua tenda, ossia nel suo regno, ricordiamoci che è impossibile arrivarci senza correre verso la meta, operando il bene.

 

XXXIIA settimana T.O. - LODI Sabato

 

Discorsi ascetici, 1a  parte, n° 21

 

 

 Crea in me, o Dio, un cuore puro 

Sant’Isacco Siriano nel settimo secolo

 

  

E stato detto che solo l’aiuto di Dio salva. Chi sa di non avere più nessun soccorso, prega molto. E quanto più prega, tanto più il suo cuore diventa umile. Infatti uno non può pregare e chiedere, se non è umile. « Un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi » (Sal 50,19). Infatti, finché il cuore non si sarà fatto umile, gli sarà impossibile sfuggire dalla dispersione ; l’umiltà raccoglie il cuore.

 

         Quando l’uomo si è fatto umile, subito viene circondato dalla compassione e il suo cuore allora sente il soccorso divino. Scopre una forza che sale dentro di lui, la forza cioè della fiducia. Quando l’uomo sente così il soccorso di Dio, quando sente che egli è presente e viene in suo aiuto, subito il suo cuore è colmo di fede, e capisce allora che la preghiera è il rifugio del soccorso, la fonte della salvezza, il tesoro della fiducia, il porto libero dalla tempesta, la luce di coloro che sono nelle tenebre, il sostegno dei deboli, il sollievo nel tempo delle prove, l’aiuto in mezzo alla malattia, lo scudo che libera nelle lotte, la freccia lanciata contro il nemico. In una parola, la moltitudine dei beni entra in lui mediante la preghiera. Trova dunque le sue delizie ormai nella preghiera della fede. Il suo cuore risplende di fiducia.

 

XXXIIA settimana T.O. - Primi Vespri Sabato

 

 

Il lavoro nella vita del monaco

Di Teodoreto di Cirro nel quinto secolo

 

 

Il monaco Teodosio, ricordandosi della parola dell’Apostolo che dice: “Lavorando giorno e notte, per non essere di peso a nessuno”(2Ts 3,8) e: “Queste mie mani hanno provveduto alle necessità mie e di quelli che erano con me”(At 20, 34), lavorava lui stesso ed esortava i suoi compagni a unire agli sforzi dell’anima quelli del corpo: “Poiché – diceva- sarebbe assurdo che, mentre coloro che sono coinvolti nella vita del mondo sopportano grandi sacrifici e fatiche per nutrire mogli e figli, pagare imposte e tributi, offrire a Dio le primizie e alleviare per quanto possono la miseria dei mendicanti, noi non ci procurassimo il necessario con il nostro lavoro – pur mangiando poco e in modo frugale e vestendoci con semplicità – ma ce ne restassimo seduti, a braccia conserte, sfruttando il lavoro degli altri”.

        Con queste e altre parole simili, li esortava al lavoro, e da parte sua, celebrando i normali uffici divini alle ore stabilite, dedicava al lavoro il tempo intermedio.

 

XXXIIIA settimana T.O. - U.R. Domenica

Disorso Guelferbytanus 16, 1; PLS 2, 579

 

 

 

« Signore tu sai tutto ; tu sai che ti voglio bene »

Sant’Agostino nel quinto secolo

 

         Il Signore, dopo la sua risurrezione, si presenta di nuovo ai suoi discepoli. Interroga l’apostolo Pietro, costringe a confessare il suo amore, colui che, dalla paura, lo aveva rinnegato tre volte. Cristo è risuscitato secondo la carne, e Pietro secondo lo spirito. Così come Cristo è morto soffrendo, Pietro è morto rinnegando. Il Signore Cristo, essendo risuscitato dai morti, ha risuscitato Pietro grazie all’amore che egli nutriva per lui. Ha interrogato l’amore di colui che ora lo confessava, e ha affidato a lui il suo gregge.

 

         Quale vantaggio procura a Cristo il fatto che Pietro lo ami ? Se Cristo ti ama, il profitto è per te, non per Cristo. Se tu ami Cristo, il profitto è ancora per te, non per lui. Tuttavia, il Signore volendo mostrarci come occorra che gli uomini gli diano una prova del loro amore, ce lo rivela chiaramente : amando le sue pecore.

 

         « Simone di Giovanni, mi vuoi bene ? – ti voglio bene. – Pasci le mie pecorelle. » E questo una volta, due volte, tre volte. Pietro non  dice altro che il suo amore. Il Signore non gli chiede altro che il suo amore ; non gli affida altro che le sue pecore. Amiamoci dunque gli uni gli altri, e ameremo Cristo.

 

XXXIIIA settimana T.O. - VESPRI Domenica

 

Discorso per l’Ascensione, 2

 

 

Il Figlio dell’uomo verrà a prenderci con lui

 di San Bernardo nel dodicesimo secolo

 

         “Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo” (At 1,11). Verrà, dicono gli angeli, allo stesso modo. Forse verrà a cercarci in questo corteo unico e universale, forse scenderà preceduto da tutti gli angeli e seguito da tutti gli uomini per giudicare i vivi e i morti? Sì, è proprio certo che verrà, ma verrà allo stesso modo in cui è salito in cielo, non al modo in cui è disceso la prima volta. Infatti nell’umiltà egli è venuto una volta per salvare le anime. Ma quando verrà per strappare al sonno della morte questo cadavere, per “conformarlo al suo corpo glorioso” (Fil 3,21) e riempire di onore questo vaso oggi così debole, si rivelerà in tutto il suo splendore. Allora vedremo in tutta la sua potenza e la sua maestà colui che una volta si era nascosto sotto la debolezza della nostra carne...

 

         Essendo Dio, Cristo non poteva crescere, poiché non c’è nulla oltre a Dio. Eppure ha trovato il modo di crescere – nello scendere, nell’incarnarsi, soffrendo, morendo per strapparci alla morte eterna. “Per questo Dio l’ha esaltato” (Fil 2,9). L’ha risuscitato, ed egli si è seduto alla destra del Padre. Anche tu, va e fa’ lo stesso: non potrai salire senza prima cominciare con lo scendere. “Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato” (Lc 14,11).

 

         Beato, Signore Gesù, colui che ha per guida solo te! Che possiamo seguirti, “noi, tuo popolo e gregge del tuo pascolo”, che possiamo venire a te per mezzo tuo, perché sei “la via, la verità e la vita” (Gv 14,6). La via per il tuo esempio, la verità per le tue promesse, la vita perché sei tu la nostra ricompensa. “Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”, il Figlio del Dio vivente” (Gv 6,69 ; Mt 16,16), e Dio, più alto di ogni cosa, benedetto in eterno.

 

XXXIIIA settimana T.O. - LODI Martedì

Lc 19,1-10

 

 

Tutta la mia speranza è risposta nella tua grande misericordia
di San Agostino nel quinto secolo

 

Dove ti ho trovato per conoscerti? Sicuramente non eri presente alla mia memoria prima che ti conoscessi. Dove dunque ti ho trovato per conoscerti se non in te al di sopra di me? Ma tale sede non è per nulla un luogo. Ci allontaniamo e ci avviciniamo ad essa, è vero, ma, pur tuttavia, non è assolutamente un luogo. Dovunque ti trovi, o Verità, tu sei al di sopra di tutti quelli che ti interrogano e contemporaneamente rispondi a quanti ti interpellano sulle cose più diverse.       
 

Tu rispondi con chiarezza, ma non tutti ti comprendono con chiarezza. Tutti ti interrogano su ciò che cercano, ma non sempre ascoltano quanto cercano. Si dimostra tuo servo migliore non colui che pretende di sentire da te quello che egli vuole, ma che piuttosto vuole quello che ha udito da te. Tardi ti ho amato, o bellezza così antica e così nuova, tardi ti ho amato! Ed ecco che tu eri dentro e io fuori, e lì cercavo. Deforme come ero, mi gettavo su queste cose belle che hai creato. Tu eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, che non esisterebbero se non fossero in te. Mi hai chiamato, hai gridato, e hai vinto la mia sordità. Hai mandato bagliori, hai brillato, e hai dissipato la mia cecità. Hai diffuso la tua fragranza, io l'ho respirata, e ora anelo a te. Ti ho assaporato, e ho fame e sete. Mi hai toccato, e aspiro ardentemente alla tua pace.

 

XXXIIIA settimana T.O. - Vespri Martedì

Lc 19, 1-10

 Lo specchio della beatitudine eterna

 

 

 

« Oggi devo fermarmi a casa tua »

Beato Jan Ruysbroeck nel quattordicesimo secolo

 

 

         Assomigliano a Zaccheo coloro che desiderano vedere Gesù per sapere chi egli sia, ma poiché questo non può essere afferrato da nessuna ragione né luce naturale, sono troppo piccoli di statura. Corrono dunque davanti alla folla e alla mischia. Con la fede e l’amore salgono sui loro pensieri, dove lo spirito è libero da ogni immagine e da ogni intralcio: là vedono Gesù, lo riconoscono e lo amano nella sua divinità. Infatti egli è sempre presente agli spiriti liberi e alti che, a motivo del loro amore, sono stati elevati al di là di sè stessi. Là egli trabocca in una pienezza di doni e di grazie.

 

         Tuttavia dice ad ognuno di essi: “Scendi subito, perché la libertà dello spirito può mantenersi elevata soltanto grazie ad uno spirito di umile ubbidienza. Infatti occorre che tu mi conosca e mi ami in quanto Dio e in quanto uomo, nello stesso tempo esaltato al di sopra di tutto e abbassato al di sotto di tutto. In questo modo assaporerai la mia presenza, quando io ti innalzerò al di sopra di tutto e al di sopra di te stesso, in me, e quando tu ti abbasserai al di sotto di tutto e al di sotto di te stesso, con me e per me. Dovrò allora fermarmi a casa tua, starvi e dimorarvi con te e in te, e tu con me e in me.”

 

         Quando un uomo conosce questo, lo assapora e lo sperimenta, scende in fretta, ritenendosi un nulla, e dicendo con un cuore umile, deluso della sua vita e di tutte le sue opere: “Signore, non sono degno, anzi sono indegno, che entri sotto il mio tetto (Mt 8, 8), nella dimora peccatrice del mio corpo e della mia anima, il tuo corpo glorioso nel Santissimo Sacramento. Ma tu, Signore, mostrami la tua grazia e abbi pietà della mia povera vita e di tutte le sue debolezze.

 

XXXIIIA settimana T.O. - LODI mercoledì

 

 

Libro di Vita di Gerusalemme

 

 

capitolo "Lavoro" - § 24

 

XXXIIIA settimana T.O. - VESPRI Mercoledì

Lc 19, 11-28

 Colloqui con Motovilov

 

 

 I doni di Dio da far fruttificare

 San Serafino di Sarov nel diciottesimo secolo

 

 

         Il vero scopo della nostra vita cristiana consiste nell’acquisizione dello Spirito Santo; la preghiera, le veglie, il digiuno, l’elemosina e le altre opere virtuose fatte nel nome di Cristo non sono altro che i mezzi per acquistarlo... Sapete come fare per acquistare il denaro? Per lo Spirito Santo, è lo stesso.

 

         Per la gente, lo scopo della vita consiste nell’acquisizione del denaro, nel guadagno. I nobili, oltre a questo, desiderano ottenere degli onori, dei segni di riconoscimento e altre ricompense concesse in cambio di servizi resi allo Stato. Anche l’acquisizione dello Spirito Santo è un capitale, però un capitale eterno, fonte di grazie, simile ai capitali temporali, e che si ottiene con gli stessi procedimenti. Il nostro Signore Gesù Cristo, l’uomo Dio, paragona la nostra vita ad un mercato, e la nostra attività sulla terra ad un commercio. Raccomanda a tutti noi: “Impiegatele fino al mio ritorno”, e san Paolo scrive: “traete profitto dal tempo presente, perché i giorni sono cattivi” (Ef 5,16) cioè: Affrettatevi ad ottenere i beni celesti negoziando delle merci terrene. Queste merci terrene non sono altro che le opere virtuose che facciamo nel nome di Cristo e ci portano la grazia dello Spirito Santo.

 

XXXIIIA settimana T.O. - LODI Giovedì

Lc 19, 41-44

  

 

Il pentimento è desiderato dal Signore”

di San Clemente Primo nel secondo secolo

 

 

      Siamo sulla stessa arena e uno stesso combattimento ci attende. Lasciamo i vani ed inutili pensieri e seguiamo la norma gloriosa e veneranda della nostra tradizione. Vediamo ciò che è bello, ciò che è piacevole e gradito davanti a chi ci ha creato. Guardiamo il sangue di Gesù Cristo e consideriamo quanto sia prezioso al Padre suo. Effuso per la nostra salvezza portò al mondo la grazia del pentimento. Scorriamo tutte le generazioni e notiamo che di generazione in generazione il maestro “diede luogo al pentimento” per tutti quelli che volevano a lui rivolgersi.

 

      I ministri della grazia di Dio parlarono del pentimento per mezzo dello Spirito Santo. Anche il Signore di tutte le cose parlò del pentimento col giuramento: “Io vivo  - dice il Signore  - e non voglio la morte del peccatore, bensì la sua conversione.

 

XXXIIIA settimana T.O. - VESPRI Giovedì

Lc 19, 41-44

 Omelie su Luca,

38,  PG 13, 1896-1898

 

« Alla vista della città, Gesù pianse su di essa »

 Origene nel terzo secolo

 

 

         Quando il nostro Signore e Salvatore fu vicino a Gerusalemme, alla sua vista, pianse su di essa : « Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi. Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee »… Forse qualcuno dirà : « Il senso di queste parole è chiaro ; difatti, si sono realizzate riguardo a Gerusalemme ; l’esercito romano l’ha assediata e devastata fino allo sterminio, e verrà il tempo in cui non resterà pietra su pietra che non venga distrutta. »

 

         Non nego che Gerusalemme sia stata distrutta a causa del suo accecamento, eppure faccio la domanda : questi pianti non riguardavano forse la nostra Gerusalemme ? Infatti la Gerusalemme sulla quale Gesù pianse, siamo noi, che immaginiamo di avere uno sguardo così penetrante. Se, una volta istruito dai misteri della verità, dopo aver ricevuto la parola del vangelo e l’insegnamento della Chiesa e quando gli è stato data la visione dei misteri di Dio, uno fra di noi pecca, provocherà lamenti e pianti ; infatti non si piange sui pagani, bensì su colui che, dopo aver fatto parte di Gerusalemme, se ne è separato.

 

         Lacrime sono versate sulla nostra Gerusalemme perché a causa dei suoi peccati, « i nemici la cingeranno », cioè le forze avverse, gli spiriti cattivi. Alzeranno contro di essa trincee ; la assedieranno, e non lasceranno « pietra su pietra ». Questo succede quando, dopo una lunga continenza e più anni di castità, un uomo soccombe, vinto dalle seduzioni della carne… Ecco dunque la Gerusalemme sulla quale sono sparse le lacrime.

 

XXXIIIA settimana T.O. - LODI Venerdì

Lc 19, 45-48

 Lettera agli Efesini, 3-4, 9

(In l'Ora dell'Ascolto p. 1735, 1744, 1750) 

  

 

 Sta scritto : ‘La mia casa sarà casa di preghiera’

Sant’Ignazio d’Antiochia nel secondo secolo

 

 

         Vi esorto a fare tutti uniti la volontà di Dio, perché anche Gesù Cristo agisce in tutto secondo il volere del Padre… Allo stesso modo, i vescovi, insediati fino ai confini della terra agiscono secondo il volere di Gesù Cristo. Per cui è giusto che voi seguiate le disposizioni dei vescovi, che vi guidano secondo Dio : ma questo lo fate già, istruiti con sapienza dallo Spirito Santo. Infatti il vostro collegio dei presbiteri, degno di essere nominato e della lode di Dio, è così unito al vescovo come le corde alla cetra ; perciò la vostra concordia è mutua dilezione è come un inno il cui maestro è Gesù Cristo. Ciascuno di voi si studi di far coro. Nell’armonia della concordia e all’unisono con il tono di Dio, a una voce inneggiate al Padre e al suo dilettissimo Figlio Gesù Cristo…

 

         Ci ha liberati Gesù Cristo, fondandoci sulla roccia come pietre scelte destinate al tempio di Dio Padre, elevate in alto da Cristo per noi crocifisso ; confortati dallo Spirito Santo e introdotti nella fede, siamo innalzati dalla terra al cielo per mezzo dell’amore, per una strada pura da ogni macchia… Beati dunque siete voi, tempio di Dio e dello Spirito Santo, adorni di tutte le ricchezze, secondo le parole di Gesù Cristo… Mi rallegro perciò per voi, perché non dirigete il cuore alle cose vane, né amate le opere della carne, ma le opere che sono secondo Dio.

 

XXXIIIA settimana T.O. - VESPRI Venerdì

Lc 19, 45-48

Omelia 1 su Mt 21,12

 

 

I venditori del Tempio

Meister Eckhart nel quattordicesimo secolo

 

  

         “Portate via queste cose!” disse Gesù ai venditori (Gv 2,16). Sono “venditori del Tempio” coloro a cui piacerebbe essere gente perbene, guardandosi dai peccati più grossolani, coloro che fanno opere buone, ma allo scopo che il nostro Signore dia loro qualcosa in cambio. Vogliono che Dio renda loro in cambio ciò che piace a loro; vogliono    mercanteggiare con il Signore. Ma, è sbagliato cercare di fare questo commercio. Infatti anche se dessero tutto quanto è in loro possesso, anche se sacrificassero tutto per Dio, il Signore non sarebbe tenuto a dare o a fare qualcosa a meno che egli non lo voglia gratuitamente, spontaneamente. Ciò che essi sono, lo sono grazie a Dio; ciò che hanno, lo hanno ricevuto da Dio, e non da se stessi...

         D’altrove, come potrebbero agire di propria iniziativa, quando Gesù ci dice: “Senza di me non potete fare nulla” (Gv 15,5); è proprio insensato volere commerciare con Gesù, corrisponde a non sapere nulla della verità. Per questo il nostro Signore caccia i venditori dal Tempio. La luce e le tenebre non possono abitare insieme; ora Dio è luce, è verità e luce in se stesso. (...)

         Dio infatti non cerca il suo bene; in tutto caccia l’ignoranza; la Verità non sopporta alcun altro spirito, egli è sgombro e libero, egli fa tutto per amore. In questo modo agisce l’uomo unito a Dio; anche lui è, per la grazia di Cristo, sgombro e libero in tutti i suoi atti; li fa solo per l’onore di Dio e non per il proprio interesse – o piuttosto, li compie in lui. Se dunque vuoi essere totalmente sgombro dal mercantilismo spirituale, fa’ tutto per la lode di Dio, senza domandare nulla in cambio. Allora le tue opere sono spirituali, divine; solo Dio le  abita, è l’unico sul tuo orizzonte.

 

XXXIIIA settimana T.O. - LODI Sabato

 

 

Maria, cielo nuovo e terra nuova

Di Nicola Cabasilas nel quattordicesimo secolo

  

 

      La Vergine ha creato un cielo nuovo e una terra nuova, o piuttosto è lei stessa il cielo nuovo e la terra nuova; è terra poiché da essa proviene, nuova perché in nessun modo è simile ai suoi progenitori, né ha ereditato il lievito vecchio, poiché lei stessa, secondo l’espressione di Paolo, è divenuta la nuova pasta e inaugura un nuovo genere umano. Chi può ignorare che essa è cielo? Un cielo nuovo, perché è lontana da ogni stato di vecchiaia, perché è incomparabilmente superiore a ogni corruzione; lei sola ha trasceso il tempo perché è stata data agli uomini in questi giorni, che sono gli ultimi, secondo la promessa divina annunciata da Isaia: “Vi darò un cielo nuovo e une terra nuova”.

 

      Se vuoi, la Vergine è anche une terra e un cielo sublimi e meravigliosi, perché si è innalzata al di sopra della terra e ha trasceso il cielo sia in grandezza che in purezza. In grandezza, perché ha contenuto colui che il cielo non poteva contenere; in purezza, perché grazie e lei nulla impedisce agli uomini di godere di quei misteri che non potevano contemplare senza che i cieli si squarciassero e si aprissero. La Vergine è guida per tutti coloro che si innalzano a Dio.

 

XXXIIIA settimana T.O. - PRIMI VESPRI sabato

Lettera Enciclica Quas Primas, 1925

 

 

« Principe della pace » (Is 9,5)

del Papa Pio XI nel ventesimo secolo

 

 

         Se gli uomini privatamente e in pubblico avranno riconosciuto la sovrana potestà di Cristo, necessariamente evidenti benefici di giusta libertà, di tranquilla disciplina e di pacifica concordia pervaderanno l'intero consorzio umano…  Che se i principi e i magistrati legittimi saranno persuasi che si comanda non tanto per diritto proprio quanto per mandato del Re divino, si comprende facilmente quale uso santo e sapiente essi faranno della loro autorità, e quale interesse del bene comune e della dignità dei sudditi prenderanno nel fare le leggi e nell'esigerne l'esecuzione.

 

Per quello poi che si riferisce alla concordia e alla pace, è manifesto che quanto più vasto è il regno e più largamente abbraccia il genere umano, tanto più gli uomini diventano consapevoli di quel vincolo di fratellanza che li unisce. E questa consapevolezza come allontana e dissipa i frequenti conflitti, così ne addolcisce e ne diminuisce le amarezze. E se il regno di Cristo, come di diritto abbraccia tutti gli uomini, anche di fatto veramente li abbracciasse, perché dovremmo disperare di quella pace che il Re pacifico portò in terra, quel Re diciamo che venne « per riconciliare tutte le cose » (Col 1,20), che non venne « per farsi servire, ma per servire gli altri » (Mt 20,28) e che, pur essendo il « Signore di tutti » (Ef 1,10), si fece esempio di umiltà, e questa virtù principalmente inculcò insieme con la carità e disse inoltre: « II mio giogo è soave e il mio peso leggero » ? (Mt 11,30)

 

XXXIVA settimana T.O. -  UR Domenica - Cristo Re   

 

Omelia sul vangelo di Giovanni, 115

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

« Il mio regno non è di questo mondo »

 di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

         Ascoltate dunque, Giudei e gentili… ; ascoltate, regni tutti della terra: Io non intralcio la vostra sovranità in questo mondo: « Il mio regno non è di questo mondo » (Gv 18,36). Non lasciatevi prendere dall'assurdo timore di Erode che, alla notizia della nascita di Cristo, si allarmò… « Il mio regno - dice il Signore - non è di questo mondo. » Venite nel regno che non è di questo mondo; venite credendo, e non vogliate diventare crudeli per paura. E' vero che in una profezia, Cristo, riferendosi a Dio Padre, dice: « Da lui io sono stato costituito re sopra Sion, il suo monte santo » (Sal 2, 6), ma questo monte e quella Sion, di cui parla, non sono di questo mondo.

 

Quale è infatti il suo regno se non i credenti in lui, a proposito dei quali dice: « Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo »? anche se egli voleva che essi rimanessero nel mondo, e per questo chiese al Padre: « Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal male ». Ecco perché anche qui non dice: « Il mio regno non è in questo mondo », ma dice: « Il mio regno non è di questo mondo. Se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servi combatterebbero per me, affinché non fossi consegnato » (Gv 18,36).

Il suo regno infatti è quaggiù fino alla fine dei secoli, portando mescolata nel suo grembo la zizzania fino al momento della mietitura (Mt 13,24s)... Tuttavia, esso non è di quaggiù, perché è peregrinante nel mondo. E' precisamente agli appartenenti al suo regno che egli si riferisce quando dice: « Voi non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo » (Gv 15,19). Erano dunque del mondo, quando ancora non facevano parte del suo regno, e appartenevano al principe del mondo (Gv 12,3). E' quindi del mondo tutto ciò che è stato generato dalla stirpe corrotta di Adamo; è diventato però regno di Dio, e non è più di questo mondo, tutto ciò che in Cristo è stato rigenerato. E' in questo modo che « Dio ci ha sottratti al potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio dell'amor suo » (Col 1,13).

 

XXXIVA settimana T.O. - Vespri Domenica - Solennita di Cristo Re    

 

Il Cammino di perfezione, 22

 

 

« Il mio regno non è di questo mondo »

di Santa Teresa d'Avila nel sedicesimo secolo

 

 

         Sei re per l’eternità, o mio Dio ; e il tuo regno non è un regno a prestito. Quando diciamo nel Credo che « il tuo regno non avrà fine », è raro che il mio cuore non ne provi una gioia tutta particolare. Ti lodo, Signore, ti benedico per sempre ! Infine, il tuo regno durerà in eterno. Non tollerare, Maestro mio, che quando ti si rivolge la parola, si creda che sia permesso di farlo solo con le labbra… È chiaro che non si avvicina un principe con la stessa naturalezza che si avrebbe con un paesano, o con delle povere donne come noi, con cui è sempre lecito discorrere senza complimenti.

 

         Nella mia semplicità, non so come parlare a quel divino Re. Ma la sua umiltà è così grande che egli non manca di ascoltarmi e mi permette di avvicinarmi a lui. Non mi respingono neanche i suoi custodi, poiché gli angeli che lo circondano conoscono i gusti del loro Re : sanno che la semplicità di un piccolo, totalmente umile, che ne direbbe di più – il Re lo vede bene – se ne sapesse di più, gli è più gradevole di tutti i ragionamenti scelti dei più dotti e dei più sapienti, quando manca loro l’umiltà.

 

         Tuttavia, se il nostro Re è buono, questo non è un buon motivo per noi per essere scortesi. E se fosse anche solamente per compensarlo dal fetore causato dall’approssimarsi di una persona quale sono io, è giusto che facciamo di tutto per conoscere bene la sua nobiltà e la sua grandezza. In verità, basta avvicinarsi a lui per esserne istruite… Se, figlie mie, avvicinandovi a lui, riflettete e vi domandate con chi state per parlare, o con chi già state parlando, mille vite come le nostre non basterebbero per concepire quanti riguardi merita un tale Signore, davanti al quale gli angeli tremano, lui che comanda a tutto, che può tutto e per il quale volere è fare.

 

XXXIVA settimana T.O. - LODI  martedì

Istruzione catechetica, 29-30

Lc 21, 5-11

 

« Odiati da tutti »

 di San Gregorio Nisseno nel quarto secolo

 

 

         Se il dono fatto da Dio al mondo di inviargli il Figlio suo è tanto buono e degno di Dio, perché egli ha tanto differito questo suo beneficio ? Perché, mentre il male nel mondo era ancora ai suoi primordi, Dio non ha impedito il suo sviluppo ulteriore ? Conviene rispondere brevemente a questa obiezione, che è stata proprio la Saggezza, la previdenza di Dio, l’Essere buono per natura, ad avere fatto differire il beneficio. Infatti, come per le malattie fisiche i medici aspettano che il male, prima nascosto nel corpo, si manifesti apertamente, in modo che, una volta allo scoperto, essi possano applicare la cura che occorre, così, abbattutasi la malattia del peccato sulla razza umana, il Medico dell’universo aspettò finché nessuna forma di perversità rimanesse dissimulata.

 

         Perciò, non subito dopo la gelosia di Caino e l’omicidio di Abele, suo fratello, Dio ha applicato la sua cura al mondo… Ma soltanto quando il vizio giunse al suo culmine, quando gli uomini osarono assolutamente tutte le perversità, Dio si mise a curare la malattia, non più al suo inizio, ma nel suo pieno sviluppo. E così la cura divina si è potuta estendere a tutta l’infermità umana.

 

         Ma allora, perché la grazia del vangelo non si è diffusa subito a tutti gli uomini ? Certo, la chiamata divina si rivolge ugualmente a tutti, senza alcuna distinzione di condizione, di età o di razza… Ma colui che tiene nelle sue mani la libera disposizione di ogni cosa ha spinto fino in fondo il suo rispetto per l’uomo. Ha permesso che avessimo, ciascuno, il nostro campo di cui ognuno è l’unico padrone : cioè la volontà, quella facoltà che ignora la schiavitù, che rimane libera, fondata sull’autonomia della ragione. La fede dunque è messa a libera disposizione di coloro che ricevono l’annuncio del vangelo.

 

XXXIVA settimana T.O. - VESPRI Martedì

Lc 21 ,5-11

 

 

RIEDIFICARE GERUSALEMME SULLA ROCCIA DI SION

di Giorgio La Pira

 

 

         Sull’orizzonte del tempo presente spunta, nonostante tutto, la speranza cristiana. C’è una “terra promessa” al termine della navigazione faticosa della storia dell’uomo. I secoli e le generazioni nel loro corso storico, edificano, preparandola per il Cielo, la Città di Dio: edificano, preparando la Gerusalemme celeste.

 

         Certo: a vedere le cose alla superficie, questa epoca nostra – che porta al limite le sue capacità tecniche e le sue iniziative terrestri e che sembra sradicata nella terra profonda dalla grazie della preghiera – appare veramente come “epoca di esilio” pei valori supremi del Cristianesimo.

 

         Eppure: non è forse proprio in terra d’esilio, mentre le cetre sospese sui salici di Babilonia (Sl 136), che rifiorisce nell’anima di Israele prigioniero la bellezza misteriosa di Gerusalemme lontana e distrutta?

 

         Non bisogna aver paura di dirlo: la civiltà cristiana e la città cristiana sono essenzialmente civiltà monastica - città monastica nel senso che, come nel monastero, anche in esse – in ultima analisi  - tutti i valori hanno una orientazione unica e una unica finalità: Dio amato, contemplato, incessantemente lodato!

 

         Quale è, infatti, la crisi odierna – acuitasi in questi ultimi due secoli – della civiltà cristiana, della città cristiana, e della intera civiltà umana? La perdita di questo “sigillo” monastico, di questo metro monastico: disancoraggio cioè, della civiltà e della città della contemplazione e dalla liturgia dei Dio! La città staccata dal suo tempio: Gerusalemme non più centrata e difesa dalla cittadella di Sion.

 

         Come riparare? E’ così chiaro anche se così estremamente difficile e complesso: ridimensionare civiltà e città; rimisurarle col solo metro valido capace di conferire alle cose dell’uomo la bellezza, la solidità e la luminosità delle cose di Dio.

 

         Rimisurare col metro “monastico”: riedificare Gerusalemme sulla roccia di Sion!

 

XXXIVA settimana T.O. - LODI Mercoledì

Lc 21, 12-19

  (380), raccolta canonica e liturgica

Ripresa della Didascalia degli apostoli, testo dall’inizio del 3° secolo

 cfr. SC 329

 

« Nemmeno un capello del vostro capo perirà »

 dalle Costituzioni apostoliche nel terzo secolo

 

 

         Se siamo chiamati al martirio, dobbiamo confessare con costanza il prezioso Nome, e se per questo motivo siamo castigati, rallegriamoci perché corriamo verso l’immortalità. Se siamo perseguitati, non rattristiamoci, “non preferiamo il secolo presente”, né “la gloria che viene dagli uomini” (2 Tm 4,10; Rm 2,29), né la gloria e l’onore dei principi, come fecero certi. Ammiravano le opere del Signore ma non credevano in lui, per timore dei sommi sacerdoti e degli altri capi; infatti “amavano la gloria degli uomini più della gloria di Dio” (Gv 12,43). Nel confessare “la bella professione di fede” (1Tm 6,12), non soltanto assicuriamo la nostra salvezza, ma anche rafforziamo i nuovi battezzati e consolidiamo la fede dei catecumeni...

         Chiunque è stato ritenuto degno del martirio, si rallegri di imitare il maestro, poiché sta scritto: “Ognuno sia come il suo maestro” (Lc 6,40). Ora il nostro maestro, Gesù, il Signore, è stato colpito a causa nostra, ha sopportato pazientemente calunnie e oltraggi, è stato coperto di sputi, schiaffeggiato, pestato; dopo esser stato flagellato, è stato inchiodato sulla croce, gli hanno fatto bere l’aceto e il fiele, e dopo aver compiuto tutte le Scritture, ha detto a Dio suo Padre: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,48). Perciò chiunque chiede di essere suo discepolo, cerchi di lottare come lui, imiti la sua pazienza, sapendo bene che..., qualunque cosa egli sopporti, sarà ricompensato da Dio se crede all’unico e solo vero Dio.

         Infatti, il Dio onnipotente ci risusciterà per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo, secondo la sua promessa infallibile, insieme con tutti coloro che sono morti fin dall’inizio... Anche se moriamo in mare, anche se siamo dispersi nella terra, anche se siamo lacerati dalle bestie feroci o dai rapaci, egli ci risusciterà con la sua potenza, perché l’universo intero è tenuto nella mano di Dio: “Nemmeno un capello del vostro capo perirà”. Per questo ci esorta con queste parole: “Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime”.

 

XXXIVA settimana T.O. - VESPRI Mercoledì

Lc 21, 12-19

 pensieri sull’amore di Dio, cap. 3, 4-6 LN/C

 

 

 

Mettetevi bene in mente di non preparare  prima la vostra difesa

di Santa Teresa d'Avila nel sedicesimo secolo

          

 

O amore potente del mio Dio! Quanto è vero che nulla è impossibile a colui che ama. Beato chi gode di una tale pace nel suo Dio, che domina ogni sofferenza e ogni pericolo del mondo. Non ne teme nessuno, purché si tratti di servire tale Maestro, e ha ragione... Mi viene un pensiero a proposito delle persone per natura timorose e poco coraggiose... Anche quando sono state elevate in quello stato di cui sto parlando, la loro natura debole si spaventa. Occorre allora stare attente, perché tale debolezza naturale potrebbe farci perdere una corona magnifica. Quando sentirete, figlie mie, questi attacchi del timore, ricorrete alla fede e all'umiltà; e, rafforzate dalla convinzione che nulla è impossibile a Dio (Lc 1,37), affrontate la vostra impresa. Egli ha potuto fortificare tante giovani sante rendendole capaci di sopportare tutti i tormenti che esse si erano disposte a sopportare per lui!

 

         Quello che egli domanda è una determinazione che lo renda padrone del nostro libero arbitrio. Infatti non ha bisogno dei nostri sforzi. Invece il nostro Signore si compiace nel fare risplendere le sue meraviglie nelle sue creature più deboli, perché può allora spiegare più liberamente il suo potere e soddisfare il suo desiderio di concederci i suoi benefici.

 

         Lasciate da parte le obiezioni della ragione e disprezzate la vostra debolezza. Essa infatti non farebbe altro se non crescere se vi fermaste a riflettere se riuscirete, sì o no... Non è il momento di pensare ai vostri peccati; lasciateli da parte. Questa umiltà è allora inopportuna, è proprio fuori luogo... Siate sicure che il Signore non abbandona mai coloro che lo amano e si espongono per lui solo.

 

XXXIVA settimana T.O. - LODI Giovedì

Catechesi, 15 

 

 

« Segni grandi dal cielo »

 di San Cirillo di Gerusalemme nel quarto secolo


 

         “Il Signore verrà dal cielo sulle nubi, come vi è salito sulle nubi” (At 1,9). Lo disse egli stesso: “Vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo con potenza e gloria grande” (Mt 24,30). Ma quale segno della venuta del Signore sarà tale da impedire alla tracotanza della potenza avversa di scimmiottarlo? La croce, vero e proprio distintivo del Cristo. Secondo sta scritto, “allora apparirà il segno del Figlio dell’uomo” (Mt 24,30). Il segno distintivo del Cristo è veramente la croce. Il segno di una croce luminosa precederà il Re, perché riconoscano chi hanno crocifisso, insidiato e angariato, e tutte le tribù battendosi il petto dicano: “Ecco chi abbiamo schiaffeggiato, quel volto che abbiamo coperto di sputi, colui che abbiamo legato e oltraggiato fino a infliggergli l’ignominia della croce”. Diranno: “Dove avremo scampo davanti alla tua ira?” (Ap 6,16). “Anche se avessimo a difesa schiere di angeli, non sapremmo dove trovare rifugio dal tuo cospetto”.

 

         Il segno della croce terrorizzerà i nemici di Cristo! Sarà invece fonte di gioia per i credenti suoi amici e araldi che per lui avranno patito. Ma a chi toccherà allora questa beatitudine di essere trovato amico di Cristo? Perché i suoi eletti non vadano confusi con i suoi nemici, infatti, il re glorioso assiso sullo stesso trono del Padre tra schiere di angeli no trascurerà i suoi servi: “Manderà i suoi angeli con una grande tromba a radunare tutti i suoi eletti dai quattro venti” (Mt 24,31). Colui che non disdegnò di prendersi cura di un solo giusto, Lot, potrà disinteressarsi di tanti giusti? Li farà chiamare a raccolta dagli angeli e fattili venire su carri di nubi, dirà loro: “Venite, benedetti dal Padre mio” (Mt 25,34).

 

XXXIVA settimana T.O. - VESPRI Giovedì

Lc 21, 20-28

 Discorso per l’Ascensione, 2

 

 

Il Figlio dell’uomo verrà a prenderci con lui

 di San Bernardo nel dodicesimo secolo

 

         “Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo” (At 1,11). Verrà, dicono gli angeli, allo stesso modo. Forse verrà a cercarci in questo corteo unico e universale, forse scenderà preceduto da tutti gli angeli e seguito da tutti gli uomini per giudicare i vivi e i morti? Sì, è proprio certo che verrà, ma verrà allo stesso modo in cui è salito in cielo, non al modo in cui è disceso la prima volta. Infatti nell’umiltà egli è venuto una volta per salvare le anime. Ma quando verrà per strappare al sonno della morte questo cadavere, per “conformarlo al suo corpo glorioso” (Fil 3,21) e riempire di onore questo vaso oggi così debole, si rivelerà in tutto il suo splendore. Allora vedremo in tutta la sua potenza e la sua maestà colui che una volta si era nascosto sotto la debolezza della nostra carne...

 

         Essendo Dio, Cristo non poteva crescere, poiché non c’è nulla oltre a Dio. Eppure ha trovato il modo di crescere – nello scendere, nell’incarnarsi, soffrendo, morendo per strapparci alla morte eterna. “Per questo Dio l’ha esaltato” (Fil 2,9). L’ha risuscitato, ed egli si è seduto alla destra del Padre. Anche tu, va e fa’ lo stesso: non potrai salire senza prima cominciare con lo scendere. “Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato” (Lc 14,11).

 

         Beato, Signore Gesù, colui che ha per guida solo te! Che possiamo seguirti, “noi, tuo popolo e gregge del tuo pascolo”, che possiamo venire a te per mezzo tuo, perché sei “la via, la verità e la vita” (Gv 14,6). La via per il tuo esempio, la verità per le tue promesse, la vita perché sei tu la nostra ricompensa. “Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”, il Figlio del Dio vivente” (Gv 6,69 ; Mt 16,16), e Dio, più alto di ogni cosa, benedetto in eterno.

 

XXXIVA settimana T.O. - LODI venerdì

 

LIBRO di VITA di GERUSALEMME

 

Capitolo “Monaci e monache” § 64

 

XXXIVA settimana T.O. - VESPRI Venerdì

 Esposizione sui salmi, Sal 95, §14

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

 

« Alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina »

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

"Esulteranno allora tutte le piante dei boschi, alla presenza del Signore, poiché egli viene: viene a giudicare la terra" (Sal 95, 12). È venuto una prima volta e verrà ancora. La prima volta è venuto con la sua presenza nella Chiesa e a portarlo erano le nubi (Mt 26, 64). E quali sono le nubi che l'hanno portato? Gli Apostoli, che ci hanno recato il messaggio evangelico… È venuto una prima volta per bocca dei suoi evangelizzatori e ha riempito l'universo. Non opponiamo resistenza alla sua prima venuta, per non dover temere nella seconda…

 

Cosa farà, allora, il cristiano? Si servirà del mondo, ma non diverrà schiavo del mondo. Cosa significa? Pur avendo le cose, si comporterà come se non le avesse. Così dice l'Apostolo; … "Quanto al resto, fratelli, il tempo è breve… coloro che comprano, siano come se non conservassero avidamente; e coloro che usano delle cose del mondo, come se non ne usassero. Passa, infatti, la figura di questo mondo, e io vorrei che voi foste senza preoccupazioni (1Cor 7,29-30): Chi non ha preoccupazioni aspetta sereno la venuta del Signore. Difatti, che sorta di amore abbiamo per Cristo se temiamo che venga? E non ce ne vergogniamo, fratelli? Noi l'amiamo ed abbiamo paura che venga. Ma l'amiamo per davvero? O non amiamo, per caso, più che non Cristo i nostri peccati? Ebbene, odiamo i peccati, e amiamo colui che verrà …

"Allora esulteranno tutte le piante dei boschi dinanzi al volto del Signore, poiché egli viene"… È venuto una prima volta: verrà in seguito a giudicare la terra, e troverà colmi di gioia coloro che hanno creduto alla sua prima venuta.

 

XXXIVA settimana T.O. - LODI Sabato 

 

Paragrafi 10 e 16

 

« Vegliate, perché non sapete il giorno »

dalla Didaché  nel secondo secolo

 

  

         Una volta saziati dell’Eucarestia, ringraziate così : Ti rendiamo grazie, o Padre Santo, per il tuo santo nome che hai fatto abitare nei nostri cuori, e per la conoscenza, la fede e l’immortalità che ci rivelasti per mezzo di Gesù, tuo Servo. A te la gloria per i secoli. Amen !…Sopra ogni cosa, ti rendiamo grazie, perché sei onnipotente : A te la gloria per i secoli. Amen ! Ricordati, o Signore, della tua Chiesa, preservala da ogni male e rendila perfetta nel tuo amore, e santificata, dai quattro venti riuniscila nel tuo regno che per essa hai preparato. Poiché tua è la potenza e la gloria per i secoli. Amen. Venga la tua grazia e passi questo mondo. Amen ! Chi è santo si avvicini ; chi non lo è si converta. Maranà thà. Amen…

 

         Sì, vegliate sulla vostra vita ; non lasciate che si spengano le vostre lampade, neppure che si sciolgano le cinture dai vostri fianchi. State pronti, perché non sapete l’ora in cui il nostro Signore verrà. Radunatevi frequentemente per cercare insieme ciò che conviene alle vostre anime. Perché tutto il tempo della vostra fede non vi servirà a niente, se nell’ultimo momento, non sarete divenuti perfetti.

 

XXXIVA settimana T.O. -  PRIMI VESPRI sabato

 

 

 

ANDIAMO INCONTRO AL NOSTRO SIGNORE

del Beato Guerrico nel dodicesimo secolo

 

 

Si levi dunque il nostro spirito con vivida gioia, e corra incontro al suo Salvatore: lo adori e lo saluti con grida festose, mentre ancora sta venendo da lontano: Vieni o Signore, “salvami e io sarò salvato” (Ger 17,14); vieni, “fa’ risplendere il tuo volto, e noi saremo salvi” (Sal 79,4). “In te speriamo: sii la nostra salvezza nel tempo dell’angoscia” (Is33,2).

 

Penso che l’esortazione di tanti passi della Scrittura ad andargli incontro si riferisca non solo alla sua seconda venuta, ma anche alla prima. In che modo? Come alla sua seconda venuta gli andremo incontro esultanti, anche con i passi del corpo, alla prima dobbiamo andargli incontro con l’amore e l’esultanza del cuore.

 

E certamente, a seconda del merito e dell’amore, tale visita del Signore in ogni anima è frequente, in questo tempo che intercorre fra la prima e l’ultima venuta, tempo che ci rende conformi alla prima e ci prepara all’ultima. Egli viene in noi ora per non rendere vana per noi la sua prima venuta, e per non tornare adirato contro di noi nella seconda. Con queste visite, tende a riformare la nostra mentalità superba per renderla conforme alla sua umiltà, che ci dimostrò venendo la prima volta; e lo fa per poi “trasfigurare il nostro misero corpo e confermarlo al suo corpo glorioso” (Fil 3,21), che ci manifesterà al suo ritorno.

 

         Noi però, fratelli, non siamo ancora consolati da così sublime esperienza: perché possiamo pazientemente aspettare la venuta del Signore, ci consoli intanto una fede certa e una coscienza pura, che con gioia possa dire fedelmente, con Paolo: “So a chi ho creduto, e son convinto che egli è capace di conservare il mio deposito fino a quel giorno” (Tm 1,12), cioè alla “manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo” (Tm 2,13), al quale sia gloria nei secoli eterni, Amen.

 

 

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