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delle Fraternità di

Gerusalemme di

Firenze                                            

Omelie anno 2021

                        Santa Maria Assunta nella Badia Fiorentina

 

Le omelie successive sono sul sito: http://www.badiafiorentina.org

mercoledì 3 marzo 2021 -  II settimana di Quaresima (B)  - Ger 18,18-20 – Mt 20,17-28 -  Badia Fiorentina - Fr. Antoine-Emmanuel


 

Perché sei venuto al mondo?

Perché sono venuto al mondo?

Per servire!

Siamo venuti al mondo non per essere serviti, ma per servire.

E lo facciamo tutti, in modi diversi.

Chi tra di noi non serve la vita, non serve gli altri, non serve Dio?

Come Gesù, per primo, “non è venuto per farsi servire,

ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti.” (Mt 20,28)

 

E dare la propria vita…”

Abbiamo ricevuto la vita per poterla donare.

La vita è un dono che ci è stato fatto perché lo offriamo,

ed entriamo così nella vita di Dio…

Si entra nella vita di Dio non trattenendo per sé la propria vita, ma donandola!

È quello che impariamo, quando incontriamo Gesù.

 

È quello che gli apostoli impararono quel giorno, sulla via verso Gerusalemme.

"Ecco, noi saliamo a Gerusalemme” dice loro Gesù. (Mt 20,18)

Certo!

Lo sanno!

Saliamo a Gerusalemme per la Pasqua, per la festa,

per fare memoria della liberazione d’Israele,

della fine del giogo dell’Egitto…

Saliamo per questa gioia, per questa memoria che si fa speranza…

E si spera che Gesù finalmente manifesterà la sua gloria pubblicamente,

che farà pulizia nel mondo corrotto del Tempio,

e metterà fine all’occupazione da parte dei pagani.

Per questo, noi saliamo a Gerusalemme…”

 

In realtà, Gesù annuncia loro tutto il contrario.

Non “farà pulizia nel mondo corrotto del Tempio”:

sarà consegnato a questo mondo corrotto.

Non “metterà fine all’occupazione da parte dei pagani”:

sarà consegnato ai pagani.

E la fine non sarà la vittoria politica tanto attesa:

sarà la sconfitta, il rigetto, l’umiliazione.

Fino alla vergogna suprema,

alla sconfitta assoluta:

la croce… colmo dell'oltraggio e della maledizione.

E il terzo giorno risorgerà". (Mt 20,19)

 

Tutto il contrario di quello che si aspettavano.

 

Quanto risulta difficile ascoltare queste parole!

Il terzo giorno: sì.

Ma i due giorni precedenti: no…

 

È talmente difficile che Giovanni – sì, anche Giovanni -, e Giacomo, e la loro madre

chiedono ancora i posti d’onore.

Vogliono il terzo giorno.

Ma non i due giorni prima…

Non sanno quello che chiedono. (cfr Mt 20,22)

Vogliono la gloria, ma non hanno capito che non c’è la Gloria senza la Croce.

È impossibile!

 

Gesù pone loro La Domanda fondamentale:

Potete bere il calice che io sto per bere?" (Mt 20,22)

 

Il “calice” nel Primo Testamento è un’immagine corrente.

Si tratta di un calice di vino forte, drogato, amarissimo,

che getta a terra chi lo beve.

È il calice della cosiddetta “ira” di Dio,

ossia la conseguenza drammatica della scelta

di allontanarsi da Dio, dall’Amore, dalla Misericordia.

"Prendi dalla mia mano questa coppa di vino della mia ira - dice Dio a Geremia-

e falla bere a tutte le nazioni alle quali ti invio,

perché ne bevano, ne restino inebriate ed escano di senno

dinanzi alla spada che manderò in mezzo a loro". (Ger 25,15-16)

 

Chi sta per bere questo calice?

Chi sta per prendere su di sé il peccato del mondo?

Chi sta per essere inebriato di dolore per salvarci dal male?

Gesù!

 

Vi ricordate della preghiera di Gesù al Getsemani?

"Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice!

Però non come voglio io, ma come vuoi tu!" (Mt 26,39)

E della risposta di Gesù,

quando Pietro vorrà impedire l’arresto di Gesù con la spada?

"Rimetti la spada nel fodero:

il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?". (Gv 18,11)

 

E voi, Giovanni e Giacomo, “potete bere il calice che io sto per bere?" (Mt 20,22)

E tu, ed io… “possiamo bere il calice che Gesù sta per bere?"

Lo possiamo?

 

Giovanni e Giacomo rispondono di sì.

E Gesù non li contraddice.

"Il mio calice, lo berrete.” (Mt 20,23)

Sarà il grande dono della Pentecoste:

essere resi capaci di “servire e dare la propria vita con Gesù

in riscatto per molti” (cfr Mt 20,28)

 

E tu, come rispondi?

Puoi bere il calice che Gesù sta per bere?

Sei pronto, sei pronta, a soffrire anche tu per portare al mondo la salvezza di Dio?

 

È questa la via della Gloria!

L’unica via.

Passa dal Venerdì Santo e dal Sabato Santo.

Dalla sconfitta e dal silenzio.

Dall’umiliazione e dall’attesa.

Dal rigetto e dall’angoscia.

E sboccia nella Risurrezione.

 

E siamo venuti al mondo per la Risurrezione, per la Gloria.

Per la gioia della comunione eterna…

Attraverso la via del servizio e della Croce.

 

Scrive Edith Stein nel 1939:

 

Stai davanti al Signore che pende dalla Croce con il cuore squarciato:

Egli ha versato il sangue del suo Cuore per guadagnare il tuo cuore.

Per poterlo seguire in santa castità,

il tuo cuore dev’essere libero da ogni aspirazione terrena;

Gesù Crocifisso dev’essere l’oggetto di ogni tua brama,

di ogni tuo desiderio, di ogni tuo pensiero...

 

Il mondo è in fiamme: l’incendio potrebbe appiccarsi anche alla nostra casa,

ma al di sopra di tutte le fiamme si erge la Croce che non può essere bruciata.

La Croce è la via che dalla terra conduce al Cielo.

Chi l’abbraccia con fede, amore, speranza viene portato in alto, fino al seno della Trinità.

Il mondo è in fiamme: desideri spegnerle?

Contempla la Croce:

dal Cuore aperto sgorga il sangue del Redentore,

sangue capace di spegnere anche le fiamme dell’inferno.”1

 

1 lettera scritta da Edith Stein ( Santa Teresa Benedetta della Croce) nel 1939, "Ave Crux Spes Unica".

 

Domenica 21 febbraio 2021 - I Domenica di Quaresima - B  - Gen 9,8-15 – 1 Pt 3,18-22 – Mc 1,12-15 - Ottavo anniversario della morte di fr. Pierre-Marie - Badia Fiorentina - Fr. Antoine-Emmanuel


 

Del Vangelo di Marco, si dice che fu scritto per i catecumeni.

E per i catecumeni, quando racconta le tentazioni di Gesù,

Marco sembra voler insistere soprattutto su un aspetto:

sul fatto che lo Spirito Santo può spingerci con forza nel deserto,

può chiamarci in maniera impellente alla solitudine, alla privazione.

Perché?

Perché impariamo a lottare.

Nel deserto, la tentazione si svela…

Il tentatore si svela…

E la lotta è esplicita, palese…

Ma nel deserto ormai sappiamo che vi è un’altra presenza,

un’altra compagnia: quella di Gesù!

 

Nella sua umanità, Gesù non è stato esente dalla tentazione…

Anzi! Essa fu violenta!

È insieme con Lui ormai che lottiamo.

E la vittoria è sempre Sua!

 

Il deserto diviene allora esperienza che ci fortifica.

Non ci rende potenti.

Ci rende umili,

e, quindi, capaci di più grande amore.

 

*

Ma cerchiamo di capire un po’ meglio cosa avvenne per Gesù nel deserto.

E in questo, non essendo catecumeni, ci facciamo aiutare dai racconti di Matteo e di Luca.

 

Come si presenta Satana nel deserto?

Come una belva?

Come un essere ripugnante che terrorizza?

No!

Si manifesta con grande benevolenza.

 

Ricordiamoci:

Gesù è solo,

assolutamente solo.

Non c’è più la Madre.

Non c’è più la parentela di Nazareth.

Non ci sono più Giovanni Battista e la sua cerchia.

Grande solitudine umana…

 

E Gesù ha fame.

Quaranta giorni di digiuno sono una prova terribile.

Mettono in uno stato di vulnerabilità estrema.

 

Allora una voce - finalmente una voce! – si fa sentire,

che si prende cura di lui, della sua fame…

Non lo minaccia… non lo terrorizza!

Gli indica una via semplice per uscire dalla fame.(cfr Mt 4,3; Lc 4,3)

Grande benevolenza!

 

La stessa voce si fa sentire, una seconda volta,

per proporgli di gettarsi dal punto più alto del tempio.

Così, tutti lo vedranno, lo venereranno, lo acclameranno…

È quindi una voce amica della sua fama, amica del suo trionfo.

Non vuole la sua morte,

ancor meno l’ignominia di una croce.

Propone un successo che costa poco.(cfr Mt 4, 5-6; Lc 4, 9-11)

Grande benevolenza!

 

Una terza volta, la medesima voce si fa sentire

e, ora, propone un grande dono: “Io ti darò…”

Promette tutto il potere terreno.

Promette il potere su tutte le nazioni,

il che permetterà di portare a tutti la pace, di far cessare le guerre,

di sfamare i popoli.

E tutto ciò senza essere umiliato, senza essere spogliato.

È un dono da ricevere! (cfr Mt 4, 8-9; Lc 4, 5-7)

Grande benevolenza!

 

Carissimi, attenzione alla voce benevola, subdola…!

Ci vuole discernimento…


Quando Pietro vuole impedire a Gesù di andare verso la Passione e la Croce,

è animato da una grande e sincerissima benevolenza.

E come reagì Gesù?

Va' dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo,

perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!". (Mt 16,23)

E quando sul Golgota dissero a Gesù:

Salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!" (Mt 27,40)

Poteva sembrare benevolenza…

 

Scriverà Paolo ai Corinzi:

Satana si maschera da angelo di luce”. (2 Cor 11,14)

 

Ci vuole discernimento…


Nel 1899, lo scrittore russo Vladimir Soloviev, ortodosso poi divenuto greco-cattolico,

scrisse un breve saggio intitolato “l’Anticristo”.

Vi descrive l’ascesa al potere di un giovane, molto bello, molto brillante,

di grande gentilezza, di grande umanità.

Un grande filantropo, un generosissimo benefattore dell’umanità.

Con grande abilità, risolve la questione della pace nel mondo

con un governo mondiale,

risolve la questione della fame,

e si avvicina a realizzare la riconciliazione delle religioni, promuovendo un’unica religione.

 

Credeva nel bene, credeva in Dio, credeva nel Messia,

ma amava solo sé stesso.

Credeva in Dio,

ma nel fondo dell’anima, involontariamente, preferiva sé stesso a Dio.” 1

 

"Cristo, diceva, insegnando e realizzando nella sua vita il bene morale,

era il raddrizzatore dell'umanità,

io, devo essere il benefattore di questa umanità (…).

Darò agli uomini qualunque cosa di cui abbiano bisogno.

(…)

Io sarò il vero rappresentante del Dio che fa risplendere il suo sole

sui cattivi e sui buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.

Cristo ha portato una spada; io porterò la pace.”

 

Anche lui aveva sentito una voce di grande benevolenza che gli diceva:

"Ti amo e non ti chiedo niente.

Come sei, sei grande e potente.

Fai la tua opera a nome tuo e non mio.

Io non ti invidio. Io ti amo.

Non ho bisogno di niente di tuo.

L'altro, quello che credevi fosse Dio,

pretendeva dal figlio suo obbedienza, e obbedienza senza limiti,

fino alla morte, e non lo ha aiutato sulla croce.

Io non ti sto chiedendo nulla, e ti aiuterò.”

 

E così questo super-uomo viene accolto, adottato, adorato da tutti… o quasi.

Solo alcuni ebrei che scoprono che non era ebreo come pretendeva,

e poi un piccolo resto di cristiani

si oppongono a lui, sono perseguitati a morte,

ma alla fine trionfa Gesù …

 

Si era manifestato come un grande benefattore dell’umanità!

Ma portava l’umanità nelle braccia di Satana.

Ci vuole discernimento…

 

Un triplice discernimento.


L’apparente benevolenza diabolica ha tre caratteristiche.

 

La prima è che ci rinchiude

sui nostri bisogni immediati, fisici, sensuali, sessuali, materiali.

Risolve i nostri problemi,

risolve la fame,

ma ci rende sordi alla Parola di Dio, ci rende insensibili a Dio.

 

Come risponde Gesù?

Non di solo pane vivrà l'uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio
". (Mt 4,4; Lc 4,4)

 

La seconda è che ci porta a strumentalizzare Dio.

L’apparente benevolenza diabolica ci offre di essere conosciuti, ammirati, anzi venerati.

E Dio è solo un mezzo in vista della nostra fama.

 

Come risponde Gesù?

Non metterai alla prova il Signore Dio tuo". (Mt 4,7; Lc 4,12)

 

La terza caratteristica è che ci rende potenti sugli altri.

Potenti al punto da poterli salvare dai loro problemi.

Basta per questo adorare Satana, invece di adorare Dio.

 

Come risponde Gesù?

Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto". (Mt 4,10; Lc 4,8)

 

Ci vuole quindi discernimento.

Discernimento per distinguere la benevolenza vera da quella diabolica.

 

La benevolenza vera si trova in tanti uomini e donne di buona volontà,

in tutti i popoli e in tutte le religioni del mondo.

 

La benevolenza vera è umile, è casta.

Dà la propria vita per l’altro,

riconosce il valore di ogni vita umana, a partire dalla vita più fragile, più vulnerabile.

Non pretende di essere Dio per l’altro…

Ricordatevi:

Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare,

ho avuto sete e mi avete dato da bere,

ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato,

ero in carcere e siete venuti a trovarmi". (Mt 25, 35-36)

 

La benevolenza vera splende sul volto di Gesù.

Ed è unita all’Amore per il Padre.

Ascolta il Padre.

Serve il Padre.

Adora il Padre.

E quindi serve veramente il bene degli uomini.

 

È quella che San Pietro ci ha descritta:

Cristo è morto una volta per sempre per i peccati,

giusto per gli ingiusti,

per ricondurvi a Dio.”(1Pt 3, 18)

 

Per ricondurci a Dio…

Così da dare origine “all’uomo nuovo”,

come P. Pierre-Marie disse qui, da questo ambone, il 1° marzo del 2009, dodici anni fa:
 

Come Noè il giusto “ha salvato l’avvenire”

(secondo la bella espressione di P. Beauchamp in Aux jours de Noè, 1973),
per aver resistito alla perversità del male,
ed è diventato il padre di una nuova umanità,
così Gesù il giusto per eccellenza dà origine “all’uomo nuovo”.
Egli riscatta il male. Egli vince la morte. Egli ce ne libera.
Alla sua sequela, noi stessi possiamo ricevere il battesimo della salvezza.
Le acque che un tempo hanno dato la morte,
diventano in questo giorno sorgenti di vita eterna.
In verità, possiamo rivolgerci,
convertirci a lui, perché egli è il “Redentore dell’uomo” (Gv 4,41).
“Il Regno di Dio è vicino” in verità.
È già dentro e in mezzo a noi” (Lc 17,21).”
2

 

 

1 Cfr: bibliotheque-russe-et-slave.com › Soloviev - L'Antechrist - L'ANTÉCHRIST. (Краткая повесть об антихристе). 1900. Traduction de J.-B. Séverac.


2 https://jerusalem.cef.fr/homelies/index.php?hid=1128 - omelia manoscritta del 1 marzo 2009

 

venerdì 19 febbraio 2021 - venerdì dopo le Ceneri - Es 58,1-9 – Mt 9,14-15 - Badia Fiorentina - Fr. Antoine-Emmanuel


 

Il contesto del Vangelo odierno è legato a quello che avvenne subito dopo la chiamata di Levi,

Levi il pubblicano, Levi il ricco!

Cosa fece Levi?

Dice il Vangelo di Luca:

Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa.” (Lc 5,29)

Un grande banchetto

non solo pane e pesce essiccato!

 

I discepoli dei farisei ed i discepoli di Giovanni

stanno osservando un digiuno… e non capiscono!

Allora i discepoli di Giovanni chiedono a Gesù:

"Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?"(Mt 9,14).

 

Bello che vadano a chiedere!

Anche noi, non esitiamo a chiedere a Gesù, quando non capiamo.

Ci risponderà.

 

La risposta di Gesù certamente li avrà sorpresi.

Ma è chiara!

"Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro?(Mt 9,15).

Possono, cioè, i discepoli, che sono i compagni dello Sposo Gesù,

digiunare, finché Gesù è con loro?

No!

Non si digiuna, quando viene l’ora delle Nozze!

E il ministero di Gesù, tutto teso alla Sua Pasqua,

è incamminarsi verso le Nozze.

 

Allora i cristiani non digiunano?

Sì!

Perché Gesù aggiunge chiaramente:

Ma verranno giorni quando lo Sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno.”(ibid.)

 

Noi cristiani digiuniamo quando lo Sposo ci viene tolto.

 

Quindi il centro di gravità del digiuno, come di ogni forma di privazione, di ascesi,

non è un calendario,

non è un rito,

non è una legge…

È Cristo! È Gesù Sposo, è Gesù Amante, è Gesù amato, è Gesù Amore…

 

Noi cristiano digiuniamo, quando lo Sposo Gesù,

per qualche motivo, ci viene a mancare.

 

Noi cristiano digiuniamo,

quando la nostra superficialità ci ha tolto il cuore a cuore con Gesù.

 

Noi cristiano digiuniamo,

quando la nostra golosità ci ha fatto perdere il gusto di Gesù,

il gusto della Sua Parola e dei Suoi Gesti d’Amore che sono i Sacramenti.

 

Noi cristiano digiuniamo,

quando la nostra lussuria ci ha ingannati e abbiamo perso il primato di Gesù nel nostro cuore.

 

Noi cristiano digiuniamo,

quando la nostra vanità ci ha fatto mettere il nostro io al posto di Gesù, nella nostra vita.

 

Noi cristiano digiuniamo,

quando le tante preoccupazioni ci hanno fatto perdere di vista

le tracce di Gesù e siamo smarriti.

 

E così via!

 

Ma vi è altro.

 

Noi cristiano digiuniamo

per partecipare alla Passione di Gesù, perché vogliamo essere con Lui nella prova.

 

Noi cristiano digiuniamo

per partecipare alla Morte di Gesù, perché vogliamo offrirci con Lui al Padre.

 

Noi cristiano digiuniamo

per partecipare all’Abbandono di Gesù,

perché vogliamo partecipare all’opera di salvezza del mondo,

come piccoli vasi di co-redenzione…
 

E, in tutto questo, qual è la meta?

Partecipare alla Sua Risurrezione!

Ma non noi soli,

la meta è che tutti siano salvati…

che tutti siano una cosa sola. (cfr Gv 17,21)

 

Sia che mangiate sia che beviate, (…) dice Paolo, fate tutto per la gloria di Dio.”

(1 Cor 10,31)

 

Aggiungo: “Sia che mangiate sia che beviate, sia che digiuniate,

fate tutto nel Nome di Gesù,

fate tutto per la gloria di Dio.”

 

Allora, chiediamo il dono del digiuno.

Sì… il dono!

È un dono di Dio vivere il vero digiuno che è penoso ed amabile,

sofferto e luminoso…

il digiuno vero che apre il cuore a Dio e agli altri, ai poveri,

come Isaia ci ha ricordato.


Il digiuno che al Signore piace è quello che ci spinge a “togliere i legami del giogo,
a rimandare liberi gli oppressi

e a spezzare ogni giogo.
Consiste “nel dividere il pane con l'affamato,
nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto,
nel vestire uno che vedi nudo,
senza trascurare i tuoi parenti.” (cfr Is 58,6-7)
 

Allora la tua luce sorgerà come l'aurora…” (cfr Is 58,8)

 

 

mercoledì 17 febbraio 2021 - mercoledì delle Ceneri - Gl 2,12-18 - 2 Cor 5,20-6,2 – Mt 6,1..18 - Badia Fiorentina - Fr. Antoine-Emmanuel

 

 

La liturgia del mercoledì delle Ceneri, quest’anno, avrà qualcosa di particolare.

Per la necessaria precauzione sanitaria,

il sacerdote non potrà dire a ciascuno:

Convertitevi e credete al Vangelo!”

Lo dirà soltanto una volta, per tutti.

 

Vorrei soffermarmi con voi su questo particolare, con attenzione.

La chiamata alla conversione ne risulta sottolineata, quest’anno,

come chiamata comunitaria.

Ed è bello, è significativo!

Insieme prendiamo la via della conversione.

 

È d'altronde quello che il Profeta Gioele ci ha chiesto:

Convocate una riunione sacra.
Radunate il popolo,
indite un'assemblea solenne…”
(Gl 2,15-16)

È a noi come popolo che viene rivolta questa chiamata:

Laceratevi il cuore e non le vesti,
ritornate al Signore, vostro Dio!”
(2,13)

Perché? “Perché Dio è misericordioso e pietoso.”

 

Siete d’accordo ad incamminarci in una conversione comunitaria?

 

Quale ne sarà la via?

Ci risponde la Scrittura, la Parola di Dio ricevuta oggi.

 

Ma, prima, vorrei attirare la vostra attenzione su un aspetto importante.

La Scrittura è legata ad un contesto culturale, ad un’epoca.

Tale contesto, sia per il Primo Testamento, sia per il Nuovo Testamento,

è quello di una cultura che riconosce l'esistenza di Dio,

che ha il senso del divino.

Si poteva, sì, vivere, comportarsi, come se Dio non ci fosse,

ma si aveva la chiara consapevolezza dell'esistenza del mondo divino.

 

Oggi siamo, almeno in Occidente, in una cultura che ha eliminato Dio.

Si pensa senza Dio.

Anzi, anche nella Chiesa c’è chi è convinto che il pensiero senza Dio sia più adulto.

E si è sviluppata una teologia senza fede o un’esegesi senza fede.

 

Una conseguenza del pensiero senza Dio

è la perdita dell’incanto del creato.

Si è persa la gioia di riconoscere nel creato un dono di Dio,

anche nella bellezza di un fiocco di neve o di un raggio di sole.

Tutto diviene oggetto di studio o di consumo,

invece di essere, innanzitutto, dono di Dio che porta allo stupore e alla condivisione.

 

La prima conversione, quella fondamentale,

è di ritrovare il senso di Dio.

O, meglio, di giungere ad un nuovo senso di Dio.

Perché lo sviluppo del pensiero ateo ha portato il Signore

a rivelare come non mai la Sua Misericordia.

Siamo capaci oggi di un incanto nuovo

in cui si riconosce la presenza di Dio, la Misericordia di Dio

anche nelle pieghe più oscure della storia.

 

E la Scrittura appare più che mai come un faro di luce

nel buio del pensiero ateo dominante.

*


Come ritrovare o trovare insieme questo senso di Dio

che porta all’amore?

 

Il Vangelo ci risponde con le tre raccomandazioni di Gesù,

ossia il digiuno, la preghiera e l’elemosina.

Sono, dice Papa Francesco, “le condizioni e l’espressione della nostra conversione”.

La via della povertà e della privazione (il digiuno),

lo sguardo e i gesti d’amore per l’uomo ferito (l’elemosina)

e il dialogo filiale con il Padre (la preghiera)

ci permettono di incarnare una fede sincera, una speranza viva e una carità operosa.”

 

Fermiamoci su queste tre raccomandazioni,

partendo dalla realtà contemporanea.

 

Siamo in una civiltà dell’eccesso, della sovrabbondanza.

Eccesso di informazione, vera o falsa,

eccesso di dati, di rumori, di immagini, di cibo, di sesso, di consumo.

Eccesso scandaloso, quando si vede quanta povertà c’è sulla terra…

Tutto ciò avvelena, corrompe la nostra coscienza,

offusca la nostra capacità di sentire Dio, di riconoscere Dio.

Un grande aiuto ci verrà quindi dallo scegliere delle privazioni molto concrete.

 

Possiamo chiedere a noi stessi:

Hai veramente bisogno di avere sempre il telefonino in tasca?

Hai veramente bisogno di leggere subito ogni messaggio che arriva?

Hai veramente bisogno di tanto cibo, tanti vestiti, tanti soldi?”

 

Digiunare, dice Papa Francesco, vuol dire liberare la nostra esistenza da quanto la ingombra,

anche dalla saturazione di informazioni – vere o false – e prodotti di consumo,

per aprire le porte del nostro cuore a Colui che viene a noi povero di tutto,

ma «pieno di grazia e di verità» (Gv 1,14): il Figlio del Dio Salvatore.”


*

 

Siamo inoltre in una civiltà dell’agitazione, dello stress, dell’impazienza…

Anche chi è in pensione può essere sovraccaricato di impegni.

E non c’è il tempo per pregare… non c’è!

 

Possiamo chiedere a noi stessi:

Potrei dedicare più tempo alla preghiera nell'arco della giornata?

Della settimana?

Chiudendo per bene la “porta” delle preoccupazioni, delle notizie, delle urgenze,

per presentare il mondo a Dio.

Per benedire il mondo.

Per lottare con la preghiera contro l’aggressione delle forze del male.”


In una parola: “Dio è accessorio nella tua vita

oppure è il tutto della tua vita?”

 

Siamo, infine, in una civiltà dell’individualismo.

Il grande re che serviamo è l’io.

Tutto ruota attorno all’io!

Al mio star bene, alla mia salute, ai miei interessi…

Il che porta ad una perdita del senso dell’educazione dei figli.

Si educa al regno dell’io!

Basti vedere come siamo portati a cambiare canale,

appena sentiamo qualcosa che non corrisponde al nostro pensiero.

È divenuto difficilissimo ascoltare chi la pensa diversamente,

e si vive in tanti ghetti di pensiero…

 

Potremmo chiedere a noi stessi:

Potrei fare dei passi per uscire dall’individualismo?

Per pensare-con,

per vivere-con,

per ricevere dagli altri,

per dare agli altri?”

 

Riprendendo uno dei paragrafi più belli dell’enciclica Fratelli Tutti,

il Papa ci dice oggi:

Stiamo più attenti a «dire parole di incoraggiamento, che confortano, che danno forza,

che consolano, che stimolano,

invece di parole che umiliano, che rattristano, che irritano, che disprezzano» (n. 223).

A volte, per dare speranza,

basta essere «una persona gentile, che mette da parte le sue preoccupazioni e le sue urgenze

per prestare attenzione, per regalare un sorriso, per dire una parola di stimolo,

per rendere possibile uno spazio di ascolto in mezzo a tanta indifferenza» (n. 224).

 

*

Carissimi, ecco alcune vie per la nostra conversione comunitaria.

Ricordandoci che è “ora il momento favorevole”,

è “ora il giorno della salvezza!” (cfr 2 Cor 6,2)

 

Pensiamo a questa meta:

ritrovare il senso di Dio.

Anzi ritrovare il Cuore di Dio, il Cuore del Padre.

Cercare di sentire il Cuore del Padre,

di percepire i suoi “sentimenti”…

 

Ci basti un esempio:

nel 2020, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità,

1,8 milioni di persone sono morte di covid-19,

cioè un po’ più delle vittime dell’Aids (1,7 milioni).

Due volte di più sono i morti di tumore (8,7 milioni).

Quattro volte di più sono i morti di infarto (17,9 milioni).

E venti volte di più i morti di aborto, ossia 42,6 milioni.

 

Chiediamoci: “Cosa può abitare il cuore del Padre che dà la vita

dinanzi a 42,6 milioni di aborti in un anno…

dinanzi ad ogni aborto…?”

E, soprattutto, preghiamo su questo...

 

E l’aborto non è la sola realtà che affligge il cuore del Padre…

 

Bisogna sentire il Cuore del Padre.

Bisogna convertirci da quello che nella nostra vita addolora il Cuore del Padre.

Bisogna consolare il Cuore del Padre, vivendo di Gesù,

offrendo al Padre una vita, la nostra,

tutta innestata sul Suo Figlio Gesù!

 

Questa Quaresima ci aiuti a ritrovare il Cuore di Dio…

Ci aiuterà San Giuseppe.

Basti pensare alla sua partenza per l’Egitto in piena notte.

Ecco l’uomo che ascolta il cuore di Dio e si schiera con il Padre

per prendersi cura della vita, della vita più fragile…

 

 

 Domenica 7 febbraio 2021 - V Domenica del T.O. (B)  - Gb 7,1..7 – 1 Cor 9,16..23 – Mc 1,29-39 -  Badia Fiorentina - Fr. Antoine-Emmanuel


 

Gesù “si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano…» (Mc 1,31)

Se fossi un artista, dipingerei la mano di Gesù che prende la mano della suocera di Simone.

Una mano maschile, forte e casta, divina e tenera

che prende la mano femminile di questa donna anziana e malata,

e, letteralmente, la fa “risorgere”!

È un gesto che si ritrova con la figlia di Giairo:

Gesù “prese la mano della bambina e le disse:

"Talità kum", che significa: "Fanciulla, io ti dico: àlzati!" (Mc 5,41).

Oppure con il ragazzo epilettico ai piedi del Tabor:

Gesù lo prese per mano, lo fece alzare – risuscitare - ed egli stette in piedi.” (Mc 9,27)

 

Gesù ci prende per mano per farci risuscitare…

Ed è quello che avviene oggi.

Oggi, Gesù ci tende la mano

per liberarci dalle nostre febbri, e da tutto ciò che ci impedisce di servire, di amare.

Gesù ci tende la mano… La prenderai?

 

Quel giorno a Cafarnao, furono in tanti

ad accogliere il dono di guarigione e di liberazione offerto da Gesù.

Tutta la città era riunita davanti alla porta” ci dice Marco (Mc 1,33).

E Gesù “guarì tutti i malati” scrive Matteo (Mt 8,16),

e spiega: «Egli ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie” (Mt 8,17).

Avvenne la sera, dopo il tramonto, quando era finito il sabato.

Era quindi l’inizio del primo giorno della settimana,

quel giorno che si chiamerà, che si chiama, “Giorno del Signore”!

Fu una cosa stupenda: “Guarì molti che erano affetti da varie malattie

e scacciò molti demòni” (Mc 1,34)

 

Questo Gesù che guarisce i nostri malati, non vada via!

Rimanga da noi!

Cambierà la nostra vita in una vita senza malattie, senza problemi!

In effetti, Cafarnao fu una delle città dove avvenne il maggiore numero di miracoli.

A Nazaret, diranno a Gesù:

Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fallo anche qui, nella tua patria!" (Lc 4,23)

Vi è già a Cafarnao il clima che ci sarà dopo la moltiplicazione dei pani,

quando si vorrà fare di Gesù il re… che risolve tutti i problemi.

 

Ma cosa fa Gesù, all’alba, quando è ancora buio? Se ne va!

E va a pregare in un luogo deserto.

E, quando lo trovano, accetta di tornare a Cafarnao a fare il guaritore locale,

il taumaturgo che farà ormai la fama di Cafarnao? No!

"Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là;

per questo infatti sono uscito!” (Mc 1,38)

Gesù rigetta Cafarnao? No!

Ha seminato, e ormai il seme può crescere e portare il suo frutto… se lo accolgono!

Gesù ha dato un segno straordinario,

ora è il momento di leggere questo segno, di convertirsi al Vangelo, di mettersi in cammino.

Il segno era un segno di partenza, segno d'inizio di un cammino.


Cafarnao non farà questo cammino, ci dice il Vangelo.

Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo?

Fino agli inferi precipiterai!

Perché, se a Sòdoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te,

oggi essa esisterebbe ancora!” (Mt 11,23)

Fa parte di quelle città che, pur testimoni di tanti miracoli, non si sono convertite,

non si sono messe in cammino.

 

Volevano appropriarsi di Gesù.

Vedevano in Gesù uno da trattenere per sé, per risolvere i loro problemi.

E Gesù non si è lasciato ingabbiare!

 

Quante volte Gesù insegnerà che essere suoi discepoli significa camminare!

Perché "le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi,

ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo". (Lc 9,58)

Quante volte Gesù userà il verbo “seguire”!

"Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.” (Mt 16,24)

Fino a dire: “Io sono la Via”… (Gv 14,6).

 

La vita cristiana è il contrario dell’atteggiamento dell’uomo ricco che dice a se stesso:

Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni;

ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!” (Lc 12,19)

 

Il che vuole dire che nella vita cristiana, nella vita monastica,

quello che ci spiazza,

quello che ci impedisce di installarci… è una benedizione!

Perché ci ri-mette in cammino!

 

Bisogna ascoltare quello che Gesù dice a Pietro e ai suoi compagni oggi:

"Andiamocene altrove, nei villaggi vicini,

perché io predichi anche là; per questo infatti sono uscito!". (Mc 1,38)

Gesù è “uscito” dal Padre per camminare, predicando il Vangelo.

E’ lo stesso per noi: la nostra vita è un “uscire”, per vivere appieno il Vangelo.

 

Di questo “uscire” e camminare, la seconda lettura ci dà un esempio luminoso.

San Paolo è senza dubbio uno che ha camminato tanto.

Il cammino geografico è palese.

Ma la lettura di oggi, ci fa intravedere un altro cammino:

il cammino che Paolo ha percorso

per diventare come un Giudeo, per guadagnare i Giudei,

per diventare come uno che è senza Legge, per guadagnare i senza Legge,

per diventare come un uomo debole, per guadagnare i deboli…

E così via…(cfr 1Cor 9,19-22).

Un cammino per farsi vicino a tutti.

 

Ecco il cammino cristiano: un’inventività evangelica

per farsi vicini, con castità e rispetto, a tutti.

 

Non c’è un Giobbe accanto a te, che grida o, magari, non può più neanche gridare:

A me sono toccati mesi d'illusione
e notti di affanno mi sono state assegnate.
Se mi corico dico: "Quando mi alzerò?".
La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all'alba.”
(Gb 7,3-4)

Allora, usciremo dal nostro comodo,

usciremo da noi stessi,

per portare il Vangelo che è compassione fattiva, operosa.

 

Dice Giobbe:

I miei giorni scorrono più veloci d'una spola,
svaniscono senza un filo di speranza.” (Gb 7,6)

Non potremmo noi essere quel filo di speranza

per un Giobbe che soffre accanto a noi ?

Farci vicini ed essere un filo di speranza…

 

La mia vita, la tua vita può essere quel filo

che ridà luce e solidità alla vita di un altro…

 

Gesù ci tende la mano, oggi,

perché noi la tendiamo a chi soffre in questo tempo di pandemia.

È in te, in me, che Gesù vuole vivere ancora il Suo “uscire”

per portare, cioè per vivere il Vangelo…

 

Sabato 30 gennaio 2021 -  III settimana del Tempo ordinario - B - Eb 11,1..19 ; Mc 4,35-41 - Saint Gervais, Parigi - Fr. Antoine-Emmanuel

 

« Passiamo all'altra riva. »

Messa per Mamma, + Michelle


 

Tra le illustrazioni della Bibbia dipinte da Chagall negli anni '50

c'è una splendida litografia

che rappresenta Abramo e Sarah.

 

Sarah è in primo piano, tutta assorta.

Abramo è dietro di lei,

e posa la mano sulla spalla di Sarah

in un bel gesto maschile rassicurante, che infonde forza e coraggio.


 

 

Quello che colpisce in quest'opera sono gli sguardi.

Abramo guarda in lontananza.

Vede ciò che è in lontananza, scruta un orizzonte lontano...

Sarah, invece, con gli occhi spalancati,

guarda all'interno.

Vede ciò che è nel più profondo,

scruta un orizzonte interiore nascosto.

 

Sguardo di un uomo, sguardo di una donna.

Sguardi differenti, ma tutti e due, sguardi al più lontano e al più profondo.

 

Che cosa guardano?

Ci sono molti modi d'interpretare quest'opera.

La Lettera agli Ebrei proclamata oggi

ci suggerisce una splendida interpretazione.

 

Il capitolo 11 di questa Lettera,

di questa lunga omelia

che risale alle prime generazioni cristiane,

ci chiama alla fede,

che « è fondamento di ciò che si spera

e prova di ciò che non si vede. » (Eb 11,1)

 

La fede non è un'ipotesi elaborata al meglio...

Essa è, per grazia, per pura grazia, una certezza.

E' una forza interiore

che fa emergere la bellezza del cuore umano, che fa emergere l'amore.

 

L'autore della Lettera agli Ebrei propone come esempio

la fede di numerosi grandi testimoni del Primo Testamento,

di uomini soprattutto, ma anche di una donna : Sarah.

 

Ci dice quello che Abramo e Sarah ebbero in comune :

« Nella fede morirono ... senza aver ottenuto i beni promessi,

ma li videro e li salutarono solo da lontano... »

 

Ecco quello che Abramo e Sarah guardano in lontananza :

la realizzazione della promessa.

Essi sono stati stranieri e pellegrini su questa terra.

Un uomo ed una donna in cammino.

Con tutte le loro fragilità, i loro compromessi, le loro resistenze a credere,

certamente...

ma un uomo e una donna

che si sono aperti ad una Promessa smisurata.

Insieme hanno detto di sì al dispiegarsi

dell'immensa meraviglia di Dio

nella loro carne, nella loro storia.

 

L'autore della Lettera agli Ebrei ci dice

che erano « alla ricerca di una patria ».

Essi vedono in lontananza una patria, una terra promessa, un'altra vita...

« Se avessero pensato a quella da cui erano usciti,

avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi ;

ora invece essi aspirano a una patria migliore, cioè a quella celeste.

Per questo Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio.

Ha preparato infatti per loro una città » (Eb 11,13-16)

 

Questo ci insegnano Abramo e Sarah :

guardare insieme verso la patria migliore, quella dei cieli.

Guardare come uomo, guardare come donna,

con le differenze e la giusta tensione che questo comporta,

ma guardare insieme, ed avanzare nella fede.

 

In secondo piano nella litografia di Chagall

ci sono una duna ed un cammello...segno del viaggio, del cammino,

dell’attraversamento del deserto.

 

La vita è una lunga traversata,

che conduce alla patria migliore, quella dei cieli.

Una traversata in cui ci aiutiamo a vicenda

per non perdere la direzione

e per affrontare le tempeste della vita.

 

Oggi Gesù ci dice di nuovo : « Passiamo all'altra riva ».

Ci chiama a passare con Lui

alla Vita, quella eterna...

 

Ma, ci dice il Vangelo, « Ci fu una grande tempesta di vento

e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena » (Mc 4,37)

 

Per noi:

Tempesta della pandemia,

tempesta di una crisi umana, sociale ed economica senza precedenti,

tempesta nelle famiglie che si ritrovano nella precarietà,

tempesta nelle nostre comunità

e tempesta anche nella nostra vita di fede...

 

E Gesù dorme, racconta san Marco.

Dorme perché è stanco.

Dorme anche perché gli apostoli pensavano di non aver bisogno di lui,

perché contavano sulla loro conoscenza della navigazione :

« Gesù, non abbiamo bisogno di te.

Sappiamo navigare bene senza di te! »

 

Fino al momento in cui il loro orgoglio cede…

« Maestro, non t'importa che siamo perduti? »

Allora Gesù può dispiegare

tutta la potenza e la novità del suo Amore,

della sua vittoria sulle forze del male.

« Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. »
 

E Gesù li interroga e ci interroga:
« Perché avete paura? Non avete ancora fede? »

 

Sì, Gesù, noi abbiamo la fede,

ma una fede che non sappiamo declinare nel concreto, nella vita.

E invece di tenere fisso lo sguardo sulla patria migliore, quella dei cieli

guardiamo alle nostre paure,

lasciamo che le nostre paure condizionino le nostre scelte

e la tempesta ci trascina in una tormenta di non-senso.

Dimentichiamo che siamo

stranieri e pellegrini su questa terra.

E la nostra speranza troppo debole

ci rende incapaci di tendere la mano

a quelli che annegano nell'angoscia.

 

Allora oggi vogliamo dirti, Signore, un nuovo sì.

Un sì al manifestarsi dell'immensa meraviglia di Dio

nella nostra carne, nella nostra storia.

Questa meraviglia è vivere, già ora, della Vita, quella eterna,

che è Amore, e condividerla con gli altri.

La vita eterna...

*

E qui io penso, certo, alla mia cara mamma

che ci ha lasciato il 22 novembre scorso

dopo la lunga prova della malattia del Parkinson.

 

E quanto ringrazio il Signore per mamma...

Mamma ha dato la sua vita per noi, i suoi cinque figli,

e per tutta la famiglia,

lasciandoci un esempio di fedeltà nell'amore.

Penso a lei, durante la guerra, sulla bicicletta

che andava di fattoria in fattoria per cercare di avere

del latte e del burro per la famiglia.

Penso a lei che, al terzo incontro con un certo Emmanuel,

fu richiesta da lui in matrimonio...e disse di sì.

Penso a lei che rinunciò a una carriera d'ingegnere

per prendersi cura di noi.

Penso a lei che ci ha educato con dolce fermezza

e soprattutto con l'esempio.

Penso a lei che studiava all’Institut Catholique

per trasmettere meglio la fede attraverso il catechismo nella scuola.

O che preparava il commento alla Scrittura

per gli incontri di Azione Cattolica.

Penso con piacere a Mamma che andava a visitare ed ascoltare a lungo

le persone sole e anziane.

 

È stato duro per me perdere mamma...

Come uno strappo interiore.

Qualcosa d'inaccettabile, di intollerabile...

La morte, come separazione assoluta,

è del tutto contraria al disegno di Dio,

e scandalizza giustamente la nostra anima

che è fatta per la vita e per la comunione.

 

È lì che la Croce di Gesù risplende;

che l'abbandono di Gesù risplende.

Questa separazione assoluta, Gesù l'ha presa, l'ha assunta.

Ne ha preso tutto il male, lo scandalo, l'orrore...

E si è definitivamente messo LÀ

È lì per sempre.

È nella morte, vittorioso, per offrirci la Vita,

quella eterna, che è comunione.

 

Ma spetta a noi attingere a questo tesoro.

È proprio per questo che Gesù ha istituito il sacramento dell’Eucarestia:

perché noi possiamo attingervi l'Amore a piene mani, con tutto il cuore.

Ogni messa celebrata per Mamma

è una carezza di grazia che la conduce alla luce piena del Cielo.

 

Le anime del Purgatorio hanno bisogno di noi!

Il Signore ha voluto questa solidarietà

che tesse tra le generazioni un legame d'amore.

Noi preghiamo per le anime del Purgatorio, ed è vitale per loro,

e, una volta entrate nella luce piena,

esse pregano per noi.

 

Così Dio ci tesse affinché domani

noi siamo UNO… perché il Cielo è essere UNO.

 

Ecco ciò che Abramo e Sarah guardano insieme...

Guardano verso la città eterna che Dio ha preparato per noi,

cioè verso la gioia di essere UNO.

 

Padre Santo, che tutti siano una cosa sola;

come tu, Padre, sei in me, ed io in te,

siano anch'essi una cosa sola in noi,

perché il mondo creda che tu mi hai mandato. (cfr. Gv 17,21)

 

R/Nous te prions, Seigneur, Ami des hommes

 

Toi qui désires tant que nous traversions jusqu’à toi pour vivre éternellement en ton amour, nous te confions Michelle, Emmanuel et tous nos parents défunts : que ton infinie miséricorde leur donne d’entrer dans la plénitude de vie de ton Paradis. R/

 

En ce temps de pandémie, nous te confions, Seigneur tous ceux qui meurent seuls, toutes les familles qui ne peuvent vivre le deuil de manière humaine, tous ceux qui sont confrontés à la mort sans avoir ni réconfort ni espérance. Qu’ils te rencontrent, toi qui es victorieux de tous les flots de la mort. R/

 

En ce temps de pandémie, nous te confions, Seigneur, toutes les familles jetées dans la misère et l’angoisse, toutes les familles fragilisées par la perte d’un emploi ou croulant sous des dettes démesurées. Rends nous attentifs et solidaires pour qu’ils découvrent par nos gestes que tu es là et que tu prends soin d’eux. R/

 

Bénis Seigneur, chacune de nos familles : que nous apprenions à vivre de toi, à engager notre foi dans le concret de la vie. Bénis la famille de Jérusalem toute entière : que dans la fidélité au don de foi que tu as fait à frère Pierre-Marie, nous annoncions par notre foi et notre unité que tu es vivant et agissant au cœur de nos villes. R/

 

 

mercoledì 27 gennaio 2021 - III settimana del T.O. - Eb 10,11-18 – Mc 4,1-20 -  Badia Fiorentina - Fr. Antoine-Emmanuel

 

Altri ancora sono quelli seminati sul terreno buono:

sono coloro che ascoltano la Parola, l'accolgono e portano frutto:

il trenta, il sessanta, il cento per uno". (Mc 4,20)

E cosa si fa con questo grano?

Si fa del pane, si dona pane agli affamati!

Ecco l’importanza di questa parabola!

Portare frutto “il trenta, il sessanta, il cento per uno”

significa poter sfamare tanti affamati.

E quanti affamati ci sono in questo tempo di pandemia!

Fame di pane, certo…

Ma pure fame di senso, fame di luce, fame di liberazione da una prova che dura tanto,

fame di salvezza…

 

Se accogliamo il seme della Parola,

potremo dare pane agli affamati!

 

E che pane daremo?

Senz’altro il pane più concreto, quello del mangiare,

quello dell’aiuto materiale, economico…

Perché la Parola di Dio suscita in noi la carità,

ci apre il cuore ai bisogni degli altri.

 

Ma, oltre a quello, daremo come pane noi stessi.

Ricordatevi della missione data da Gesù agli apostoli:

Date loro voi stessi da mangiare ”…(Mt 14,16; Mc 6,37; Lc 9,13)

 

Il seme della Parola ci trasforma,

trasforma a mano a mano la nostra vita in un dono di sé.

Non è immediato, e Gesù ce lo dice:

Altre parti caddero sul terreno buono e diedero frutto:

spuntarono, crebbero

prima di rendere “il trenta, il sessanta, il cento per uno". (Mc 4,8)

 

Il seme della Parola è potente nei nostri cuori:

fino a “trenta, sessanta o cento per uno”…

Che vuol dire che il nostro cuore è fatto per la Parola di Dio.

Perché è stato fatto dalla Parola di Dio…

 

Ma questo diventare pane per gli altri

e sfamare gli affamati d’amore della pandemia

dipende dal modo in cui accogliamo la Parola.

 

Allora, guardiamo…

In questi ultimi giorni, ad esempio, come abbiamo ascoltato la Parola?

 

Ci sono stati momenti in cui, mentre leggevamo la Scrittura,

sentivamo come una voce che ci diceva:

Ma, a che serve? Non ha pertinenza!... Cerca altrove!...” ?

 

Ci sono stati momenti in cui, meditando la Scrittura,

alcune parole ci hanno colpito nella mente o nella sensibilità,

ma non ci sono entrate nel cuore,

e quindi appena c’è stata qualche difficoltà da vivere,

la Parola non ha avuto una vera forza in noi?

 

Ci sono stati momenti in cui abbiamo visto

che la nostra vita, illuminata dalla Parola, può davvero cambiare…

ma poi siamo stati tanto indaffarati, preoccupati di mille cose,

e la Parola non ha portato il suo frutto?

 

Ma ricordiamoci pure dei momenti in cui magari eravamo stanchi,

indeboliti, fragili…

in cui ci sentivamo indegni di Dio,

e la Parola di Dio ci è apparsa come un dono immeritato, sproporzionato,

e abbiamo aperto il cuore, perché eravamo poveri nello spirito.

Abbiamo offerto la Terra Buona del nostro cuore alla Parola.

Quella Terra Buona che, quando siamo troppo sicuri di noi,

ci sembra essere una terra inutile, sterile… ma non lo è affatto!

E siamo stati trasformati,

non di colpo… ma in un processo lento ed amorevole…

Ed è stato l’inizio del trenta, del sessanta o del cento per uno.

 

È così che diventiamo pane per gli altri in questo tempo di pandemia….

È un tempo in cui, per amore degli altri,

bisogna “esporsi” tanto alla Parola.

 

La Parola è nel mondo da sempre…

E da 2000 anni è “uscita”(Mc 4,3),

si offre a noi, con vicinanza, con tenerezza, nel volto di Gesù.

Ed è tanto, ma tanto feconda quando raggiunge

la bellezza nascosta dei nostri cuori…

 

 

venerdì 22 gennaio 2021 -  II Settimana del T.O.- B - Eb 8,6-13 - Mc 3,13-19 - Badia Fiorentina - Fr. Antoine-Emmanuel


 

In questa settimana di preghiera per l’unità dei cristiani,

possiamo chiederci:

Perché c'è tanta diversità tra i discepoli di Cristo?

Perché diamo una tale contro-testimonianza da secoli?”

 

Uno risponderà che è frutto di una lunga storia,

con tanti aspetti politici ...ed è vero.

Un altro dirà che è perché non accettiamo

e non valorizziamo la diversità culturale,

che è in realtà una ricchezza per l'intera Chiesa … ed è vero.

Un altro ancora dirà che ciò avviene perché, nel tempo,

si è persa la centralità della Parola … ed è vero,

perché si è perso il senso della gratuità della salvezza... ed è vero,

si è perso l'affidarsi al dono dello Spirito Santo ed è vero.

 

Ma la ragione fondamentale non è nelle scelte storiche e teologiche,

la ragione fondamentale ce la svela il Vangelo di oggi.

Simone, al quale Gesù impose il nome di Pietro”, che significa roccia,

Simone, accogliendo la grazia, diverrà roccia;

accogliendo la grazia diverrà una creatura nuova.

Ecco il Vangelo!

Allo stesso modo, Giacomo e Giovanni diverranno “figli del tuono”,

perché metteranno il loro carattere impetuoso

a servizio del fuoco d'amore del Vangelo (cfr Mc 3,16-17).

Il Vangelo è un “diventare”, una trasformazione

in cui divieni chi sei:

Se uno è in Cristo è una creatura nuova”(2 Cor5, 17),

dirà Saulo, divenuto Paolo.

 

Il grande ostacolo all'unità è

che tu non sei ancora divenuto chi sei,

che io non sono ancora divenuto chi sono.

 

Quello che serve l'unità è che tu ed io diventiamo

le creature nuove che siamo,

che viviamo la “metanoia”,

il passare alla vita nuova.

Allora serviamo l'unità,

diventiamo una cosa sola.

 

Abbiamo spesso dell'unità un'idea quasi meccanica, fisica,

esterna alle persone!

Ma l'unità non è il raggrupparsi e il pensare e fare le stesse cose.

Questo lo fanno le dittature.

L'unità è la trasformazione interiore, tua e mia, nostra,

di tutti noi che entriamo nella vita evangelica,

che entriamo in Cristo.

 

Perché diventare l'essere nuovo che sono, che siamo

significa fare spazio in me, in noi, agli altri.

L'unità si fa morendo a noi stessi.

Perdendomi, posso accogliere veramente l'altro...

L'unità non è un processo meccanico, esteriore, frutto dei buoni propositi,

è una trasformazione interiore, che ci fa scendere nell'unità.

La salita verso l’unità si percorre scendendo!

Ti trovo, perdendomi.

Mi trovi, perdendoti.

La guerra è la resistenza assoluta a questo perdersi,

è il rifiuto della Croce.

L'unità è lo spogliamento di sé che ci fa diventare noi stessi,

perché diventiamo uomini e donne di comunione.

È questo un cammino, un lungo cammino, di conversione,

un esodo, un uscire dalla schiavitù dell'ego onnipotente

per la Terra Promessa che è l'altro.

 

E per questo esodo abbiamo anche noi la manna,

il pane della vita, il Pane dell'amore, che è l'Eucarestia (Gv 6,31-35).

L'Eucarestia è il pane, stracolmo, traboccante di amore,

pane sostanziale, essenziale

per diventare chi siamo

per diventare Gesù Crocifisso, abbandonato e risorto,

per diventare UNA COSA SOLA,

per diventare in Lui una cosa sola (Gv 17,21).

 

 

Domenica 17 gennaio 2021 II Domenica del T.O. (B) - 1 Sam 3,3..19 – 1 Co 6,13..20 – Gv 1,35-42 - Badia Fiorentina - Fr. Antoine-Emmanuel


 

La meditazione sulle letture odierne

mi ha suggerito l’immagine del telaio, dell’arte del tessitore:

un'arte bellissima che sa far uso di tanti fili, di colori diversi,

intrecciandoli, lavorandoli, incrociandoli...

e viene fuori un capolavoro.

 

Credo che Dio sia un grande tessitore.

A poco a poco, con un’arte fatta di grande destrezza e creatività,

ci tesse, ci unisce, ci fa diventare il capolavoro che sogna.

Ci fa diventare una cosa sola, un unico corpo,

in cui riceviamo tanto gli uni dagli altri,

o meglio riceviamo Dio gli uni dagli altri.

 

Lo si vede già nella prima lettura.

Essa ci parla del giovane Samuele,

che abitava nel Tempio,

anzi “dormiva nel tempio del Signore, dove si trovava l'arca di Dio.” (1Sam 3,3)

Eppure, “Samuele fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore,

né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore.” (1 Sam 3,7)

Perché va ricordato che si può abitare nel Tempio,

senza tuttavia aver conosciuto il Signore…

Si può andare a messa tutti i giorni,

senza però aver ancora conosciuto il Signore.

Cosa avrebbe permesso a Samuele di “conoscere il Signore”?

La voce di Dio nell’intimo del cuore?

Sì… però non bastò.

Ci voleva un fratello, ci voleva il sacerdote Elia.

Ci voleva un fratello che ascoltasse Samuele,

e insegnasse a lui l’arte dell’ascolto.

Un ascolto che non è naturale per noi:

"Parla, perché il tuo servo ti ascolta" (1Sam 3,10)

Un ascolto che è un mettersi a disposizione.

Allora puoi conoscere Dio…

Ma ci voleva un fratello…

 

Fu lo stesso per Andrea.

Ebbe bisogno di Giovanni Battista per conoscere Gesù

e andare, fino a dimorare in Gesù.

Oggi, Giovanni «fissa lo sguardo» su Gesù.

Il verbo greco emblépsas “indica l’atto di guardare dentro,

quasi penetrando nell’intimo dell’animo dell’osservato.”

E dice: “Ecco l’Agnello di Dio!” (Gv 1,36).

Ecco, cioè, la vittima per il sacrificio.

Come se Giovanni dicesse: “Ecco Colui che sta per soffrire”

per ristabilirci in comunione con Dio, in Dio.

E lui è l’Agnello “di Dio”, cioè dato da Dio, inviato da Dio.

Allora, Andrea e il suo compagno, seguirono Gesù,

e vollero sapere: "Rabbì - che, tradotto, significa Maestro -, dove dimori?" (Gv 1,38).

E Gesù rispose loro invitandoli ad incamminarsi: "Venite e vedrete”.

Mi conoscerete, saprete dove dimoro venendo con me, seguendo me…

E seguirono Gesù!

Cominciò un processo, un itinerario, che doveva portarli a “dimorare con Gesù”:

Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui” (Gv 1,39)..

E questo fino a dimorare in Gesù…

Ma fu necessario il ministero di Giovanni Battista…

 

E cosa fece Andrea? Subito cercò Simone, suo fratello,

il cui nome significa “docile nell’ascolto”,

e lo portò a Gesù.

Cosi si tesse il Popolo di Dio!

Gesù lo guarda intensamente, e gli dà un nome nuovo,

che vuole dire che gli da un’identità nuova, lo ri-crea, fa nuova la sua vita:

"Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa" - che significa Pietro.”(Gv 1,42)

che significa “roccia”.

Tu sarai la pietra contro la quale si scateneranno le forze del male,

ma non prevarranno mai,

per grazia mia, perché effonderò in te un carisma di fede.

E questo resta validissimo anche oggi.

Può succedere di tutto al papa,

ma ci sarà sempre un successore di Pietro, come sognò don Bosco.

 

Se leggessimo il seguito del Vangelo di Giovanni,

vedremmo che la stessa storia si ripete:

grazie a Filippo, Natanaele incontrò Gesù…

E così Dio tesse il Suo Popolo, la Sua Chiesa, tesse l’umanità in vista del Cielo…

Ricordatevi del Capitolo 21 di Giovanni:

Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci.

E benché fossero tanti, la rete non si squarciò.” (Gv 21,11)

Ecco l’opera di Dio: farci diventare una cosa sola, radunarci

come in una rete che ci tira fuori delle acque della morte e non si squarcia.

 

È il sogno di Dio: “Ascolteranno la mia voce, dice Gesù,

e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.” (Gv 10,16)

Al punto che Gesù ha dato la propria vita appunto

per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi.” (Gv 11,52)

E' l’Agnello per fare di noi una cosa sola, per portarci nell’unità…

E ciascuno di noi è chiamato ad essere strumento di questo disegno.

Possiamo essere un Elia, un Giovanni, un Andrea, un Filippo,

così che un Samuele, un Andrea, un Simone, un Natanaele

entri nella bellezza del capolavoro di Dio…

Ma bisogna essere anche noi “Agnello”…

 

Infatti vi è una condizione necessaria perché serviamo veramente il tessitore divino,

quella che Paolo ci indica nella seconda lettura.

 

Paolo scrive alla comunità di Corinto,

dove c'era, anche nella comunità, un’incomprensione della sessualità.

Al punto che deve spiegare con grande chiarezza:

I cibi sono per il ventre e il ventre per i cibi”? Sì !

Ma “il corpo non è per la porneia”,

cioè per un uso egoistico a fine di piacere,

di rilassamento emotivo, e, peggio, di dominio sull’altro…

Non vivete la sessualità come si vive il mangiare per il proprio benessere!

E Paolo è audace… ai Corinzi che fino a poco prima vivevano una vita pagana dice:

Il corpo è per il Signore, e il Signore è per il corpo”... (1 Cor 6,13)

La sessualità esprime in te l’amore, il dono di te stesso,

e questo è molto grande, è santo, è divino!

Non farne un oggetto di consumo,

e non fare dell’altro un oggetto di consumo…

Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi?

Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi.

Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo!” (1Cor 6,19-20)

 

Paolo ci insegna, in questo capitolo sesto della prima lettera ai Corinzi,

una realtà preziosissima che noi chiamiamo “castità”.

La castità è l’arte di amare senza mai impossessarsi dell’altro.

Riguarda certo la sessualità, ma è ben più ampia che la sola sessualità.

Riguarda il nostro rapporto con gli altri, con le cose, ma innanzitutto con Dio stesso.

 

Nella sua bellissima lettera apostolica su San Giuseppe,

Papa Francesco scrive:

La castità è la libertà dal possesso in tutti gli ambiti della vita.

Solo quando un amore è casto, è veramente amore.

L’amore che vuole possedere, alla fine diventa sempre pericoloso,

imprigiona, soffoca, rende infelici.

Dio stesso ha amato l’uomo con amore casto,

lasciandolo libero anche di sbagliare e di mettersi contro di Lui.

La logica dell’amore è sempre una logica di libertà,

e Giuseppe ha saputo amare in maniera straordinariamente libera.

Non ha mai messo sé stesso al centro.

Ha saputo decentrarsi, mettere al centro della sua vita Maria e Gesù.” (Patris Corde, n.7)


La castità fa sì che le nostre relazioni possano condurre gli altri a Gesù, a Dio.


Elia fu – in quel momento – casto nei confronti di Samuele.

Non disse a Samuele: “Dio ti dice che…”,

ma: “...tu dirai a Dio: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta" (1Sam 3,10).

 

Giovanni Battista fu casto nei confronti di Andrea e del suo compagno,

al punto di dire che la sua gioia piena era portare le persone a Gesù Sposo e ritirarsi.

Lui – Gesù - deve crescere; io, invece, diminuire". (Gv 3,30)


Andrea fu casto nel suo rapportarsi a Pietro:

Gli parlò di Gesù, lo condusse a Gesù,

e poi lasciò Gesù rivelarsi a Pietro…(Gv 1,41-42)

 

E così, in tutti questi incontri interpersonali, Dio poté manifestarsi.

La castità è l’arte di lasciare il posto a Dio nelle nostre relazioni.

Non cerchiamo il potere sugli altri,

rinunciamo a voler dominare,

allora Dio potrà manifestarsi e fare il suo “lavoro” di tessitore dell’eterna comunione.

 

È importante tenere presenti questi incontri a due, a tre, in questo momento di pandemia.

Non è il tempo delle grandi assemblee, delle GMG…

È il tempo della Chiesa domestica…

E' necessaria questa disponibilità interiore, unita alla castità del cuore,

per trasmettere, per condividere la gioia del Vangelo,

a tu per tu, a due, a tre persone…

 

Non è il momento di tirare i remi in barca

e di aspettare che la pandemia sia finita.

Sarebbe come dire, in tempo di guerra:

Ci sono tanti feriti, ma li lasciamo lì

ed aspettiamo la fine della guerra, per costruire degli ospedali per loro…”

 

L’urgenza oggi è sanitaria, ma è anche spirituale…

È in corso un grande combattimento spirituale,

di cui il Signore è già vincitore,

ma ci chiede di essere strumenti e portatori della Sua vittoria

perché nessuno si perda.

 

Domani comincerà la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani…

Il sussidio che useremo è stato preparato dalle monache

del monastero ecumenico di Grandchamp in Svizzera.

Nell’introduzione, vi si legge una riflessione di Madre Geneviève,

la prima Madre di questa Comunità, del 1938:

 

Viviamo in un’epoca che è allo stesso tempo problematica e magnifica,

un’epoca pericolosa in cui nulla protegge l’anima,

in cui i traguardi rapidi e pienamente umani sembrano spazzar via gli esseri umani...

e io penso che la nostra civiltà troverà la morte in questa follia collettiva di rumore e di velocità,

in cui nessun essere può pensare...

noi cristiani, che conosciamo il pieno valore della vita spirituale,

abbiamo una responsabilità enorme e dobbiamo rendercene conto, unirci e aiutarci vicendevolmente

per creare forze di pace e rifugi di serenità,

centri vitali dove il silenzio della gente richiama la parola creatrice di Dio.

È una questione di vita o di morte”.

 

 

Venerdì 15 gennaio 2021 - Prima Settimana del T.O.- B - Eb 4,1..11 - Mc 2,1-12  - Badia Fiorentina - Fr. Antoine-Emmanuel




 

L’evangelista Luca, terminando il racconto della guarigione del paralitico, scrive:

Tutti furono colti da stupore e davano gloria a Dio;

pieni di timore dicevano: "Oggi abbiamo visto cose prodigiose." (Lc 5,26)

La parola greca per“cose prodigiose” è "παράδοξα"(paradoxa):

oggi abbiamo visto "παράδοξα"(paradoxa),

delle cose contrarie a quello che si pensa abitualmente!

Qualcosa di veramente inaudito!

E … lo era!

Perché è avvenuto un doppio miracolo:

una guarigione sia dell’anima che del corpo.


 

Il paralitico ha innanzitutto ricevuto il dono immenso del perdono dei peccati.

E, come dicono giustamente gli scribi:

Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?” (Mc 2,7).

Dio, nella persona di Gesù, gli ha dato il perdono.


 

Il perdono dei peccati non è un azzeramento dei conti:

è ristabilire la relazione con Dio, per pura grazia.

È ritrovare la Vita, quella che è eterna,

è una vera e propria risurrezione,

per un abbraccio assolutamente personale e gratuito

da parte di Dio.

Il peccato paralizza, rinchiude l'anima in una prigione oscura.

È una morte interiore.

Il perdono… è risurrezione interiore.

Nel Vangelo odierno, Gesù gratuitamente fa “risorgere” interiormente quest’uomo.


 

E aggiunge l’altro miracolo che solo Dio può compiere:

ridà la salute al paralitico,

che, senz’indugio, si alza e se ne va portando la sua barella!

"Non abbiamo mai visto nulla di simile!" (Mc 2,12)


 

Marco per indicare il paralitico usa la parola “Τέκνον”(tecnon), che significa “giovane”.

Non dice “figlio” (uios), bensi Τέκνον

Questo paralitico non è un malato anziano…

bensì un giovane, privo della capacità di camminare.


 

Questo ci spinge a riconoscere in lui la figura di tanti giovani

che non hanno la capacità di camminare sulla via della fede,

perché noi adulti non abbiamo svelato loro la gioia di meravigliarsi dinanzi a Dio.

Abbiamo rubato loro la gioia di camminare alla ricerca di Dio.

La cultura occidentale li ha paralizzati…


 

E' necessario quindi il coraggio dei quattro amici del paralitico

per rendere possibile l’incontro a tu per tu tra loro e Gesù.

Anche noi dobbiamo trovare il modo di “scoperchiare il tetto”… (cfr Mc 2,4),

avere cioè l’inventività, in questo tempo di pandemia che dura,

per farci servi dell’incontro di Gesù con i giovani che non lo conoscono,

con i giovani a cui è stata rubata la gioia di Dio.


 

Un’ultima considerazione: l’interpretazione corrente di questo Vangelo

dice che furono i quattro amici ad aver l’idea di passare attraverso il tetto,

ma si può anche pensare che sia stato Gesù a suggerire loro questa via!

Chiediamo quindi a Gesù di suggerirci delle vie nuove.

Lo farà magari nel cuore dell'uno o dell'altro tra noi,

ma con più probabilità lo farà illuminando chi cercherà insieme ad un altro,

insieme ad altri che vivono anch'essi la “porosità” reciproca dell’anima.

 

 

Lunedi 11 gennaio 2021 - Ia settimana T.O. B - Eb 1,1-6 - Mc 1, 14-20 - Badia Fiorentina - fr. Antoine-Emmanuel
 

 

Ricchi di tutto quello che abbiamo vissuto durante il Tempo di Natale,

iniziamo oggi il percorso, anch'esso bello, del Tempo ordinario,

accogliendo questa sera la forza, la potenza della Parola di Dio

per il nostro cammino.

La Parola di Dio ha in sé una potenza,

un dinamismo interno di cui abbiamo bisogno per tenere un buon passo!

 

Siamo all'inizio del Vangelo di Marco

e all'inizio della Lettera agli Ebrei.

Per nuovi inizi nella nostra vita!


Dopo il Battesimo e la prova del deserto,

comincia il ministero di Gesù propriamente detto.

E comincia in Galilea.

Gesù non comincia a Gerusalemme:

comincia dalla sua terra,

dalla terra dov'è cresciuto, dopo il ritorno dall'esilio in Egitto.

 

Anche noi, anche la nostra missione comincia dalla nostra terra

che è Firenze in tempo di pandemia.

 

«Il tempo è compiuto», proclama Gesù,

«e il regno di Dio è vicino;

convertitevi e credete nel vangelo» (Mc 1,15).

 

La nostra missione sarà dunque di dire il «tempo» in cui siamo,

di leggere ed indicare i segni dei tempi.

E di chiamare alla conversione.

La conversione è meta-noia, è un «andare oltre».

Non è un «ritorno»,

ma è il passaggio alla novità della vita secondo il Regno.

 

La vita in cui non viviamo più

sotto il peso della vittoria ineluttabile della morte e del peccato,

ma viviamo della vittoria del Cristo,

già compiuta, sulla morte e sul peccato

 

Ma qual è il primo gesto compiuto da Gesù all'inizio della sua missione?

Gesù chiama dei compagni.

Gesù ha bisogno degli altri...

 

Anche noi, non possiamo

vivere la nostra missione battesimale e monastica da soli!

 

Hai bisogno dell'altro...

La fecondità non è mai individuale, solitaria.

Per poter vivere ed annunciare il Vangelo,

è necessaria una “porosità” dell'anima per ricevere il dono che è l'altro.

 

La conversione, la meta-noia è andare oltre l'individuale:

chiede di mettere insieme, di valorizzare, di vivere

ciò che nasce dall'arricchimento reciproco tra di noi.

 

Non la somma o la giustapposizione o anche un certo equilibrio

tra ciò che uno ed un altro apportano,

ma il frutto di uno spogliamento reciproco che fa spazio all'altro,

il nuovo che nasce da uno spogliamento interiore reciproco,

nell'amore e nel rispetto.

Spogliamento possibile

perché la Pasqua di Gesù ci ha liberati dalla paura della morte.

 

Questa sera possiamo guardarci gli uni gli altri

dicendoci reciprocamente: «Ho bisogno di te!

Ho bisogno di te per vivere la Trinità».

 

Se Gesù, che è «irradiazione della gloria di Dio,

ed espressione perfetta del suo essere,

se Gesù, che tutto sostiene con la sua parola potente» (cfr Eb 1,3),

ha avuto bisogno degli altri.... a fortiori anche tu!

 

E quanto diventerà feconda la tua vita

se acconsenti a questa “porosità” dell'anima!


 

sabato 9 gennaio 2021 -  Ferie dopo l’Epifania - 1 Gv 4,11-18 - Mc 6,45-52 - Badia Fiorentina - Fr. Antoine-Emmanuel

 

Fu davvero un momento molto penoso.

Essere sul lago, in piena notte, a remare contro un vento molto forte.

E… i venti sul mare di Tiberiade possono essere davvero molto forti.

Fu penoso, estenuante …

A ciò si aggiungeva poi che era stato Gesù a “costringere” gli apostoli a “salire sulla barca” …

Perché ci ha costretto ad imbarcarci in una tale sventura?”

 

Poi, “sul finire della notte” avvenne qualcosa che li fece gridare di paura:

qualcuno che camminava sulle acque scatenate del lago,

come un fantasma

Qualcosa che non avresti mai voluto vederti davanti, che ti fa tremare di paura.

 

Finché furono le parole di Gesù ad aiutarli a capire cosa stava avvenendo:

era Gesù, che veniva verso di loro, in una maniera del tutto inaspettata,

Gesù vittorioso sui flutti della morte…

E salì sulla barca con loro e il vento cessò.” (Mc 6,51)

 

*


Bisogna non dimenticare questa scena evangelica.

Non è un “fait divers”, uno dei tanti episodi della vita degli apostoli!

 

Perché anche noi ci troviamo talvolta a remare da folli, in piena notte.

Ed è penoso, estenuante…

I venti contrari possono essere tanti:

dentro di noi, dentro la nostra stessa comunità,

poi dal mondo che non ama il Padre,

e dal maligno che cerca di farci perdere la fiducia in Dio.

 

Ma arriva sempre il momento in cui Gesù viene.

In un modo, però, che non avresti né voluto né pensato.

Un modo in cui, talvolta, ti fa urlare di paura.

Ci destabilizza, ci spiazza…


Perché Gesù viene non dal mondo e secondo il mondo.

Viene dal Padre,

viene nella Sua Vittoria, già compiuta, sulla morte, sul maligno, sul male.

 

*

E qual è la barca su cui Gesù ci ha costretti a salire,

ci ha comandato di salire?

Qual è Il Comandamento di Gesù?

San Giovanni ce l’ha ricordato oggi:

Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri.” (1Gv 4,11)

Il Comandamento di Gesù è l’amore reciproco come Lui ci ha amati…

Ecco la barca!

La barca è l’amore reciproco, e Gesù ci ha comandato di salire su questa barca

e di avviarci con essa verso l’altra sponda.

È l’unica via per giungere all’altra riva…

 

È una barca che si muove sia con le vele che con i remi.

La vela da alzare è la fede, è il credere nell’Amore.

Come ci ha detto Giovanni oggi:

Noi abbiamo conosciuto e creduto l'amore che Dio ha in noi.”(1Gv 4,16)

 

Ma c’è anche il remare,

che è tutto il nostro impegno per scegliere e vivere

il perdono, la tenerezza, la compassione, ...

 

Ma, quanti venti contrari…

Quante notti!

 

Oggi Gesù ci fa capire che, in questa traversata del mare,

Egli “vede” quello che viviamo,

Non è assente né indifferente.

Vede e viene.

Ma capita spesso che venga in un modo che, all’inizio, ci sorprende del tutto,

perché viene da Crocifisso-Risorto.

 

Madre Teresa non si aspettava che Gesù venisse da Lei, sul treno per Darjeeling

per chiederle Tutto, e svelarle la via di un amore senza misura…

 

Chiara Lubich e le sue compagne non si aspettavano

che Gesù venisse attraverso la richiesta di un laico molto più anziano,

grande intellettuale e parlamentare, Igino Giordani.


Christian de Chergé non immaginava neppure

che Gesù sarebbe venuto a lui attraverso Muhammad,

l'amico musulmano, morto a causa del suo amore per lui.

 

E quante volte, nella vita di tante persone, Gesù viene attraverso un parente anziano o malato

che le costringe ad incamminarsi su una via inaspettata di compassione,

che trasforma la vita.

 

Quante volte, Gesù viene attraverso un bambino handicappato,

che ti costringe a cambiare il tuo modo di vedere la vita

e ti introduce in un amore nuovo…

 

Gesù viene sotto vesti inaspettate…

A tal punto che, all’inizio, possiamo essere molto a disagio,

ma poi è Gesù che, se lo accogliamo com’è sulla barca,

ci porta sull’altra sponda.

 

La meta è davvero questa: l’altra sponda, l’eternità,

cioè l’Amore compiuto.

La meta è accogliere e vivere talmente l’amore di Dio,

da non avere più alcuna paura di Lui, del suo giudizio…

In questo l'amore ha raggiunto tra noi la sua perfezione:

che abbiamo fiducia nel giorno del giudizio

perché come è lui, così siamo anche noi, in questo mondo.”(1Gv 4,17)

come Lui ama, amiamo anche noi.

 

Ad un tale amore si giunge

accogliendo le visite inaspettate di Gesù,

e ascoltando la Sua Parola, che ci permette di riconoscere il suo venire,

e di dire di sì con tutto il cuore.

Perché in tanti modi diversi, ci ripeta: "Coraggio, sono io, non abbiate paura!" (Mc 6,50).

Lasciami salire sulla barca del tuo amore,

e giungerai all’altra riva,

e amerai più di quanto tu possa immaginare!

 

 

mercoledì 6 gennaio 2021 - Epifania del Signore - Is 60,1-6 – Ef. 3,2..6 – Mt 2,1-12 - Badia Fiorentina - Fr. Antoine-Emmanuel


Avete sentito nel Vangelo?

Entrati nella casa” … (Mt 2,11)

Non è più una grotta insalubre, bensì una “casa”.

Qualcuno ha dato ospitalità alla piccola famiglia di Nazareth,

alla Santa Famiglia.

Vi sono – e quanti ce ne sono! – cuori aperti, disponibili,

ad accogliere chi è nel bisogno.

Questo piccolo dettaglio del Vangelo

ci chiama a render grazie a Dio per tutti coloro che oggi si danno da fare

per prendersi cura dei poveri, dei migranti, …

 

Non avvenne così invece a Gerusalemme.

Quando i Magi vi portarono l’annuncio della nascita del Re Messia,

nessuno si mosse per fare sette chilometri a piedi ed andare ad accogliere questo bambino.

Solo chiusura, solo paura per il proprio potere…

Eppure sette chilometri sono pochi!

 

Si capisce che la stella non brilli su Gerusalemme!

Non può brillare là dove regna il potere egoista e arrogante,

civile o religioso che sia…

 

Che contrasto con i Magi dell’Oriente che avranno percorso migliaia di chilometri

per adorare il Re Messia, di cui hanno riconosciuto la stella.

Anche in loro si vede la bellezza del cuore umano!

 

Sono uomini col cuore all’erta,

che cercano, che scrutano, che riflettono…

E quando appare la stella, decidono di mettersi in cammino.

C’erano tantissimi motivi per non andare:

la lunghezza del percorso, tutti i pericoli delle strade,

l’esito sconosciuto dell’avventura, il rischio di andare invano, e così via…

Eppure partono!

Non per un re della terra.

Non avrebbero nessuna ragione per andare a prostrarsi dinanzi ad un re della terra:

non sono pazzi!

Si incamminano perché hanno intuito che questo re è divino,

è quel re che il mago Balaam, in quel momento ispirato, aveva preannunziato:

Io lo vedo, ma non ora,
io lo contemplo, ma non da vicino:
una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele…”
(Num 24,17)

 

L’itinerario dei Magi simboleggia l’itinerario della vita

di tanti uomini e donne di buona volontà,

che sono “senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza (del Popolo di Dio),

estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo”(cfr Ef 2,12),

ma seguono una misteriosa stella divina durante tutta la vita.

 

Hanno una conoscenza di Dio molto incerta,

ma seguono la stella,

e sono tra i santi della porta accanto.

E, pur non conoscendo Dio con chiarezza, pur non battezzati,

entrano alla fine del viaggio della vita nella Casa

dove trovano la Madre ed il Salvatore,

dove trovano la Salvezza.

 

Questo Vangelo è un inno stupendo all'universalità del dono della Salvezza!

Al dono di Gesù che è venuto “ad annunciare pace a coloro che erano lontani,
e pace a coloro che erano vicini.
Al punto che per mezzo di Lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri,
al Padre in un solo Spirito.” (cfr Ef 2,17).

 

È quello che Paolo ci ha detto oggi,

e che costituisce una novità straordinaria:

Le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità”.

 

Ma formando un popolo a parte?

No! Sono chiamate “a formare lo stesso corpo”.

 

Ma con un livello di grazia inferiore?

No! Sono chiamate “ad essere partecipi della stessa promessa

per mezzo del Vangelo” (cfr Ef 3,6).

 

L’ingresso dei Magi nella “casa” è l’annuncio

dell’ingresso di gente da tantissimi popoli nel Cielo!

Quante sorprese avremo in Cielo!

Sarà bellissimo vedere la Salvezza di Gesù

riflettersi nello sguardo luminosissimo di volti

provenienti da una diversità stupenda di orizzonti!

 

Sono belli questi Magi!

Gli Atti degli Apostoli dicono che la parola “mago” si può tradurre con “Elymas” (Att 13,8)

Viene da una radice semitica che significa “nascosto”.

Sono degli uomini che conoscono delle cose nascoste…

Sono portatori di un dono nascosto…

E questo ci invita ad onorare le persone che, pur non avendo ricevuto il dono della fede,

sono in ricerca della verità col cuore aperto alla trascendenza…

 

Non aspettiamo il Cielo per onorarli!

Ogni uomo, ogni donna, ogni bambino della terra

è una persona amata infinitamente

e per la quale Gesù si è offerto fino alla Croce,

fino all’Abbandono…

 

Sono belli questi Magi!

E, arrivando in Cielo,

offrono con gioia l’oro dell’amore vissuto sulla terra,

l’incenso della loro preghiera, pur povera,

e la mirra delle loro sofferenze.

E gratuitamente ricevono la Salvezza che è Gesù in persona…

 

Davvero Dio “vuole che tutti gli uomini siano salvati

e giungano alla conoscenza della verità.” (1 Tm 2,4)

E perciò offre a chi non Lo conosce ancora

una stella che porta a Gesù!


Ma, oggi, quale sarà la stella per chi non conosce ancora Dio?

Sarai tu! Saremo noi!

 

Ecco la nostra vocazione: essere una piccola stella luminosa

per i famigliari, gli amici, i conoscenti, i vicini di casa, i colleghi di lavoro…

 

Una stella… o meglio un pianeta che per natura riflette la luce del Sole:

così noi siamo chiamati a riflettere,

pur nelle nostre grandi povertà personali e comunitarie,

la Luce dell’Amore divino

per essere insieme stelle nel mondo.

In mezzo (al mondo) voi risplendete come astri nel mondo,

tenendo salda la parola di vita” dice Paolo ai Filippesi. (Fil 2,15-16)

 

È la bellezza della nostra chiamata!

Quella che già il Profeta Baruc preannunziava:

Le stelle brillano nei loro posti di guardia e gioiscono;

(Il Signore) le chiama e rispondono: "Eccoci!",
e brillano di gioia per colui che le ha create.” (cfr. Bar 3,34-35)

 

Il Signore chiama, e quest’anno risponderai: “Eccomi”!

Eccomi per accogliere e riflettere la Tua luce Signore.

Insieme risponderemo “Eccoci”, così da offrire al mondo la luce più luminosa che ci sia:

quella dell’amore reciproco,

brillando di gioia per Colui che ci ha creati!

 

E se la pandemia ci porta allo scoraggiamento,

alla rinuncia, alla defezione, “Sursum corda”!

Oggi più che mai siamo chiamati a vivere quello che ci dice il nostro Libro di vita:

La tua comunità, per il fervore della sua preghiera,

la realtà del suo amore, la verità della sua accoglienza,

sia quella cellula della Chiesa in tutto simile a ciò che

Cristo vuole che sia: una, santa, apostolica e universale;

epifania del Signore della Luce.”1

 

Questa missione, l’affidiamo alla Beata Vergine Maria, Madre di tutti gli uomini.

A lei consacriamoci ogni mattina,

per diventare la sua corona di stelle…. (cfr Ap 12,1)

così che Lei possa dire di noi: “Voi siete mia gioia e mia corona”! (cfr Fil 4,1)

 

Ave, maris stella…

 

Ave, o Stella del mare
nobile madre di Dio,
Vergine sempre, o Maria
porta felice del cielo.

 

Ricevi il saluto
dalle labbra di Gabriele
muta la sorte di Eva
donaci la pace.

 

Sciogli le catene ai prigionieri
rendi la luce ai ciechi,
scaccia da noi ogni male,
chiedi per noi ogni bene.”

 

E aggiungiamo:

 

La nostra vita,

luminosa come la Tua,

divenga stella per il mondo

così che tutti entrino nella “casa”.

 

1 Libro di Vita di Gerusalemme, n.159

 

sabato 2 gennaio 2021 - San Basilio e san Gregorio - Ef 4,1..13 – Mt 23,8-12 - Badia Fiorentina - Fr. Antoine-Emmanuel


Vi ricordate del gesto del vecchio Simeone?

Prese il Bambino Gesù tra le braccia (Lc 2,28).

È davvero Il Gesto di questo tempo natalizio.

Prendere il Bambino.

E metterlo sul nostro cuore.

Per ricevere tutto il Suo dono, tutto il Suo donarsi,

perché, ve lo ricordo, è nato per noi.

 

E qual è il Dono che ci fa Gesù Bambino?

Il Dono per eccellenza?

È il Padre!

È di ricevere Dio come Padre.

 

Perché questo bambinello non ci dona delle cose.

Un neonato non ha niente da dare…

Ci dona quello che è: essere Il Figlio del Padre.

E lo accogliamo…

Il Prologo di Giovanni ce l’ha ricordato:

Ci ha dato il potere di diventare figli di Dio.”(cfr Gv 1,12)

 

E se sono figlio, e pure tu sei figlio o figlia,

allora siamo fratelli.

Ma non è un modo di dire,

non è una fratellanza simbolica,

del tipo: “Siamo come dei fratelli della stessa famiglia”.

No! Siamo più fratelli o sorelle che i fratelli di una famiglia.

 

Nell’enciclica “Fratelli tutti ”, Papa Francesco dice una cosa molto precisa:

«La ragione, da sola, è in grado di cogliere l’uguaglianza tra gli uomini

e di stabilire una convivenza civica tra loro,

ma non riesce a fondare la fraternità». (n.272)

 

È da Gesù che viene la fraternità.

 

Il Vangelo odierno ci permette di approfondire ulteriormente questo dono.

Cosa dice Gesù?

 

Gesù sa – e vede! – che a causa della nostra insicurezza di fondo,

a causa della nostra mancanza di fede,

siamo soliti cercare la nostra identità nei ruoli, nei titoli.

Io sono “maestro”, io sono “presidente”, io sono “intendente”, io sono “guida”, …

E nel campo religioso in particolare:

io sono “sacerdote”, io sono “religioso”, io sono “lettore”, io sono “ministro straordinario” …

 

In tutto ciò c’è un enorme errore di fondo.

Perché manca l’essenziale.

Prima di avere questo o quel compito, sei fratello degli altri.

E se non sei veramente “fratello”,

se non ti riconosci prima di tutto come fratello o sorella degli altri,

non puoi esercitare in modo sano quei compiti,

perché vi cerchi un’identità che non vi troverai mai.

 

Prima di tutto sono vostro fratello,

poi sono monaco, sacerdote, e priore.

 

I compiti, i servizi, i ministeri, come i ministeri ordinati,

si vivono bene, sono fecondi,

se sono radicati in una chiara e determinata fraternità.

 

Ma c’è pure di più.

Nessuno di noi, dice Gesù, è “Maestro”: solo Gesù ci insegna la Verità.

Nessuno di noi è “Padre”: solo il Padre celeste è Padre.

Nessuno di noi è “Guida”: solo Gesù ci guida (cfr Mt 23,8-10).

 

Allora, non è legittimo che vi siano degli insegnanti,

dei padri o madri spirituali,

o delle guide, dei priori…?

 

Non solo è legittimo, ma è anche necessario.

Anzi, è il Signore a chiamare alcuni a questi servizi.

Ma essi sono sempre in riferimento al Signore.

 

Un maestro nella fede ci trasmette non il proprio insegnamento,

ma quello di Gesù!

Un padre spirituale si mette a servizio dell’unica Paternità che è quella di Dio.

Una guida spirituale ci aiuta a lasciarci guidare dal Signore.

 

Tutti i compiti, tutti i ministeri, sono a servizio della fraternità!

Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli.” (Mt, 23,8).

 

Non cerchiamo di seminare, non pensiamo di fare la mietitura con i nostri servizi,

se prima non abbiamo arato il campo del nostro cuore per diventare fratelli.

 

E San Paolo ci aiuta a andare ancora oltre.

Dio “ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti,

ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri” … scrive (Ef 4,11).

Ma qual è lo scopo di questi servizi?

È che “arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio,

fino all'uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo”(Ef 4,13).

 

La meta è l’unità!

La meta è la fraternità compiuta nell’unità.

 

L’”uomo perfetto”, “la misura della pienezza di Cristo”

non è una perfezione isolata.

Non è l’essere io perfetto, individualmente.

 

Non esiste una perfezione individuale, staccata dagli altri.

Questo è un orizzonte diabolico.

La perfezione è divina, e quindi è comunione.

La fraternità tende all’unità, conduce all’unità,

che è l’essere tu in me ed io in te.

 

Cos’è l’amicizia nella vita battesimale?

Quell’amicizia che faceva dire a Gregorio Nazianzeno, riguardo a Basilio:

Sembrava che avessimo un'unica anima in due corpi”.

È una grazia divina che, senza nostro merito, dona a due o più persone

di vivere una pienezza di fraternità,

una fraternità portata all’incandescenza,

nel dimorare vicendevolmente l’uno nell’altro.

 

L’amicizia cristiana non è di una natura diversa dalla fraternità.

È un dono di fraternità esagerata!

Basti ricordare come il Diletto del Cantico chiama la Diletta “sorella mia”!

Tu mi hai rapito il cuore, sorella mia, mia sposa,
tu mi hai rapito il cuore con un solo tuo sguardo,
con una perla sola della tua collana!”
(Ct 4,9)

Vale a maggior ragione per l’amicizia!

 

Non c’è niente di più grande della fraternità.

Non esclude nessuno. E non passerà.

È il dono che chiediamo insieme a Gesù Bambino!

 

 

venerdì 1 gennaio 2021 - Maria SS, Madre di Dio - Num 6,22-27 – Gal 4,4-7 - Lc 2,16-21 - Badia Fiorentina - Fr. Antoine-Emmanuel


 

Allora succede un gran rivolgimento.


 

La liturgia di questo nuovo anno si apre con una benedizione,

la benedizione di Aronne e di tutti i sacerdoti sui figli d’Israele.

 

"Così benedirete gli Israeliti: direte loro:

Ti benedica YHWH e ti custodisca.
YHWH faccia risplendere su di te il suo volto,

- ti mostri cioè un volto sorridente -
e sia grazioso per te.
YHWH alzi su di te il suo volto,

- ti guardi cioè con benevolenza -
e ti conceda la pace - shalom".

 

È una triplice invocazione del Nome di Dio,

e il testo prosegue:

in questo modo, metteranno il Mio Nome sui figli d’Israele,

e Io li benedirò.” (cfr Num 6,22-27)

 

Attraverso la benedizione,

viene quindi scritto, viene impresso, come un sigillo, il Nome di Dio sui figli d’Israele,

sigillando la loro appartenenza a Dio.

 

È come nel capitolo nono del libro del profeta Ezechiele,

in cui il Signore dice all'uomo vestito di lino:

"Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme,

e segna un tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono

per tutti gli abomini che vi si compiono" (Ez 9,4)

 

Il Signore oggi vuole benedirci,

vuole benedire in particolare chi soffre e piange

vedendo come Dio è scartato dalla nostra società.

Nel Battesimo, Dio “ha impresso il suo sigillo su di noi

e ha deposto la caparra dello Spirito nei nostri cuori” (cfr 2 Cor 1,22)

ed Egli vuole rinnovare in noi questo dono che fa sì che Gli apparteniamo.

 

E il Padre fa questo in Gesù,

come Paolo ci ha ricordato oggi:

Quando venne la pienezza del tempo,

Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge,

per pagare la liberazione di coloro che erano sotto la Legge,

perché ricevessimo la filiazione.” (cfr Gal 4,4)

Non solo la benedizione, ma la filiazione…

Ecco il dono del Padre in Gesù Bambino.


Entriamo perciò nella grotta di Betlemme…

 

Siamo ancora nella notte della natività.

Nella grotta, vi è grande povertà.

Niente di quello che attira il mondo…

Vi si trova la giovane mamma, Maria,

il neonato deposto nella mangiatoia,

e Giuseppe indaffarato a prendersi cura dell’una e dell’altro.

E tutto è nascosto al mondo.

La città dorme.

La città che non ha voluto accogliere la coppia di migranti, appena arrivata dalla Galilea.

 

Ora, ecco che si affacciano pure degli uomini,

quegli uomini la cui povertà inquieta, fa paura.

Li lasci entrare?

Non è un rischio per il neonato e per la madre?

Ci si può fidare?

Lasceresti tu entrare dei poveri sconosciuti, a poche ore dal parto?

 

Giuseppe e Maria li lasciano entrare…

Ed essi guardano.

Vedono: sì, sì, vi è “un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia” (Lc 2,12),

come è stato loro annunciato dagli angeli.

Allora sono loro a parlare!

Sono loro ad annunciare a Maria e a Giuseppe, e poi ad altri, il Vangelo!

Riferirono ciò che del bambino era stato detto loro”(Lc 2,17),

cioè: “Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore.” (Lc 2,11).

 

Sono i poveri a proclamare il Vangelo!

I primi evangelizzatori sono i pastori…

 

E Maria συνετήρει τὰ ῥήματα ταῦτα

συμβάλλουσα ἐν τῇ καρδίᾳ αὐτῆς.

Maria mette insieme tutto quello che vede, che sente,

e lo custodisce nel Suo Cuore.

Il Suo Cuore è aperto, umile, capace di accogliere il dono di Dio.

Non esclude, ma include, mette insieme,

permette a Dio di svelare le ricchezze del Suo Cuore.

 

Maria raccoglie tutto il dono che Le viene dai pastori, dai poveri….

Ed Ella dà loro il Figlio.

Bellissimo scambio…


Le affidi tutto ciò che percepisci del mistero di Dio,

e Lei ti dona la pienezza del mistero…

 

La benedizione divina ci viene attraverso Lei.

Lei è davvero Maria di Gesù.

Come Gesù è Gesù di Maria…

Non è più Aronne che ci benedice: è Maria!

È Maria che ci offre il volto benedicente di Dio

perché tutto quest’anno sia un crescere nell’Amore e nella Verità.

 

E, davvero, quanto abbiamo bisogno di Maria

per non affondare nelle tempeste del nostro tempo.

Di questo, San Giovanni Bosco ricevette la certezza in un suo sogno.

 

Il 26 maggio 1862, don Bosco aveva promesso ai giovani

di raccontare loro qualche bella cosa nell’ultimo o nel penultimo giorno del mese.

Il 30 maggio, alla sera, raccontò un sogno che aveva fatto alcuni giorni prima.


“Figuratevi di essere con me sulla spiaggia del mare,

o meglio, sopra uno scoglio isolato

e di non vedere altro spazio di terra, se non quello che vi sta sotto i piedi.

 

In tutta quella vasta superficie delle acque si vede

una moltitudine innumerevole di navi ordinate a battaglia,

le prore delle quali sono terminate da un rostro di ferro acuto a mo´ di strale,

che ove è spinto ferisce e trapassa ogni cosa.

Queste navi sono armate di cannoni, cariche di fucili, di altre armi di ogni genere,

di materie incendiarie, e anche di libri,

e si avanzano contro una nave molto più grossa e più alta di tutte loro,

tentando di urtarla col rostro, di incendiarla o altrimenti di farle ogni guasto possibile.
 

A quella maestosa nave arredata di tutto punto, fanno scorta molte navicelle,

che da lei ricevono i segnali di comando ed eseguiscono evoluzioni

per difendersi dalle flotte avversarie.

 

Il vento è loro contrario e il mare agitato sembra favorire i nemici.


In mezzo all’immensa distesa del mare si elevano dalle onde

due robuste colonne, altissime,

poco distanti l’una dall’altra.

 

Sovra di una vi è la statua della Vergine Immacolata,

ai cui piedi pende un largo cartello con questa iscrizione: - Auxilium Christianorum; - sull’altra, che è molto più alta e grossa,

sta un’Ostia di grandezza proporzionata alla colonna

e sotto un altro cartello colle parole: Salus credentium.


Il comandante supremo sulla gran nave, che è il Romano Pontefice,

vedendo il furore dei nemici e il mal partito nel quale si trovano i suoi fedeli,

pensa di convocare intorno a sé i piloti delle navi secondarie

per tener consiglio e decidere sul da farsi.

Tutti i piloti salgono e si adunano intorno al Papa.

- sarebbe il Concilio Vaticano I? -

Tengono consesso, ma infuriando il vento sempre più e la tempesta,

sono rimandati a governare le proprie navi.


Fattasi un po´ di bonaccia, il Papa raduna per la seconda volta intorno a sé i piloti,

mentre la nave capitana segue il suo corso.

- sarebbe il Concilio Vaticano II? -

Ma la burrasca ritorna spaventosa.


Il Papa sta al timone e tutti i suoi sforzi sono diretti

a portar la nave in mezzo a quelle due colonne,

dalla sommità delle quali tutto intorno pendono molte ancore e grossi ganci attaccati a catene.
 

Le navi nemiche si muovono tutte ad assalirla

e tentano ogni modo per arrestarla e farla sommergere.

 

Le une cogli scritti, coi libri, con materie incendiarie di cui sono ripiene

e che cercano di gettarle a bordo;

le altre coi cannoni, coi fucili e coi rostri:

il combattimento si fa sempre più accanito.

 

Le prore nemiche l’urtano violentemente,

ma inutili riescono i loro sforzi e il loro impeto.

Invano ritentano la prova e sciupano ogni loro fatica e munizione:

la gran nave procede sicura e franca nel suo cammino.

Avviene talvolta che, percossa da formidabili colpi,

riporta nei suoi fianchi larga e profonda fessura,

ma non appena è fatto il guasto spira un soffio dalle due colonne

e le falle si richiudono e i fori si otturano.


E scoppiano intanto i cannoni degli assalitori,

si spezzano i fucili, ogni altra arma ed i rostri;

si sconquassano molte navi e si sprofondano nel mare.

 

Allora i nemici furibondi prendono a combattere ad armi corte;

e colle mani, coi pugni, colle bestemmie e colle maledizioni.
Quand’ecco che il Papa, colpito gravemente, cade.

Subito coloro, che stanno insieme con lui, corrono ad aiutarlo e lo rialzano.

Il Papa è colpito la seconda volta, cade di nuovo e muore.

 

Un grido di vittoria e di gioia risuona tra i nemici;

sulle loro navi si scorge un indicibile tripudio.

Se nonché appena morto il Pontefice un altro Papa sottentra al suo posto.

I Piloti radunati lo hanno eletto così subitamente,

che la notizia della morte del Papa giunge colla notizia dell’elezione del successore.

Gli avversari incominciano a perdersi di coraggio.

 

Il nuovo Papa sbaragliando e superando ogni ostacolo,

guida la nave sino alle due colonne e giunto in mezzo ad esse,

la lega con una catenella che pendeva dalla prora

ad un’ancora della colonna su cui stava l’Ostia;

e con un’altra catenella che pendeva a poppa

la lega dalla parte opposta ad un’altra ancora appesa alla colonna

su cui è collocata la Vergine Immacolata.


Allora succede un gran rivolgimento.

Tutte le navi che fino a quel punto avevano combattuto quella su cui sedeva il Papa,

fuggono, si disperdono, si urtano e si fracassano a vicenda.

Le une si affondano e cercano di affondare le altre.

Alcune navicelle che hanno combattuto valorosamente col Papa

vengono per le prime a legarsi a quelle colonne.


Molte altre navi che, ritiratesi per timore della battaglia si trovano in gran lontananza,

stanno prudentemente osservando,

finché dileguati nei gorghi del mare i rottami di tutte le navi disfatte,

a gran lena vogano alla volta di quelle due colonne,

ove arrivate si attaccano ai ganci pendenti dalle medesime,

ed ivi rimangono tranquille e sicure, insieme colla nave principale su cui sta il Papa.

Nel mare regna una gran calma.”

D. Bosco a questo punto interrogò Don Rua:

Che cosa pensi tu di questo racconto?
Don Rua rispose:

Mi pare che la nave del Papa sia la Chiesa, di cui esso è il Capo:

le navi gli uomini,

il mare questo mondo.

Quei che difendono la grossa nave sono i buoni affezionati alla santa Sede,

gli altri i suoi nemici, che con ogni sorta di armi tentano di annientarla.

Le due colonne di salute mi sembra che siano la divozione a Maria SS.

ed al SS. Sacramento dell’Eucarestia.
Don Rua non parlò del Papa caduto e morto e D. Bosco tacque pure su di ciò.

Solo soggiunse: Dicesti bene.

Bisogna soltanto correggere un’espressione.

Le navi dei nemici sono le persecuzioni.

Si preparano gravissimi travagli per la Chiesa.

Quello che finora fu, è quasi nulla a petto di ciò che deve accadere.

I suoi nemici sono raffigurati nelle navi che tentano di affondare,

se loro riuscisse, la nave principale.

Due soli mezzi restano per salvarsi fra tanto scompiglio:

Divozione a Maria SS. - frequenza alla Comunione,

adoperando ogni modo e facendo del nostro meglio

per praticarli e farli praticare dovunque e da tutti.
Buona notte!
1
 

Carissimi, ancorarsi con il Papa, con Papa Francesco, a queste due colonne:

Maria, la Madonna della Salvezza, e Gesù Eucaristia.

Due colonne, come le due colonne della Badia.

A queste due colonne portiamo i nostri amici, i nostri cari,

e tutti coloro che incontreremo quest’anno.

Sarà un anno Santo perché faremo esperienza

della fedeltà di Dio

che ci offre queste due colonne così salde….

 

Buon anno nuovo perché

andiamo verso il giorno nel quale “nel mare regnerà una gran calma.”

 



 

 

1 Memorie biografiche di San Giovanni Bosco, Vol. VII, Capitolo 18, pp. 169-172